Teorie interpretative e implicazioni sostanziali e processuali
20 Luglio 2015
Abstract
Diverse teorie interpretative si sono succedute negli anni con il chiaro intento di individuare l'essenza connotante la categoria delle immunità tra i limiti alla obbligatorietà della legge penale, configurandola come elemento negativo della capacità penale, o ancora riconducendola nell'ambito delle cause di giustificazione o fra le cause personali di esclusione della pena ovvero di esenzione dalla giurisdizione. La tesi che generalmente si tende a seguire di più è quella che valuta le cosiddette immunità sostanziali alla stregua delle cause di esclusione della punibilità in quanto in grado di ricomprendervi tutte le immunità, sia di diritto interno che di diritto internazionale. Ma non sono mancate teorizzazioni ulteriori che nel tentativo di qualificare sotto il profilo ontologico la categoria delle immunità hanno esaltato aspetti diversi e ulteriori forti degli interventi mirati della stessa giurisprudenza, in specie costituzionale. In dottrina sono presenti diversi orientamenti che indicano per tutte le specie di prerogative uno o più istituti di origine. La ricerca, il più delle volte, viene condotta attraverso il duplice raffronto delle indicazioni dottrinali sia con le fonti normative che con le conseguenze che da esse possono derivare anche in relazione ad altri istituti del sistema penale. La tesi più rigorosa afferma che le immunità costituiscono eccezioni al principio della obbligatorietà della legge penale sancito dall'art. 3 c.p.: eccezioni non spaziali o temporali ma personali, dovute alle particolare posizione dei soggetti legibus soluti. Tuttavia, tale impostazione è stata vivamente criticata per i suoi evidenti limiti: in primo luogo i soggetti apparentemente legibus soluti sono soltanto i Capi di Stato esteri ed il Pontefice dal momento che godono contemporaneamente di immunità funzionale ad efficacia sostanziale ed extrafunzionale ad efficacia processuale, non sussistendo altra legiubus solutio per altre categorie di soggetti immuni. In secondo luogo, il raffronto con le fonti porta ad un puntuale riscontro dell'obbligo di osservare le leggi, sancito costituzionalmente anche per i soggetti che godono di prerogative, a cominciare dal Presidente della repubblica, vincolato al giuramento di fedeltà e secondo quanto sancito dall'art. 54 Cost. Senza contare, poi, l'art. 41, par. 1, della Convenzione di Vienna del 1961 che, rispetto a coloro che usufruiscono delle immunità cc.dd. di diritto internazionale, impone il dovere di rispettare le leggi ed i regolamenti dello stato accreditatario. Una seconda tesi, su base anch'essa soggettiva, indica le immunità come elemento costitutivo negativo della capacità giuridico-penale, ed i soggetti immuni, perciò, come soggetti giuridicamente incapaci. La capacità giuridico–penale, intesa come capacità di essere soggetto di diritto penale, sarebbe costituita dalla imputabilità, ossia la capacità di intendere e di volere, e dell'assenza di cause di immunità. Anche quest'ultima impostazione, tuttavia, suscita dei dubbi. Soprattutto a causa della composizione eterogenea di tale categoria in cui vengono accumunate, sia pure con un ruolo positivo ed uno negativo, elementi tra loro estranei, quali l'imputabilità da un lato e l'assenza di immunità dall'altro. Infatti, le cause che escludono o diminuiscono l'imputabilità non hanno nulla in comune con le cosiddette cause di immunità. Le prime infatti sono cause naturali, psichiche mentre le seconde sono oggetto di scelte istituzionali o comunque di politica legislativa. Una terza teoria è quella che inserisce le immunità tra le cause di giustificazione o scriminanti. Questa ha alcuni aspetti in comune con l'impostazione appena prospettata, seppur poggi su basi oggettive, dal momento che valorizza il legame tra immunità ed esercizio delle funzioni e, di conseguenza, la configurazione delle stesse come prerogative. I fatti posti in essere dal soggetto immune nell'esercizio delle sue funzioni sono considerati dall'ordinamento come leciti ab origine, poiché costituirebbero esercizio di un diritto e perciò ricomprendibili nell'ambito dell'art. 51 c.p. Le immunità sostanziali, infatti, avrebbero la stessa ratio delle scriminanti: un bilanciamento di interessi in conflitto che viene risolto dall'ordinamento in base al principio dell'interesse prevalente (ovvero l'esercizio delle funzioni pubbliche). Di conseguenza, qualora il soggetto immune ecceda nei limiti dell'esercizio dell'attività funzionale, dovrà applicarsi la disciplina dell'erronea supposizione o dell'eccesso colposo nelle cause di giustificazione. I limiti di questa ricostruzione dogmatica sono costituiti dalla sua delimitazione alle sole immunità funzionali, dal momento che ne restano fuori le immunità ad efficacia processuale per le quali occorrerebbe trovare una natura giuridica almeno simile. La tesi più seguita ritiene che le immunità sostanziali siano cause di esclusione della punibilità in senso stretto, ovverosia situazioni esterne al fatto tipico che, pur non escludendo il reato, hanno come risultato non applicabilità delle conseguenze penali. L'aspetto positivo di tale impostazione sta nel fatto che la categorie delle cause di esclusione della punibilità è in grado di ricomprendere tutte le immunità, sia di diritto interno che internazionale. Inoltre, mettendo sullo stesso piano tante diverse situazioni giuridiche, le oggettivizza in modo tale da stemperare il rapporto immunità–soggetto in favore di quello creato con la funzione svolta, senza alcun pregiudizio per la diversità delle fonti normative in materia. Generalmente si trascurano le tesi che attribuiscono alle immunità una natura processuale, come cause di esclusione