Il sequestro funzionale alla confisca per equivalente nel concorso di persone nel reato
24 Giugno 2016
Abstract
I temi di maggiore rilievo che riguardano l'istituto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nell'ipotesi di concorso di più persone nel reato, riguardano, in primo luogo, la possibilità che il sequestro possa operare, rispetto a ciascuno dei concorrenti nel reato, anche per la totalità del profitto prescindendo dal se e dal quanto questi abbia effettivamente percepito. Altra rilevante questione, invece, attiene alla facoltà di disporre il sequestro per l'intero nei confronti di ciascun concorrente, ritenendo possibile, nell'ipotesi affermativa, più interventi cautelari di guisa che la loro somma possa anche esorbitare il valore corrispondente al quantum del profitto del reato confiscabile. Percorsi giurisprudenziali
Con riguardo alla prima delle due questioni evidenziate, vale a dire ai limiti di operatività del sequestro nei confronti del singolo concorrente, un consolidato e maggioritario percorso della giurisprudenza di legittimità attesta la legittimità del sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all'art. 322-ter c.p. eseguito per l'intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di un concorrente del delitto di cui all'art. 640-bis c.p. nonostante le somme illecite siano state incamerate in tutto o in parte da altri coindagati, salvo l'eventuale riparto tra i concorrenti medesimi, che costituisce fatto interno a questi ultimi, privo di alcun rilievo penale (cfr. Cass. pen., Sez. II, 9 gennaio 2014, n. 5553). Il caso di specie concerne la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il decreto del Gip di sequestro preventivo nei confronti dell'indagato per un valore equivalente all'intero profitto del reato (truffa aggravata in concorso). La Corte, ritenuta corretta la determinazione del tribunale del riesame, ha aderito all'orientamento maggioritario e più recente secondo cui, in ragione del principio solidaristico, ogni imputato risponde di tutto il profitto conseguito a seguito della consumazione del reato, salvo, poi, il regresso nei confronti dei concorrenti. La Corte ha, altresì, valorizzato il dato relativo alla necessaria definizione di due profili dogmatici concernenti la natura giuridica sia della confisca di valore disciplinata dall'art. 322-ter c.p., richiamato dall'art. 640-quater c.p., sia del concorso di persone nel reato. In relazione al primo profilo, oggetto a sua volta di discordanti opinioni, nella misura in cui si accogliesse l'indirizzo che definisce la confisca ex art. 322-ter c.p. come misura di sicurezza patrimoniale, al pari di quella ex art. 240 c.p. (ex plurimis Cass. pen., Sez. VI, 19 marzo 1986, n. 9903) ne scaturirebbe conseguentemente, per gli indagati che si trovino nell'effettiva disponibilità del profitto derivante dal reato, l'applicabilità della misura. Ove, a contrario, si attribuisse alla confisca ex art. 322-ter c.p. natura prevalentemente sanzionatoria, come sostenuto nella riportata sentenza, ne conseguirebbe, sul piano fattuale, il riverbero nei confronti di ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del prezzo o profitto accertato, salvo il possibile riparto del relativo onere nei rapporti interni tra i concorrenti. In relazione al secondo profilo, invece, la Corte, sulla scorta della teoria monistica da cui gemma la disciplina del concorso di persone, precisa che ciascun concorrente risponde dell'evento delittuoso nella sua interezza prescindendo dall'entità del contributo prestato. Il principio solidaristico, sotteso alla fattispecie, comporta non solo l'attribuzione dell'intera azione criminosa e dei collaterali effetti in capo a ciascun concorrente, ma anche compartecipazione nella pena. La Corte, sulla scorta di siffatte premesse, perviene all'assunto di operare il sequestro per l'intero delle somme corrispondenti al profitto del reato, nei confronti di ciascuno dei concorrenti del reato, a prescindere se dette somme illecite siano, in tutto o in parte, nella disponibilità anche di questi ultimi. Su medesime posizioni è sostanzialmente pervenuta con altra pronuncia il giudice di legittimità (cfr. Cass. pen., Sez. VI,18 febbraio 2014, n. 17713), secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può attingere indifferentemente da ciascun concorrente anche per l'intero del profitto accertato, anche se poi l'espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso profitto. Nel caso di specie, la Corte, in ragione dell'enunciato principio, ha ritenuto legittimamente disposto il sequestro dell'intero profitto del delitto di riciclaggio conseguito da due società di cui la ricorrente era titolare di una partecipazione di minoranza, ma amministratrice di fatto. L'assunto di diritto risulta, altresì, ribadito da altra pronuncia (cfr. Cass. pen., Sez. II,16 novembre 2012, n. 8740) che, muovendo dalla natura sanzionatoria della confisca, ha statuito che, in ragione della sua natura provvisoria, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può attingere senza distinzione di sorta ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, sebbene il provvedimento definitivo di confisca, rivestendo invece natura sanzionatoria, non possa essere duplicato o comunque eccedere nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso profitto. Al percorso giurisprudenziale maggioritario passato in rassegna