Particolare tenuità del fatto e acquisizione del fascicolo del P.M. in fase predibattimentale

Sabrina Lucantoni
26 Novembre 2015

Il giudice durante la fase preliminare all'instaurazione del dibattimento, prevista dall'art. 469 c.p.p., in assenza di richiesta di riti alternativi, può acquisire il fascicolo del P.M. per decidere sulle questioni di merito e procedurali che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto richiede?

Il giudice durante la fase preliminare all'istaurazione del dibattimento, prevista dall'art. 469 c.p.p., in assenza di richiesta di riti alternativi, può acquisire il fascicolo del P.M. per decidere sulle questioni di merito e procedurali che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto richiede?

La giurisprudenza di merito e di legittimità formatasi sul nuovo articolo 131-bis c.p. evidenzia la necessità di importanti integrazioni e modifiche dell'istituto, a causa delle criticità riscontrate nei primi mesi di applicazione della norma.

Con la sentenza n. 1523 del 4 maggio 2015, il Tribunale di Bari, Sezione II, solleva un problema di cognizione nella fase predibattimentale evidenziando come, la esigua documentazione presente nel fascicolo del predibattimento, quali certificato generale del casellario giudiziale, il decreto di citazione a giudizio, gli atti relativi alla procedibilità, non consenta al giudice di valutare con cognizione piena, l'opportunità di emettere una sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto.

La questione che si pone è dunque se, in assenza di norma specifica, il giudice nella fase predibattimentale, ai fini della pronuncia ex art. 469 cpv. c.p.p., sia legittimato ad acquisire il fascicolo del P.M.

L'istituto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato disciplinato con l'ambizione di escludere dall'area di punibilità, un numero di condotte ritenute non sufficientemente gravi da far scattare la sanzione penale.

Nella fase predibattimentale prevista dall'art. 469 cpv c.p.p., come modificato a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 28/2015, il giudice però non è in grado di avere una cognizione piena di quelli che sono gli elementi soggettivi ed oggettivi del reato contestato, posto che egli ha a disposizione, ai fini della decisione, il fascicolo predisposto ai sensi dell'art. 431 c.p.p., ove confluiscono soltanto il certificato generale del casellario giudiziale, il decreto di citazione a giudizio ritualmente notificato alle parti, gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale, i verbali degli atti non ripetibili.

Ora il novellato art. 469 cpv c.p.p. consente nella fase predibattimentale, l'emissione di una sentenza di merito, scontando un vulnus cognitivo importante, che si estenderà alla decisione ed alla motivazione della sentenza - il giudice nella impossibilità di conoscere le risultanze delle indagini, di valutare tutti i necessari elementi quali, la natura, alla specie, ai mezzi, all'oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell'azione, alla gravità del danno o al pericolo cagionato alla persona offesa dal reato ed alla intensità del dolo o al grado della colpa, non sarà in grado di verificare i presupposti necessari per applicare l'istituto della particolare tenuità.

I giudici di merito, sostengono che la fase processuale predibattimentale, come attualmente disciplinata dall'art. 469 cpv, sia analogicamente assimilabile alla fase che prelude all'applicazione dei riti alternativi, come previsti dagli articoli 438 e ss. e 444 c.p.p.

Le analogie risiedono nell'accordo tra le parti alla definizione del procedimento prima dell'apertura del dibattimento e, nella valutazione dei fatti attraverso criteri logici, tecnici, rigorosi ed obiettivi. Da queste premesse, secondo le prime pronunce, si prospetta la necessità di modificare l'istituto della particolare tenuità, con l'introduzione della norma che consenta di acquisire, nella fase predibattimentale il fascicolo delle indagini, affinché il giudice possa decidere se applicare l'istituto ed emettere sentenza di assoluzione.

Ulteriore norma necessaria di coordinamento, attualmente non presente nel dettato legislativo, riguarda l'ipotesi in cui il giudice, non fosse in grado di valutare, o ritenesse che la fattispecie concreta esuli dalle ipotesi previste dall'art. 131-bis c.p., egli dovrà emettere conseguente provvedimento di rigetto ed astenersi dalla ulteriore trattazione del processo ai sensi dell'art. 34 c.p.p.

Indicazioni operative. La questione è sicuramente controversa e alimenterà incertezze applicative sino a quando il legislatore non interverrà a modificare la normativa di riferimento.

Le sentenze di assoluzione per particolare tenuità del fatto, emesse ai sensi dell'art. 469 cpv c.p.p. allorché sia stato acquisito il fascicolo del P.M., in assenza di norma primaria e di coordinamento, saranno inevitabilmente soggette ad impugnazione.

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