Attuazione della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine penale: la procedura attiva e le disposizioni specifiche per determinati atti

17 Luglio 2017

Con il recepimento della direttiva 41/2014/Ue il Legislatore pone a disposizione dell'A.G. un pacchetto di strumenti che dovrebbero consentire una maggiore efficienza e celerità nelle investigazione in ambito europeo. Il decreto, oltre a fissare i principi generali sia perl e attività in chiave passiva che attiva ...
Abstract

Con il recepimento della direttiva 41/2014/Ue il Legislatore pone a disposizione dell'A.G. un pacchetto di strumenti che dovrebbero consentire una maggiore efficienza e celerità nelle investigazione in ambito Europeo. Il decreto, oltre a fissare i principi generali sia per le attività in chiave passiva che attiva, interviene tra l'altro specificamente su una serie di istituto particolarmente delicati, dalle intercettazioni alle indagini bancarie a finanziarie, dalle operazioni sotto copertura che per atti di ritardato arresto o sequestro

La procedura passiva: le disposizioni specifiche per determinati atti di indagine

Le disposizioni introdotte nel Titolo II - Procedura passiva, sono indubbiamente tra quelle sulla base della cui concreta attuazione potrà essere valutata l'effettività della nuova disciplina sul “recepimento” nel sistema dell'Oei. Il titolo è suddiviso in quattro capi; il primo rubricato Procedimento e quindi Disposizioni specifiche per determinati atti di indagine (II), Intercettazione di telecomunicazioni (III) e Provvedimenti di sequestro (IV).

Nell'ambito delle Disposizioni specifiche per determinati atti di indagine è stata introdotta una serie di norme, la cui efficacia e rilevanza assumono indubbiamente una portata centrale nell'ambito del sistema delineato dal Legislatore europeo; si tratta di disposizioni dirette a trasporre nel sistema quelle del Capo IV della direttiva 2014/41/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio.

Un primo gruppo di norme – artt. 16-19 – è finalizzato ad assicurare la “presenza” del soggetto indispensabile per lo svolgimento di un determinato atto di indagine, nonché per semplificare – attraverso l'uso della videoconferenza o audioconferenza – lo svolgimento dell'udienza nella quale debba essere sentito un soggetto presente sul territorio di un altro stato.

L'art. 16 (Trasferimento temporaneo nello Stato di emissione di persone detenute) indica come necessario il consenso del soggetto che deve essere trasferito all'estero e per il compimento all'estero di un atto di indagine o di prova.

Il consenso al trasferimento deve risultare da atto scritto ed è validamente prestato, con le modalità̀ stabilite dall'ordinamento interno, a condizione che la persona detenuta o internata abbia avuto la possibilità di conferire con il difensore.

L'organo giudicante competente per il nulla osta – che è tenuto a tenere conto dell'età̀ della persona e delle sue condizioni di salute fisica o mentale del soggetto che deve essere trasferito – è individuato (ex art. 279 c.p.p.):

  • per il detenuto nella fase delle indagini preliminari, nel Gip
  • per il detenuto dopo l'esercizio dell'azione penale, nel giudice che procede
  • per il detenuto condannato o internato, nel magistrato di sorveglianza.

Il periodo di detenzione trascorso all'estero è computato a ogni effetto nella durata della custodia cautelare. Nel caso di detenuto in espiazione della pena il periodo di detenzione trascorso all'estero si considera trascorso in Italia. A sua volta il procuratore della Repubblica concorda con l'autorità di emissione le modalità del trasferimento e individua il termine di rientro della persona detenuta in data anteriore alla scadenza dei termini massimi di custodia cautelare o di quello di cessazione della pena in esecuzione.

L'art. 17 contempla l'ipotesi in cui uno Stato estero chieda di compiere un atto di indagine o di prova per il quale è necessaria la presenza di un soggetto detenuto nello stato richiedente: ci trasferisce il soggetto e poi noi, compiuto l'atto, gli restituiamo il soggetto e gli trasmettiamo il risultato; è il caso, ad es. di un confronto con una persona che si trova in Italia e che non può essere trasferita all'estero e una detenuta nello stato di emissione.

In tali casi «il procuratore della Repubblica concorda con l'autorità di emissione le modalità̀ del trasferimento temporaneo e il termine entro cui la persona temporaneamente trasferita deve fare rientro nello Stato di emissione». Inoltre «ai fini dell'esecuzione il procuratore della Repubblica dispone che la persona temporaneamente trasferita sia custodita, per la durata del trasferimento temporaneo, nella casa circondariale del luogo di compimento dell'atto di indagine o di prova».

Sul piano delle garanzie, sia l'art. 16 che l'art. 17 stabiliscono poi che la persona detenuta, temporaneamente trasferita, non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale il trasferimento temporaneo è stato disposto, salvo che la persona, avendone avuta la possibilità, non abbia lasciato il territorio dello Stato trascorsi quindici giorni da quando la sua presenza non era più richiesta ovvero che, dopo averlo lasciato, vi abbia fatto volontariamente ritorno.

In sintonia con una tendenza generale espressa anche nell'ambito della Riforma della giustizia penale di cui alla legge 103/2017, il decreto in oggetto recepisce le indicazioni in tema di “acquisizione” delle dichiarazioni di parti processuali a distanza, come previsto dall'art. 18 (Audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva) e 19 (Audizione mediante teleconferenza). Quest'ultimo in sostanza richiama, salvo su alcuni aspetti, la disciplina generale dettata in tema di videoconferenza.

Sarà così possibile procedere ad audizione mediante videoconferenza della persona sottoposta a indagini, dell'imputato, del testimone, del consulente tecnico o del perito; per altro, nel caso della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato si potrà dare corso all'attività soltanto se questi vi consentono.

La norma detta la scansione dell'attività, precisando la necessità di un previo accordo con l'autorità di emissione circa le modalità dell'audizione; audizione (anche in caso di teleconferenza) la cui esecuzione potrà essere richiesta dal procuratore della Repubblica al Gip, ai sensi dell'art. 5 del decreto, quando l'atto deve essere compiuto, secondo la legge italiana, dal giudice.

