L’evoluzione normativa della disciplina dell’agente provocatore

Catello Vitiello
18 Dicembre 2015

Fino agli anni Novanta nell'ordinamento italiano l'agente provocatore non era inquadrato in alcuno scampolo del tessuto normativo, codicistico o di legislazione speciale. Nel frattempo, la giurisprudenza, aveva comunque previsto un'area di non punibilità a favore dell'agente provocatore per gli eventuali reati commessi nel corso di un'operazione di polizia giudiziaria. La prima disciplina organica che ha introdotto una specifica normativa in tema di infiltrazione si è avuta con la riforma legislativa in materia di stupefacenti, prevedendo, ai sensi dell'art. 25, legge 162/1990, poi sostituito dall'art. 97 nel d.P.R. 309/1990.
Abstract

Fino agli anni Novanta nell'ordinamento italiano l'agente provocatore non era inquadrato in alcuno scampolo del tessuto normativo, codicistico o di legislazione speciale. Nel frattempo, la giurisprudenza, aveva comunque previsto un'area di non punibilità a favore dell'agente provocatore per gli eventuali reati commessi nel corso di un'operazione di polizia giudiziaria.

La prima disciplina organica che ha introdotto una specifica normativa in tema di infiltrazione si è avuta con la riforma legislativa in materia di stupefacenti, prevedendo, ai sensi dell'art. 25, legge 162/1990, poi sostituito dall'art. 97 nel d.P.R. 309/1990, la non punibilità del soggetto agente allorquando avesse posto in essere un acquisto simulato di sostanze stupefacenti. Successivamente, in ottemperanza ad accordi sovranazionali e in ragione delle contingenti emergenze del momento, sono state introdotte analoghe figure di agente provocatore o di infiltrato con riferimento al sequestro di persona a scopo di estorsione, al riciclaggio ed alla ricettazione di armi, munizioni ed esplosivi, all'immigrazione clandestina, alla prostituzione e pornografia minorile ed al turismo sessuale in danno di minori, al terrorismo, ai delitti contro la personalità individuale ed inerenti la prostituzione.

Infine, il legislatore nel 2006, in occasione della ratifica della Convenzione Onu che invitava gli Stati firmatari ad adottare tutte le tecniche speciali d'investigazione funzionali ad un efficiente contrasto al crimine organizzato transnazionale, ha provveduto ad una prima, radicale rivisitazione della disciplina, abrogando espressamente la quasi totalità delle fattispecie preesistenti e precisando la nozione di infiltrato, le sue caratterizzazioni rispetto alla figura dell'agente provocatore e la natura giuridica della non punibilità di questa speciale scriminante: l'art. 9, l.146/2006 ha sostituito la precedente frammentaria legislazione introducendo la disciplina organica delle c.d. under cover operations (operazioni sotto copertura).

Le origini dell'istituito

Le origini dell'istituto de quo sembrano recenti ma, in realtà, sono sempre e dovunque esistiti soggetti che entrano in contatto con persone sospettate di reato per raccogliere clandestinamente elementi di prova (di cui, diversamente, sarebbe difficile venire in possesso), sebbene con regole diverse a seconda delle strutture ordinamentali e costituzionali degli Stati (per cenni storici, Dell'Andro, Agente provocatore, in Enc. Dir., I, Milano, 1958, 864; Malinverni, Agente provocatore, in Noviss. Dig. It., I, Torino, 1975, 396; e ancor prima in De Logu, La responsabilità dell'agente provocatore, in Studi sassaresi, XIV, 1938, 19): dai delatori privati dell'assolutismo francese del XVII secolo che scoprivano così l'avversione politica dei cittadini, agli agenti americani impegnati nella lotta ai reati di “vizio” (prostituzione, gioco, scommesse), fino ad arrivare agli attuali e più specializzati operatori di polizia infiltrati nella criminalità transnazionale (per comprendere appieno il fenomeno, basti ricordare le parole del giudice Warren, in Lewis v. Stati Uniti, 385 U.S. 210, 1966, secondo cui una regola sancita da noi giudici, la quale vietasse l'impiego degli agenti segreti da parte della polizia, avrebbe effetti esiziali sull'accertamento di reati, come quello connesso all'uso degli stupefacenti, che sono caratterizzati da tutta una serie di trattative clandestine con vittime che non possono o non desiderano ribellarsi).

