La rideterminazione della pena in fase esecutiva per il reato di detenzione di droghe leggere

Marco Galati
21 Giugno 2016

Come rideterminare in fase esecutiva la pena applicata per il reato di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90, alla luce del successivo intervento della Corte costituzionale con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-viciester d.l. 272/2005, convertito con modificazioni, dall'art. 1, comma1, l. 49/2006?

Come rideterminare in fase esecutiva la pena applicata per il reato di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90, alla luce del successivo intervento della Corte costituzionale con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. 272/2005, convertito con modificazioni, dall'art. 1, comma1, l. 49/2006?

Come noto la dichiarazione di incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. 272/2005, convertito con modificazioni, dall'art. 1, comma1, l. 49/2006, intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 25 febbraio 2014, ha comportato la reviviscenza della precedente normativa contenuta nell'art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90 che prevede sanzioni assi meno severe per le condotte relative agli stupefacenti indicati nelle tabelle II e IV dello stesso decreto (droghe c.d. leggere).

I soggetti condannati nel giudizio di cognizione (anche con sentenza ex art. 444 c.p.p.), prima del citato intervento del giudice delle leggi, potranno dunque richiedere, mediante un indicente d'esecuzione, la rideterminazione della pena applicata in base alla cornice edittale più favorevole oggi in vigore.

Ci si è domandati se il giudice adito per tale adempimento debba effettuare una rideterminazione ex novo del trattamento sanzionatorio inflitto (Cass. pen., Sez. I, 18 novembre 2014, n. 52981) o se egli possa limitarsi ad un mero adeguamento della pena inflitta seguendo i parametri della sentenza emessa dal giudice di cognizione nella vigenza della precedente disciplina, secondo un criterio oggettivo-matematico (Cass. pen., Sez. I, 25 novembre 2014, n. 51844 e, in senso conforme, Cass. pen. Sez. I, 18 novembre 2014, n. 52980).

Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, consolidato anche dall'intervento delle Sezioni unite, il giudice dell'esecuzione sarà tenuto ad effettuare una determinazione ex novo avente ad oggetto una valutazione globale del fatto reato in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. e non potrà limitarsi a un calcolo proporzionale, fondato sulle differenti cornici edittali previste prima e dopo l'intervento della Corte costituzionale, per applicare la riduzione della pena originariamente inflitta.

Come chiarito dalle Sezioni unite, un calcolo meramente aritmetico che si limitasse, per esempio, a sostituire la pena base individuata nel minimo edittale con il nuovo paradigma normativo (due anni anziché sei) affidandosi per il resto alla valutazione effettuata dal giudice di cognizione, sarebbe illegale “anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall'originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità” (in questi termini, Cass. pen., Sez. un. 26 febbraio 2015, n. 33040).

Secondo la suprema Corte, infatti, l'incidenza della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014 non attiene al solo regime sanzionatorio; la reviviscenza delle norme di cui ai commi 1 e 4 dell'art. 73 d.P.R. 309/1990 comporta la trasformazione strutturale della fattispecie penale poiché lo spettro delle condotte delittuose contemplate dal ripristinato art. 73 d.P.R. 309/1990 (limitato alle droghe c.d. leggere) risulta diverso da quello (omnicomprensivo) della norma dichiarata costituzionalmente illegittimo (in questo senso Cass. pen., Sez. I, 12 gennaio 2016, n.11963).

Merita di essere evidenziato che l'orientamento appena esposto e certamente dominante in giurisprudenza è stato oggetto di un ulteriore ritocco, ad opera di un nuovo intervento delle Sezioni unite, relativo al caso in cui la pena da ridefinire in sede esecutiva sia stata oggetto di un accordo fra le parti ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p. In tal caso le Sezioni unite hanno precisato che: La pena applicata con la sentenza di patteggiamento avente ad oggetto uno o più delitti previsti dall'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, relativi alle droghe c.d. leggere, divenuta irrevocabile prima della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, può essere rideterminata in sede di esecuzione in quanto pena illegale. La rideterminazione avviene ad iniziativa delle parti, con le modalità di cui al procedimento previsto dall'art. 188 disp. att. c.p.p., sottoponendo al giudice dell'esecuzione una nuova pena su cui è stato raggiunto l'accordo. In caso di mancato accordo o di pena concordata ritenuta non congrua il giudice dell'esecuzione provvede autonomamente alla rideterminazione della pena ai sensi degli artt. 132 e 133 c.p. (Cass. pen.,Sez. un., 26 febbraio 2015, n. 37107).

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