Accompagnamento coattivo persona offesa nel procedimento dinanzi il giudice di pace

Lucia Randazzo
19 Novembre 2015

Il giudice di pace può disporre l'accompagnamento coattivo della persona offesa? Il giudice di pace può disporre l'accompagnamento coattivo, di cui all'art. 133 c.p.p., nei confronti della persona offesa, in virtù dell'art. 2, d.lgs. 274/2000 il quale sancisce che per tutto ciò che non è previsto nel suddetto decreto istitutivo del relativo procedimento, ad eccezione di alcune disposizioni tassativamente indicate, si applicano le norme di cui al Titolo I e II d.lgs. 271/1989.

Il giudice di pace può disporre l'accompagnamento coattivo della persona offesa?

Il giudice di pace può disporre l'accompagnamento coattivo, di cui all'art. 133 c.p.p., nei confronti della persona offesa, in virtù dell'art. 2, d.lgs. 274/2000 il quale sancisce che per tutto ciò che non è previsto nel suddetto decreto istitutivo del relativo procedimento, ad eccezione di alcune disposizioni tassativamente indicate, si applicano le norme di cui al Titolo I e II d.lgs. 271/1989.

Deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di legittimità ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di pace quando lo stesso aveva ritenuto di non disporre di elementi di giudizio a causa la mancata presentazione della persona offesa, indice dell'infondatezza delle accuse, nonostante che il giudicante disponesse dei poteri di legge per ottenere, coattivamente, la presenza della stessa persona offesa indicata come teste (Cass. pen., Sez. V, 24 ottobre 2012, n. 3225).

La suprema Corte ha in più occasioni ribadito il potere del giudice di pace di disporre l'accompagnamento coattivo della persona offesa rilevando, nel caso in cui il pubblico ministero avesse esplicitamente richiesto accompagnamento coattivo della stessa, che il giudice di pace, omettendo di provvedere a riguardo, non aveva consentito alla parte di esercitare il proprio diritto alla prova: trattandosi di prova decisiva per la ricostruzione degli eventi, viene oggi denunciata, conformemente alla previsione dell'art. 606, lett. d) la mancata assunzione, con le forme dette, del teste. Il giudice del rinvio dovrà provvedere all'incombente, valutando all'esito, ove ne ricorrano gli ulteriori presupposti probatori, anche la certificazione medica indicata nel ricorso (Cass. pen., Sez. V, 13 dicembre 2010, n. 13645).

Ancora con sentenza del 17 luglio 2008, n. 37103 la sezione V della Corte di cassazione ha ribadito, a fronte del dettato normativo di cui all'art. 133 c.p. che conferisce al giudice il potere di disporre l'accompagnamento coattivo del testimone (quale è anche la persona offesa dal reato), che il giudice di pace avesse erroneamente ritenuto di non poter disporre l'accompagnamento coattivo della persona offesa regolarmente citata e non comparsa senza aver addotto legittimo impedimento.

La mancata assunzione di detta prova decisiva, inficiando la decisione del giudice di pace che aveva assolto l'imputato dal reato ascritto ai sensi dell'art. 530 c.p.p. ha determinato la Corte di cassazione ad annullare con rinvio per nuovo giudizio.

Si registra infine un orientamento un po' più risalente in cui la Corte, in merito al potere del Giudice di pace di procedere all'accompagnamento, ha ritenuto di specificare che la decisione sulla necessità o meno dell'accompagnamento coattivo del testimone, ivi compreso il querelante, è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, come si evince chiaramente dalla disposizione di cui all'art. 133 c.p.p., secondo la quale, se il testimone non compare senza giustificare alcun legittimo impedimento, il giudice "può" ordinarne l'accompagnamento coattivo e "può" condannarlo al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende. (Cass. pen., Sez. IV, 1 luglio 2008, n. 27980)

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