Fermo restando che, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, il procuratore della Repubblica e il giudice, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, provvedono alla nomina dell'interprete e agli incombenti “formali” per la fissazione dell'atto, con le modalità stabilite dal codice di procedura penale (compresa l'informativa sui diritti e delle facoltà a lui riconosciuti dall'ordinamento dello Stato di emissione) l'audizione è condotta – invece – direttamente dall'autorità di emissione o sotto la sua direzione. Le autorità nazionali devono per altro assicurare il rispetto, nel compimento dell'atto, dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato.

Inoltre, i testimoni e i periti sono informati della facoltà di astensione riconosciuta dall'ordinamento interno e da quello dello Stato di emissione e, in tema di responsabilità, è stato inserito un espresso richiamo alle norme del codice penale (artt. 366, 367, 368, 369, 371-bis, 372 e 373) applicabili per i fatti commessi nel corso dell'audizione in videoconferenza.

L'art. 19, in tema audizione mediante teleconferenza, prevede la possibilità di procedere con tale mezzo all'audizione del testimone o del perito che si trovano sul territorio dello Stato, quando non è opportuno o possibile che essi compaiano personalmente dinanzi all'autorità di emissione.

La scelta del Legislatore nazionale per il recepimento delle indicazioni di cui agli artt. 26 e 27 della direttiva (Informazioni relative a conti bancari e altri conti finanziari e relative a operazioni bancarie e ad altre operazioni finanziarie) è stata quella di semplificare al massimo e sintetizzare al massimo il contenuto della norma. In questo senso l'art. 20 (Informazioni e documenti presso banche e istituti finanziari) si limita a rinviare per l'ordine di indagine che ha ad oggetto l'acquisizione di informazioni e documenti presso banche e istituti finanziari, alle modalità̀ stabilite dagli articoli 255 e 256 c.p.p.

Tale norme riguardano, per l'art. 255 c.p.p. il sequestro presso banche; il richiamo alle modalità, e non ai presupposti, consente di escludere una valutazione che richiami quanto disposto dell'art. 255, laddove prevede che l'A.G. può procedere al sequestro «quando abbia fondato motivo di ritenere che siano pertinenti al reato, quantunque non appartengano all'imputato o non siano iscritti al suo nome». Nondimeno, lo stesso art. 20, comma 3, precisa che quando l'ordine di indagine non illustra i motivi per i quali gli atti sono rilevanti nel procedimento il procuratore della Repubblica «prima di darvi esecuzione richiede all'autorità di emissione di fornire la relativa indicazione e ogni altra informazione utile ai fini della tempestiva ed efficace esecuzione dell'attività̀ richiesta».

A sua volta l'art. 256 c.p.p. (Dovere di esibizione e segreti) stabilisce, per i soggetti indicati negli articoli 200 e 201, l'obbligo di immediata consegna all'A.G. degli atti e dei documenti, nonché dei dati, delle informazioni e dei programmi informatici, anche mediante copia di essi su adeguato supporto, e ogni altra cosa esistente presso di esse per ragioni del loro ufficio, incarico, ministero, professione o arte, salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di segreto di Stato ovvero di segreto inerente al loro ufficio o professione.

L'art. 20, comma 2, precisa infine che, come previsto dall'art. 28 della direttiva (Atti di indagine che implicano l'acquisizione di elementi di prova in tempo reale, in modo continuo e per un periodo determinato) laddove oggetto della richiesta sia l'«acquisizione in tempo reale dei flussi informatici o telematici provenienti o diretti a banche e istituti finanziari» deve essere applicata la disciplina in tema di intercettazioni, tale dovendo essere correttamente qualificata la stessa; in tali casi, pertanto il procuratore della Repubblica provvederà, ove necessario, mediante richiesta al Gip ai sensi degli artt. 266 ss. c.p.p.

Ancora una volta particolarmente sintetica risulta essere la formulazione delle norma di recepimento dell'art. 28, sopra indicato, in tema di ritardo o omissione di atti di arresto o sequestro e 29 (Operazioni di infiltrazione). L'attuazione è data con gli artt. 21 e 22, che vista la delicatezza della materia, non a caso sono espressamente richiamati nella disposizioni generali in tema di richiesta dall'estero; al riguardo l'art. 4, comma 2, del decreto stabilisce che «Il compimento degli atti di cui agli articoli 21 e 22 è in ogni caso regolato dalla legge italiana».

In particolare l'art. 21 (Operazioni sotto copertura) prevede che l'ordine di indagine per il compimento di operazioni sotto copertura è riconosciuto ed eseguito nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 9 l. 146/2006.

Si tratta, come è noto, della legge di Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 e il 31 maggio 2001 , il cui art. 9 detta la disciplina della operazioni sotto copertura, prevedendo, tra l'altro, la non punibilità di una serie di U.P.G. specificamente individuati i quali «nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova» in ordine ad una serie di reati «anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono o occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego» ovvero «al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo, anche per interposta persona, compiono le attività» sopra precisate. Norma che contempla anche la possibilità, «quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti (previsti dalla norma. n.d.a.)» per «gli ufficiali di polizia giudiziaria nell'ambito delle rispettive attribuzioni possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al P.M. e provvedono a trasmettere allo stesso motivato rapporto entro le successive quarantotto ore» e, al P.M., di ritardare, con decreto motivato, ritardare «l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, del fermo dell'indiziato di delitto, dell'ordine di esecuzione di pene detentive o del sequestro».

Sebbene non direttamente contemplata dalla direttiva 41/2014/Ue, in questo ambito il Legislatore ha richiamato, per evidenti finalità di coordinamento, la disciplina delle squadre investigative comuni, stabilendo che una squadra può essere promossa «ai fini dell'esecuzione della richiesta» avente oggetto le operazioni sotto copertura. La materia è stata recentemente disciplinata nello specifico – con il recepimento della decisione quadro 2002/465/Gai – dal d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34 (Norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni).

