Reciproco riconoscimento delle sentenze con sospensione condizionale della pena
17 Marzo 2016
Abstract
Il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38 (pubblicato sulla Gazz. uff. n. 61 del 14 marzo 2016), recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/Gai relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive è stato adottato in attuazione dell'art. 18, lett. d), l. 9 luglio 2015, n. 114 (c.d. legge di delegazione europea per il 2014) che ha delegato il Governo ad adottare, nel termine di tre mesi a partire dal 15 agosto 2015, secondo le procedure di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l'attuazione di sette decisioni-quadro adottate dal Consiglio, tra cui vi è la decisione-quadro 2008/947/Gai del Consiglio, del 27 novembre 2008 (pubblicata nella Gue del 16 dicembre 2008, n. L 337), relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive. La decisione quadro 2008/947/Gai costituisce un'importante tappa del percorso di progressiva armonizzazione e coordinamento degli ordinamenti penali degli Stati membri dell'Ue. Tra il 2008 e il 2009, il Consiglio europeo ha adottato alcune decisioni-quadro volte all'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali nell'ambito dello spazio comune europeo di giustizia, ad evitare che, a soggetti sottoposti a procedimenti penali in Stati diversi da quello di residenza, siano applicate condizioni deteriori rispetto a quelle previste per i residenti. Esse si inseriscono in un contesto in cui è già presente la decisione-quadro 2002/584/Gai del Consiglio, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e sono altresì richiamate da una Relazione della Commissione europea pubblicata nel febbraio del 2014, che aveva – tra l'altro – sollecitato gli Stati inadempienti (tra cui l'Italia) a completare l'attuazione del “pacchetto” di misure in tempi brevi, anche alla luce del significativo numero di casi che potrebbero rientrare nell'ambito di applicazione delle disposizioni di matrice europea: con riferimento al nostro Paese, infatti, nell'anno 2011, i cittadini residenti in altri Stati membri dell'Unione europea condannati nel nostro Paese sono stati 34.432, di cui 28.154 uomini e 6.728 donne (fonte: Senato della Repubblica – Servizio Studi e Documentazione).
La decisione-quadro 2008/947/Gai
La decisione-quadro 2008/947/Gai del 27 novembre 2008 riguarda il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli ordinamenti degli Stati membri, con riguardo ai provvedimenti che riguardano l'esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale e stabilisce le regole che gli Stati devono adottare per disciplinare la sorveglianza esercitata dai propri organismi interni in materia di misure di sospensione condizionale o di sanzioni sostitutive applicate da autorità di un altro Stato appartenente alla Ue. Le nuove disposizioni contenute nel d.lgs. 38/2016 sostituiscono, per la parte corrispondente, la disciplina convenzionale della Convenzione del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo il 30 novembre 1964 e ratificata dal nostro Paese con l. 15 novembre 1973, n. 772. L'obiettivo della disciplina europea è quello di favorire il reinserimento sociale del condannato, consentendogli di mantenere i legami familiari, linguistici, sociali e culturali del Paese di origine o di quello di residenza o dimora, prevenire nuovi reati e proteggere le vittime dei medesimi. Modifiche alla decisione-quadro 2008/947/Gai sono state apportate dalla decisione-quadro 2009/299/Gai del Consiglio del 26 febbraio 2009, con cui sono precisati i motivi di non riconoscimento delle decisioni pronunciate all'esito di un procedimento penale in cui l'interessato non è comparso personalmente. L'art. 1 del d.lgs. 38/2016 attua la richiamata decisione-quadro enunciando il principio di salvaguardia per cui il recepimento avviene nei limiti di compatibilità delle disposizioni europee con i principi costituzionali in tema di diritti fondamentali nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo. Con riguardo al contenuto dispositivo della fonte europea, la decisione-quadro oggetto di attuazione riguarda, anzitutto, le misure di sospensione condizionale, per tali dovendosi intendere gli obblighi e le istruzioni disposti nei confronti di un soggetto da un'Autorità competente in conformità al diritto interno dello Stato di emissione, in una delle seguenti ipotesi:
In secondo luogo, la disciplina di matrice europea riguarda le sanzioni sostitutive, al cui ambito si riconducono le sanzioni – diverse dalle pene detentive o comunque restrittive della libertà personale o dalle pene pecuniarie – che impongono un obbligo o impartiscano un'istruzione al soggetto condannato. La decisione-quadro 2008/947/Gai elenca (art. 4) le tipologie di misure di sospensione condizionale e le sanzioni sostitutive ricadenti nell'ambito applicativo delle nuove disposizioni (si tratta, peraltro, di un catalogo non tassativo, per cui gli Stati membri hanno facoltà di comunicare al Segretariato generale del Consiglio europeo le altre misure e sanzioni l'esecuzione delle quali è disposto a “sorvegliare”: il d.lgs. attuativo in esame non contiene peraltro accenno a tale possibilità). Le tipologie di prescrizioni inerenti a misure di sospensione condizionale o sanzioni sostitutive considerate dalla fonte europea sono:
Rispetto a tale quadro, l'art. 2 del d.lgs. in esame – che contiene le definizioni – riproduce sostanzialmente le corrispondenti disposizioni della decisione-quadro con alcuni profili di differenza:
L'art. 3 del d.lgs. indica le autorità nazionali competenti per le finalità della decisione-quadro, individuandole nel Ministero della giustizia e nell'autorità giudiziaria secondo le attribuzioni che lo stesso decreto attuativo precisa (su tali profili e sul procedimento, v. par. succ.). L'art. 4 del d.lgs., considera gli obblighi e prescrizioni inerenti alla sospensione condizionale della pena, alle sanzioni sostitutive o alla liberazione condizionale, richiamandosi nella sostanza al contenuto della decisione-quadro europea. Per quanto riguarda il panorama giuridico italiano, potrebbero, a titolo esemplificativo, rientrare nell'ambito della disciplina europea le prescrizioni inerenti alla sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato (art. 168-bis, c.p.); la libertà controllata; liberazione condizionale e il lavoro di pubblica utilità. Il procedimento
La decisione-quadro prevede che il provvedimento esecutivo (che potrà prendere la forma della sentenza, di un'ordinanza o di una decisione amministrativa) venga trasmesso –corredata da un certificato (redatto in conformità del modello contenuto nell'Allegato I del decreto attuativo) – direttamente dall'autorità dello Stato di emissione a quella competente secondo le legislazione del Paese di esecuzione. Il d.lgs. 38/2016 individua – come si è visto – le autorità italiane competenti nel Ministero della giustizia, che cura la trasmissione e la ricezione dei provvedimenti giudiziari e del certificato, incluse le relative comunicazioni, e l'autorità giudiziaria. Il decreto attuativo in esame consente – nel caso in cui non sia necessaria la traduzione degli atti o se alla medesima vi provveda l'autorità giudiziaria (artt. 3, comma 3, e 7, comma 2) – la corrispondenza diretta tra autorità giudiziarie (in questo caso tuttavia, l'Autorità giudiziaria italiana dovrà informare immediatamente il Ministero della trasmissione o della ricezione di una sentenza o di una decisione di liberazione condizionale). Gli artt. 5 e 6 del d.lgs. attuativo stabiliscono che la trasmissione dei provvedimenti emessi dall'autorità nazionale alle autorità straniere è disposta – a cura del Pubblico Ministero presso il giudice indicato nell'art. 665 c.p.p. – immediatamente dopo il passaggio in giudicato della sentenza ovvero della esecutività della decisione di concessione della liberazione condizionale, sempre che gli obblighi e le prescrizioni imposti vadano adempiuti e osservati per un minimo di sei mesi, previa altresì verifica del consenso dell'autorità interessata (individuata, nei casi dubbi, mediante gli accertamenti necessari anche avvalendosi della rete giudiziaria europea) qualora – su richiesta della persona condannata – l'esecuzione debba avvenire in Stato diverso da quello di residenza legale e abituale del condannato. La trasmissione è effettuata all'autorità competente dello Stato membro Ue, individuata tenendo conto del duplice fine di favorire il recupero sociale della persona condannata e di rafforzare la protezione delle vittime e della collettività. Inoltre, la disposizione dell'art. 6, comma 4, precisa che la trasmissione è disposta in favore di un solo Stato di esecuzione per volta. L'art. 7 del decreto legislativo disciplina il procedimento di trasmissione, che comprenderà a) il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all'estero; b) la sentenza o la decisione che deve essere eseguita; c) il certificato. Tali documenti vanno trasmessi, unitamente al provvedimento con il quale è disposta la trasmissione all'estero, al Ministero della giustizia che, a sua volta, si incaricherà dell'inoltro all'autorità competente dello Stato Ue di esecuzione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta e previa – se occorra – traduzione di tutta la documentazione nella lingua dello Stato ad quem). Come si è detto, è possibile (se pure facoltativo) l'invio diretto con comunicazione per conoscenza al Ministero se la traduzione del certificato non è necessaria ovvero se alla medesima vi provveda l'Autorità giudiziaria (comma 2, art. 7 cit.). La sentenza, la decisione di liberazione condizionale e il certificato sono trasmessi in originale o in copia autentica allo Stato di esecuzione che ne faccia richiesta.