La Convenzione delle Nazioni unite contro il crimine organizzato transnazionale (adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni unite, a Palermo, con risoluzione 55/25, il 15 novembre 2000 e ratificata in Italia con l. 16 marzo 2006, n. 146), al fine di individuare mezzi adeguati a contrastare effettivamente ed efficacemente il crimine organizzato (effectively combating organized crime), annovera fra tali special investigative techniques, oltre alle già richiamate operazioni sotto copertura (fra cui devono ricomprendersi l'omissione e/o il ritardo di atti d'ufficio), la consegna controllata (cui faceva riferimento già l'art. 11 della United Nations Convention against illicit traffic in narcotic drugs and psychotropic substances del 1988) e la sorveglianza elettronica (nel dettaglio, Cisterna, Attività sotto copertura, arriva lo statuto, in Guida al Dir., 2006, 17, 78-83; Obokata, Transnational organised crime in international law, Oxford, 2010, 56-X).

La normativa interna

Fino agli anni novanta, la giurisprudenza, nel perdurante silenzio legislativo, aveva comunque ritagliato un'area di non punibilità a favore dell'agente provocatore per gli eventuali reati commessi nel corso di un'operazione di polizia giudiziaria, facendo leva sulla causa di giustificazione comune dell'adempimento del dovere di cui all'art. 51 c.p. e sull'obbligo di impedire la commissione dei reati per la polizia giudiziaria di cui all'art. 55 c.p.p. (Cass. pen., Sez. II, n. 8266/19722; Cass. pen., Sez. I, n. 311/1969).

L'unico requisito indispensabile richiesto era che l'agente provocatore, con la sua condotta, non s'inserisse con rilevanza causale autonoma rispetto al fatto commesso dal provocato ma si limitasse a svolgere una attività indiretta e marginale, consistente nel controllo, osservazione e contenimento dell'altrui azione illecita (Cass. pen., Sez. IV, n. 11634/20000; Cass. pen., Sez. VI, n. 1119/1990; Cass. pen., Sez. VI, n. 2890/1987; Cass. pen., Sez. II, n. 6693/1985).

In seguito, a far data dal 1990, le operazioni sotto copertura sono state previste da numerose leggi speciali autonome, ciascuna deputata a contrastare specifici fenomeni criminali considerati emergenziali.

La prima disciplina organica che ha introdotto una specifica normativa in tema di infiltrazione si è avuta con la riforma legislativa in materia di stupefacenti, prevedendo, ai sensi dell'art. 25 legge n. 162/1990, poi sostituito dall'art. 97 nel d.P.R. 309/1990 (recependo le indicazioni dell'art. 2 della Convenzione delle Nazioni unite contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti, firmata a Vienna il 20 dicembre 1988, e resa esecutiva in Italia con l. 328/1990. Tra i primi commenti, Ambrosini, La riforma della legge sugli stupefacenti, Torino, 1991, 106), la non punibilità del soggetto agente allorquando avesse posto in essere un acquisto simulato di sostanze stupefacenti (sulla falsariga delle vecchie leggi speciali emergenziali emanate in tempo di guerra per impedire un altro reato-contratto, quale il commercio di determinati oggetti preziosi o rari, sul punto Vignale, Agente provocatore, in Digesto disc. pen., I, Torino, 1987, 62).

Successivamente, in ottemperanza ad accordi sovranazionali e in ragione delle contingenti emergenze del momento (De Maglie, Gli «infiltrati» nelle organizzazioni criminali: due ipotesi di impunità, in Riv. it. dir. pen. proc., 1993, 1062), sono state introdotte analoghe figure di agente provocatore o di infiltrato con riferimento al sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 7, d.l. 8/1991, convertito in l. 82/1991), al riciclaggio ed alla ricettazione di armi, munizioni ed esplosivi (art. 12-quater d.l. 306/1992, convertito in l. 356/1992), all'immigrazione clandestina (art. 12, comma 3-septies,d.lgs. 286/1998, introdotto dal d.l. 241/2004, convertito in l. 271/2004), alla prostituzione e pornografia minorile ed al turismo sessuale in danno di minori (art. 14, l. 269/1998. In commento, Di Bugno, Art. 14 legge n. 268 del 1998, in LP, 1999, 147-X), al terrorismo (art. 4 d.l. 374/2001, convertito in l. 438/2001. In commento, tra i tanti, Melillo, Le operazioni sotto copertura nelle indagini relative a delitti con finalità di terrorismo, in Aa.Vv., Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, a cura di Di Chiara, Torino, 2003, 33-71; Piemontese, Art. 4. Attività sotto copertura, in LP, 2002, 789-793), ai delitti contro la personalità individuale ed inerenti la prostituzione (art. 10 l. 228/2003).

