La Riforma Orlando e le modifiche in tema di formazione dei ruoli di udienza

28 Luglio 2017

Per alcuni reati contro la P.A. è ora assicurata la "priorità assoluta" secondo i "provvedimenti organizzativi", adottati dai dirigenti degli uffici giudiziari, necessari per assicurare la rapida definizione dei processi ivi contemplati. Questa novità, introdotta dalla Riforma Orlando ripercorre pedissequamente lo “spirito” della novella legislativa improntato ad una maggiore sensibilità per i reati contro la P.A.
Abstract

Per i reati di concussione (art. 317 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio (art. 320 c.p.), anche in relazione alla figura del corruttore (art. 321 c.p.) e per le condotte ai danni degli organi giurisdizionali sovranazionali (art. 322-bis c.p.) è assicurata la priorità assoluta secondo i provvedimenti organizzativi, adottati dai dirigenti degli uffici giudiziari, necessari per assicurare la rapida definizione dei processi ivi contemplati. Questa novità, introdotta con la c.d. Riforma Orlando ripercorre pedissequamente lo “spirito” della novella legislativa improntato ad una maggiore sensibilità per i reati contro la pubblica amministrazione.

La natura giuridica

La modifica dell'art. 132-bis disp. att. e coord., inserito dal d.l. 24 novembre 2000, n. 341 convertito con modificazioni nella l. 19 gennaio 2001, n. 4, con le importanti della l. 23 luglio 2008, n. 125 di conversione del d.l. 23 maggio 2008, n. 92 ha l'obiettivo prefissato di rappresentare un "criterio guida" per la fissazione dei ruoli di udienza. Criterio che tiene conto di scelte di politica criminale quale, ad esempio, la necessità di aumentare il senso di sicurezza attraverso la garanzia dell'effettività della pena, intesa nel senso di predisporre un apparato processuale penale che sia in grado di giungere – in termini ragionevoli – all'accertamento della responsabilità penale e all'irrogazione della sanzione penale. L'eccessivo carico di lavoro degli uffici giudiziari, gravati, per lo più, dalla trattazione di procedimenti penali sorti sulla base di notizie di reato dalla scarsa carica offensiva, unitamente alla sovente inadeguatezza del sistema processuale, causa un "irragionevole" allungamento dei tempi processuali, con conseguente verificarsi di taluni fenomeni processuali, come la scarcerazioni per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare che non fanno altro che acuire, oltre misura, il senso di insicurezza diffuso nel tessuto sociale. Se a questo, poi, si aggiunge che tali incresciosi fenomeni si verificano in procedimenti penali per reati di forte allarme sociale (come nei procedimenti per reati di criminalità organizzata di tipo o mafioso o a base terroristica), il senso di inadeguatezza del sistema giustizia che viene avvertito nell'opinione pubblica raggiunge livelli ritenuti, da più parti, “inaccettabili”.

Le modifiche apportate dalla riforma Orlando

La Riforma Orlando effettua una chiara scelta di politica criminale aumentando il ventaglio dei reati meritevoli di trattazione “privilegiata”, inglobandovi taluni reati contro la pubblica amministrazione. La recente cronaca giudiziaria ha posto in evidenza la gravità del fenomeno corruttivo e le conseguenze che tali condotte hanno in termini di imparzialità e buon andamento della Cosa Pubblica. Siffatta necessità si è avvertita, in maniera organica già con la c.d. legge Severino (l. 6 novembre 2012, n. 190) ma, invero, sotto il profilo processuale la lotta ai reati contro la pubblica amministrazione “conosce” i suoi primi interventi con la Riforma Orlando, con una novella dell'art. 132-bis disp. att. c.p.p. che sebbene non abbia natura “cogente” – rappresenta solo un criterio orientativo e la violazione non comporta alcuna sanzione di carattere processuale – è quanto meno sintomatico della volontà di assegnare una corsia preferenziale alla trattazione dei processi che abbiano ad oggetto i reati contro la pubblica amministrazione.

