Riforma Orlando: le novità in tema di impugnazioni e relativa delega

Silvestre Costanzo
31 Luglio 2017

La legge 103/2017 è intervenuta in materia di impugnazioni con finalità essenzialmente semplificatrici e deflattive. Sono state introdotte importanti innovazioni in tema di disposizioni generali, in materia di appello e di ricorso per cassazione. Il Legislatore ha altresì apportato modifiche rilevanti alla rescissione del giudicato ed ha conferito al Governo una delega articolata in sei punti, avente ad oggetto sia ...
Abstract

La riforma definitivamente approvata dalla Camera dei deputati il 14 giugno e pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 4 luglio, che entrerà in vigore il prossimo 4 agosto, è intervenuta in materia di impugnazioni con finalità essenzialmente semplificatrici e deflattive. Sono state introdotte importanti innovazioni in tema di disposizioni generali, in materia di appello e di ricorso per cassazione. Il Legislatore ha altresì apportato modifiche rilevanti alla rescissione del giudicato ed ha conferito al Governo una delega articolata in sei punti, avente ad oggetto sia ampliamenti che restrizioni alle attuali possibilità di impugnare previste per le parti processuali.

Il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari reali (art. 325 c.p.p.)

Il nuovo terzo comma dell'art. 325 c.p.p. prevede che, nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione conseguente alla proposizione di ricorso avverso ordinanze emesse ai sensi dell'art. 322-bis c.p.p. (appello) o ai sensi dell'art. 324 c.p.p. (riesame), si applichi, oltre al terzo e al quarto comma dell'art. 311 c.p.p., anche il quinto comma della medesima disposizione.

La Corte di cassazione, pertanto, anche in materia di misure cautelari reali, dopo l'entrata in vigore della legge 103/2017, dovrà decidere entro il termine, sia pure ordinatorio, di trenta giorni dalla ricezione degli atti, osservando le forme previste dall'art. 127 c.p.p.

La riforma, sul punto, può certamente essere giudicata positivamente, avendo esteso alle misure cautelari reali, che sempre più spesso incidono in maniera estremamente rilevante, sia pure soltanto sotto il profilo patrimoniale, nella vita degli indagati e degli altri soggetti interessati dalla misura, le garanzie già previste per le misure cautelari personali, tra le quali spicca certamente la possibilità per il difensore del ricorrente di partecipare all'udienza in camera di consiglio fissata dinanzi alla Suprema Corte per la decisione del ricorso.

L'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere (art. 428 c.p.p.)

La riforma, modificando il precedente sistema, che prevedeva il ricorso per cassazione come unico mezzo di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, ha introdotto l'appello, che potrà essere proposto dal pubblico ministero, dall'imputato e dalla persona offesa negli stessi casi e con gli stessi limiti attualmente previsti, mentre non potrà più proporre impugnazione la parte civile costituita.

La Corte di appello, che deciderà in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127 c.p.p., in caso di accoglimento dell'appello del pubblico ministero, provvederà direttamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio e alla formazione del fascicolo del dibattimento, osservando le disposizioni degli artt. 429 e 431 c.p.p., mentre, in caso di accoglimento dell'appello dell'imputato, emetterà sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole.

Avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dalla Corte di appello, l'imputato ed il P.M. potranno proporre ricorso per cassazione soltanto per i motivi di cui alle lettera a), b), e c) dell'art. 606 c.p.p., e la Corte di cassazione deciderà ai sensi dell'art. 611 c.p.p. e quindi in udienza in camera di consiglio non partecipata.

Non vi è dubbio che la novità più interessante introdotta in materia di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere sia la possibilità adesso offerta all'organo dell'accusa di ottenere un riesame nel merito della sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup, all'esito del quale la Corte di appello potrà direttamente emettere, con provvedimento non soggetto ad impugnazione, il decreto che dispone il giudizio dinanzi alla competente autorità giudiziaria. A fonte di questo sostanziale ampliamento di facoltà per l'organo dell'accusa, si assiste al venir meno per la parte civile della possibilità di proporre impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, mentre la parte offesa potrà proporre appello soltanto per eccepire le nullità attinenti alla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare.