Dalla disamina di queste disposizioni emerge con chiarezza che alla figura dell'agente provocatore, riconducibili al fictus emptor delle sostanze stupefacenti, caratterizzato dal concorso morale di persone nel reato nella precipua forma della istigazione a delinquere, si è affiancata la diversa figura dell'agente infiltrato il quale, non proteso a provocare reati ma costretto a lasciarsi provocare per inserirsi più stabilmente nelle maglie dell'organizzazione e accreditare il proprio ruolo di membro della stessa, si insinua per lungo tempo nella struttura criminale per coglierne e verificarne le dinamiche (De Maglie, Gli «infiltrati» nelle organizzazioni criminali: due ipotesi di impunità, in Riv. it. dir. pen. proc., 1993, 1059).

La scelta legislativa di non menzionare l'agente provocatore e di descrivere attività prevalentemente passive dirette al solo fine di acquisire elementi di prova non solo appare ampiamente condivisibile ma consente una ridefinizione della tematica dell'agente provocatore.

L'art. 9, l. 146/2006 rimuove dal panorama giuridico nazionale la categoria dommatica dell'agente provocatore, marginalmente invocabile – ancor oggi – solo per l'eventuale applicazione nei suoi confronti della comune causa di giustificazione dell'adempimento del dovere.

Di talché, mentre l'agente infiltrato (o sotto copertura) è l'unico soggetto che possa godere della nuova esplicita causa di giustificazione speciale, l'agente provocatore, viceversa, rappresenta oggi una figura ben lontana dalla precedente disciplina tanto da identificare concettualmente – addirittura – il prototipo del soggetto che deve essere punito a causa del superamento, nell'espletamento delle sue attività investigative, dei limiti fissati dalla legge per la non punibilità (Amarelli, Le operazioni sotto copertura, in Maiello, La legislazione penale in materia di criminalità organizzata ed armi, in Trattato teorico/pratico di diritto penale, diretto da Palazzo-Paliero, Torino, 2015, 175).

Un tentativo di riordino della disciplina

Per far fronte a tali esigenze di chiarezza e di certezza applicativa, il legislatore nel 2006, in occasione della ratifica della Convenzione Onu che invitava gli Stati firmatari ad adottare tutte le tecniche speciali d'investigazione funzionali ad un efficiente contrasto al crimine organizzato transnazionale, ha provveduto ad una prima, radicale rivisitazione della disciplina, abrogando espressamente la quasi totalità delle fattispecie preesistenti e precisando la nozione di infiltrato, le sue caratterizzazioni rispetto alla figura dell'agente provocatore e la natura giuridica della non punibilità di questa speciale scriminante (Berardi, voce Terrorismo. Sub art. 9 L. 146/2006, in Gaito-Ronco, Leggi penali complementari commentate, Torino, 2009, 3615; Barrocu, Le operazioni sotto copertura, Napoli, 2011, 48; Piattoli, Tecniche speciali di investigazione nel crimine organizzato transnazionale. La riscrittura delle “undercover operations” e le ricadute nel processo, in Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano. La Convenzione ONU di Palermo, Milano, 2007, 359; Lombardo, Agente provocatore, in Dig. disc. pen., App., 2010, 20).

E così, l'art. 9, l. 146/2006 ha sostituito la precedente frammentaria legislazione introducendo la disciplina organica delle c.d. under cover operations (operazioni sotto copertura).

Tuttavia, tale riforma, nonostante le premesse di sistematicità e semplificazione, tralasciava alcune speciali fattispecie di agente provocatore, e precisamente quelle in materia di stupefacenti di cui all'art. 97, d.P.R. n. 309/1990 (poi sostituito dall'art. 4-terdecies d.l. 272/2005), di prostituzione, pornografia, turismo sessuale in danno dei minori di cui all'art. 14 l. 269/1998 (di cui è stato abrogato solo il comma 4, relativo alla facoltà d'uso, per il personale operante nelle operazioni in esame, dei beni sequestrati, lasciando inalterate le facoltà descritte ai commi precedenti) e di pagamento dei riscatti nei sequestri di persona di cui all'art. 7 d.l. 8/1991.

Le indagini del personale dei servizi di informazione per la sicurezza

Ancor prima dell'intervento riformatore del 2010, il legislatore aveva introdotto una deroga alla normativa generale in materia di operazioni sotto copertura con la l. 124/2007, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto, prevedendo all'art. 17 una speciale causa di giustificazione – dal tenore apparentemente analogo, ma dai requisiti sensibilmente diversi – per il personale dei Servizi di informazione per la sicurezza che, nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ponga in essere condotte astrattamente integranti reato.

