Impedimento del giudice e comunicazione della fissazione della nuova udienza

Michele Sbezzi
28 Giugno 2017

Nel corso del dibattimento, viene comunicato al difensore domiciliatario, avente studio in territorio di altro tribunale, che l'udienza fissata non potrà esser tenuta a causa di un impedimento del giudice. Nella comunicazione, però, non viene indicata la nuova e diversa data in cui il dibattimento dovrà proseguire. È dovuta la comunicazione della nuova data o è onere del difensore informarsi?

Nel corso del dibattimento, viene comunicato al difensore domiciliatario, avente studio in territorio di altro tribunale, che l'udienza fissata non potrà esser tenuta a causa di un impedimento del giudice.

Nella comunicazione, però, non viene indicata la nuova e diversa data in cui il dibattimento dovrà proseguire. È dovuta la comunicazione della nuova data, o è onere del difensore informarsi?

Il caso non è regolato da un'apposita disposizione e va, quindi, risolto con riguardo alla disciplina codicistica che regola, più in generale, le notificazioni alle parti, l'obbligo di eseguirle ed il processo in assenza dell'imputato. E, ancor prima, la posizione del difensore di fiducia ed il suo diritto assoluto a ricevere le notifiche relative alla fissazione delle udienze.

Nel caso in questione, l'imputato ha esercitato il diritto di nominare un difensore ed ha eletto domicilio nel suo studio. L'imputato è quindi perfettamente a conoscenza della pendenza del procedimento che, per conseguenza, secondo il disposto dell'art. 420-bis, comma 2, c.p.p., può essere regolarmente trattato in sua assenza.

Non sappiamo se l'udienza che non può tenersi sia la prima o una successiva; siamo comunque avanti il giudice del dibattimento.

Nel caso l'udienza fosse la prima (quella cioè fissata al termine dell'udienza preliminare ovvero indicata nel decreto di citazione diretta) non vi sarebbe alcun dubbio sulla necessità di una nuova notifica al difensore, nella sua doppia veste di difensore e di domiciliatario.

La data fissata dal Gup per la prima udienza, infatti, viene indicata al termine dell'udienza preliminare con lettura che equivale a notifica solo e soltanto per le parti presenti (art. 420, comma 2, c.p.p.) ma che va invece espressamente notificata (art. 429, comma 4, c.p.p.) all'imputato che non sia comunque stato presente alla lettura.

Parimenti, luogo, giorno e ora della comparizione vanno notificate, con il decreto di citazione a giudizio, all'imputato ed al difensore almeno sessanta giorni prima dell'udienza (art. 552 c.p.p.).

Nell'uno come nell'altro caso (procedimento che prevede l'udienza preliminare o procedimento per reati cui consegue la citazione diretta) la data della prima udienza è oggetto di specifica ed obbligatoria notifica all'imputato ed al difensore; la sua eventuale modifica, per cause che non attengono alla sfera dell'imputato o del difensore, non può che generare un preciso obbligo di nuova notifica.

Nel caso, invece, l'udienza che non può tenersi fosse un'udienza di rinvio, le cose potrebbero essere diverse.

Innanzitutto, esaminiamo la posizione dell'imputato.

Presumendo che la prima udienza – che inizia proprio con la verifica della regolare costituzione delle parti – si sia già tenuta, dobbiamo presumere (ma non sempre tutto è regolare) che il giudice abbia già, in quell'udienza, constatato la presenza o l'assenza dell'imputato ed abbia ordinato procedersi oltre.

L'imputato, dunque, è presente; ovvero è assente, ma tale sua condizione non può alterare l'andamento del processo. Nessuna notifica sembra essergli dovuta.

Tuttavia, il caso in argomento non riguarda la regolare tenuta del dibattimento, bensì un fatto assolutamente anomalo e non regolamentato, che è causa di alterazione, se non di stasi assoluta.

Un rinvio qualsiasi non va certamente notificato ad alcuno perché il processo ha già preso il proprio corso e le parti sono presenti (ovvero è come se lo fossero).

Qui, però, trattiamo il caso della mancata tenuta di un'udienza che, trovando causa in fatto non addebitabile all'imputato o al Difensore e non essendo specificamente regolamentata dal codice di rito, può ben essere causa di abnormità (Cass. pen., Sez. VI, 10 maggio 2017, n. 26875: «Deve considerarsi abnorme il provvedimento caratterizzato dall'esercizio di un potere totalmente avulso dal sistema, che determina la stasi del procedimento e legittima il ricorso per Cassazione anche al di fuori del principio di tassatività dell'impugnazione […]»). Il sostanziale “annullamento” di una data di udienza, senza che si provveda a fissarne altra, determina una stasi del procedimento; in ciò la probabile abnormità.

In ogni caso, alla stasi così determinata non potrebbe rimediarsi che con un provvedimento che possa farne efficacemente ripartire il corso.

Tale provvedimento non potrebbe essere altro che un decreto di fissazione di nuova udienza che, in quanto tale, va certamente notificato all'imputato (nel domicilio eletto) oltre che al suo difensore.

Nel caso in argomento, quindi, ove possa parlarsi di atto abnorme (che “cancella” la tenuta di un'udienza e, non disponendo rinvio ad altra data, determina una stasi del procedimento), il successivo atto di fissazione di nuova udienza andrebbe certamente notificato anche all'imputato e nel domicilio da questi eletto.

L'abnormità dell'atto, naturalmente, va riconosciuta e dichiarata dal Giudice, cui va specificamente eccepita.

Nel caso ne manchi la dichiarazione, la fissazione di nuova udienza non va notificata all'imputato ed il procedimento può proseguire in sua assenza.

