Impresa sotto sequestro per mafia. Inammissibile l'insinuazione al passivo del creditore collegato alla cosca
30 Gennaio 2017
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una serie di ricorsi presentati nell'ambito di un procedimento a carico di imprenditori e uomini politici legati al capo del mandamento mafioso di Trapani, ha colto l'occasione per enucleare i presupposti in base ai quali i creditori di un'impresa sequestrata per mafia possono soddisfare le loro pretese. In particolare, a seguito di sequestro di una S.R.L., alcuni creditori, tra cui M.P.S. e Intesa Sanpaolo, si erano visti rigettare le loro richieste di insinuazione allo stato passivo. Con la sentenza n. 1402, depositata il 12 gennaio 2017, i giudici di legittimità hanno ritenuto non meritevoli di accoglimento i ricorsi loro proposti. La ratio dell'art. 52 d.lgs. 159/2011, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione è quella, da un lato, di garantire l'effettività della misura reale e, dall'altro, assicurare tutela ai terzi evitando però che il proposto si avvalga di prestanomi che vantino fittiziamente diritti sui beni soggetti alla misura reale così da riottenerne il controllo. A tal fine risulta fondamentale, per il soddisfacimento del terzo creditore, la non strumentalità del credito rispetto all'attività illecita del proposto, salva la dimostrazione dell'ignoranza del nesso di strumentalità da parte del terzo in buona fede. In merito alla valutazione della buona fede del terzo, il Collegio esprime degli importanti principi di diritto:
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