se ne è contrapposto un altro, minoritario, secondo cui, nell'ipotesi di più concorrenti in una medesima azione delittuosa ricompresa tra quelle per le quali è consentita la confisca per equivalente ex art. 322-ter c.p., tale misura e il relativo sequestro operano, per ciascun concorrente, esclusivamente per la quota di prezzo o profitto a lui attribuibile. Precipuamente la suprema Corte (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 9 luglio 2007, n. 35120), pur ritenendo aggredibili i beni di ciascun concorrente pro quota, eccettua l'ipotesi che, in ragione dei rapporti personali o economici esistenti tra i concorrenti o della natura della fattispecie concreta, la quota di prezzo o profitto imputabile al singolo indagato non sia immediatamente individuata o individuabile ma sia destinata a essere accertata solo in fase di giudizio, nel qual caso il sequestro stesso può essere disposto per l'intero importo nei confronti di ciascuno dei concorrenti. Ed ancora, in altre pronunce, la Corte ha annullato, nell'ambito del medesimo thema decidendum prima il sequestro e successivamente la confisca, nei confronti dell'intermediario della corruzione in atti giudiziari, avente ad oggetto l'intero profitto percepito dal corruttore in conseguenza dell'atto giudiziario illecitamente posto in essere in suo favore, anziché essere limitato, come invece ritenuto dalla Corte, al solo importo equivalente all'entità dei compensi per l'attività di intermediazione. La Corte fonda il proprio convincimento, trasfuso nelle riportate pronunce, muovendo dalla medesima premessa su cui si basano quegli arresti, aderenti all'orientamento maggioritario, secondo cui la confisca per equivalente di cui all'art. 322-ter c.p. è misura sostanzialmente sanzionatoria avente ad oggetto l'equivalente di quanto ricavato dalla commissione del reato, circostanza che esime dallo stabilire rapporto di pertinenzialità tra reato e provvedimento ablatorio dei proventi illeciti, che caratterizza invece la misura ex art. 240 c.p., potendo essere i beni da confiscare diversi dal provento, vale a dire, il profitto o prezzo del reato stesso. Tuttavia, la Corte, discostandosi dall'orientamento maggioritario circa gli effetti del principio solidaristico, addiviene alla conclusione che, in caso di pluralità di imputati, quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell'art. 322-ter c.p., può disporsi la confisca per equivalente, non si possa eccedere per ciascuno dei concorrenti dalla misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile. In tal senso risulta orientata anche altra pronuncia (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 23 giugno 2006,n. 25877), la quale aveva affermato che il prezzo o il profitto del reato ovvero il valore ad essi corrispondente delimita l'importo massimo della confisca e impedisce la moltiplicazione dello stesso per il numero dei concorrenti nel reato, che non subiscono la confisca per l'intero ammontare del provvedimento ablatorio, ma solo pro quota. In motivazione la Corte rivela il fondamento della conclusione cui perviene, da individuarsi nella lettera dell'art. 322-ter c.p., che prevede l'assoggettabilità dei beni nella disponibilità dell'imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto del reato, intendendosi per reato quello commesso dal singolo imputato. In definitiva, rispetto al primo profilo esaminato, è, ormai, possibile registrare un significativo consolidamento del c.d. primo orientamento, specie dopo la pronuncia della Corte a Sezioni Unite (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 2008, n. 26654), che ha affermato, nel caso di illecito plurisoggettivo, l'imputazione dell'intera azione e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l'individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato. Con riguardo alla seconda questione, vale a dire, alla possibilità che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente rilevi congiuntamente per più concorrenti, interessati ciascuno per l'intero e senza che per l'ammontare complessivo operi il limite dell'entità del profitto confiscabile, si riscontrano ulteriori e discordanti profili esegetici. Un primo indirizzo esegetico sostiene la tesi dell'insuperabilità della soglia del profitto confiscabile. In buona sostanza, siffatto orientamento ritiene che il sequestro preventivo per equivalente non possa eccedere la futura confisca, di guisa che il provvedimento cautelare può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti nel reato, senza, però, poter complessivamente eccedere il valore del prezzo o profitto del reato soggetto a confisca. All'uopo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 28264) ha evidenziato come una diversa lettura esegetica risulterebbe errata, in quanto in contrasto con il principio generale, per il quale con il provvedimento cautelare non si può ottenere più di ciò che sarà conseguibile con il provvedimento definitivo. In altri termini, se la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, che non è commisurata alla colpevolezza del reo, né alla gravità dell'illecito e che prescinde dalla pericolosità in sé della cosa, impedisce l'ablazione di beni, appartenenti ai concorrenti nel reato, che superino il valore del prezzo o del profitto ricavato dal reato, non vi è ragione per cui un tale limite non debba valere anche per la misura cautelare che anticipa il provvedimento