Il riconoscimento delle decisioni
La decisione-quadro stabilisce che la verifica del requisito della doppia incriminabilità non sia richiesta qualora la decisione da eseguire riguardi reati puniti nello Stato di emissione con una pena privativa della libertà personale della durata massima di almeno tre anni. In relazione alle decisioni che riguardano reati non rientranti nell'ipotesi precedente, la decisione-quadro prevede la facoltà dello Stato di esecuzione di subordinare l'attivazione del riconoscimento del provvedimento da eseguire e la sorveglianza sulla relativa esecuzione alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, a due condizioni: a) che la decisione riguardi fatti puniti a titolo di reato anche secondo la normativa nazionale; b) che la decisione stessa non sia discriminatoria. È comunque consentito agli Stati membri stipulare o continuare a dare applicazioni ad accordi convenzionali che agevolino gli obiettivi della decisione-quadro e, in particolare, facilitino la sorveglianza sulle misure condizionali e sulle pene sostitutive. In tali casi, gli Stati hanno l'obbligo di informare il Consiglio e la Commissione europea. L'autorità dello Stato ad quem può rifiutare il riconoscimento o la sorveglianza in alcuni casi indicati dalla decisione-quadro:
L'Autorità dello Stato di esecuzione deve decidere entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della decisione, se riconoscere, o no, il provvedimento trasmesso dallo Stato di emissione e se trasferire la sorveglianza delle misure con esso disposte. Il d.lgs. attuativo disciplina in modo articolato il riconoscimento delle decisioni emesse dalle autorità italiane e da quelle degli altri Stati membri: L'art. 8 considera il riconoscimento di sentenze o decisioni italiane da parte dello Stato Ue dove il provvedimento dovrebbe avere esecuzione, stabilendo (comma 1) che la comunicazione da parte delle autorità dello Stato Ue di esecuzione all'Italia dell'avvenuto riconoscimento della sentenza o decisione di liberazione condizionale, solleva l'autorità giudiziaria italiana dall'adottare provvedimenti ai fini della sorveglianza sugli obblighi e sulle disposizioni impartite (salvo il caso del ritiro del certificato). Qualora lo Stato di esecuzione comunichi all'Italia la cessazione della propria competenza per l'esecuzione (nei casi in cui il soggetto interessato si sia sottratto all'esecuzione o non abbia più la residenza ovvero la dimora abituale in quello Stato), l'autorità giudiziaria italiana riassume la relativa competenza. È facoltà dell'autorità italiana di riassumere la competenza considerata la durata e il grado di osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impartiti nel corso dell'esecuzione all'estero (comma 2, art. 8). L'art. 9 disciplina la competenza italiana in relazione alle richieste di riconoscimento e trasferimento della sorveglianza provenienti dalle autorità degli altri Stati membri Ue: in altri termini, nei casi in cui l'Italia assume il ruolo di Stato di esecuzione. Su tali richieste decide la Corte d'appello competente in relazione al luogo in cui la persona interessata risiede o dimora, ovvero al luogo in cui ha manifestato la volontà di trasferire la propria residenza legale e abituale. Qualora la Corte adìta si ritenga incompetente, lo dichiara con sentenza, trasmette gli atti alla Corte d'appello competente informando le autorità dello Stato di emissione, anche tramite il Ministero della Giustizia. L'art. 10 stabilisce le tre condizioni per il riconoscimento (che devono ricorrere congiuntamente):