Invero, questa speciale esimente, prevista non per le Forze di Polizia bensì per gli appartenenti ai servizi segreti, è (al netto dei dubbi di legittimità costituzionale, Palazzo, Costituzione e scriminanti, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, 1057) totalmente difforme, quanto a natura e scopi, dalla causa di giustificazione generale dettata in materia di operazioni sotto copertura.

In primo luogo, il legislatore, nel prevedere genericamente la non punibilità per il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte che, pur previste dalla legge come reato, sono legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi, utilizza, con l'art. 17, l. 124/2007, una tecnica normativa diametralmente opposta rispetto all'art. 9, l. 146/2006, scegliendo di specificare i pochi reati per i quali non opera la presente causa di giustificazione e non di elencare tassativamente i reati per i quali è possibile predisporre un'indagine sotto copertura, ampliandone così a dismisura la portata applicativa.

Inoltre, nella norma de qua, essendo prevista indistintamente la possibilità di commettere reati, non vengono precisate le attività tipiche ed atipiche che, astrattamente integranti reato, possono rientrare nell'ambito di operatività della scriminante, consentendo la realizzazione di qualsivoglia tipologia di condotta agli agenti dei servizi segreti, apparentemente legittimati proprio dall'eccessiva genericità dell'art. 17, l. 124/2007 a porre in essere finanche comportamenti attivi autonomamente costituenti reati e non – come nel caso dell'agente infiltrato – semplici condotte di compartecipazione passiva alla commissione di reati altrui.

Queste differenze sono giustificate dalla diversità dei destinatari delle due cause di giustificazioni e dalla necessità di trattare in maniera diversa situazioni soggettive diverse: mentre l'art. 9 della l. 146/2006 (come novellato dall'art. 8 l. 136/2010) si rivolge agli appartenenti alle Forze di Polizia, l'art. 17 l. 124/2007 è indirizzata ai soli appartenenti ai servizi di sicurezza statali.

In conclusione

Con l'art. 8, l. 136/2010 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia) il legislatore ha sostituito l'art. 9 della l. 146/2006, rideterminandone l'ambito di applicabilità (con l'inserimento di nuove fattispecie di reato, quali le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e le ipotesi non aggravate di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina) e includendo anche le fattispecie precedentemente escluse, tutte abrogate ad eccezione dell'art. 97 d.P.R. 309/1990 trasformata in norma di mero rinvio alla disciplina generale riformata.

Solo l'art. 14, commi 1-3, l. 269/1998, in materia di attività di contrasto a reati a sfondo sessuale, non viene travolto da questa abrogazione, lasciando numerosi profili di criticità conseguenti alla permanenza di ipotesi di provocazione al reato anziché di mera infiltrazione (Manna-Resta, I delitti in materia di pedopornografia, alla luce della legge 38/2006. Una tutela virtuale?, in Dir. internet, 2006, 223).

Secondo la citata disposizione, gli ufficiali di polizia giudiziaria delle strutture specializzate per la repressione dei delitti sessuali o per la tutela dei minori, ovvero di quelle istituite per il contrasto dei delitti di criminalità organizzata, possono, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di induzione, favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione di minore di anni 18 (ex art. 600-bis, comma 1, c.p.), di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (ex art. 600-quinquies c.p.), di pornografia minorile (ex art. 600-ter, commi 1, 2 e 3, c.p.), anche quando commessi in relazione al materiale pornografico di cui all'art. 600-quater, comma 1, c.p. (l'estensione del campo di applicazione delle disposizioni di cui all'art. 14 l. n. 269/1998, è dovuta all'art. 16, comma 3, l. 38/2006), procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico e alle relative attività d'intermediazione, nonché partecipare alle iniziative turistiche di cui all'articolo 5 della l. 269/1998.

Dell'acquisto è data immediata comunicazione all'autorità giudiziaria che può, con decreto motivato, differire il sequestro sino alla conclusione delle indagini (comma 1). Analoghe attività possono essere eseguite nell'ambito dei compiti di polizia delle telecomunicazioni, su richiesta dell'autorità giudiziaria, motivata a pena di nullità, quando i reati si suppone sino stati commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico (comma 2. Sul tema, Parodi, Il ruolo della polizia giudiziaria nel contrasto alla pornografia minorile, in Dir. Pen. Proc., 1992, 1442; Russo, Le operazioni sotto copertura e le attività di contrasto in materia di delitti sessuali o per la tutela dei minori, in Giur. Mer., 2008, 3349-3356; Spangher, Le norma contro la pedofilia: b) le norme di diritto processuale penale, in Dir. Pen. Proc., 1998, 1234).

