Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

27 Luglio 2015

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, in quanto periodo di stasi nella decorrenza di un termine perentorio, che va ad incidere su uno dei massimi valori fondamentali, la libertà personale, si configura come norma di carattere eccezionale, giacché consente di prolungare la limitazione della libertà personale che la custodia cautelare comporta (Corte cost. 13 luglio 1994, n. 298).
Inquadramento

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, in quanto periodo di stasi nella decorrenza di un termine perentorio, che va ad incidere su uno dei massimi valori fondamentali, quale è la libertà personale, si configura come norma di carattere eccezionale, giacché consente di prolungare la limitazione della libertà personale che la custodia cautelare comporta (Corte cost. 13 luglio 1994, n. 298). Questo giustifica che essa, pur incidendo sia sui termini intermedi che sui termini complessivi, trovi comunque un limite insuperabile (art. 304, comma 6, c.p.p.) nei termini finali anche laddove la causa che ha determinato la sospensione, in ipotesi, perduri ancora. La sospensione, nella previsione dell'art. 304 c.p.p., può essere "obbligatoria" o "facoltativa". Nel primo caso nessun margine di discrezionalità sussiste nella decisione del giudice che la dispone, nel caso ne ricorrano i presupposti, con ordinanza meramente dichiarativa. La seconda figura, invece, implica una valutazione discrezionale circa la ricorrenza dei presupposti. D'altro canto il primo tipo di sospensione mira ad evitare indebite scarcerazioni in conseguenza di condotte dilatorie dell'imputato o del suo difensore e tendenzialmente dunque è limitata al soggetto cui dette condotte si riferiscono; il secondo tipo, invece, concerne situazioni di oggettiva complessità che possono rallentare il sollecito svolgimento del dibattimento e per questo operano nei confronti di tutti i coimputati.

Il quadro normativo

La sospensione obbligatoria ricorre nel caso in cui:

a) nel giudizio ordinario o in quello abbreviato, il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini a difesa;

b) nel giudizio ordinario o in quello abbreviato, il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;

c) nel giudizio ordinario o in quello abbreviato durante la pendenza dei termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3, c.p.p.

La sospensione facoltativa ricorre invece quando si procede per taluno dei reati di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p. nel caso di dibattimenti o giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni. In tal caso, tuttavia, a differenza che nel congelamento nel periodo da scomputare dalla durata della misura, andranno calcolati anche i periodi intermedi tra i giorni di udienza e quelli impiegati per la deliberazione della sentenza.

In ogni caso, i limiti invalicabili previsti dalla norma di chiusura dei commi 6 e 7 dell'art. 304 c.p.p. garantiscono che, nonostante tutte queste eccezioni, la custodia cautelare debba comunque trovare una fine. Solo dei periodi di sospensione legati alla mancanza della difesa tecnica non si tiene conto nel computo di questi termini.

L'ordinanza con cui il giudice dispone la sospensione obbligatoria in caso di impedimento dell'imputato o del difensore (art. 486 c.p.p.) ha natura meramente dichiarativa e può anche non essere contestuale all'ordinanza di rinvio. La sospensione in tal caso si estende dalla data dell'ordinanza che la rileva sino al giorno antecedente quello della nuova udienza. La sospensione opera anche nei confronti dell'imputato che si sia opposto alla separazione dei giudizi dopo che altro imputato o altro difensore abbia chiesto il rinvio per suo impedimento. Non è prevista sospensione invece nel caso di rimessione degli atti alla Corte cost. per il giudizio incidentale di costituzionalità di una norma, nemmeno se l'eccezione proveniva dall'imputato. Nel caso di istanza di ricusazione, invece, non opera alcun automatismo, salvo il caso in cui l'istanza sia stata presentata immediatamente prima della deliberazione della sentenza (Cass. pen., Sez. un., 26 giugno 2002, n. 31421).

L'ordinanza che dispone la sospensione facoltativa, invece, implica una valutazione discrezionale circa la ricorrenza del presupposto della "particolare complessità". A differenza dell'altra, poi, occorre una richiesta del P.M. e non può essere ordinata d'ufficio dal giudice. In entrambi i casi, comunque, se l'istanza è presentata fuori udienza, è necessario integrare il contraddittorio in ossequio all'art. 111 Cost., che può essere orale o meramente cartolare; la sua mancanza determina una nullità a regime intermedio.

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare ex art. 304, comma 2, c.p.p. può essere emessa anche dal giudice che, riconoscendo la propria incompetenza, disponga contestualmente lo stralcio della posizione processuale dell'imputato, fermo restando il potere del giudice successivamente investito della procedura di verificare, su richiesta di parte o "ex officio", la ricorrenza dei presupposti per adottare l'ordinanza sospensiva (Cass. pen., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 22887).

