Sindacato di legittimità sull’accompagnamento coattivo dell’imputato assente

Alessandra Testaguzza
23 Luglio 2015

La mancata disposizione dell'accompagnamento coattivo dell'imputato assente da parte del giudice a norma dell'art. 490 c.p.p. configura una violazione di legge ricorribile per cassazione?

La mancata disposizione dell'accompagnamento coattivo dell'imputato assente da parte del giudice a norma dell'art. 490 c.p.p. configura una violazione di legge ricorribile per cassazione?

L'art. 490 c.p.p. consente al giudice di disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente, a norma dell'art. 132, qualora la sua presenza sia ritenuta necessaria ai fini della assunzione di una prova diversa dall'esame.

Spesso si è sostenuto che la scelta di non optare per tale istituto sia sindacabile in sede di legittimità in quanto in grado di inficiare la validità della motivazione resa nel precedente grado di giudizio (art. 606, comma 1, lett. e)).

Tuttavia, la norma in questione configurando solo una “facoltà” per il giudice, non anche un obbligo di legge, è passibile di censura nella sola fase di merito del giudizio.

La Suprema Corte, dunque, ha affermato che “il fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto non necessario avvalersi del potere di disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato in udienza ai fini di una formale ricognizione - così all'evidenza ritenendo implicitamente non necessaria tale attività - è frutto anch'esso di una valutazione di merito non certo sindacabile in questa sede” (Cass. pen., Sez. II, 5 giugno 2015, n. 27792).

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