Arresti domiciliari e autorizzazione ad assentarsi per svolgere attività lavorativa in caso di situazione di assoluta indigenza
26 Agosto 2015
Ai fini dell'autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per svolgere attività lavorativa, come deve essere valutata la situazione di assoluta indigenza dell'indagato/imputato?
La questione è stata ripetutamente sottoposta all'attenzione della Corte regolatrice, che ha elaborato una serie di criteri di riferimento. Anzitutto, la valutazione del giudice, stante l'eccezionalità della previsione, deve essere rigorosa e va condotta sulla base di prove, senza potersi basare sul mero stato di detenzione domiciliare (Cass. pen., 10 dicembre 2004, n. 9109) ma senza potersi spingere, d'altra parte, “sino al punto di pretendere una sorta di prova legale dello stato di assoluta indigenza del nucleo familiare dell'indagato mediante produzione di una autocertificazione attestante la impossidenza dei redditi necessari a soddisfare le ordinarie esigenze di vita” (Cass. pen., 12 febbraio 2015, n. 12618). Inoltre, l'assoluta indigenza “non può essere automaticamente esclusa né a causa della nomina di un secondo difensore di fiducia, in quanto la limitazione della libertà personale può indurre l'interessato e la sua famiglia ad attivarsi (con ricorso a prestiti ecc.) in modo peculiare rispetto alle ordinarie esigenze di vita, onde garantire l'esercizio più ampio del diritto di difesa, né in ragione della astratta possibilità per il coniuge di trovare lavoro, avuto riguardo agli obblighi di assistenza materiale e di mantenimento, penalmente sanzionati, che gravano sull'imputato quale padre e marito” (Cass. pen., 20 gennaio 2015, n. 4876). La condizione di assoluta indigenza “deve essere riferita ai bisogni primari dell'individuo e dei familiari a suo carico, ai quali può essere data risposta solo attraverso il lavoro: la nozione di bisogni primari peraltro comprende anche – per l'evolversi delle condizioni sociali – le spese per l'educazione, quelle per la comunicazione o per il mantenimento in salute” (Cass. pen., 29 gennaio 2007, n. 10980, che ha censurato l'interpretazione “pauperistica” data dal giudice di merito, il quale aveva negato la sussistenza dell'assoluta indigenza atteso che l'imputato aveva di che nutrirsi e coprirsi. Nello stesso senso, Cass. pen., 15 luglio 2010, n. 34235). Deve tenersi conto delle condizioni reddituali e patrimoniali del soggetto, eventualmente comprensive delle utilità economiche, costituenti anch'esse reddito personale, che siano corrisposte dalle persone obbligate per legge o per rapporti contrattuali al suo mantenimento per motivi che prescindano dalla capacità al lavoro dell'assistito; per converso, è escluso che, ai fini della valutazione dell'assoluta indigenza, possa “rilevare la situazione economica del nucleo familiare, in quanto non è presa in considerazione dalla legge né sussiste alcun obbligo di mantenimento del sottoposto agli arresti domiciliari a carico dei componenti la famiglia, al di fuori di quello strettamente alimentare” (Cass. pen., sez. VI, 3 giugno 2005, n. 32574). |