Omissione dell’avviso della facoltà ex art. 199 c.p.p. in indagini difensive. Profili processuali e deontologici.

Andrea de Bertolini
26 Agosto 2015

Qual è il regime di utilizzabilità in ipotesi di giudizio abbreviato del verbale di indagini difensive assunte da prossimo congiunto dell'indagato (art. 307, comma 4, c.p.) senza preventivo avviso della specifica facoltà di astenersi (art. 199 c.p.p.)?

Qual è il regime di utilizzabilità in ipotesi di giudizio abbreviato del verbale di indagini difensive assunte da prossimo congiunto dell'indagato (art. 307, comma 4, c.p.) senza preventivo avviso della specifica facoltà di astenersi (art. 199 c.p.p.)?

Il quesito proposto consente di approfondire la condotta professionale chiesta al difensore nel momento in cui intraprende attività di indagine difensiva nelle forme dell'assunzione di informazioni da prossimo congiunto dell'indagato.

Lo statuto delle dichiarazioni del prossimo congiunto è delineato dagli artt. 199 c.p.p. e art. 384 c.p. Il combinato delle disposizioni indicate tratteggia una cornice attorno ai legami parentali predisponendo una speciale tutela del vincolo di solidarietà familiare. Al prossimo congiunto, quindi, l'art. 199 c.p.p. riconosce una “cintura di protezione” che si sostanzia nella speciale facoltà di astensione dall'obbligo di deporre, salvo egli abbia presentato denuncia, querela o istanza per i fatti contestati o sia persona offesa del reato o prossimo congiunto dell'offeso dal reato (c.d. segreto familiare). Per assicurare effettività alla norma, l'art. 199, comma 2, c.p.p., pone in capo al giudice l'obbligo (sanzionato con una nullità) di avvisare preliminarmente l'esaminando prossimo congiunto dell'imputato della facoltà di avvalersi del segreto familiare. Avvisato del ius tacendi, il prossimo congiunto che decidesse di deporre egualmente è chiamato a rispondere secondo verità con il rischio di incorrere in responsabilità per falso testimonio.

L'art. 199 c.p.p. inserito nel terzo libro trova la sua naturale dimensione processuale più specificamente nella fase dell'istruzione dibattimentale; ciò nondimeno gli artt. 362 e 351 c.p.p. richiamano, nel disciplinare le attività di indagine e raccolta di elementi di prova svolte dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, l'art. 199 c.p.p. con la conseguenza che in fase di indagini preliminari l'organo inquirente è tenuto a rendere edotto il titolare del ius tacendi delle sue facoltà.

Il quesito formulato presuppone di risolvere in senso positivo la questione preliminare circa l'operatività delle garanzie di cui all'art. 199 c.p.p. nell'ambito delle indagini difensive disciplinate dagli artt. 391-bis e ss. c.p.p. In successione occorre individuare l'eventuale sanzione processuale prevista per il caso di omesso avviso del ius tacendi tra nullità dell'atto, inutilizzabilità agli effetti probatori e mera irregolarità priva di riflessi processuali, e la rilevabilità del vizio nel corso del giudizio abbreviato.

In via generale, nell'assumere investigazioni private il difensore deve rispettare un ventaglio di norme processuali – dettate dai commi 3 e 6 dell'art. 391-bisc.p.p. – affinché il materiale raccolto sia garantito nella sua autenticità formale e dunque sostanziale e possa quindi entrare a pieno titolo, senza (rectius, al netto di) pregiudizi culturali, nel novero degli atti utilizzabili per la fase procedimentale (per esempio nel contesto degli incidenti di giurisdizione cautelari), in quella processuale (ad esempio come strumento per le c.d. contestazioni) e così, infine, nei giudizi speciali come ad esempio nel giudizio abbreviato. Altrettanto, nell'assunzione di indagini difensive, il difensore deve garantire il pieno rispetto di norme deontologiche per non insidiare gli irrinunciabili valori connessi all'esercizio della professione.

A differenza dell'art. 362 c.p.p. (e per relationem dell'art. 351 c.p.p.) che impone al pubblico ministero (e agli agenti di polizia giudiziaria) di rispettare il disposto di cui all'art. 199 c.p.p., tra gli avvisi legislativamente previsti in sede di investigazione difensiva non figura l'avvertimento della facoltà di astensione per segreto familiare.

Stando alla lettera della norma, gli avvisi che spettano al prossimo congiunto sentito in indagini difensive non divergono da quelli dovuti a terzi.

Né può essere confuso l'avviso della facoltà di cui alla lett. d) dell'art. 391-bis, comma 3, c.p.p. con la prerogativa del ius tacendi propria e tipica del prossimo congiunto, né questa è assorbita dalla più ampia facoltà al silenzio.

La questione rimane controversa: se alcuni affermano che l'operatività dell'obbligo dell'avviso al prossimo congiunto anche in sede di indagini difensive derivi dall'interpretazione dell'art. 362 c.p.p. come regola di ampio respiro capace di far arretrare in fase di indagini le garanzie del segreto familiare, altri valorizzano lo stesso dato normativo (art. 362 c.p.p.) per argomentare a contrariis ed escludere in capo al difensore quest'obbligo.

Delle due, l'una. Si crede che la scelta del legislatore di non esplicitare – né in via diretta, né indiretta tramite rinvio – che nel contesto di indagini private il difensore debba rendere edotto il prossimo dell'indagato delle facoltà di cui all'art. 199 c.p.p. deve essere riconosciuta e rispettata in virtù del principio interpretativo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit. Quest'argomento è tanto più forte in quanto il comma 10 dell'art. 391-bis c.p.p., trattando delle modalità della c.d. “audizione assistita”, specifica che “anche con riferimento alle informazioni richieste dal difensore si applicano le disposizioni di cui all'art. 362 c.p.p.” con diretta estensione per il difensore – nel caso di audizione assistita (rectius, nel solo caso di audizione assistita) – dell'obbligo di avviso ex art. 199 c.p.p.