Il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento (art. 448 c.p.p.)

Con l'introduzione di un comma 2-bis all'art. 448 c.p.p., la riforma ha fortemente limitato la possibilità di impugnare la sentenza emessa in seguito a richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. Il pubblico ministero e l'imputato potranno proporre ricorso per cassazione «solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza».

La limitazione della possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento ha l'evidente finalità di impedire le impugnazioni proposte soltanto a fini dilatori, molto frequenti sino ad oggi soprattutto per ritardare l'esecuzione della pena detentiva applicata con sentenze emesse nei confronti di soggetti già agli arresti domiciliari in fase cautelare. In questo senso si inserisce il nuovo comma 5 bis dell'art. 610 c.p.p., a mente della quale la Corte di Cassazione potrà dichiarare, senza il rispetto di formalità, l'inammissibilità del ricorso proposto avversa sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

La forma dell'impugnazione (art. 581 c.p.p.)

Una delle novità più rilevanti introdotta dalla riforma è certamente la nuova formulazione della norma delle disposizioni generali riguardante la forma dell'impugnazione.

Il nuovo testo dell'art. 581 c.p.p., nel confermare la necessità di indicare nell'atto scritto il provvedimento impugnato, la data del medesimo ed il giudice che lo ha emesso, ha introdotto la specifica sanzione dell'inammissibilità nel caso di mancata enunciazione specifica dei capi e dei punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione, delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa erronea valutazione, delle richieste anche istruttorie, dei motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

La sanzione dell'inammissibilità, invero, era già prevista dall'art. 591, lettera c), c.p.p. nel caso di mancata osservanza delle disposizione dell'art. 581 c.p.p. Quest'ultima norma, tuttavia, prevede ora la necessità di indicare, con assoluta chiarezza e trasparenza, non soltanto i capi e i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione ed i motivi con le relative richieste ma anche le prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa o erronea valutazione e le richieste istruttorie.

L'attenzione del Legislatore si è dunque concentrata soprattutto sull'aspetto relativo alle prove, imponendo, a pena di inammissibilità, l'enunciazione in forma specifica delle doglianze relative agli elementi istruttori dei quali si evidenzia ed eccepisce l'inesistenza, il travisamento o l'omessa valutazione, ed esigendo altrettanta specificità nella formulazione delle richieste attinenti all'acquisizione di nuove prove o di riassunzione di quelle già acquisite.

Il concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.)

Con un nuovo art. 599-bis c.p.p. la riforma ha reintrodotto nel nostro sistema processuale l'istituto del concordato in appello, che aveva prodotto in passato, prima della sua abrogazione, risultati particolarmente positivi, contribuendo ad una notevole riduzione dei carichi di lavoro per le Corti di appello.

La parti, con il rispetto delle forme previsto dall'art. 589 c.p.p. per la rinuncia all'impugnazione, potranno adesso richiedere alla Corte di appello di provvedere in camera di consiglio, dichiarando di concordare sull'accoglimento in tutto o in parte dei motivi di appello. Se l'accordo prevede anche una nuova determinazione della pena, le parti dovranno indicare alla Corte di appello anche la pena sulla quale sono d'accordo.

Se la Corte ritiene, allo stato, di non poter accogliere la richiesta, ordina la citazione a comparire per il dibattimento.

Il concordato in appello è tuttavia espressamente escluso per gli stessi reati per i quali non è possibile ricorrere al c.d. patteggiamento allargato.

La norma prevede, al quarto comma, che il procuratore generale presso la Corte di appello, sentiti i magistrati del suo ufficio e i procuratori della Repubblica del distretto, indichi ai magistrati del pubblico ministero d'udienza criteri uniformi per orientare le loro valutazioni, tenendo conto della tipologia dei reati e della complessità dei provvedimenti.

Anche per il ricorso per cassazione proposto avverso sentenze pronunciate a seguito di accordo ex art. 599-bis c.p.p., la Corte di cassazione potrà dichiarare l'inammissibilità senza il rispetto di formalità.