Il richiamo al menzionato art. 9 l. 146/2006 e quello indiretto alla disciplina della squadre investigative comuni ha consentito al Legislatore di non entrare nel dettaglio delle operazioni sotto copertura; una menzione espressa è stata riservata solo a due temi particolarmente delicati.

Da un lato, la previsione dell'applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all'articolo 9 citato ai funzionari degli Stati di emissione che partecipa alle attività nel territorio dello Stato, che assumono, agli effetti della legge penale, la qualifica di pubblico ufficiale.

Inoltre, sul piano patrimoniale, l'indicazione in base alla quale lo Stato provvede al «risarcimento dei danni causati a terzi dai funzionari dello Stato di emissione che partecipano alle attività nel territorio nazionale salvo il diritto di rivalsa nei confronti dello Stato di emissione».

Analogamente, l'art. 22 (Ritardo o omissione degli atti di arresto o di sequestro) disciplina la richiesta avente a oggetto l'omissione o il ritardo dell'esecuzione dell'arresto, del fermo, della perquisizione o del sequestro probatorio, rinviando aicasi e alle modalità stabilite dall'art. 9 l. 146/2006; ne consegue che il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel luogo nel quale gli atti devono essere compiuti, previo accordo con l'autorità di emissione, può̀ omettere o ritardare l'esecuzione degli atti sopra indicati.

Sia nel caso di richieste aventi a oggetto operazioni sotto copertura che a fronte di richieste di ritardo o omissione degli atti di arresto o di sequestro, quando le stesse non illustrano i motivi per i quali gli atti sono rilevanti nel procedimento, il procuratore della Repubblica «prima di darvi esecuzione richiede all'autorità di emissione di fornire la relativa indicazione e ogni altra informazione utile ai fini della tempestiva ed efficace esecuzione dell'attività richiesta».

(Segue).L'intercettazione di telecomunicazioni

Anche la disciplina sulle intercettazioni è stata articolata su quadruplice ipotesi: attiva e passiva, con o senza la necessità di assistenza tecnica.

Nell'ambito de Capo III, l'art. 23 è rubricato Intercettazione di telecomunicazioni con l'assistenza tecnica della autorità giudiziaria italiana.

La norma disciplina il caso in cui un'attività di intercettazione sia stata oggetto di una richiesta d parte di un'autorità competente di uno Stato membro e sussiste la necessità, per effettuare l'intercettazione, dell'assistenza tecnica delle competenti autorità nazionali.

La norma non ha “esplicitato” un'ulteriore condizione, che pure può ritenersi sostanzialmente necessaria, consistente nel fatti che l'indirizzo di comunicazione della persona soggetta a intercettazione indicata nella richiesta sia utilizzata sul territorio italiano.

Sulla richiesta di emissione “interviene” in prima battuta il procuratore della Repubblica; stabilisce la norma che «al riconoscimento dell'ordine di indagine emesso per le operazioni di intercettazione provvede, sempre che sussistano le condizioni di ammissibilità̀ previste dall'ordinamento interno, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di cui all'articolo 4».

La scelta del Legislatore non era obbligata; il recepimento avrebbe anche potuto prevedere in alternativa una richiesta destinata al Gip trasmessa, in caso di accoglimento, al P.M. per l'esecuzione. Si è optato per la prima possibilità, nell'intendimento di riproporre la dialettica procedimentale del sistema italiano, che vede la richiesta di intercettazioni come atto del quale il P.M., quale organo che prima formula la richiesta e che quindi, in caso di accoglimento, ne cura in seguito l'esecuzione.

Per altro, il procuratore della Repubblica non può essere considerato un mero tramite tra l'autorità richiedente e il Gip ed è chiamata a un vaglio di ammissibilità della richiesta, definito “riconoscimento”; la trasmissione al Gip è in effetti disposta «sempre che sussistano le condizioni di ammissibilità̀ previste dall'ordinamento interno».

La norma, purtroppo, non detta disposizioni specifiche rispetto alla individuazione del distretto competente, risultando il criterio generale dell'art. 4 – ossia il «luogo di compimento degli atti richiesti» di non semplice traduzione pratica nel caso di specie. Si pensi al riguardo, all'alternativa logicamente possibile tra il luogo di residenza, di domicilio o di dimora della persona sottoposta a intercettazione e il distretto nel quale, in base agli elementi comunicati dall'autorità di emissione, l'utenza risulta prevalentemente utilizzata. Ciò senza considerare la possibilità che l'intercettazione abbia a oggetto più soggetti o più utenze in distretti differenti.

A ogni buon conto, dopo aver provveduto al “riconoscimento” il procuratore della Repubblica trasmette al Gip l'ordine di indagine con richiesta di esecuzione.

Le indicazioni della direttiva, richiamate nel testo del decreto, in relazione al contenuto della richiesta, non presentano particolari difficoltà ermeneutiche (in particolare la richiesta deve indicare contenere l'indicazione dell'autorità che procede; l'esistenza del titolo che dispone o autorizza lo svolgimento delle operazioni di intercettazione con l'indicazione del reato; i dati tecnici necessari allo svolgimento delle operazioni; a durata dell'intercettazione; i motivi che rendono necessaria l'attività di indagine richiesta).

Si tratta, nondimeno, di un elenco incompleto rispetto ai presupposti del medesimo atto nell'ordinamento nazionale, con riguardo all'indicazione della tipologia del quadro indiziario che può fondare l'attività di intercettazione e del grado di incidenza – rispetto alla possibilità di utilizzo di differenti strumenti di indagine – che deve essere rappresentato dall'intercettazione.

La direttiva (art. 30, comma 4) si esprime nei seguenti termini: «L'autorità di emissione indica nell'Oei i motivi per cui considera l'atto di indagine richiesto utile al procedimento penale interessato».