definitivo. Diversamente si avrebbe non solo una evidente violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza ma risulterebbe messa in crisi anche la funzione strumentale del sequestro preventivo. Del resto, prosegue la Corte, il Legislatore ha voluto limitare il sequestro per equivalente, funzionale alla confisca, solo al tandundem, cioè alla somma corrispondente al profitto o al prezzo conseguito dall'illecito, sicché appare coerente sostenere che la questione relativa al quantum dei beni da sequestrare sia problema da affrontare, per la prima volta, nella fase esecutiva della confisca, in quanto uno degli aspetti che il giudice deve valutare ai fini dell'emissione della misura cautelare è costituito proprio dalla corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della futura ablazione e l'entità del profitto o del prezzo del reato. Sulla stessa linea esegetica anche altra pronuncia (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 25 gennaio 2013, n. 21222), concernente una fattispecie di sequestro di beni nei confronti contestualmente di un ente e dell'indagato persona fisica, la quale, pur aderendo all'ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel caso di concorso di più soggetti nel reato, è legittima l'estensione del sequestro preventivo a ciascuna persona cui il reato sia addebitabile, fino a coprire l'intero importo del profitto o del prezzo, ritiene che ciò non equivalga a spingere il sequestro al di là del profitto complessivo derivante dal reato, al punto da colpire potenzialmente ciascun concorrente per l'intero del valore confiscabile, dovendosi, al riguardo, escludere che il principio solidaristico che governa il concorso di persone nel reato possa giustificare, anche nella fase cautelare, che il vincolo d'indisponibilità ecceda il valore stesso del profitto, addirittura determinando ingiustificate duplicazioni. L'arresto scrutinato ha trovato, inoltre, seguito in successive sentenze (cfr. Cass. pen., Sez. II, 29aprile 2014, n. 21227 e Cass. pen., Sez. VI, 22 maggio 2014, n. 34566), secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato di truffa aggravata può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni dell'ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l'unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto. All'indirizzo esegetico riportato, in maniera specularmente opposta, se ne contrappone altro, secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, avendo natura provvisoria, può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, anche se poi il provvedimento definitivo di confisca, rivestendo natura sanzionatoria, non può essere duplicato o comunque eccedere nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso profitto. Si è, in buona sostanza, evidenziato come, ai fini della ripartizione interna tra correi della cautela reale, il sequestro preventivo abbia natura provvisoria, essendo strumentale alla futura esecuzione della confisca e possa, pertanto, essere disposto, per l'intero, nei confronti di ciascuno degli indagati, a differenza della confisca, istituto di natura sanzionatoria, che non può in alcun caso eccedere l'ammontare del prezzo o del profitto del reato. In termini sostanzialmente sovrapponibili, una precedente pronuncia (cfr. Cass. pen., Sez.V, 10 gennaio 2012, n. 13562), riguardante una fattispecie in cui non era, peraltro, allo stato, accertabile la quota di illecito profitto del reato riferibile all'indagato. Precipuamente, nel caso in esame, la Corte aveva osservato che, ai fini della ripartizione interna tra correi della cautela reale, il sequestro preventivo ha natura provvisoria, essendo strumentale alla futura esecuzione della confisca e può pertanto essere disposto, per l'intero, nei confronti di ciascuno degli indagati, diversamente dalla confisca, istituto di natura sanzionatoria che non può in alcun caso eccedere l'ammontare del prezzo o del profitto del reato, duplicandone o comunque eccedendone nel quantum complessivo (nello stesso senso cfr. Cass. pen., Sez. VI, 18 febbraio 2014, n. 17713, che, pur trattando una fattispecie nella quale non vi era materialmente stata alcuna duplicazione o eccedenza dei beni sequestrati rispetto all'ammontare complessivo del profitto del reato, ha ribadito che il limite quantitativo anzidetto si riferisce esclusivamente alla fase espropriativa della confisca). In conclusione
operare il sequestro per equivalente nei confronti di ciascun concorrente nel reato, a prescindere dall'aver questi materialmente percepito, sia pure in parte, il profitto del reato, può ritenersi risolto il contrasto, risultando decisamente maggioritario, oltre che più attuale, l'indirizzo favorevole. A contrario, risulta essere ancora dibattuta la seconda e più complessa questione. Il passaggio critico da dipanare è costituito dalla valenza da attribuire al nesso di strumentalità del provvedimento cautelare rispetto a quello di merito cui è preordinato. Pertanto, mentre per una corrente giurisprudenziale detta strumentalità non consente di ipotizzare che il limite quantitativo fissato per l'ablazione definitiva possa non valere anche per la misura cautelare che ne anticipa il contenuto; secondo l'indirizzo opposto, il sequestro preventivo, per la sua natura provvisoria, non sarebbe, invece, soggetto al limite del quantum, riferibile esclusivamente alla fase espropriativa della confisca. |