La non menzione della sentenza patteggiata nel casellario giudiziale

30 Marzo 2016

In seguito ad una sentenza di patteggiamento con pena detentiva commutata in pena pecuniaria, il certificato del casellario giudiziale riporta il provvedimento di condanna nonostante il d.P.R. 313/2002 disponga che le sentenze emesse ex art. 445 c.p.p non vadano iscritte nel casellario giudiziale. Per ottenere la rimozione di tale iscrizione occorre promuovere un incidente di esecuzione?

In seguito ad una sentenza di patteggiamento con pena detentiva commutata in pena pecuniaria, il certificato del casellario giudiziale riporta il provvedimento di condanna nonostante il d.P.R. 313/2002 disponga che le sentenze emesse ex art. 445 c.p.p non vadano iscritte nel casellario giudiziale. Per ottenere la rimozione di tale iscrizione occorre promuovere un incidente di esecuzione?

A norma degli artt. 24, comma 1 lett. e), 25, comma 1, lett. e) e 27, comma 2, lett. d) del d.P.R. 313/2002 (Tu in materia di casellario giudiziale), i provvedimenti previsti dall'art. 445 c.p.p. non devono essere riportati né sul certificato generale del casellario giudiziale, né su quello penale né su quello dei carichi pendenti richiesti dall'interessato.

Il beneficio della non menzione, ordinariamente concedibile ex art. 175 c.p. in relazione a sanzioni non eccedenti i due anni di pena detentiva, è stato esteso, forse per dimenticanza – dato che Il d.P.R. 313/2002, riorganizzando l'intera disciplina in materia di casellario giudiziale, stabilisce semplicemente che il beneficio si applica ai provvedimenti previsti dall'art. 445 c.p.p. e la successiva l. 134 del 2003 non è intervenuta in materia lasciando inalterato in dettato legislativo – a tutte le sentenze di patteggiamento lasciando spazio pertanto a qualche dubbio sulla ragionevolezza e sulla coerenza di tale disciplina (Sull'argomento si veda D. Vigoni, Patteggiamento “allargato”: riflessi sul sistema e sull'identità della sentenza, in Cass. pen., 2004, 2, p. 238 e ss.).

A differenza del beneficio previsto dalla norma del codice penale, con il quale per il resto risulta essere coincidente, quello previsto dal decreto presidenziale opera automaticamente, senza bisogno che il giudicante esegua alcuna verifica dei presupposti ed eserciti la propria discrezionalità in ordine alla sua concessione.

Proprio per tale ragione si ritiene che l'eventuale erronea iscrizione di tali provvedimenti possa essere rettificata chiedendo la rimozione della stessa mediante la presentazione di una semplice istanza all'ufficio del casellario giudiziale allegando alla richiesta – per ragioni di opportunità pratica – una copia della sentenza di patteggiamento iscritta per errore nel registro senza necessità di promuovere un incidente di esecuzione. Sul punto, infatti, la Corte di cassazione ha precisato che Il giudice che dichiara l'illegittimità dei certificati penali, contenenti l'indicazione di iscrizioni relative a provvedimenti previsti dall'art. 445 c.p.p. e ai decreti penali, rilasciati in violazione dell'art. 27, d.P.R. 313 del 2002, non può anche ordinare al Casellario l'eliminazione delle iscrizioni in quanto, ai sensi della l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, artt. 4 e 5, non gli è consentito emettere alcuna statuizione che comporti un "facere"; d'altro canto il privato è sufficientemente tutelato dal fatto che gli enti che hanno ricevuto il certificato dichiarato illegittimo non potranno farne uso e dovranno disattenderlo (Cass. pen., Sez. I, 18/06/2004, n. 38033).

Del resto già in precedenza la suprema Corte aveva precisato che in tema di casellario giudiziale, il sindacato del giudice dell'esecuzione è limitato alla declaratoria di illegittimità del certificato, se contenente menzione di provvedimenti non iscrivibili senza possibilità di provvedere alla correzione del documento amministrativo (Cass. pen., Sez. I, 25 novembre 2008, n. 1309).

Pertanto, atteso che la illegittimità dell'iscrizione oggetto del presente quesito emerge pacificamente e chiaramente dagli artt. 24, comma 1, lett. e), 25, comma 1, lett. e) e 27, comma 2, lett d) del d.P.R. 313/2002, appare coerente ritenere che la correzione del certificato potrà essere richiesto direttamente all'ufficio del casellario giudiziale.

Sull'argomento si segnala, peraltro, che è stato ritenuto inammissibile, per difetto di interesse a impugnare, il ricorso contro la sentenza di patteggiamento che non preveda il beneficio della non menzione della condanna cui sia stata condizionata la richiesta, discendendo il beneficio richiesto, in caso di applicazione della pena, direttamente dagli artt. 24, comma 1, lett. e) e 25, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 313 del 2002 (Cass. pen., Sez. III, 17 gennaio 2012 n. 5040; Cass. pen., Sez. IV 23 aprile 2001, n. 22951).

Occorre precisare, peraltro, che la non menzione opera esclusivamente in riferimento ai certificati richiesti dall'interessato, ma non riguarda il registro delle iscrizioni esistenti nei confronti di un determinato soggetto, che potrà essere consultato per ragioni di giustizia dagli uffici che esercitano la giurisdizione e da quelli del pubblico ministero (sul punto MARCOLINI, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata, Giuffrè, 2005, p. 215).

Su tale certificato, pertanto, a norma dell'art. 21 del citato d.P.R. saranno annotate anche le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.