Tale norma non delinea un filtro sulla possibilità di intercettare sintonico, almeno sul piano teleologico, ai principi di cui agli artt. 266 ss. c.p.p. e non menziona in alcun modo il problema della valutazione degli “indizi” indispensabili, al contrario, nel sistema nazionale. Un'indicazione quindi che, in astratto, avrebbe potuto porsi in contrasto con il quadro di tutela disegnato a livello nazionale dal Legislatore.

D'altro canto, una replica formale e integrale delle formule utilizzate dal codice di procedura – con un richiamo formale espresso alla disciplina di cui agli artt. 266 ss. c.p.p., o a quella di cui all'art. 13 d.l. 152/1991, presupponendo la medesima tipologia di conoscenza e valutazione degli elementi – avrebbe potuto in qualche modo vanificare aprioristicamente la “spinta” di integrazione funzionale all'efficienze espresso dalla direttiva, tradendone quindi lo spirito.

Il decreto ha pertanto cercato di individuare formule in grado di conciliare le contrapposte esigenze, laddove, per gli elementi storici posti a fondamento delle richieste, si deve prendere atto che il testo del decreto nulla specifica. Ciò imporrà – ancora una volta – un ruolo “integrativo” da parte della giurisprudenza sulla valutazione degli elementi di prova che dovranno essere verificati in relazione al vaglio di “ammissibilità”.

In concreto: non sarebbe stato verosimilmente opportuno, a fronte del testo di una direttiva che non contempla alcuna dizione in tema di indizi (né gravi né sufficienti) imporre alle autorità straniere di avventurarsi in valutazioni calibrate sulla forme tipiche del sistema italiano e verosimilmente estranee alle abitudini e alla cultura dello Stato richiedente.

D'altro canto, non foss'altro che per una questione di tempi, non è pensabile che l'A.G. italiana possa e debba esaminare integralmente e direttamente gli elementi in fatto posti a fondamento delle richieste.

Sul piano probatorio, la “indicazione“ degli elementi probatori non può pertanto che essere considerata una sorta di autocertificazione dell'esistenza degli elementi probatori da parte dello Stato richiedente; ferma restando la possibilità di richiedere specifiche “integrazioni” (ove per esempio si assuma sussistente una prova scarsamente verosimile), il sistema della direttiva non può che fondarsi su un atto di reciproca fiducia da parte degli Stati; se uno Stato dichiarerà l'esistenza di prova inesistenti o totalmente differenti da come sono state presentate andrà incontro a una responsabilità “politica”, mentre il giudice italiano potrà – fino a prova contraria – fondare il proprio giudizio basandosi su un quadro “attestato” dall'autorità richiedente.

Ad analoghe conclusione si deve giungere sul secondo aspetto, ossia sulla richiesta di indicazione dei «motivi che rendono necessaria l'attività di indagine». Motivi che certamente non corrispondo a un'esternazione della specifica rilevanza e indispensabilità dell'attività di intercettazione.

Il Legislatore ha scelto di non “vincolare” l'autorità emittente a formule quali assoluta indispensabilità ovvero necessità.

L'autorità richiedente dovrà pertanto esporre i motivi che rendono necessaria l'attività; sarà poi il giudice italiano – tenuto conto del titolo di reato e del quadro indiziario descritto – a verificare sul piano logico la correttezza della prospettazione contenuta nella richiesta, con una comparazione rispetto alla disciplina degli artt. 266 ss. c.p.p.

Stabilisce la norma che il Gip «rifiuta l'esecuzione, oltre che per i motivi indicati dall'articolo 10, se non sussistono le condizioni di ammissibilità̀ previste dall'ordinamento interno. Del rifiuto è data immediata comunicazione all'autorità di emissione a cura del procuratore della Repubblica».

Nei termini previsti dalla direttiva è stato previsto che l'attività potrà essere eseguita trasmettendo le telecomunicazioni immediatamente allo Stato di emissione ovvero intercettando, registrando e trasmettendo successivamente il risultato dell'intercettazione delle telecomunicazioni allo Stato di emissione. Una scelta operativa che potrà essere decisa in base a consultazioni tra P.M. e l'autorità di emissione. In deroga a tale indicazione generale, tuttavia, il P.M. «quando sono acquisite comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, provvede agli adempimenti di cui all'articolo 270-bis del codice di procedura penale prima di trasmettere all'autorità di emissione i risultati delle operazioni di intercettazione».

Al momento della richiesta, o successivamente anche nel corso delle operazioni di intercettazione, l'autorità di emissione può richiedere la trascrizione, la decodificazione o la decrittazione della registrazione.

La direttiva non prevedeva una disciplina delle ipotesi di urgenza: di tale problematica non si è fatto espressamente carico il Legislatore. Nondimeno, proprio un richiamo alla disciplina generale in tema di intercettazioni che permea il decreto, a fronte di un'urgenza espressamente indicata in sede di richiesta (nel caso di un «fondato motivo per ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini»), dovrà essere valutata la possibilità che l'intercettazione nelle forme sopra indicate possa essere disposta dal P.M. con decreto motivato.

Ove tale ipotesi sia ritenuta ammissibile, ovviamente il decreto dovrà essere trasmesso al Gip per la convalida – che dovrà intervenire con decreto motivato – entro quarantotto ore.

Infine, con riguardo ai costi per lo svolgimento dell'attività sono state riprese integralmente le indicazioni della direttiva; gli stessi devono pertanto essere sostenuti dall'autorità giudiziaria di esecuzione, ad eccezione dei costi legati alla trascrizione, alla decodificazione e alla decrittazione delle comunicazioni intercettate, che sono a carico dello Stato richiedente.

L'art. 24 (Notifica all'autorità giudiziaria italiana nel caso di persona soggetta a intercettazione nel territorio dello Stato) ha fornito attuazione all'art. 31 della direttiva.

