La Corte costituzionale dice no al principio di retroattività della legge più favorevole per gli illeciti amministrativi
28 Luglio 2016
Con la sentenza n. 193 del 2016, la Corte costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della l. 689/1981, per contrasto con gli artt. 117 Cost., in relazione all'art. 7 Cedu, e 3 Cost., nella parte in cui non prevede l'applicazione della legge successiva più favorevole agli autori di illeciti amministrativi, ha affermato, in primo luogo, che nell'ambito delle garanzie apprestate dalla Cedu, come interpretate dalla Corte di Strasburgo, non si rinviene alcun vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio della retroattività della legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative; in secondo luogo, quanto alla ritenuta violazione dell'art. 3 Cost., che la costante giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato che in materia di sanzioni amministrative non è dato rinvenire un vincolo costituzionale nel senso dell'applicazione in ogni caso della legge successiva più favorevole, rientrando nella discrezionalità del Legislatore ‒ nel rispetto del limite della ragionevolezza ‒ modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore in base alle materie oggetto di disciplina (ordinanze n. 245 del 2003, n. 501 e n. 140 del 2002). Infine, i giudici delle leggi riconoscono, in ogni caso, la possibilità che singole disposizioni sanzionatorie amministrative più favorevoli al soggetto possono venir applicate retroattivamente nel caso in cui, alla luce dei criteri Engel elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, l'interprete ritenga che si tratti di previsioni di natura sostanzialmente penale. |