Sempre presumendo che sia stata superata la prima udienza dibattimentale e che l'impedimento del giudice riguardi altra ed ulteriore udienza, veniamo alla posizione del difensore.

Quest'ultimo aveva regolare notizia della data di udienza e viene successivamente raggiunto da notifica dell'impedimento del Giudice, il cui ufficio però omettere di notificargli la data dell'udienza di rinvio.

Come dicevamo in apertura, il caso dell'impedimento del giudice non è contemplato dal codice di rito se non per quell'unico caso – previsto all'art. 546 c.p.p. – di impedimento alla sottoscrizione della sentenza (che viene in tali casi eseguita dal giudice più anziano del Collegio, previa menzione dell'impedimento).

Non c'è invece regola che riguardi l'impedimento del giudice a comparire in udienza.

Né sembra utile far questione circa la legittimità dell'impedimento addotto dal giudice; presumiamo che si tratti comunque di causa che osta in modo assoluto alla sua presenza in udienza.

E che, però, non osta alla tenuta dell'udienza da parte di altro giudice, “sostituto” di quello impedito.

L'esperienza dice che il giudice “sostituto” va in udienza, per solito, al solo fine di fissare e comunicare ai presenti la data di rinvio. La lettura del provvedimento di rinvio e della nuova data, così come accade ex art. 424, comma 2, c.p.p., equivale a notifica solo per i presenti e non fa cadere l'obbligo di eseguirne notifica agli assenti.

Può, però, accadere anche (ed, anzi, dovrebbe) che il giudice “sostituto” chieda ai presenti assenso alla lettura degli atti precedenti e, ottenutolo, prosegua regolarmente la trattazione del processo.

In tal caso, ovviamente, nessun rinvio apparirebbe necessario ed il processo avrebbe regolare trattazione.

Nel caso, invece, le parti non esprimessero concorde assenso alla lettura degli atti fino a quel momento compiuti, il rinvio ad altra udienza – da tenersi dal giudice che ebbe a subire l'impedimento – sarebbe indispensabile. La relativa decisione sarebbe “letta” in udienza e nessuna notifica sarebbe dovuta al difensore, né all'imputato.

L'udienza, infatti, si sarebbe regolarmente tenuta, ed il processo sarebbe stato regolarmente chiamato e rinviato. L'imputato, presente o assente, non avrebbe alcun diritto alla notifica; il difensore, presente o sostituito da altri, avrebbe onere di informarsi circa la data del rinvio, alla cui lettura avrebbe dovuto assistere (ci troviamo in fase di udienza dibattimentale diversa dalla prima).

Nel caso in argomento, tuttavia, si fa riferimento a un'assoluta impossibilità di tenere l'udienza; sembra, quindi, che nessuna udienza verrà aperta e che nessun “sostituto” sarà presente al posto del giudice “impedito”.

In tal caso – che però sembra non essere di probabile accadimento se non in un tribunale di dimensioni minime, in cui un solo giudice monocratico penale non può, in quanto tale, avere sostituti – la stessa, oggettiva, mancata tenuta dell'udienza interrompe ogni obbligo del Difensore di farsi parte diligente e di informarsi circa la data del prosieguo.

Valgono qui le argomentazioni esposte sopra circa l'abnormità dell'atto con cui il Giudice comunica che l'udienza non si terrà, ma omette di indicare l'ulteriore data per il prosieguo.

A parte il caso dell'abnormità (e per il caso questa non venga ritenuta sussistente), in conformità a quanto emerge dalla corretta interpretazione delle regole codicistiche (artt. 420-bis, 420-ter, comma 5, 424, comma 2, e 429, comma 4, c.p.p.), nel caso in questione è certamente dovuta la notifica della nuova data di udienza al difensore, tanto nella propria veste professionale che in quella di domiciliatario dell'imputato.

L'omissione di tale notifica, nel caso di assenza del difensore all'udienza di rinvio, integrerebbe una nullità assoluta ex art. 179 c.p.p., che prescinderebbe dalla sede del difensore in territorio di altro tribunale.

A sicuro riscontro di tutto quanto sopra, si cita qui la sentenza delle Sezioni unite penali n. 24630 del 26 marzo 2015, laddove si afferma che la mancata notifica dell'avviso dell'udienza (in quel caso, camerale) al Difensore di fiducia determina una nullità di ordine generale, assoluta ed insanabile dell'udienza e degli atti successivi.

In quella sentenza la Suprema Corte ha argomentato addirittura che il principio dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo non possono costituire parametro per giustificare forme di compressione delle garanzie fondamentali dell'imputato, prime fra tutte l'effettività e l'immutabilità del diritto di difesa.

Sottolineando che la difesa tecnica si connota non solo come diritto, ma anche come garanzia dell'ordinamento e che l'art. 179 c.p.p., nel richiamare il concetto di “assenza”, si riferisce alla posizione del difensore che dovrebbe essere presente e non lo è, sostiene con forza che nel caso l'assenza del difensore sia dovuta all'omissione dell'avviso a lui dovuto si cade in nullità assoluta, che non può essere sanata neppure dall'eventuale presenza di difensore nominato d'ufficio, visto che in tal caso l'autorità giudiziaria finirebbe per sostituirsi all'imputato nella scelta di un avvocato

In conclusione, nel caso cennato di sostanziale “annullamento” di un'udienza già programmata e di omessa notifica della data di rinvio, nessun obbligo ha il difensore di farsi parte diligente per informarsi circa il prosieguo del processo. L'omesso avviso determinerà nullità assoluta dell'udienza e degli atti conseguenti.

A meno che il difensore, venuto per altra via a conoscenza della data di rinvio, non decida di partecipare all'udienza medesima che, in questo caso, sarebbe perfettamente rgolare

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