Una disciplina applicabile laddove l'attività di intercettazione sia oggetto di una richiesta da parte di un'autorità competente di uno Stato membro e non sia richiesta per effettuare l'intercettazione l'assistenza tecnica delle competenti autorità nazionali.

Stabilisce l'art. 24, comma 1, che «Quando è disposta, senza richiesta di assistenza tecnica, l'intercettazione di un dispositivo, anche di sistema informatico o telematico, in uso a persona che si trovi nel territorio dello Stato, il procuratore della Repubblica, trasmette immediatamente al giudice per le indagini preliminari la notificazione dell'avvio delle operazioni effettuata dall'autorità giudiziaria dello Stato membro che procede». Anche – o forse soprattutto – in questo caso sarebbero state opportune indicazioni integrative sull'individuazione del procuratore distrettuale territorialmente competente.

Il decreto non da conto della distinzione menzionata dalla direttiva, laddove la stessa prevede un obbligo di notificazione:

  • prima dell'intercettazione, qualora l'autorità competente dello Stato richiedente sappia, al momento di ordinare l'intercettazione, che la persona soggetta a intercettazione si trova o si troverà sul territorio italiano.
  • durante l'intercettazione o a intercettazione effettuata, non appena venga a conoscenza del fatto che la persona soggetta a intercettazione si trova o si trovava, durante l'intercettazione, sul territorio italiano.

Per “salvare” la conformità a quest'ultima, l'interprete dovrà considerare come inizio delle operazioni anche il momento nel quale l'autorità procedente potrà venire a conoscenza, nel corso delle operazioni, della presenza del soggetto intercettato sul territorio nazionale.

In base all'art. 24, comma 2, «Il giudice per le indagini preliminari ordina l'immediata cessazione delle operazioni se le intercettazioni sono state disposte in riferimento a un reato per il quale, secondo l'ordinamento interno, le intercettazioni non sono consentite né dà contestuale comunicazione al procuratore della Repubblica».

Si tratta di una disposizione che “dice” molto più di quanto può apparentemente sembrare. L'espresso riferimento al titolo di reato – e non, al contrario, alle condizioni in generale di “ammissibilità” dell'intercettazione, impone di ritenere, per ragioni logico-sistematiche che il “controllo” da parte dell'A.G. sia limitato al dato formale della qualificazione del fatto ad alla rispondenza alle ipotesi di cui all'art. 266 c.p.p., ma non alle condizioni di cui all'art. 267 c.p.p. Una prospettiva che potrebbe determinare – in ipotesi astratta – anche valutazioni di costituzionalità della norma, almeno in relazione al disposto dell'art. 3 Cost., risultando di fatto l'intercettazione di soggetti presenti sul territorio nazionale disciplinate sulla base di presupposti in concreto anche molto differenti.

L'art. 24, comma 3, stabilisce infine che «Il procuratore della Repubblica senza ritardo, e comunque non oltre novantasei ore dalla ricezione della notifica, dà comunicazione all'autorità giudiziaria dello Stato membro del provvedimento di cessazione delle operazioni e della non utilizzabilità a fini di prova dei risultati delle intercettazioni eseguite».

In conformità a quanto previsto nel sistema nazionale, l'art. 25 (Richieste di documentazione inerente alle telecomunicazioni), individua nel procuratore della Repubblica il soggetto che «dà esecuzione all'ordine di indagine finalizzato all'acquisizione dei dati esterni relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche». Anche sul punto un'indicazione sulla competenza territoriale – al fine di individuare il procuratore distrettuale competente – non sarebbe stata inutile.

In termini generali, occorre ricordare che rispetto al testo della direttiva è stato indispensabile prevedere disposizioni autonome e specifiche, a fianco di quelle relative alle intercettazione di comunicazioni, per l'acquisizione dei dati “esterni” alle comunicazioni. Disposizioni che nel testo della direttiva non sono direttamente contemplate, anche se richiamate dal considerando 30 della direttiva 41/2014.

Questi ultimi si identificano con i dati c.d. esteriori delle comunicazioni, utili per rintracciare e identificare la fonte o la destinazione di una comunicazione, per determinarne la data, l'ora e la durata, per stabilirne le modalità e per individuare l'ubicazione delle apparecchiature utilizzate, come precisa l'art. 2 della direttiva 2006/24/Ce sulla conservazione dei dati di traffico.

Categorie che hanno in comune, pur con forme e intensità differenti, il fatto di potere determinare un significativo pregiudizio per il bene “ riservatezza” riconosciuto dalla carte costituzionali così come dell'art. 7 della Carta di Nizza e dell'art. 8 Cedu.

Se da un lato quindi la previsione dell'art. 25 non stupisce per quanto attiene all'oggetto, singolare è la scelta sulle indicazione delle modalità; la norma, in effetti, che i dati esterni alla comunicazioni sono acquisiti «con le forme e le modalità dell'articolo 256 del codice di procedura penale».

Un richiamo, pertanto, alla disciplina generale dell'ordine di esibizione di cui all'art. 256 c.p.p., laddove l'A.G. provvede alla richiesta dei dati di traffico connesso ai servizi di comunicazione telefonica ai sensi dell'art. 132, comma 1, d.lgs. 196/2003 in relazione alla l. 45/2004, modificato dall'art. 2 d.lgs. 109/2008. Nondimeno, il richiamo all'art. 256 c.p.p. non dovrebbe incidere sui termini temporali previsti dalla d.lgs.196/2003 (24 mesi per i tabulati telefonici e 12 mesi per i file di log).

Non sono previste presupposti “minimali” per l'accoglimento della richiesta; se dunque per alcuni aspetti si tratta di dati ontologicamente necessari (utenza o l'account, dati del titolare dell'utenza- se a conoscenza dell'autorità richiedente e ove possibile i dati del gestore e periodo oggetto della richiesta) è evidente che il titolo di reato- indifferente nel sistema nazionale non potrà essere considerato indispensabile.

(Segue). I provvedimenti di sequestro

Il decreto prevede un capo autonomo (Capo IV - Provvedimenti di sequestro) che comprende il solo art. 26 (Provvedimenti di sequestro probatorio).