Cosicché, per i reati di concussione (art. 317 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio (art. 320 c.p.), anche in relazione alla figura del corruttore (art. 321 c.p.) e per le condotte ai danni degli organi giurisdizionali sovranazionali (art. 322-bis c.p.) è assicurata la priorità assoluta secondo i provvedimenti organizzativi, adottati dai dirigenti degli uffici giudiziari, necessari per assicurare la rapida definizione dei processi ivi contemplati. Questa novità ripercorre pedissequamente lo “spirito” della novella legislativa improntato ad una maggiore sensibilità per i reati contro la pubblica amministrazione. Il presupposto empirico è rappresentato dall'oggettiva complessità del percorso probatorio che conduce all'accertamento di siffatti illeciti. Accertamento che, di converso, potrebbe necessitare di maggiore tempo rispetto ai reati comuni. Di qui, si è inteso, da una parte, prolungare i termini di prescrizione modificando l'art. 161, comma 2, c.p., e annoverando i reati contro la pubblica amministrazione tra le ipotesi di prolungamento del termine prescrizionale (della metà).

La lotta al fenomeno corruttivo si sviluppa lungo una bisettrice: allungando i tempi di possibile estinzione del reato per prescrizione e, contemporaneamente, assicurando una “corsia preferenziale” ai processi con oggetto i reati contro la pubblica amministrazione. L'obiettivo, come si è detto, è quello di garantire l'accertamento nel merito in relazione a siffatti reati, senza incorrere nella pronuncia processuale di prescrizione ex art. 129 c.p.p.

È interessante notare, però, come non vi sia perfetta coincidenza tra i reati che “consentono” un allungamento dei tempi processuali e i reati che garantiscono l'applicazione dei criteri di priorità. Non fanno parte dei reati inseriti nell'art. 161, comma 2, c.p., la concussione di cui all'art. 317 c.p. (che, invece, ritroviamo nell'art. 132-bis disp. att.), mentre è contemplata la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p. e la corruzione per esercizio delal funzione (art. 318 c.p.) che non sono indicati tra i reati meritevoli della “corsia preferenziale” nella fissazione delle udienze di trattazione. Una discrasia che non trova giustificazione in precise scelte di politica legislativa quanto, piuttosto, nella mancanza di coordinamento fra le singole norme. Non potrebbe essere altrimenti, considerata la scarsa intelligibilità di una disposizione normativa che non contempli un criterio di priorità anche per la corruzione per l'esercizio delle funzioni e dei poteri del pubblico ufficiale (art. 318 c.p.) per la truffa aggravata ex art. 640-bis c.p. e, per completezza di discorso, anche per l'istigazione alla corruzione, di cui all'art. 322 c.p. Tanto più che quest'ultima condotta, non annoverata tra quelle in “corsia preferenziale”, se posta in essere nei confronti di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio nell'ambito nazionale “interno”, rientri fra questa se perpetrata ai danni delle autorità giudiziarie sovranazionali di cui all'art. 322-bis c.p. Un'asimmetria legislativa che, se da un punto di vista pratico, è matrice di scarsi effetti, dal punto di vista sistematico, denota la non oculatezza del recente intervento legislativo che si spiega più sull'onta dell'emotività che su reali esigenze di celerità del processo.

In conclusione

Questa modifica brilla più per il suo valore ermeneutico che, piuttosto, per i riverberi che potrebbe avere sui già precari equilibri processuali. Si agisce, infatti, su una norma che, sebbene sospettata da più parti, di rappresentare un “attentato” all'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale (lo stabilire un criterio di priorità per taluni reati comporterebbe, inevitabilmente, l'“accantonamento” degli altri non inclusi nella lista ex art. 132-bis disp. att. c.p.p.), dal punto di vista pratico ha influenzato poco – per non dire nulla – i sistemi di formazione dei ruoli di udienza dei giudici penali. La natura giuridica di questa norma, infatti, priva di sanzione processuale e di qualsivoglia profilo di “cogenza” rende la norma una sorta di simulacro che potrebbe, al più, avere un valore interpretativo.

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