Il nuovo dibattimento in appello (art. 602 c.p.p.)

Terminata la relazione del Presidente o del Consigliere da lui delegato, se le parti richiedono l'accoglimento in tutto o in parte dei motivi di appello a norma dell'art. 599-bis c.p.p., la Corte di appello, in base al nuovo comma 1-bis dell'art. 602 c.p.p., se ritiene di poter accogliere la richiesta, provvede immediatamente, altrimenti dispone la prosecuzione del dibattimento.

La riforma ha altresì introdotto un nuova comma 3-bis nell'art. 602 c.p.p., a mente del quale «nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale». Con tale norma, il Legislatore ha inteso così disciplinare ciò che le Sezioni unite della Corte di cassazione avevano già statuito in ben due occasioni. Tuttavia, quanto previsto dal nuovo comma 3-bis dell'art. 602 c.p.p., che impone la rinnovazione dibattimentale in ogni caso di appello del P.M. avverso sentenza di proscioglimento per valutazione della prova dichiarativa, sembra andare oltre quanto affermato della Sezioni unite, che si erano limitate a stabilire che il giudice di appello deve procedere all'esame esame dei soli soggetti le cui dichiarazioni siano state ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.

I limiti al ricorso per cassazione del P.M. (art. 608 c.p.p.)

Con l'introduzione del comma 1-bis nell'art. 608 c.p.p., la riforma, nel caso di doppia conforme di proscioglimento, ha espressamente escluso che il Pubblico Ministero possa proporre ricorso per cassazione per i motivi di cui alle lettere d) ed e) dell'art. 606 c.p.p.

Il vaglio preliminare di inammissibilità dei ricorsi per cassazione (art. 610 c.p.p.)

Il nuovo comma 5-bis dell'art. 610 c.p.p. prevede espressamente che la Corte di cassazione potrà dichiarare l'inammissibilità del ricorso senza alcuna formalità, oltre che nei casi già in precedenza esaminati di impugnazione proposta avverso sentenze di patteggiamento o emesse a seguito di concordato in appello, anche nei casi di difetto di legittimazione a impugnare, di non impugnabilità del provvedimento e di violazione delle disposizioni che disciplinano: la presentazione dell'impugnazione (art. 582 c.p.p.); la spedizione dell'atto di impugnazione (art. 583 c.p.p.); i termini per l'impugnazione (art. 585 c.p.p.); l'impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento. (art. 586 c.p.p.).

Avverso il provvedimento con cui la Corte, senza formalità, dichiara l'inammissibilità del ricorso, potrà essere proposto soltanto riscorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p.

La novità appare particolarmente rilevante, in quanto consentirà alla Corte di cassazione, nell'ottica deflattiva e di semplificazione che caratterizza la riforma, di procedere, nei numerosi casi tassativamente elencati, senza alcuna formalità, a dichiarare inammissibili i ricorsi affetti da vizi di forma, proposti da soggetti non legittimati o avverso provvedimento non impugnabili.

L'obbligo di sottoscrizione del ricorso da parte di avvocato cassazionista (art. 613 c.p.p.)

E certamente significativa, perché tende ad ottenere il risultato di ridurre il carico di lavoro della Corte di cassazione, la modifica introdotta dalla riforma con riferimento all'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto personalmente dall'imputato.

D'ora in poi, il ricorso per cassazione dovrà essere necessariamente sottoscritto da difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione e quindi verrà meno la possibilità, per i difensori non cassazionisti, di redigere ugualmente il ricorso, facendolo poi firmare all'imputato.

L'obbligo di avvalersi di difensore abilitato avrà certamente l'effetto di ridurre il numero di ricorsi, e soprattutto eviterà ai giudici della Suprema Corte di doversi confrontarsi con ricorsi provenienti da soggetti non in grado di redigere un atto di impugnazione per sua natura particolarmente tecnico.

Le decisioni delle Sezioni unite (art. 618 c.p.p.)

Con il nuovo comma 1-bis dell'art. 618 c.p.p., le Sezioni semplici potranno rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni unite anche quando ritengano di non condividere il principio di diritto da queste ultime già enunciato. Inoltre, le Sezioni unite potranno enunciare il principio di diritto anche quando il ricorso, per cause sopravvenute, sia dichiarato inammissibile.