La rilevanza di tale atto è riconosciuto dalla deroga ai principi generali di cui all'art. 4 del decreto in ordine ai tempi di "reazione"

a fronte delle richieste di emissione di ordini di indagini. In questo senso l'art. 26, comma 1, precisa che

«

In esecuzione dell'ordine di indagine che ha a oggetto il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato il provvedimento è adottato

entro ventiquattro ore

dalla ricezione dell'ordine di indagine medesimo e comunque senza ritardo

»

.

Indicazioni specifiche sono poi fornite in ordine al trasferimento delle cose sequestrate. Le stesse

«

sono trasferite, su richiesta, all'autorità di emissione con le modalità stabilite dall'articolo 12

»

, in tema di trasferimento delle prove.

Al contrario, quando è richiesto che le cose non siano trasferite, l'autorità di emissione indica il termine trascorso il quale il provvedimento di sequestro può essere revocato. A sua volta il procuratore della Repubblica, quando ritiene di revocare il provvedimento di sequestro ne informa l'autorità di emissione che può formulare osservazioni.

In tema di impugnazioni, infine, in base all'art. 13, comma 6, possono proporre

«

opposizione avverso il decreto di riconoscimento dell'ordine di indagine avente a oggetto il sequestro a fini di prova, la persona sottoposta alle indagini o l'imputato, il suo difensore, la persona alla quale la prova o il bene sono stati sequestrati e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione

»

. Contro il provvedimento è ammesso ricorso in cassazione – privo di effetto sospensivo – per violazione di legge da parte del P.M. e degli interessati entro dieci giorni dalla sua comunicazione o notificazione. La Corte di cassazione provvede, in camera di consiglio, entro trenta giorni dal ricorso.

La procedura attiva: l'emissione dell'ordine di indagine

In termini speculari rispetto al Titolo II, il TitoloIII pone i principi generali della procedura attiva. Principi, per forza di cose, estremamente più sintetici di quelli stabiliti per la procedura passiva, trattandosi di indicazioni relative a attività destinate a trovare luogo negli Stati di esecuzione delle richieste.

Il Capo I del Titolo III è rubricato Emissione dell'ordine di indagine, al pari dell'art. 27. In base a quest'ultima disposizione è prevista la possibilità di emettere un ordine di indagine non solo nell'ambito di un procedimento penale, quanto anche di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, sebbene solo di natura patrimoniale. L'art. 34 (Ordine di indagine collegato a un ordine precedente) disciplina poi la possibilità di integrazione o completamento di uno precedente ordine di indagine, stabilendo la possibilità – in caso di partecipazione dell'A.G. all'attività – anche di una presentazione diretta di un ordine di indagine collegato.

La competenza è individuata in capo al P.M. e al giudice che procede, nell'ambito delle rispettive attribuzioni con conseguente trasmissione diretta all'autorità di esecuzione.

In caso di competenza del giudice, è previsto che il provvedimento debba essere emesso sentite le parti.La norma non precisa, in questo caso, se e quali atti possano o debbano conoscere le parti, prima di essere sentite. Come nel caso della richiesta di proroga delle indagini, le parti potrebbero in effetti essere sentite senza un preventivo deposito degli atti.

In realtà rispetto alla tradizionale disciplina delle richieste di assistenza internazionale, il decreto si caratterizza in particolare proprio per il riconoscimento dell' interlocuzione con le parti private, fortemente limitato- se non sostanzialmente assente - nell'ambito della richieste di rogatoria.

L'innovazione di maggiore momento – in realtà non contemplata dalla direttiva – è contenuta nell'art. 31 (Ordine di indagine emesso su richiesta della difesa). In attuazione del principio del giusto processo, declinato (anche) attraverso il riconoscimento della “parità delle armi”, è così riconosciuta al difensore «della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato, della persona per la quale è proposta l'applicazione di una misura di prevenzione»la facoltà di chiedere al P.M. o al giudice che procede l'emissione di un ordine d'indagine. La norma non risolve alcuni dei problemi sottesi al ruolo del difensore nelle indagini, in quanto non prevede in termini generali, in caso di diniego da parte del P.M. – da emettersi a mezzo di decreto motivato – la possibilità di “ricorso” al Gip; solo laddove la richiesta abbia a oggetto un provvedimento di sequestro si applica l'art. 368 c.p.p., con conseguente possibilità per il giudice di “sostituirsi” al P.M. Il giudice provvede con ordinanza, dopo avere sentito le parti.

In ogni modo, la richiesta del difensore deve contenere, a pena di inammissibilità, «l'indicazione dell'atto di indagine o di prova e i motivi che ne giustificano il compimento o l'assunzione».

Il coinvolgimento delle difese si manifesta in altre due momenti significativi della procedura. In base all'art. 35 (Avvisi alle parti e ai difensori), l'A.G. procedente, dopo aver ricevuta dall'autorità di esecuzione la documentazione delle attività compiute, provvede «nei casi e nei modi previsti dalla legge processuale a darne conoscenza alle parti e ai loro difensori». A sua volta l'art. 28 (Impugnazione dell'ordine di indagine avente a oggetto il sequestro a fini di prova) prevede espressamente che il difensore (al pari della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato, della persona alla quale la prova o il bene sono stati sequestrati e di quella che avrebbe diritto alla loro restituzione) può proporre richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p. contro l'ordine di indagine avente a oggetto il sequestro a fini di prova.