Il comma 1 dell'art. 9, l. 146/2006 definisce l'ambito di incidenza della disciplina delle operazioni sotto copertura, specificando l'elenco tassativo di reati per i quali può essere predisposta con la conseguente impossibilità di utilizzare le operazioni under cover anche per altri reati non espressamente annoverati in questo elenco chiuso (come ad esempio quelli contro la pubblica amministrazione o quelli della criminalità organizzata): delitti previsti dagli artt. 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I (relativa ai delitti contro la personalità individuale) del codice penale; delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi; delitti previsti dall'art. 12 commi 1, 3, 3 bis e 3 ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al d.lgs. n. 286/1998; delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.p.r. n. 309/1990; delitti previsti dall'art. 260 d.lgs. n. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti); delitti previsti dall'art. 3 l. n. 75/1958 (c.d. “legge Merlin”, intitolata: “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”); delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione.

A differenza di quanto avviene in meritoalle indagini del personale dei servizi di informazione per la sicurezza, una medesima razionale distanza dalla disciplina generale non si rinviene, invece, per la nuova, discutibile, ipotesi speciale di operazioni sotto copertura in materia di giochi prevista dal d.l. 16/2012 (recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, convertito in l. 44/2012).

E infatti, il legislatore realizza una incomprensibile inversione di marcia rispetto al progetto unificatore della normativa in materia di agenti provocatori, inserendo ex novo una figura di agente infiltrato nella normativa speciale in materia di giochi, collocandola al di fuori dell'art. 9 della legge 146/2006.

Secondo l'art. 10 d.l. 16/2012 (rubricato Potenziamento dell'accertamento in materia di giochi) gli appartenenti all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (come anche il personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza, previo concerto con le competenti strutture dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) sono autorizzati ad effettuare operazioni di gioco presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi destinati al gioco (ex art. 110, comma 6, lett. a) o b), r.d. 773/1931, e successive modificazioni), al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori, introducendo così questa speciale figura di agente provocatore nel personale delle Forze di Polizia.

Ebbene, nonostante questa disposizione richiami, in quanto compatibile, la disciplina generale dettata dagli artt. 51 c.p. e art. 9, l. 146/2006 (prevedendo che con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e della difesa, siano disciplinate le modalità dispositive sulla base delle quali il predetto personale impegnato nelle attività di cui al presente comma può effettuare le operazioni di gioco), emerge con disarmante evidenza il passo indietro del legislatore rispetto al progetto di unificazione legislativa della materia delle operazioni sotto copertura, visto che non opera un rinvio alla disciplina prevista dall'art. 9, l. 146/2006 (come ha fatto, dopo la riforma del 2010, con l'art. 97, d.P.R. 309/1990), bensì detta delle regole specifiche ed autonome, nonostante non sia in presenza di una tipologia di destinatari diversa rispetto a quella individuata dalla norma generale (come nella legge del 2007 sul personale dei servizi segreti).

Inoltre, questa disposizione sembra peccare di manifesta indeterminatezza, mancando al suo interno una tassativa elencazione dei reati che possono essere contrastati attraverso questa peculiare figura di agente sotto copertura e figurando semplicemente un generico richiamo alle “violazioni in materia di gioco pubblico”, con gli innegabili conseguenti dubbi di compatibilità con l'art. 25, comma 2, Cost. (così Amarelli, Le operazioni sotto copertura, in Maiello, La legislazione penale in materia di criminalità organizzata ed armi, in Trattato teorico/pratico di diritto penale, diretto da Palazzo-Paliero, Torino, 2015, 171).

La dissonanza rispetto alla disciplina generale contenuta nell'art. 9, legge 146/2006 emerge anche in ordine all'operatività in concreto del l'art. 10, d.l. 16/2012, dal riferimento – non ad una classe di reati di elevata gravità analiticamente elencati, ma addirittura – ad imprecisate violazioni in materia di gioco, potenzialmente riferibili (oltre che ai reati) anche agli illeciti amministrativi (come ad esempio all'art. 110 Tulps), con una irragionevole dilatazione dell'ambito di applicazione delle operazioni under cover.

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