I limiti della difesa rispetto all'esame delle cose sequestrate

25 Novembre 2016

Il P.M. può rifiutare la richiesta della difesa ex artt. 327-bis e 391-sexies c.p.p. di esaminare un bene posto sotto sequestro adducendo l'impossibilità di stabilire se la polizia giudiziaria all'atto del sequestro, o successivamente all'apposizione dei sigilli, abbia rispettato le norme per tutelare il bene da possibili contaminazioni non risultando questo repertato dalla scientifica? Anche l'accesso ai luoghi (artt. 391-sexies e 391-septies c.p.p.) è una tipica attività d'indagine difensiva consentita a tutti i soggetti indicati nell'art. 391-bis c.p.p.: difensore, sostituto, investigatori privati e ...

Il P.M. può rifiutare la richiesta della difesa ex artt. 327-bis e 391-sexies c.p.p. di esaminare un bene posto sotto sequestro adducendo l'impossibilità di stabilire se la polizia giudiziaria all'atto del sequestro, o successivamente all'apposizione dei sigilli, abbia rispettato le norme per tutelare il bene da possibili contaminazioni non risultando questo repertato dalla scientifica?

Anche l'accesso ai luoghi (artt. 391-sexies e 391-septies c.p.p.) è una tipica attività d'indagine difensiva consentita a tutti i soggetti indicati nell'art. 391-bis c.p.p.: difensore, sostituto, investigatori privati e consulenti tecnici. Detti soggetti possono:

  1. prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose;
  2. procedere alla loro descrizione;
  3. eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi.

Nell'ambito di tali prerogative, la Difesa può, quindi, procedere all'osservazione esterna di luoghi e di cose e, con i mezzi tecnologici di cui dispone, procedere alla descrizione e rilevazione di dati materiali da analizzare in un successivo separato momento. La rilevazione “tecnica” non può comportare, tuttavia, attività che possano alterare (tanto più modificare in modo irreversibile) contenuto o qualità di luoghi e cose, né, in ogni caso, interventi “invasivi” diretti al prelievo, al campionamento o alla scomposizione di oggetti.

La ricerca delle tracce del reato, la selezione, il prelievo e l'esame con l'ausilio della scienza è, infatti, attività che rimane affidata al P.M. L'art. 354 c.p.p dispone, infatti, che la P.G. cura che le tracce e le cose pertinenti il reato siano conservate e che lo stato delle cose e dei luoghi non venga mutato prima dell'intervento del P.M., se del caso, sequestra il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.

Secondo la giurisprudenza di merito il consulente tecnico di parte della difesa può essere autorizzato non solo a esaminare le cose sequestrate nel luogo dove si trovano ma anche a prelevare campioni ai fine di farli esaminare, specie ove si tratti di attività ripetibile (nel caso di specie, si trattava di prelevare pochi grammi di sostanza su un totale sequestrato di alcuni chilogrammi; tribunale La Spezia 26 maggio 2004).

Il difensore non può, invece, compiere accertamenti tecnici che importino una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi o delle cose, tale da rendere l'accertamento stesso non ripetibile, se essi non siano anche indifferibili. Pertanto, il giudice non potrà autorizzare ex art. 391-septies comma 1 c.p.p. l'accesso in luogo privato nel caso in cui l'istanza difensiva sia volta al compimento di attività irreversibilmente modificativa dello stato dei luoghi. (Gip Lanciano 14 giugno 2003; Gip Napoli 27 aprile 2009). Lo stesso principio vale per gli accertamenti da compiersi sulle cose. L'accertamento è ripetibile quando la cosa da esaminare conservi nel tempo le proprie caratteristiche e possa essere sottoposta a nuovo esame (per quanto riguarda l'accertamento tecnico relativo ad impronta latente: Cass. pen., Sez. VI, n. 10350/2016; Gip Bari 6 maggio 2015).

In ogni caso, affinché possa parlarsi di prova in senso tecnico quindi processualmente utilizzabile come tale occorre che le cose sequestrate vengano correttamente repertate e conservate (L'indagine genetica – analisi del DNA – condotta su un campione repertato e conservato con metodi non rispettosi dei protocolli internazionali non costituisce prova e neppure indizio, ma solo elemento "suscettivo di valutazione" nel processo, a nulla rilevando che – trattandosi di indagine non ripetibile per l'impossibilità di amplificazione del reperto e di ripetizione dell'analisi – l'accertamento sia stato svolto con l'osservanza delle garanzie difensive. Cass. pen., Sez. V, n. 36080/2015).

La richiesta di autorizzazione, ex art. 233, comma 1-bis, c.p.p., va rivolta dal difensore al giudice che procede; nella fase delle indagini preliminari, invece, la richiesta deve essere presentata al pubblico ministero il quale sarà libero di accoglierla o meno. In caso di diniego del pubblico ministero, il difensore può proporre opposizione al giudice per le indagini preliminari, così accentuandone il ruolo di garanzia della legalità del procedimento e della tendenziale pari dignità delle parti anche nella fase delle indagini preliminari. Il giudice per le indagini preliminari procederà con le ordinarie forme camerali di cui all'art. 127 c.p.p. Con il decreto autorizzativo l'autorità giudiziaria deve impartire, se necessario, le prescrizioni per la conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi e per il rispetto delle persone (comma 1-ter dell'art. 233 c.p.p.). La necessaria autorizzazione dell'autorità giudiziaria esclude che l'esame delle cose sequestrate od oggetto di ispezione possa costituire oggetto di attività investigativa preventiva.

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