Il Titolo III contiene poi una serie di disposizioni specificamente deputate a delineare il contenuto dell'ordine e la “scansione” operativa dell'attività. In questo senso l'art. 30 (Contenuto dell'ordine di indagine) rimanda per la compilazione dell'ordine il modello di cui all'allegato A al decreto, indicando, tra l'altro, la necessità che il provvedimento contenga l'oggetto e le ragioni sulle quali si fonda, la descrizione sommaria del fatto per cui si procede e l'indicazione delle norme di legge violate e una sintetica descrizione dell'atto d'indagine o di prova richiesti. Sul piano formale l'art. 32 (Trasmissione dell'ordine di indagine) precisa poi le modalità di trasmissione dell'ordine («con modalità idonee a garantire l'autenticità della provenienza») suggerendo la trasmissione attraverso il sistema di telecomunicazione della rete giudiziaria europea e l'individuazione dell'autorità di esecuzione anche con l'ausilio dei punti di contatto di quest'ultima. La modalità di compimenti dell'atto di indagine o di prova dovranno poi essere concordate tra l'autorità giudiziaria che ha emesso l'ordine di indagine e quella di esecuzione, ai senso dell'art. 33 (Indicazioni all'autorità di esecuzione)

Ancora in tema di modalità di svolgimento dell'attività, l'art. 29 (Partecipazione all'esecuzione dell'ordine di indagine), prevede la possibilità per il P.M.previo accordo con l'autorità di esecuzione, di partecipare direttamente, o far partecipare direttamente uno o più̀ ufficiali di P.G., all'esecuzione dell'ordine di indagine, anche promuovendo, la costituzione di una squadra investigativa comune. Analoga facoltà di partecipazione può essere richiesta dal giudice che ha emesso l'ordine di indagine.

Di grande interesse risultano infine le indicazioni dell'art. 36 (Disposizioni sulla utilizzabilità degli atti compiuti e delle prove assunte all'estero), trattandosi di previsioni di modifica della disciplina generale dell'art. 431 c.p.p.

La norma integra l'elenco degli atti che sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento includendovi:

a) i documenti acquisiti all'estero mediante ordine di indagine e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;

b) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera a), assunti all'estero a seguito di ordine di indagine ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana.

L'art. 36, comma 2, richiama poi la disciplina dell'art. 512-bis c.p.p., prevedendo che nei casi e con le modalità di cui a quest'ultima norma, «il giudice dà lettura dei verbali di dichiarazioni rese all'estero, diversi da quelli di cui all'articolo 431, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, acquisiti a seguito di ordine di indagine emesso nelle fasi precedenti il giudizio».

(Segue). Le disposizioni specifiche per determinati atti di indagine

Il Capo II contempla le Disposizioni specifiche per determinati atti di indagine in relazione alla richieste dell'A.G. italiana. In base all'art. 37 (Trasferimento temporaneo nello Stato di persona detenuta in altro Stato membro) il P.M. e il giudice che procede possono emettere, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, ordine di indagine per il trasferimento temporaneo nel territorio italiano, al fine del compimento di un atto di indagine o per l'assunzione di una prova, di persona detenuta in altro Stato membro.

Anche in questo le modalità del trasferimento e il termine entro cui la persona detenuta deve fare rientro nello Stato di esecuzione sono concordate con l'autorità dello Stato di esecuzione. L'articolo formula un espresso rinvio alle disposizioni di cui all'art. 17, comma 2, del decreto, la cui disciplina è sostanzialmente richiamata anche in tema di garanzie per il soggetto detenuto temporaneamente trasferito in Italia.

A sua volta l'art. 38 (Trasferimento temporaneo in altro Stato membro di persone detenute nello Stato) stabilisce per gli organi sopra indicati la possibilità di emettere un ordine di indagine per il trasferimento temporaneo in altro Stato membro di una persona detenuta in Italia, al fine del compimento di un atto di indagine o dell'assunzione di una prova che richiedano la presenza nello Stato di esecuzione della persona detenuta. sono richiamate, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 16.

In tema di semplificazione dello svolgimento dell'udienza, tra le richieste attive non è contemplata la possibilità di teleconferenza, estranea al sistema nazionale. L'art. 39 (Richiesta di audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva) facoltizza, ancora una volta, P.M. e giudice procedente a emettere un ordine di indagine per richiedere «l'audizione a distanza di testimoni, periti, consulenti tecnici e persone informate dei fatti, mediante video conferenza, a condizione che l'autorità di esecuzione abbia la disponibilità̀ o l'accesso ai mezzi tecnici necessari».

Quest'ultima disposizione prende in considerazione la possibilità – remota – della mancanza di disponibilità̀ o di accesso ai mezzi tecnici necessari da parte dell'autorità di esecuzione, alla quale l'A.G. nazionale potrà ovviare mettendo a disposizioni i mezzi necessari.

Ove la richiesta abbia a oggetto l'audizione a distanza dell'imputato o della persona sottoposta alle indagini, è indispensabile il consenso di tali soggetti.

La richiesta può essere inoltrata non solo ove ricorrano giustificati motivi che rendono non opportuna la presenza sul territorio nazionale dei soggetti che devono essere sentiti e quando la persona da interrogare o esaminare è a qualsiasi titolo detenuta nello Stato membro, quanto, altresì, nei casi previsti dall'art. 147-bis disp. att. c.p.p. (Esame degli operatori sotto copertura, delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso).

Sintetiche- quasi lapidarie- le indicazioni per le richieste attive simmetriche rispetto a quelle degli artt. 20, 21 e 22 del decreto.

L'art. 40 (Informazioni relative a conti e operazioni bancarie e finanziarie) indica il modello da utilizzare per l'ordine di indagine avente a oggetto accertamenti o acquisizione di documenti presso banche o istituti finanziari, precisando la necessità di indicare «i motivi della rilevanza dell'accertamento, nonché le informazioni utili all'individuazione delle banche o degli istituti interessati».

Un richiamo al modello da utilizzare è rinvenibile anche nell'art. 41 (Richiesta di operazioni sotto copertura da compiersi all'estero) con riguardo all'ordine di indagine per lo svolgimento di operazioni sotto copertura, che potrà essere chiesto soltanto «nei casi e con le modalità previste dall'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146».

