Corruzione per atto discrezionale

Marco Gioia
25 Agosto 2015

Quando l'accordo corruttivo ha ad oggetto un atto rientrante nell'attività discrezionale della pubblica amministrazione, l'atto deve ritenersi contrario o conforme ai doveri d'ufficio?

Quando l'accordo corruttivo ha ad oggetto un atto rientrante nell'attività discrezionale della pubblica amministrazione, l'atto deve ritenersi contrario o conforme ai doveri d'ufficio?

L'orientamento tradizionale. Secondo l'orientamento tradizionalmente seguito dalla giurisprudenza, l'atto discrezionale, emanato o da emanare, per il quale fosse stata corrisposta o promessa un'utilità doveva sempre considerarsi contrario ai doveri d'ufficio. Si riteneva, infatti, che il prendere parte all'accordo corruttivo determinasse il venir meno nel pubblico ufficiale della capacità di orientare il suo potere discrezionale secondo l'interesse pubblico, con la conseguenza che l'atto eventualmente adottato sarebbe risultato necessariamente viziato da eccesso di potere per sviamento dello stesso verso un interesse privato.

La critica. Tale orientamento, però, è stato duramente criticato dalla dottrina e abbandonato dalla stessa giurisprudenza poiché, introducendo una sorta di presunzione di contrarietà dell'atto ai doveri d'ufficio, in primo luogo, avrebbe determinato una sorta di abrogazione implicita delle fattispecie di corruzione impropria in relazione al vasto settore dell'attività discrezionale e, in secondo luogo, non terrebbe in considerazione le ipotesi in cui l'interesse del privato che si intende favorire coincida con l'interesse pubblico, risultando in questo modo conforme ai doveri d'ufficio.

L'orientamento attuale. La dottrina e la giurisprudenza attualmente maggioritarie ritengono che l'atto vada ritenuto contrario ai doveri d'ufficio tutte le volte in cui il pubblico agente accetti la retribuzione per il compimento di un atto in “violazione delle regole inerenti all'uso del potere discrezionale”. Muovendo dalla corretta constatazione per cui la discrezionalità amministrativa non equivale a libertà assoluta ma rappresenta uno strumento per la realizzazione dell'interesse pubblico, sottoposto a limiti e regole la cui violazione è sindacabile dal giudice, si ritiene che la violazione di tali regole e limiti dia luogo di per sé ad un atto contrario ai doveri d'ufficio. Così, il pubblico agente che rinunci preventivamente, in forza dell'accordo corruttivo con il privato, ad effettuare una valutazione comparativa degli interessi coinvolti conforme alle regole che presiedono all'esercizio della discrezionalità amministrativa, automaticamente agirebbe in contrasto con i doveri funzionali.

Tale orientamento ha ricevuto ampi consensi nella giurisprudenza di legittimità, ove si afferma che “sono atti contrari ai doveri di ufficio non solo quelli illeciti, siccome vietati da atti imperativi o illegittimi, perché dettati da norme giuridiche, riguardanti la loro validità ed efficacia, ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono per consapevole volontà del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall'osservanza dei doveri istituzionali, espressi in norme di qualsiasi livello, compresi quelli di correttezza e di imparzialità” (Cass. pen., Sez. VI, 25 settembre 2013, n. 41898).

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