Secondo la decisione-quadro, qualora la natura o la durata delle misure adottate con la decisione da eseguire nello Stato ad quem (si tratti di una sospensione condizionale ovvero di una sanzione sostitutiva) non trovi corrispondenza nella normativa dello Stato di esecuzione, quest'ultimo può “adattarla” nella misura strettamente necessaria a renderla compatibile con la propria legislazione. Tale operazione, tuttavia, è subordinata a due condizioni: a) le misure in concreto dovranno corrispondere quanto più possibile a quelle originarie, come stabilite dall'autorità dello Stato a quo; b) in nessun caso, la natura o la durata di tali misure potrà essere più gravosa o avere una durata maggiore della misura originariamente imposta. A tali condizioni si aggiunge l'obbligo, per l'autorità dello Stato di esecuzione, di informare sollecitamente l'autorità da cui proviene l'atto da eseguire degli adattamenti effettuati. L'art. 10, commi 2 e 3, d.lgs. in esame, recependo le disposizioni di matrice europea, prevede che, nel caso di incompatibilità con la normativa italiana della natura, degli obblighi e prescrizioni, ovvero della durata delle misure previste dalla decisione straniera da “sorvegliare” la Corte d'appello provvede ai necessari adeguamenti, con le minime deroghe necessarie, informandone l'autorità dello Stato Ue di emissione. L'adattamento, in ogni caso, non può comportare l'aggravamento (per durata o contenuto impositivo) delle misure originarie e, qualora occorra intervenire sulla durata delle misure o degli obblighi poiché superiore al massimo stabilito dalla legge italiana, si procede con riferimento al limite massimo previsto per reati equivalenti. L'art. 11 del d.lgs. 38/2016 prevede una deroga al principio della doppia incriminazione, in relazione a fatti-reato per i quali la sanzione (pena detentiva o misura privativa della libertà personale) prevista nello Stato di emissione abbia una durata massima non inferiore a tre anni e riguardi una delle 32 fattispecie di reato indicate specificamente dalla disposizione in esame (es. associazione per delinquere, terrorismo, tratta di esseri umani, il traffico di armi e di stupefacenti, la corruzione, la criminalità ambientale, l'omicidio volontario, la violenza sessuale). Sarà la Corte di appello ad accertare la corrispondenza tra le definizioni dei reati per cui è richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato di emissione e le fattispecie indicate nell'art. 11 del d.lgs. in esame. L'art. 12 regola il procedimento. La Corte d'appello competente secondo i criteri indicati nell'art. 9 del d.lgs. in esame, può – attraverso il Ministero della giustizia – richiedere allo Stato Ue di emissione un nuovo certificato nei casi indicati nel comma 2 della disposizione (es. incompletezza o di insufficienza del contenuto). In questo caso, il termine per la decisione è sospeso. Il procedimento si svolge in camera di consiglio (art. 127 c.p.p.) e la relativa decisione è comunicata al Procuratore Generale per l'esecuzione. Avverso la decisione della Corte di appello – che deve essere assunta, di regola, entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta da parte dello Stato di emissione, prorogabili di altri 20 – è esperibile il ricorso per cassazione da parte dell'interessato, del difensore o del procuratore generale, entro dieci giorni dalla conoscenza del provvedimento (si applicano le disposizioni dell'art. 22, legge 22 aprile 2005, n. 69 in tema di M.A.E.). Nel caso di ricorso in Cassazione, il termine per il riconoscimento è prorogato per un periodo equivalente a quello stabilito per la definizione del ricorso (trenta giorni). La decisione definitiva è immediatamente trasmessa al Ministero della giustizia, che ne informa le autorità dello Stato di emissione. L'art. 13 stabilisce che la Corte d'appello può rifiutare il riconoscimento della sentenza o della decisione di liberazione condizionale straniera in caso di:
