Non è configurabile il divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente ex art. 81, comma 2, d.P.R. 230/2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all'art. 635 c.p.: il divieto di bis in idem tra procedimento disciplinare e procedimento penale non è stato fin qui affermato dalla Corte Edu, che anzi ...
La Corte di cassazione, Sez. II, con sentenza n. 43435, depositata il 21 settembre 2017, ha chiarito i termini del rapporto tra decisioni della Corte Edue interpretazione delle norme interne e la portata del divieto di bis in idem:
il giudice nazionale (anche di legittimità), nell'interpretazione delle norme interne, è vincolato dai soli orientamenti consolidati della Corte di Strasburgo;
il giudice nazionale non può disapplicare una norma interna per contrasto con una norma convenzionale come interpretabile secondo un orientamento consolidato della Corte di Strasburgo ma ha l'onere di sollevare questione di costituzionalità della norma interna da disapplicare, per contrasto con l'art. 117 Cost., comma 1, onde consentire alla Corte costituzionale (unica attributaria del relativo potere-dovere) di verificare «se la norma della Convenzione EDU, nell'interpretazione data dalla Corte europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione» (Corte cost., n. 311 del 2009), «ipotesi nella quale dovrà essere esclusa la idoneità della norma convenzionale a integrare il parametro considerato» (Corte cost., n. 113 del 2011), ovvero di valutare«come ed in qual misura il prodotto dell'interpretazione della Corte europea si inserisca nell'ordinamento costituzionale italiano. Infatti, la norma Cedu – nel momento in cui va ad integrare il primo comma dell'art. 117 Cost. – da questo ripete il suo rango nel sistema delle fonti, con tutto ciò che segue, in termini di interpretazione e bilanciamento, che sono le ordinarie operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza» (Corte cost., n. 317 del 2009).
Il divieto di bis in idem sancito dall'art. 4, prot. n. 7, Cedu, nell'interpretazione della consolidata giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha natura processuale, non sostanziale, poiché consente l'applicazione, per lo stesso fatto, di più sanzioni, anche tutte da ritenersi sostanzialmente penali alla stregua dei criteri Engel, purché all'esito del medesimo procedimento, ovvero di procedimenti legati da un nesso sostanziale e temporale sufficientemente stretto, ossia che gli scopi perseguiti e i mezzi utilizzati per raggiungerli devono essere complementari, presentare un nesso temporale e le eventuali conseguenze derivanti da una tale organizzazione del trattamento giuridico del comportamento in questione devono essere proporzionate e prevedibili per la persona sottoposta alla giustizia
Nel caso specifico, il P.G. aveva proposto ricorso avverso la sentenza del tribunale di Ascoli Piceno che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per ne bis in idem, il quale aveva subito la sanzione disciplinare dell'isolamento diurno per aver danneggiato in modo grave la finestra del corridoio di una sezione della Casa circondariale di Ascoli Piceno dove si trovava detenuto.
La Corte di cassazione, ha dichiarato il ricorso fondato e ha affermato il principio di diritto secondo cui:
«Non è configurabile il divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente exart. 81, comma 2, d.P.R. 230/2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all'art. 635 c.p.: il divieto di bis in idem tra procedimento disciplinare e procedimento penale non è stato fin qui affermato dalla Corte Edu, che anzi lo ha espressamente escluso (cfr. Corte Edu, Grande Chambre, 21 febbraio 1984, Ozturk c. Germania e 10 febbraio 2009, Sergey Zolotukhin c. Russia), come peraltro già chiarito nel Rapporto esplicativo al Protocollo 7 e, comunque, alla sanzione disciplinare de qua, in applicazione dei c.d. criteri di Engel, non può essere attribuita natura penale».
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