La riforma dell'ordinamento penitenziario: la direttiva in materia di giustizia riparativa

Francesca Di Muzio
27 Luglio 2017

Il comma 82 della legge Orlando contiene la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario da attuare mediante uno o più decreti legislativi, sulla base dei principi e dei criteri direttivi contenuti nel comma 85 da emanarsi nel termine di un anno dall'entrata in vigore della legge delega (comma 83) su proposta del Ministro della giustizia previo parere delle competenti commissioni parlamentari. I principi e i criteri direttivi della riforma contenuti nel comma 85 involgono una molteplicità di istituti ...
Abstract

Il presente contributo nasce dall'esigenza di affrontare all'indomani della Riforma Orlando le questioni concernenti la delega in materia di diritto penitenziario con particolare attenzione al potenziamento dello strumento rappresentato dalla giustizia riparativa come momento qualificante l'esecuzione penale.

Premessa

La riforma dell'ordinamento penitenziario proposta dal Guardasigilli trova la sua ratio legis nella situazione di patologico sovraffollamento delle carceri italiane censurata dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo in varie pronunce non da ultimo con la sentenza Torreggiani e altri c. Italia del 2013 nella quale il Legislatore europeo ha imposto al Governo italiano di introdurre entro un anno dei rimedi preventivi e compensativi idonei a ridurre le violazioni dell'art. 3 Cedu al fine di garantire standard minimi di carcerazione nonché di limitare le sofferenze che i detenuti patiscono all'interno degli istituti penitenziari a motivo dei trattamenti inumani e degradanti a loro riservati. A seguito della sentenza Torreggiani forte è stata la necessità di procedere verso un intervento sistematico di riforma dell'ordinamento penitenziario, come suggerito anche nella relazione del Garante dei detenuti, Dott. Mauro Palma, presentata il 21 marzo 2017 al Parlamento ove lo stesso garante ha evidenziato la necessità di adottare tutta una serie di misure atte ad allinearsi alle indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo. Una forte spinta verso la riforma dell'esecuzione penale è stata impressa dai lavori degli Stati generali dell'esecuzione penale, laboratorio di scambio e di confronto tra esperti, studiosi, magistrati, avvocati operatori del sistema penitenziario istituito presso il Ministero della giustizia nel 2015 con il precipuo scopo di elaborare criteri e linee guida di intervento strutturate.

Il leitmotiv che accomuna ed armonizza le articolate proposte che arricchiscono la corposa sintesi elaborata dal Comitato si individua nel modello di esecuzione penale costituzionalmente ispirato alla finalizzazione rieducativa della pena che pone al centro delle dinamiche esecutive l'uomo-condannato o internato per promuoverne il processo di ricollocazione nel contesto della società libera. Un modello, peraltro, che viene per così dire “attualizzato” alla luce della mutata composizione dell'utenza sottoposta ad esecuzione penale e soprattutto della popolazione detenuta, le cui caratteristiche sono profondamente diverse rispetto alla riforma penitenziaria del 1975, corrispondendo alle profonde mutazioni sociali, culturali e demografiche subite dall'Italia nell'ultimo quarantennio. Duplice obiettivo degli Stati generali dell'esecuzione penale è stato dunque quello di fornire al Legislatore delegato materiale tecnico-giuridico e criteri direttivi di riforma del diritto penitenziario ed altresì di sensibilizzare la comunità e la coscienza collettiva del Paese su una tematica ove occorre intervenire sapientemente per raggiungere gli standard di civiltà indicati dalle istituzioni europee.

La riforma del diritto penitenziario

Il comma 82 della legge Orlando contiene la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario da attuare mediante uno o più decreti legislativi, sulla base dei principi e dei criteri direttivi contenuti nel comma 85 da emanarsi nel termine di un anno dall'entrata in vigore della legge delega (comma 83), su proposta del Ministro della giustizia previo parere delle competenti commissioni parlamentari. I principi e i criteri direttivi della riforma contenuti nel comma 85 involgono una molteplicità di istituti a partire dalla revisione del trattamento penitenziario prevedendo delle variazioni di modalità di accesso alle misure alternative alla detenzione, l'eliminazione di automatismi e preclusioni per l'accesso ai benefici penitenziari, la previsione e il potenziamento della giustizia riparativa. Inoltre la legge delega prevede delle disposizioni volte a valorizzare il trattamento penitenziario e rieducativo all'interno degli istituti penitenziari come l'incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario sia esterno, una maggiore valorizzazione del volontariato, la tutela della salute e delle relazioni affettive dei soggetti in vinculis, ed infine indica dei criteri direttivi per l'adeguamento dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei minori. Proprio in queste settimane il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito presso l'Ufficio Legislativo, tre Commissioni di studio per l'elaborazione degli schemi di decreto legislativo per la riforma dell'ordinamento penitenziario e del sistema delle misure di sicurezza personali, come previsto dalla legge 103 del 23 giugno 2017. Le Commissioni sono formate da esperti qualificati che si avvarranno di quanto elaborato dagli Stati generali dell'esecuzione penale e si occuperanno di redigere schemi di decreti legislativi riguardanti: le modifiche della disciplina delle misure di sicurezza e dell'assistenza sanitaria, con particolare riguardo alle patologie di tipo psichiatrico, e della revisione del sistema delle pene accessorie; gli strumenti normativi di giustizia riparativa nella fase dell'esecuzione penale e l'articolazione di una organica disciplina di ordinamento penitenziario minorile e, infine, le modifiche al vigente ordinamento penitenziario.