Prima di decidere, qualora ricorrano i casi di cui alle lettere a), b), c), g), h) e l), la Corte d'appello – prima di decidere il rifiuto del riconoscimento e il trasferimento della sorveglianza - può richiedere le informazioni necessarie, anche per il tramite del Ministero della giustizia, alle autorità straniere competenti. In caso di rifiuto del riconoscimento, la Corte di appello ne dà notizia all'autorità competente dello Stato Ue di emissione (comma 2, art. 13). È altresì previsto che (comma 3, art. 13), la Corte d'appello può decidere, nei casi indicati nel comma 1 e in accordo con lo Stato Ue di emissione, di sorvegliare gli obblighi e le prescrizioni imposti dal provvedimento straniero senza assumere la competenza in relazione all'adozione di decisioni di modifica o revoca né di imposizione di misure restrittive della libertà personale. In questo caso, la Corte d'appello informerà l'autorità dello Stato membro di emissione (mediante il modulo di cui all'Allegato II) di qualsiasi circostanza o elemento conoscitivo che potrebbero comportare l'adozione di una o più delle decisioni indicate nell'art. 14, comma 3, d.lgs. in esame (su cui v. infra par. succ.). La fase di esecuzione
Secondo la decisione-quadro, la sorveglianza e l'applicazione delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive avvengono in conformità della normativa in vigore presso lo Stato di esecuzione, le cui autorità sono, inoltre, competenti ad assumere tutte le ulteriori decisioni comunque connesse alla sospensione condizionale della pena, alla liberazione condizionale, ad una condanna condizionale o ad una sanzione sostitutiva. L'autorità competente sulla base della legislazione interna dello Stato ad quem sarà, pertanto, competente a provvedere sulla eventuale modifica degli obblighi contenuti nella misura di sospensione condizionale o annessi alla sanzione sostitutiva; ovvero modificare la durata della sospensione condizionale; revocare la sospensione o la decisione sulla liberazione condizionale; imporre una pena detentiva o una misura restrittiva della libertà personale. Il d.lgs. 38/2016, art. 14, stabilisce che, in seguito all'avvenuto riconoscimento, la sorveglianza sull'esecuzione del provvedimento straniero riconosciuto è disciplinata esclusivamente dalla legge italiana, ivi comprese – a mente del comma 1 – le disposizioni interne in tema di amnistia, indulto e grazia. Alla sorveglianza provvede il Procuratore Generale presso la Corte d'appello che ha deliberato il riconoscimento (comma 2). Ai fini delle decisioni in caso di inosservanza di obblighi e delle prescrizioni da parte dell'interessato, ovvero in caso quest'ultimo commetta nuovi reati, è competente la Corte d'appello, che informa delle decisioni assunte l'autorità competente dello Stato di emissione. Le spese relative all'esecuzione e alla sorveglianza sono a carico dell'Italia (art. 16). L'art. 17 introduce la usuale clausola di invariabilità finanziaria e l'art. 18 prevede che, per quanto non previsto dal decreto legislativo, si applichino le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili. La cessazione della competenza
Il d.lgs. attuativo (art. 15) disciplina i casi di cessazione della competenza dell'autorità giudiziaria italiana sull'esecuzione del provvedimento riconosciuto, integrati dalla circostanza che l'interessato si sottragga all'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni ovvero qualora il soggetto non abbia residenza legale e abituale in Italia. In queste ipotesi, il Procuratore generale presso la Corte d'appello informa l'autorità competente dello Stato di emissione della intervenuta cessazione dei poteri di sorveglianza. È altresì prevista la possibilità di rimessione dei poteri di sorveglianza (comma 2) se vi sia richiesta dello Stato Ue di emissione del provvedimento e sia ivi in corso un nuovo procedimento penale contro la persona condannata. Competente sulla decisione è sempre la Corte di appello che procede senza formalità su richiesta del Procuratore generale. In conclusione
Il decreto attuativo della decisione-quadro 2008/947/Gai, se pure va accolto positivamente quale ulteriore elemento di raccordo tra gli ordinamenti degli Stati membri della UE in materia penale, lascia tuttavia molti profili poco o per nulla disciplinati, con il rischio concreto che si possano verificare – anche per la non perfetta corrispondenza tra le regole indicate nella fonte europea e la disciplina introdotta con il d.lgs. attuativo – difficoltà e dubbi interpretativi forieri di negative ripercussioni sul versante applicativo. |