Le nuove ipotesi di annullamento senza rinvio (art. 620 c.p.p.)

Il Legislatore, guidato ancora una volta da evidente intento deflattivo, ha previsto nuovi casi in cui la Corte potrà annullare senza rinvio la decisione impugnata. Potrà infatti fare ciò, oltre che nei casi in cui ritenga superfluo il rinvio, anche quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto o quando potrà autonomamente rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito.

Le novità in tema di ricorso straordinario per errore materiale o di fatto (art. 625-bis c.p.p.)

Particolarmente rilevanti sono anche le modifiche intervenute in materia di ricorso straordinario per errore materiale o di fatto.

È stato anzitutto previsto che la Corte di cassazione potrà rilevare l'errore materiale senza alcuna formalità, provvedendo dunque senza fissazione di udienza ai sensi dell'art. 127 c.p.p.

La riforma ha poi introdotto la possibilità per la Corte di cassazione di rilevare d'ufficio, e quindi anche in assenza di sollecitazione delle parti, l'errore di fatto, sia pure nel limite temporale di novanta giorni dalla deliberazione.

Le novità in tema di rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.)

Con un nuovo art. 629 bis c.p.p., che ha interamente sostituito l'art. 625-ter c.p.p., la competenza a decidere sulle richieste di rescissione del giudicato è stata attribuita alla Corte di Appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, che deciderà rispettando le forme di cui all'art. 127 c.p.p., con provvedimento impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 640 c.p.p.

La delega in materia di impugnazioni

La riforma ha previsto anche una delega in materia di impugnazioni, impartendo al Governo le seguenti direttive:

  1. le sentenze del giudice di pace emesse in grado di appello nei procedimenti per reati di competenza del giudice di pace dovranno essere ricorribili per cassazione soltanto per violazione di legge;
  2. il procuratore generale presso la Corte di appello potrà appellare soltanto nei casi di avocazione e di acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice di primo grado;
  3. il pubblico ministero potrà proporre appello avverso le sentenze di condanna che abbiamo modificato il titolo del reato o abbiano escluso la sussistenza di un aggravante ad effetto speciale o abbiano stabilito una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato;
  4. l'imputato potrà proporre appello contro le sentenza di proscioglimento salvo che sia pronunciata con la formula perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non ha commesso il fatto;
  5. non potranno essere appellabili le sentenze di condanna alla sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento per contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con una pena alternativa;
  6. l'appello incidentale potrà essere proposto solamente dall'imputato.
In conclusione

La Riforma Orlando è intervenuta in maniera certamente rilevante in materia di impugnazioni, lasciando alla delega conferita al Governo un'importanza residuale. Non vi è dubbio che l'intervento del Legislatore abbia come prevalente, se non unica finalità quella di ridurre il carico di lavoro delle Corti di appello e della Corte di cassazione. Peraltro, le nuove norme in materia di forma dell'impugnazione di cui all'art. 581 c.p.p. aprono certamente la possibilità di prevedere, anche per le Corti di appello, ed alla luce del recente orientamento delle Sezioni Unite in materia di legittimità delle sentenze predibattimentali di appello, l'istituzione di apposite Sezioni dedicate alla valutazione preliminare degli appelli e alla loro eventuale dichiarazione predibattimentale di inammissibilità. Rilevante, in questo contesto, appare anche la norma sul vaglio preliminare di inammissibilità senza formalità previsto per dall'art. 610, comma 5-bis, c.p.p. per i ricorsi in cassazione. Le nuove norme, tuttavia, se da un lato semplificano il processo e riducono i carichi di lavoro, dall'altro espongono al rischio di un eccessivo ed improprio utilizzo degli strumenti deflattivi ora previsti, che potrebbero limitare oltremodo il diritto di impugnare. Si potrebbe infatti assistere a dichiarazioni di inammissibilità preventive e senza formalità del tutto ingiuste e sostanzialmente inoppugnabili.