Tale norma è richiamata anche dall'art. 42 (Richiesta di ritardare o omettere atti di arresto o di sequestro) in relazione all'individuazione dei reati per i quali «può essere emesso, alle condizioni e con le modalità ivi stabilite, ordine di indagine al fine di chiedere all'autorità di esecuzione che siano omessi o ritardati il provvedimento di arresto, di fermo, di perquisizione o di sequestro probatorio, che si ritiene possano essere eseguiti nel territorio dello Stato di esecuzione».

L'art. 43 (rubricato Richiesta di intercettazione di telecomunicazioni dell'autorità giudiziaria italiana con l'assistenza tecnica di un altro Stato membro) disciplina la situazione speculare a quella dell'art. 23, nella quale può trovarsi l'A.G. italiana ove si presenti la necessità di procedere a intercettazione delle conversazioni o comunicazioni o del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici, quando nel territorio di altro Stato membro si trova il dispositivo o il sistema da controllare, e si renda necessaria l'assistenza tecnica di tale Stato.

Un'intercettazione quindi che in nessun modo può essere effettuata “approfittando” – legittimamente – del fatto che almeno in parte e in forza di accordi di roaming la chiamata (o la comunicazione telematica) transiti dalla rete nazionale.

A fronte di tale situazione è stata pertanto prevista la possibilità per il Procuratore della Repubblica, ottenuta l'autorizzazione del Gip , di inoltrare una richiesta di Oei allo Stato di esecuzione, utilizzando apposito modulo.

Non sono state individuate ragioni per derogare allo schema generale in materia di intercettazioni. Sarà pertanto sempre il Gip a verificare i presupposti della richiesta, in base alla disciplina di cui agli artt. 266 ss. c.p.p. e quindi – eventualmente - a respingere la richiesta in assenza di tali presupposti.

A integrazione del provvedimento del Gip l'ordine inoltrato dal P.M. dovrà contenere oltre ai dati “ontologicamente” essenziali per procedere all'esecuzione dell'attività, i motivi della rilevanza dell'atto. Motivi che, per altro, dovrebbero già ampiamente risultare dal provvedimento con il quale il Gip ha autorizzato l'intercettazione. Una indicazione che non dovrebbe rivelarsi problematica, considerato che la disciplina nazionale al riguardo appare certamente più completa e “ricca” di garanzie rispetto allo schema genericamente rilevabile dalla direttiva.

Analogamente, poi a quanto previsto dall'art. 23 del decreto, il P.M. potrà, previo accordo con l'autorità di esecuzione, indicare le modalità di esecuzione dell'attività e indicare la necessità di procedere alla trascrizione, alla decodificazione o alla decrittazione delle comunicazioni intercettate.

È altamente verosimile che il maggiore “impatto” sulla realtà operativa pregressa rispetto al recepimento della direttiva potrà essere rappresentato dalla disciplina dell'art. 44 (Obblighi di informazione in favore dell'autorità giudiziaria di altro Stato membro).

A differenza di quanto disciplinato per le richieste passive, il testo dell'articolo menzionato è anche formalmente sintonico rispetto alle indicazioni della direttiva, in quanto impone al P.M. di informare ( a mezzo di un apposito modello) l'a. g. competente dello Stato membro nel cui territorio si trova il dispositivo o il sistema da controllare sia dell'inizio delle operazioni di intercettazione, sia del fatto di avere appreso, nel corso di operazioni di intercettazione, che il dispositivo o il sistema controllato si trova nel territorio di altro Stato membro. Informativa che deve essere fornita “non appena” appresa la notizia.

Questa ultima dizione potrebbe dare luogo a problemi interpretativi di non poco conto, considerando che l'attività di ascolto non è eseguita – di norma – dal P.M. e che quindi la “fonte” delle conoscenza deve essere individuata in un soggetto terzo (gli U.P.G.) dalla cui sensibilità e diligenza può dipendere la tempestività della notifica.

Non solo: l'individuazione dei criteri e degli elementi in fatto in basi ai quali dovrà ritenersi “formata” la conoscenza (meglio la conoscibilità) della presenza del dispositivo su territorio estero sarà tema destinato a impegnare gli interpreti- in chiave giuridica così come tecnica- per un non breve arco temporale.

Si tratta indubbiamente di un (seppure inevitabile) “appesantimento” dell'attività in generale di esecuzione delle intercettazioni, che imporra un differente approccio alla lettura e valutazione degli atti, specie con riguardo alle conoscenze “sopravvenute”.

È fatto pertanto obbligo al P.M. di disporre l'immediata cessazione delle operazioni di intercettazione “quando l'autorità giudiziaria dello Stato membro, ricevuta l'informazione di cui ai commi precedenti, comunica che non possono essere proseguite”.

La norma non lascia spazio a particolari dubbi in ordine alle conseguenze dell'inosservanze delle disposizioni nella medesima contenute: «i risultati dell'intercettazione eventualmente già ottenuti mentre la persona soggetta a intercettazione si trovava sul territorio dello Stato notificato non possono essere utilizzati o possono essere utilizzati solo alle condizioni specificate dalle autorità di quest'ultimo». Inutilizzabilità espressa, dunque, con tutte le conseguenza che la stessa comporta nel sistema nazionale, solo parzialmente mitigata dalla previsione della possibilità comunque di utilizzo «solo alle condizioni specificate dalle autorità giudiziaria dello Stato notificato».

Infine, l'art. 45 (Richiesta di documentazione inerente alle telecomunicazioni) è stata sinteticamente disciplinata la possibilità per il procuratore della Repubblica e per il giudice che procede di inoltrare all'autorità competente dello Stato di esecuzione un ordine di indagine al fine di ottenere i dati esterni relativi al traffico telefonico o telematico nonché l'acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni; in concreto, tabulati e file di log.

La richiesta, deve contenere «i dati tecnici necessari all'individuazione dell'utenza o del sistema informatico, ogni informazione utile ai fini dell'identificazione della persona che li ha in uso e dell'operatore, se noti, nonché́ l'indicazione del reato per il quale si procede».

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario