Furto di embrioni. Confermati gli arresti domiciliari per Antinori
26 Settembre 2016
I giudici della Cassazione hanno confermato gli arresti domiciliari nei confronti di Severino Antinori, indagato, in concorso con altre persone, per aver costretto la persona offesa a subire l'espianto violento di sei ovociti e aver procurato alla medesima le lesioni conseguenti a tale condotta violenta. L'indagato sosteneva l'erroneità della valutazione effettuata dal tribunale in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari. A parere del ricorrente non era stato tenuto in considerazione il fatto che il tribunale stesso aveva ridimensionato l'imputazione originaria di rapina degli ovuli in violenza privata. Inoltre contestava la valutazione prognostica della pena che, data l'età dell'indagato – 71 anni – e il fatto che fosse incensurato, difficilmente avrebbe superato i due anni e mezzo di reclusione, elementi questi che avrebbero condotto alla concessione della sospensione condizionale della pena. Tali censure, secondo i giudizi della Sezione feriale, sono infondate in quanto a norma dell'art. 164 c.p. la sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo delle circostanze indicate nell'art. 133 c.p. il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. Un simile presunzione non sussiste nel caso di specie poiché il tribunale ha adeguatamente motivato la sussistenza e fondatezza delle esigenze cautelari evidenziando, oltre la particolare gravità ed offensività dei fatti contestati, una serie di elementi negativi del comportamento dell'indagato successivi al reato quali insulti ripetuti alla persona offesa intimandole di ritirare la denuncia, violazione degli arresti domiciliari e l'intenzione, dallo stesso espressa, di proseguire l'attività medica all'estero dove l'interdizione dalla professione non sarebbe operativa. Contro l'ordinanza del tribunale era stato proposto ricorso anche da parte del P.M. relativamente alla qualificazione giuridica del fatto come violenza privata e non rapina. Secondo la pubblica accusa il tribunale avrebbe errato nel considerare gli ovociti organi o comunque parti integranti del corpo umano e nel non aver esteso al prelievo di ovociti l'orientamento giurisprudenziale relativo alla c.d. mobilizzazione da immobili a mobili. I giudici di legittimità rigettano anche questo ricorso affermando come per cosa mobile debba intendersi qualsiasi entità di cui in rerum natura sia possibile una fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione, e che a sua volta possa spostarsi da un luogo ad un altro o perché ha l'attitudine a muoversi da sé oppure perché può essere trasportata da un luogo ad un altro. Il concetto di cosa mobile non può applicarsi con riferimento a parti del corpo umano finché la persona è in vita: le parti del corpo umano diventando cose solo dopo essere state separate (es. il rene una volta espiantato), ma non sono tali sino a quando fanno parte del corpo vivente. Per tali ragioni, il prelievo forzoso degli ovociti dall'utero della donna non rientra nell'orizzonte dei delitti contro il patrimonio ma costituisce un delitto contro la persona. |