Arresto e fermo: onere di richiesta di convalida del P.M.

Fabio Vanella
22 Aprile 2016

Una volta eseguito l'arresto o il fermo, il P.M. è sempre onerato di chiederne la convalida? La questione è oggetto di un contrasto ancora irrisolto.

Una volta eseguito l'arresto o il fermo, il P.M. è sempre onerato di chiederne la convalida?

La questione è oggetto di un contrasto ancora irrisolto.

Un primo indirizzo esclude che un simile incombente gravi sul P.M. qualora egli stesso abbia rimesso in libertà l'indiziato ex art. 389 c.p.p., per difetto di taluno dei presupposti legittimanti la restrizione provvisoria, ovvero in conseguenza della decorrenza dei termini di fase (cfr. ex plurimis Cass. pen., Sez. I, 18 maggio 2011, n. 25635).

Una esplicita indicazione in tal senso sarebbe desumibile dall'art. 390, comma 1, c.p.p., che sembrerebbe porre la richiesta di convalida come alternativa alla liberazione immediata dell'indagato da parte del P.M.

La tesi di un affrancamento del P.M. dal dover chiedere la convalida in caso di rimessione in libertà dell'indagato ha ricevuto l'avallo della Corte costituzionale (Corte costituzionale, 15 ottobre 1990, n. 515). I giudici della Cassazione, difatti, hanno sottolineato come, in base alla stessa formulazione dell'art. 13 della Carta fondamentale, una pronuncia sulla convalida non è richiesta "sempre e comunque". Essa deve ritenersi necessaria soltanto quando si tratti di protrarre nel tempo, oltre i termini tassativamente fissati dallo stesso art. 13 Cost., gli effetti del provvedimento restrittivo adottato dalla polizia giudiziaria, non quando tali effetti siano destinati a cessare ancor prima dell'attivazione del giudice.

Nonostante il precedente costituzionale, nella giurisprudenza di legittimità si è consolidato un orientamento difforme, teso ad estendere la verifica giudiziale anche ai casi previsti dall'art. 389 citato.

Secondo quest'altra impostazione, il vaglio di legittimità dell'arresto sarebbe legalmente dovuto anche in caso di immediata liberazione dell'indiziato. Il giudizio di convalida, difatti, rileverebbe ai fini dell'eventuale riparazione per l'ingiusta detenzione del soggetto arrestato o per l'accertamento di eventuali responsabilità disciplinari, penali e civili degli autori dell'arresto. Il P.M., pertanto, a prescindere dalle ragioni che lo abbiano indotto a rimettere in libertà dell'indagato, non sarebbe mai esonerato dall'obbligo di sottoporre al controllo giurisdizionale l'operato della polizia giudiziaria (in questi termini, fra le tante, Cass. pen., Sez. I., 6 dicembre 2011, n. 998, che richiama, a sua volta, Cass. pen., Sez. II, 24 ottobre 2003, n. 43428 nonché Cass. pen., Sez. II, 10 novembre 2011, n. 2732).

La inconciliabilità delle due linee esegetiche proposte rende auspicabile un pronto intervento compositore delle Sezioni unite.

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