dalla giurisdizione o come condizioni di perseguibilità in quanto inidonee ad abbracciare l'intero fenomeno giuridico. Il percorso logico seguito da coloro che tendono a collocare il fenomeno dell'immunità nell'alveo della capacità penale parte dal presupposto che quest'ultima si configuri come l'attitudine da parte di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici in materia penale e, cioè, di situazioni soggettive di dovere e di assoggettabilità alle sanzioni penali, considerati entrambi come momenti assolutamente inscindibili. Da qui alla configurazione dell'immunità quale requisito negativo della capacità penale, nella prospettata teoria, il passo è breve ove si consideri come il soggetto che gode di tale prerogativa, non potendo essere sottoposto a sanzione penale, per ciò stesso non può nemmeno essere considerato titolare di un correlativo dovere di astensione dal fatto di reato. A fronte di simile costruzione teorica si è, tuttavia, obiettato come essa sia espressione di un puro formalismo giuridico e non riesca poi a cogliere l'essenza stessa del fenomeno “immunità”. L'attenzione rivolta esclusivamente al dato finale, cioè alla non applicabilità della pena, invero, determina una descrizione del meccanismo meramente estrinseco che caratterizza l'immunità. In aggiunta, seguendo una impostazione di tal fatta si giunge ad accomunare in un'unica categoria circostanze profondamente dissimili tra loro sul profilo sostanziale. Critica alla tesi delle scriminanti
Con specifico riferimento alle immunità funzionali, si è evidenziato come il “substrato materiale” sul quale si fonda l'istituto è rappresentato dal bilanciamento di interessi compiuto dal legislatore al sussistere di un'ipotesi conflittuale tra due opposte esigenze, di cui una assunta come primaria. Nello specifico, considerato che dal fondo di ogni immunità sostanziale affiora sempre la necessità di garantire il soddisfacimento di un interesse fondamentale per la vita dell'ordinamento, ogni qualvolta un interesse di minor rilevanza entri in conflitto con uno degli interessi facenti capo alla funzione e garantiti attraverso il suo esercizio, il conflitto non può essere risolto che affermando la prevalenza del secondo e la soccombenza del primo. Si configura, in sostanza, una situazione in cui, essendovi l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere, risulta integrata la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. seppure con una estensione delle modalità attraverso le quali la stessa generalmente si manifesta. La critica da parte della dottrina riposa, tuttavia, sul diverso ambito applicativo della scriminante in questione: questa, infatti, come le restanti previste all'interno del codice penale, si basano su un giudizio positivo del fatto commesso, perché utile o necessario e perciò giuridicamente autorizzato od imposto. Requisiti non ricorrenti nel caso delle immunità. Secondo alcuni autori, invece, la configurazione delle immunità quali cause di giustificazione, potrebbe sussistere solo avuto esclusivo riguardo alle immunità funzionali. Le altre dovrebbero essere considerate alla stregua di cause di incapacità penale stante la specifica qualifica rivestita dal soggetto.
In conclusione
Il ricondurre l'immunità nell'una o nell'altra categoria concettuale lungi dal rappresentare una mera dissertazione teorica, presenta dei risvolti di rilievo sia in ambito sostanziale che processuale. Al variare delle premesse interpretative, infatti, variano anche le conseguenze giuridiche che ne possono discendere. Gli esiti applicati ai quali di solito si fa riferimento nel definire la ratio posta a base dell'immunità, concernono diversi aspetti: dalla punibilità dell'eventuale compartecipe all'azione compiuta dall'immune, alla rilevanza dell'errore sui presupposti dell'immunità. Dalla risarcibilità del danno al tipo di sentenza ed alla formula di proscioglimento da adottare qualora il processo penale sia stato indebitamente instaurato nei confronti di un soggetto immune. Il fulcro della questione, dunque, ruota attorno alle implicazioni pratiche connesse ai diversi regimi interpretativi dell'istituto in questione. Fatto illecito, sebbene non imputabile al soggetto o non assoggettabile a pena, ovvero comportamento lecito ab origine ma scriminabile? Il regime applicativo connesso alla ragione giuridica che si ritiene di attribuire al fenomeno immunità diverge, come già evidenziato, anche per quel che attiene al tipo di pronuncia da adottare qualora si instauri un processo penale nei confronti di un soggetto immune. È evidente che nei casi in cui all'immunità venga attribuita natura di diritto sostanziale sarà configurabile una pronuncia di merito. Mentre si tratterà di pronuncia di rito ove l'istituto venga ricondotto prevalentemente al diritto processuale. Più nello specifico: ove il fenomeno dell'immunità appaia connesso, secondo le differenti prospettazioni interpretative, alla incapacità penale, alle cause di esclusione della pena o a quelle di giustificazione, nonché a soggetti legibus soluti, la decisione con cui, accertata l'esistenza della preclusione, oggettiva o soggettiva, a proseguire il processo penale, se ne dovrà dichiarare la causa sarà una statuizione sul merito. Al contrario, il medesimo procedimento si concluderà con un provvedimento di rito ove l'immunità dovesse considerarsi come una ipotesi di esenzione dalla giurisdizione. L'opzione sulla natura delle immunità si rivela, in definitiva, densa di implicazioni sul piano delle conseguenze pratiche non ultime quelle relative alla appellabilità della sentenza nonché alla valenza preclusiva di altri procedimenti penali ed alla autorità di cosa giudicata in sede extrapenale.
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