È sufficiente voler essere un "uomo d'onore" per integrare la partecipazione ad associazione mafiosa
22 Giugno 2017
All'interno della Cassazione si sono formati due diversi orientamenti su quando possa ritenersi integrata la condotta di partecipazione all'azione mafiosa. Un primo orientamento, sostenendo la tesi del c.d. modello organizzatorio, afferma che «ai fini dell'integrazione dell'associazione di tipo mafioso, non è necessario che ciascuno dei membri del sodalizio si renda protagonista di specifici atti esecutivi della condotta criminosa programmata, perché il contributo del partecipe può essere costituito anche dalla sola dichiarata adesione all'associazione da parte di un singolo, il quale presti la propria disponibilità (con la c.d. messa a disposizione) ad agire quale 'uomo d'onore'» (Cass. pen., 6882/2016; Cass. pen., 49793/2013; Cass. pen., 23687/2012; Cass. pen., 2350/2005). Un secondo indirizzo invece ritiene che «ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione all'associazione di tipo mafioso, può essere insufficiente la mera indicazione della qualità formale di affiliato, laddove alla stessa non si correli la realizzazione di un qualsivoglia 'apporto' alla vita dell'associazione, idoneo a far ritenere che il soggetto si sia inserito nel sodalizio in modo stabile e pienamente consapevole» (Cass. pen., 55359/2016; Cass. pen., 46070/2015; Cass. pen., 39543/2013). Con una recente sentenza n. 27394 depositata il 31 maggio 2017, la Cassazione, Sez. II, ha aderito alla tesi del c.d. modello organizzatorio affermando il seguente principio di diritto: «ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione all'associazione di tipo mafioso storico – da qualificarsi come reato di pericolo presunto – non è necessario che ciascuno dei membri del sodalizio si renda protagonista di specifici atti esecutivi della condotta criminosa programmata, perché il contributo del partecipe può essere costituito anche dalla sola sua dichiarata adesione all'associazione con la c.d. messa a disposizione». Gli argomenti posti a sostegno di tale orientamento sono: il dato letterale. L'art. 416-bis utilizza la locuzione far parte (che la Cassazione ritiene sinonimo del partecipare di cui all'art. 416) e non contiene alcun ulteriore elemento che possa far ritenere che tale partecipazione debba avere una natura dinamica; anzi, specifica la Suprema Corte, «la semplice affiliazione ad un'associazione criminale implica, di per sé, una partecipazione attiva alla vita associativa e la sua punibilità appare del tutto coerente con i principi costituzionali del nostro ordinamento. […] il verbo partecipare significa – secondo l'uso corrente – prendere parte attiva con il proprio contributo, ad un'attività svolta da più persone, contributo che, sotto il profilo giuridico, può essere anche di sola adesione […]». La struttura del reato. L'art. 416-bis descrive un reato a forma libera e di pura condotta che si perfezione con l'entrare a far par parte di un'associazione. Il reato di associazione di tipo mafioso è inoltre da classificarsi come reato di pericolo presunto: il Legislatore nel prevedere tale fattispecie delittuosa ha voluto reprimere una condotta che di per sé è idonea a mettere in pericolo un determinato bene giuridico meritevole di essere tutelato in una fase anticipata e, quindi, a prescindere dalla sua concreta lesione. Richiedere che la partecipazione abbia una particolare connotazione sotto il profilo causale «significherebbe trasformare il reato di partecipazione all'associazione per delinquere di stampo mafioso, da reato di pericolo presunto in un reato di evento con conseguente necessità di provare il nesso causale fra quella condotta (la partecipazione) ed il rafforzamento del sodalizio criminale (l'evento). […] il ruolo di "socio" che si assume dopo essere stati ammessi a far parte dell'associazione criminale, costituisce, di per sè, una condotta tipica che va sanzionata penalmente perché anche il semplice inserimento nell'organizzazione di un nuovo soggetto costituisce un rafforzamento dell'associazione secondo intuitive massime d'esperienza fondate sull'id quod plerumque accidit: gli altri soci sanno di potere fare affidamento, nel momento del bisogno, sul nuovo associato; la potenza, l'invasività e la capacità d'intimidazione di un'associazione criminale si fonda anche e soprattutto sul numero degli affiliati». Il rito di affiliazione. L'alta simbologia intrinseca nella cerimonia di affiliazione – che rappresenta storicamente un unicuum delle tre mafie storiche – porta ad escludere la sola affiliazione abbia una valenza neutra ai fini della partecipazione all'associazione mafiosa. «L'affiliazione, infatti, essendo un vero e proprio pactum sceleris produce effetti bilaterali:
Da quanto appena detto consegue che l'affiliazione va considerata, quanto meno, alla stregua di un vero e proprio concorso morale proprio perché il raggiungimento degli scopi associativi è facilitato e rafforzato dalla consapevolezza di ciascuno associato di poter fare preventivo affidamento sul contributo di ciascuno di essi. L'affiliato, quindi, non può essere considerato un neutrale e passivo osservatore delle dinamiche mafiose delle quali, peraltro, viene messo a conoscenza, ma diventa una parte organica dell'associazione che, quindi, per effetto della sua "partecipazione" viene, per ciò solo, ad essere implementata». |