Entrambe le ordinanze, quella meramente dichiarativa della sussistenza delle condizioni per la sospensione obbligatoria, e quella che dispone la sospensione facoltativa, sono appellabili immediatamente a norma dell'art. 310 c.p.p. Sull'appello decide il tribunale della libertà anche se si tratta di provvedimento emesso dal giudice di secondo grado (Cass. pen., Sez. VI, 15 febbraio 1995). Solo l'ordinanza che dispone la sospensione facoltativa, tuttavia, deve essere motivata a pena di nullità circa le particolari esigenze che rendono sussistenti le condizioni previste dall'art. 304, comma 2, c.p.p. In particolare vanno indicati i fatti specifici e concreti che rendono particolarmente complesso il dibattimento, non essendo sufficienti clausole di stile ovvero richiami generici al titolo di reato o al numero degli imputati. Deve essere cioè una valutazione prognostica specifica circa la probabilità concreta che la complessità del dibattimento porterà a superare i termini intermedi di custodia cautelare, valutazione che tuttavia non viene inficiata né vanificata dallo svolgersi successivo degli eventi, quale ad esempio la conclusione del giudizio entro i termini che sarebbero stati originari senza l'applicazione della sospensione. D'altronde, trattandosi di valutazione prognostica, deve essere formulata in ragione dell'attività da compiere e non già con riguardo all'attività espletata ed esaurita: in un caso di giudizio abbreviato non condizionato a carico di cinque imputati in cui il dibattimento si era sostanzialmente esaurito, la sospensione dei termini a cagione della complessità dello stesso, in vista del rinvio fissato per mere repliche e redazione della sentenza, è stato ritenuto non giustificato (Cass. pen., Sez. II, 4 aprile 2012, n. 14508).

L'istituto della sospensione dei termini ex art. 304 c.p.p. trova applicazione anche nel processo penale a carico di imputati minorenni.

Gli apporti della giurisprudenza

Il quadro casistico e le modalità operative delle ipotesi di sospensione, sono stati delineati ed approfonditi da numerosissimi interventi della giurisprudenza di legittimità.

Quanto alla particolare ipotesi di sospensione obbligatoria derivante dall'assenza del difensore, spinosa è la questione quando questa assenza dipenda dalla revoca del mandato allo stesso ovvero dall'adesione ad astensione dalle udienze proclamata dalla categoria forense. In base alle disposizioni di cui agli artt. 107, commi 3 e 4, c.p.p. e art. 108 c.p.p., la revoca del mandato difensivo seguito dall'immediato allontanamento del difensore, prima che l'imputato possa essere assistito da un nuovo difensore di fiducia o di ufficio e prima che siano decorsi i termini a difesa, è inquadrabile come abbandono di difesa inquadrabile, ai fini della sospensione obbligatoria dei termini di custodia, nella norma in oggetto. A maggior ragione vi rientrano le ipotesi di condotte con finalità ostruzionistiche poste in essere dagli imputati detenuti (per esempio le revoche in massa delle nomine di difensori, Cass. pen.,Sez. VI, 4 maggio 1999). L'astensione dalle udienze, proclamata e comunicata tempestivamente in base alle norme di autoregolamentazione, costituisce esercizio di un diritto di libertà e determina la sospensione ex art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., con i limiti sopra indicati (Cass., pen., Sez. VI, 26 giugno 2014, n. 36208).

Quanto alla ipotesi di sospensione obbligatoria relativa alla pendenza dei termini previsti per la redazione della sentenza, non è pacifico in giurisprudenza se essa cessi con il deposito della sentenza, anche nel caso in cui questa giungesse prima o dopo i termini stabiliti dal giudice al momento del dispositivo (Cass. pen., Sez. I, 30 settembre 2005, n. 38596; contra Cass. pen., Sez. VI, 17 novembre 2003). È invece pacifico che essa operi sui termini intermedi della fase successiva a quella in cui è stata pronunciata la sentenza.

Con il d.l. 7 aprile 2000, n. 82 (l. 5 giugno 2000, n. 144), per riequilibrare anche la disciplina dei termini di custodia cautelare alla luce della nuova fisionomia del giudizio abbreviato come rinovellato dalla legge 479/1999, anche l'art. 304 è stato modificato estendendosi al rito abbreviato le ipotesi di sospensione obbligatoria e facoltativa, lasciando sullo sfondo l'ineliminabile contraddizione tra un rito abbreviato particolarmente complesso e le finalità di economia processuale cui evidentemente l'istituto risponde (Cass. pen., Sez., V, 21 marzo 2001, n. 18570).

