Omissione di atti di ufficio e rifiuto di ricovero ospedaliero
26 Agosto 2015
Rifiuto di ricovero ospedaliero da parte del medico di turno: quando la condotta integra il reato?
È molto frequente il caso di pazienti ai quali viene rifiutata la richiesta di ricovero ospedaliero da parte del medico di turno che, non riscontrando il carattere di urgenza della richiesta, giustifichi il proprio diniego adducendo la esistenza di fonti regolamentari o di prassi consolidate in uso al sistema sanitario. In tali casi ci si chiede se la condotta del sanitario integri in ogni caso la fattispecie incriminatrice di rifiuto di atti di ufficio di cui all'art. 328, comma 1,c.p. e quando possa ritenersi sussistente il carattere di urgenza dell'atto rifiutato. Più nello specifico, vediamo adesso se configura reato la condotta di medico di turno che indebitamente rifiuti di visitare un paziente ivi giunto in ospedale in gravi condizioni a seguito di un sinistro stradale e ometta conseguentemente di redigere il verbale di consulenza chirurgica prodromico al suo ricovero presso il reparto di chirurgia d'urgenza. Si ritiene in giurisprudenza che, in tema di rifiuto di atti di ufficio, il carattere di urgenza dell'atto rifiutato ben può essere apprezzato tenendo conto del tenore e della provenienza delle richieste formulate al soggetto attivo (Cass. pen., Sez. VI, 9 giugno 2009, n. 27840). Infatti, asseriscono i giudici di legittimità, il rifiuto di un atto d'ufficio si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine ma anche quando sussista un'urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell'atto, in modo tale che l'inerzia del pubblico ufficiale assuma, per l'appunto, la valenza del consapevole rifiuto dell'atto medesimo (Cass. pen., Sez. VI, 7 gennaio 2010, n. 4995). In relazione al quesito proposto, la linea interpretativa delineata dalla Cassazione (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 15 ottobre 2009, n. 46512; Cass. pen., Sez. VI, 2 maggio 1995, n. 9493), ritiene integrata l'ipotesi delittuosa contemplata dall'art. 328, comma 1, c.p., esclusivamente se il ricovero doveva ritenersi indifferibile per la sussistenza di un effettivo pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona, pericolo da valutare in base alle indicazioni fornite dall'esperienza medica, tenendo conto, ovviamente, delle peculiari caratteristiche e delle specificità di ogni singolo caso concreto. In ogni caso, il potere demandato al sanitario di decidere sulla necessità del ricovero e sulla destinazione del paziente non può prescindere dal dovere di formulare una diagnosi o, comunque, di accertare le reali condizioni di chi, lamentando un grave stato di sofferenza, solleciti l'intervento del servizio di pronto soccorso; ne consegue che il rifiuto di effettuare la visita medica, nelle predette circostanze, non integra una valutazione discrezionale del medico ma si risolve in un indebito comportamento omissivo (Cass. pen., Sez. VI, n. 3956/1985). |