La direttiva in materia di giustizia riparativa

La direttiva in materia di giustizia riparativa è contenuta nella lettera f) del comma 85 che dispone la «previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell'esecuzione delle misure alternative».

Tale previsione si inserisce all'interno del paradigma riparativo che inizia ad affermarsi negli anni ‘80 come modello alternativo alla giustizia penale tradizionale. La letteratura sul tema è ampia nel delineare una nuova concezione del reato non più considerata come offesa dello stato ma come offesa ai diritti della persona. Una giustizia victim-oriented piuttosto che offender-oriented. Tale strumento però non modifica solo l'impatto che l'amministrazione della giustizia ha sulla vittima del reato potenziandone il ruolo e riconoscendo le sue aspettative ma incide sul concetto di responsabilità penale anche dal punto di vista dell'autore del reato. L'esigenza di assicurare la riparazione del danno provocato alla vittima dal reo risponde ad un'esigenza sempre più avvertita dal contesto sociale, riparazione del danno inteso non solamente quale danno economico ma in una dimensione di accoglimento dei bisogni della vittima che vengono per la prima volta riconosciuti. In questa direzione appare necessario che lo strumento della giustizia riparativa venga efficacemente attuato attraverso programmi realizzati da professionisti con un'adeguata formazione. La Risoluzione sui principi base circa l'applicazione di programmi di giustizia ripartiva nell' ambito penale (Economics and Social Council delle Nazioni unite n. 15/2000) rappresenta un documento programmatico che incoraggia gli stati membri a sviluppare programmi di giustizia ripartiva volti ad evitare la vittimizzazione secondaria della persona offesa, favorendo la reintegrazione della vittima e del reo ed il ripristino della pace sociale. Nell'applicazione di tale documento internazionale da parte degli stati membri si dovrà tenere conto anche dei principi elaborati nella direttiva europea n. 2012/29/Ue del Parlamento europeo che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato che sostituisce la decisone quadro 2001/220/Gai, nonché armonizzarlo con tutta una serie di disposizioni e dichiarazioni internazionali a partire dalle Regole europee sulla messa alla prova nella parte in cui si disciplina il lavoro con le vittime di reato e nella parte in cui si introducono le regole per l'applicazione della giustizia ripartiva.

In questa direzione il criterio rappresentato dalla lettera f) del comma 85 della legge delega sembra potersi riferire a tutte le misure alternative alla detenzione e più in generale a tutta la fase dell'esecuzione penale che ad oggi è circoscritta solo all'art. 47, comma 7, l.354/1975, in riferimento alla misura alternativa dell' affidamento in prova al servizio sociale ove viene indicato l'obbligo per il condannato di adoperarsi in quanto possibile per la riparazione del danno in favore della vittima del reato. Ciò implica la necessità per il reo o il condannato di potersi adoperare concretamente per riparare il danno prodotto dal reato. In quest'ottima il rischio dell'applicazione dello strumento di giustizia riparativa all'esecuzione penale è dunque quello rappresentato della inesigibilità in concreto del comportamento del condannato o dell'internato volto ad elidere le conseguenze dannose del reato, sia per quel che concerne l'aspetto meramente economico sia per quel che concerne l'aspetto legato alle capacità personali del reo in un'ottica di superamento del conflitto e di ricomposizione dello strappo sociale prodotto dalla condotta illecita posta in essere da questi. Ed in particolare l'esigibilità in concreto delle condotte riparative quando queste consistono nel ristoro economico del danno potrebbe comportare il rischio di discriminazioni tra condannati abbienti e condannati meno abbienti cosi da incidere effettivamente sull'accesso alle misure alternative. Dall'altro come autorevolmente sostenuto in questa rivista da F. FIORENTIN (Legge-delega in materia penitenziaria: carcere più umano e giustizia riparativa tra gli obiettivi della riforma) non va sottovalutato il rischio di una eccesiva discrezionalità nella determinazione giudiziale dei risarcimenti che poterebbe essere rimessa alla sensibilità del giudice rispetto a determinate tipologie di reati. Circostanza quest'ultima che potrebbe determinare il rischio di distinguere vittime di serie A e vittime di serie B individuabili sulla base della gravità del reato, nonché di inibire a determinate tipologie di rei e di condannati la possibilità di far fronte ad un cospicuo risarcimento danni.