Sebbene quest'ultima tesi abbia un miglior fondamento normativo, ricorre il principio affermato da Cass. pen.,Sez. III, 6 ottobre 2009, n. 46682: “l'avviso ai prossimi congiunti dell'imputato in ordine alla facoltà degli stessi di astenersi dal testimoniare va loro rivolto, a pena di nullità, anche in sede di sommarie informazioni rese al difensore ex art. 391 bis c.p.p.”.

L'approdo giurisprudenziale qui riportato e confermato da Cass. pen.,Sez. III, 25 settembre 2013, n. 41484 dirotta la trattazione della questione prospettata verso il tema delle nullità.

Per costante giurisprudenza (Cass. pen., Sez. I, 19 marzo 2009, n. 19152; Cass. pen., Sez. VI, 18 giugno 2005, n. 10065) l'assenza di avviso di cui all'art. 199 c.p.p. non integra ipotesi di inutilizzabilità ma una nullità relativa con la conseguenza che sulla parte interessata ad invalidare l'atto di indagine difensiva grava l'onere di sollevare tempestiva eccezione di nullità nel rispetto dei rigorosissimi termini previsti dall'art. 181 c.p.p. Termini che si fanno ancora più stringenti nel caso in cui la difesa decidesse di accedere al rito alternativo, scelta che non consente di sollevare nullità di carattere intermedio o relativo nel corso del giudizio abbreviato.

Pertanto alla luce della lettura offerta da Cass. pen., Sez. III, 6 ottobre 2009 n. 46682 il caso prospettato nel quesito è regolato dall'art. 181 c.p.p. e non configurerebbe un'ipotesi di inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. Tuttavia, per completezza espositiva, si segnala che, nel medesimo procedimento, il tribunale e la Corte territoriale adottavano altra soluzione rispetto al principio affermato in sede di legittimità. Nei gradi di merito i giudici infatti ricostruivano l'omesso avviso al prossimo congiunto in sede di indagini difensive nei termini di una inutilizzabilità relativa ex art. 191 c.p.p., trattando in definitiva il vizio in parola al pari della violazione di cui all'art. 391-bis, comma 6, c.p.p., quindi come invalidità mai sanabile e rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

Tornando al caso, la sanzione dell'inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti in sede di indagine difensiva avrebbe evidentemente influenze circoscritte all'aspetto delle eventuali contestazioni ai sensi degli artt. 500 e 503 c.p.p. (Cass. pen., Sez. VI, 28 febbraio 2014, n. 15477) laddove il processo seguisse il rito ordinario, con escussione dibattimentale delle persone sentite nel corso di investigazioni difensive.

La stessa sanzione dell'inutilizzabilità determina una più ampia incidenza sul diritto di difesa quando, con l'accesso al rito abbreviato, quelle stesse dichiarazioni assunte dal difensore da elementi di prova si tramutano in prove. Infatti, la difesa che ometta di rendere edotta la persona assunta delle facoltà ex art. 199 c.p.p. si espone al rischio di perdere una prova a discarico. Non è escluso infatti che, introdotto il verbale di sommarie informazioni testimoniali. nel processo, pubblico ministero, altra parte privata, o lo stesso giudicante, avvedutisi del vizio dell'assunzione difensiva, rilevino il vizio promuovendo una dichiarazione di inutilizzabilità prima della formulazione della richiesta di accesso al rito alternativo (Cass. pen., Sez. III, 5 giugno 2014, n. 31171). Per circoscrivere le ricadute negative connesse a quest'eventualità, si ricorda come, secondo Cass. pen., Sez. un., 9 ottobre 1996, n. 1282 “restano escluse altresì dalla sanzione dell'inutilizzabilità, alla stregua della "ratio" della disposizione, ispirata alla tutela del diritto di difesa, le dichiarazioni favorevoli al soggetto che le ha rese ed a terzi, quali che essi siano, non essendovi ragione alcuna di escludere dal materiale probatorio elementi che con quel diritto non collidono”.

Accanto ai profili processuali, si segnala come l'art. 391-bis, comma 6, c.p.p. attribuisca rilevanza disciplinare alla condotta dell'avvocato che nel corso di indagini difensive ometta gli avvertimenti di cui all'art. 391-bis, comma 3, c.p.p.

Tuttavia, né il codice deontologico, né il codice di rito definiscono illecito disciplinare la violazione dell'obbligo (di matrice e origine giurisprudenziale) di avvisare il prossimo congiunto dell'indagato della facoltà di cui all'art. 199 c.p.p. prima di essere sentito a sommarie informazioni testimoniali.

Il silenzio del legislatore quindi potrebbe assumere valore dirimente alla luce del principio della tipizzazione della condotta rilevante disciplinarmente posto dall'art. 3 della nuova legge professionale (l. 247/2012) per negare rilevanza disciplinare a simile violazione.

Concludendo, nello svolgimento di investigazioni difensive, anche e soprattutto nell'eventuale ottica strategico-defensionale del non volersi precludere la possibilità di optare per un giudizio abbreviato, parrebbe certamente necessario conformare l'assunzione dell'investigazione difensiva nei confronti del prossimo congiunto dell'indagato, al disposto dell'art 199 c.p.p.

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