La sospensione dei termini di custodia cautelare per la particolare complessità del giudizio, deliberata con specifica ordinanza, determina, ai sensi dell'art. 159 c.p., comma 1, c.p., la sospensione della prescrizione dei reati per i quali in quel giudizio si procede e per tutti gli imputati, prescindendo dallo stato cautelare dei singoli e dal titolo dei reati, stante la natura obiettiva della causa di sospensione e l'impossibilità di operare distinzioni tra le diverse posizioni dell'unico processo, da intendersi globalmente complesso (Cass. pen., Sez. VI, 28 febbraio 2014, n. 15477).

D'altro canto, in caso di imputato sottoposto a misura custodiale durante il termine fissato per il deposito delle sentenze di primo e secondo grado, il corso della prescrizione del reato è sospeso durante la pendenza del termine indicato dal giudice di merito per il deposito della sentenza, in quanto tale vicenda integra una causa di sospensione obbligatoria dei termini di custodia cautelare (Cass. pen., Sez. II, 10 ottobre 2014, n. 677).

Grande attenzione ha avuto nella giurisprudenza la definizione della “particolare complessità” del dibattimento: pacificamente essa non può essere dedotta di per sé dal generico riferimento al numero degli imputati o dal titolo di reato; è pur vero tuttavia che l'elevato numero degli imputati e la gravità del reato sono certamente elementi che possono complicare lo svolgimento del dibattimento e, d'altronde, una volta che esso sia stato valutato di particolare complessità sulla base di specifiche circostanze legate a questi elementi, questa caratteristica inerisce al dibattimento nel suo svolgimento complessivo, pertanto la sospensione disposta ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p. opera anche nei confronti dei coimputati cui non sia personalmente contestata una delle fattispecie criminose ivi indicate (Cass. pen., Sez. II, 17 febbraio 2012, n. 19942, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità posta in un caso del genere con riferimento agli artt. 3, 13, commi 1 e 5, 25 comma 2, 27 comma 2 Cost.). D'altronde la particolare complessità del dibattimento può dipendere anche da ragioni estrinseche al dibattimento in oggetto, quali le esigenze connesse ai carichi di lavoro dell'organo giudicante e dei magistrati che lo compongono, che pertanto devono essere utilizzati in altri dibattimenti magari altrettanto complessi o comunque in altre attività giudiziarie (Cass. pen, Sez. II, 6 aprile 2011, n. 27022). Naturalmente, in caso di avvenuta retrodatazione dei termini della custodia perché ricorre l'ipotesi della contestazione a catena, la sospensione dei termini di custodia disposta dal giudice con riferimento alla misura adottata per prima, opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza (Cass. pen., Sez. III, 18 febbraio 2009, n. 19047).

In conclusione

Come la proroga ed il congelamento dei termini anche la sospensione dunque è una eccezione alle disposizioni che limitano la durata della custodia cautelare secondo il sistema plurilivello articolato e rigido della segmentazione.

A differenza della proroga, la sospensione dei termini opera anche se il termine ha appena iniziato a decorrere, perché ricorrono nel giudizio le situazioni specificamente indicate dalla norma, indipendentemente cioè dal fatto che quel possa essere, in teoria, valutato prognosticamente anche sufficiente allo svolgimento delle attività necessarie: la sospensione in effetti è un periodo in cui il termine non decorre, mentre la proroga è un allungamento dello stesso perché, nei fatti, si è resto evidente che l'attività necessaria non può essere terminata prima dello scadere dei termini.

Sembra dunque più simile, specie nella sua ipotesi facoltativa, all'istituto del congelamento dei termini contemplato dall'art. 297, comma 4, c.p.p. Quest'ultimo, come interpretato autenticamente dal legislatore nel 1991 (art. 1, d.l. 60/1991), in seguito a dispute interpretative, va inteso nel senso che, indipendentemente da una richiesta del P.M. e da un provvedimento del giudice, nel computo dei termini intermedi di custodia cautelare, non si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza; di entrambi si tiene tuttavia conto nel computo dei termini complessivi di cui all'art. 303, comma 4 c.p.p. "salvo che ricorra l'ipotesi di sospensione prevista dall'art. 304, comma 2, c.p.p.". La disciplina del "congelamento" riguarda i giorni in cui si tiene udienza e quelli impiegati per la deliberazione della sentenza, i quali devono essere concettualmente distinti da quelli utilizzati per la redazione della sua motivazione, per cui si applicano le regole sulla sospensione dall'art. 304 dello stesso codice. Di fatto poi i due istituti si distinguono anche perché mentre il congelamento incide solo sui termini intermedi, la sospensione investe anche i termini complessivi e mentre nel primo ad essere esclusi dal conteggio sono solo i singoli giorni delle udienze e della deliberazione della sentenza, nella sospensione è l'intero periodo ad essere decurtato dalla durata della misura. Si tratta dunque di due istituti in rapporto di specialità tra loro: l'applicazione dell'ipotesi di cui al 304, comma 2 esclude la ricorrenza dell'ipotesi generale (ed operante ope legis altrimenti) di cui al 297, comma 4.

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