La giustizia ripartiva come momento qualificante il trattamento e la rieducazione del condannato

All'indomani della redazione della legge-delega è stato presentato un documento articolato in corso di pubblicazione dal titolo Proposte per l'attuazione della delega penitenziaria a cura di Glauco Giostra e Pasquale Bronzo in continuità ideale con il lavoro svolto nel working paper Carceri: materiali per la riforma (elaborato in vista dell' avvio dell'esame nel disegno di legge di iniziativa governativa n. 2798/C, Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena presentato alla Camera il 24 dicembre 2014, che contiene agli artt. 24 e 26 una delega al Governo per la risistemazione organica dell'ordinamento penitenziario che raccoglie i contributi di esperti dell'esecuzione penale provenienti dall'accademia, dalla magistratura e dal mondo forense, all'interno del quale sono inserite delle ipotesi di modifiche normative possibili in attuazione di uno o più criteri della delega contenuta nella legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando). L'obbiettivo dei giuristi è quello di offrire un prezioso punto di riferimento per il legislatore delegato e per il dibattito politico culturale sulla riforma in atto. La proposta di modifica dell'art. 1 ord. penit. avanzata dal gruppo di esperti introduce in tale articolo al comma 6 la seguente previsione «nei confronti di tutti i condannati e gli internati è favorito il ricorso ai programmi di giustizia riparativa». Tale previsione si inserisce nel solco delle direttive europee in tema di giustizia riparativa laddove si impone il superamento della visione reo- centrica del diritto processuale penale a favore di una nuova concezione e del processo e dell'esecuzione penale come luogo per il bilanciamento degli interessi di diversi attori tramite il ricorso a strumenti quali la mediazione penale, programmi finalizzati a mettere a confronto reo e vittima con lo scopo di instaurare un canale comunicativo, programmi a carattere comunitario che privilegiano il dialogo esteso ai gruppi (conferencing) ecc. Ebbene la proposta elaborata dal gruppo di studiosi è quella di riconoscere alla giustizia ripartaiva pari dignità rispetto all'individualizzazione del trattamento rieducativo in modo da consentire un riequilibrio tra reo e vittima, e ciò si auspica possa essere applicato anche per i condannati e gli internati compresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen., consentendo l'accesso ai programmi di giustizia ripartiva in ogni fase dell'esecuzione della pena.

La giustizia riparativa come momento qualificante l'individualizzazione del trattamento

La giustizia riparativa si pone l'obiettivo di favorire un riequilibrio fra le ragioni delle vittime e quelle degli autori di reato ed è in questa direzione che si inserisce la modifica proposta dal gruppo di esperti che all'art. 13, comma 3, ord. pen. che nella nuova formulazione prevede «in base ai risultati dell'osservazione, viene definita, con la partecipazione responsabile del condannato o dell'internato, un progetto individualizzato di reinserimento sociale, che può essere modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione». Tale modifica deve essere letta nell'ottica secondo cui il paradigma ripartivo rispetto all'autore di reato consentirebbe di ripensare la logica che caratterizza l'esecuzione penale promuovendo l'idea di un soggetto che partecipa in modo attivo e consapevole alla costruzione del proprio reinserimento nella comunità che deve tener conto anche della ricomposizione della frattura e dello strappo sociale prodottosi con la commissione del reato. La letteratura sul tema individua due forme di responsabilità dal punto di vista della autore del reato: una che guarda al passato “che cosa hai fatto” ed è qui che entra in gioco la vittima nel processo riparativo e la seconda “che cosa deve essere fatto” in un'ottica orientata al futuro. Questa seconda forma orientata al futuro non solo è volta a dare soddisfazione alla vittima ma è rivolta soprattutto alla prevenzione del crimine. In questa direzione grande valenza paiono avere i programmi che prediligono strategie comunicative ed interpersonali mediante le quali rei e vittime possono confrontarsi attraverso un reciproco confronto.

In conclusione

La giustizia riparativa si pone nel nostro Paese come risorsa indubbiamente positiva con la finalità di offrire maggiori opportunità di realizzare un modello riabilitativo cosi da fare dei programmi di riparazione un elemento qualificante di attuazione di finalità trattamentali ed educative. Una misura educativa ed un programma trattamentale che comprendono anche un'attività ripartiva nei confronti delle vittime possono mitigare il senso di ingiustizia attribuito ad una pena troppo lieve o a misure che non prevedono la reclusione in carcere come si verifica spesso per i minori. In quest'ottica assumerà un'importanza determinante l'opera del legislatore nel dare attuazione alla legge delega che considera il paradigma riparativo uno strumento alternativo al modello classico di esecuzione della pena nonché come momento che valorizza l'opera rieducativa e riabilitativa affidata al sistema carcerario. E dunque la giustizia riparativa con i suoi metodi, soprattutto con lo strumento delle mediazione penale, promuove un obiettivo di pacificazione sociale che non può non essere considerata una risorsa volta a prevenire future “vittimizzazioni”, delineando così una strada che non si può fare a meno di continuare a percorrere.

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