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Nullità degli atti

16 Luglio 2015

La nozione di nullità si ricollega a quella di invalidità dell'atto. Nel processo penale, tuttavia, non ogni vizio comporta la nullità dell'atto e, d'altro canto, gli atti nulli non sono automaticamente improduttivi di effetti.
Inquadramento

La nozione di nullità si ricollega a quella di invalidità dell'atto. Nel processo penale, tuttavia, non ogni vizio comporta la nullità dell'atto e, d'altro canto, gli atti nulli non sono automaticamente improduttivi di effetti.

Generalità

Sotto il primo aspetto deve richiamarsi il principio di tassatività disciplinato dall'art. 177 c.p.p. a norma del quale: “L'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge”. La regola in oggetto esclude la possibilità di estendere analogicamente le ipotesi espressamente previste dalla legge in via speciale o in via generale. In proposito deve chiarirsi, infatti, che il codice non prevede sempre la precisa sanzione derivante dall'inosservanza del precetto, come accade per le nullità speciali. Il legislatore ha, infatti, introdotto una norma madre, l'art. 178 c.p.p., che stabilisce in via generale la nullità di atti concernenti i vari soggetti processuali (il giudice, il pubblico ministero e le parti private). L'inosservanza di un precetto processuale integrerà una nullità allorché sia riconducibile attraverso un'operazione logica riservata all'interprete ad una delle categorie disciplinate dalla citata norma (c.d. nullità di ordine generale). Con specifico riferimento al loro regime, il legislatore ha poi distinto le nullità in assolute, relativamente assolute e relative.

Quanto al secondo aspetto merita di esser evidenziato che un atto viziato continuerà a produrre effetti finché non si pervenga alla dichiarazione di nullità. Proprio per questa ragione in dottrina si è rilavato che la categoria sembra piuttosto similare a quella dell'annullabilità del processo civile.

La dichiarazione di nullità di un determinato atto determina, altresì, l'invalidità degli atti consecutivi che dipendono dal primo. Il giudice che dichiari la nullità di un determinato atto, ove possibile e necessario, dovrà dichiararne la sua rinnovazione. Di norma e sempre che non si tratti di nullità riguardanti le prove, la statuizione del giudice comporterà la regressione del processo allo stato e al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo (art. 185 c.p.p.).

La dichiarazione di nullità di un atto non è tuttavia irreversibile potendo esso conservare la propria efficacia per effetto di determinati adempimenti o avvenimenti aventi effetto sanante. Il codice disciplina le c.d. sanatorie in via generale (art. 183 c.p.p.) e in particolare per le citazioni, gli avvisi e le notificazioni (art. 184 c.p.p.).

Nonostante non sia espressamente previsto dalla legge, effetto sanante generale deve riconoscersi anche al giudicato penale. L'irrevocabilità della sentenza rende impossibile eccepire o rilevare alcuna delle nullità verificatesi in precedenza. Merita di essere evidenziato che anche prima della declaratoria di irrevocabilità, in seguito all'emissione di una sentenza della Corte di cassazione, nella successiva eventuale fase del giudizio di rinvio, per espressa disposizione dell'art. 627, comma 4, c.p.p. non possono proporsi nullità verificatesi nei precedenti gradi di giudizio.

La violazione di norme processuali previste a pena di nullità costituisce un error in procedendo rientrante fra i casi di ricorso per Cassazione ex art. 606, comma 1, lett. c).

Come precisato dalla Corte di cassazione quando l'eccezione relativa ad una nullità sia stata esaminata e disattesa nel primo grado del giudizio, la parte è tenuta a riproporla con l'impugnazione principale in appello (Cass. pen., Sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 11399, fattispecie relativa ad eccezione di nullità, per omessa citazione dell'avviso di conclusione delle indagini e del decreto di citazione a giudizio).

La distinzione fra nullità generali e speciali

L'art. 178 c.p.p., norma di riferimento e diposizione centrale nella costruzione della disciplina della nullità del nostro codice di procedura penale, mira a prevenire il rischio di lasciar prive di protezione situazioni processualmente rilavanti a tutela delle quali non fosse predisposta una specifica sanzione. Così, ad esempio, l'omesso avviso all'indagato dello svolgimento di accertamenti tecnici irripetibili ex art. 360 c.p.p., pur non essendo sanzionato da alcuna specifica previsione, incidendo sul diritto di intervento e di assistenza dell'imputato integra una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. c), c.p.p.

Prendendo le mosse dalle previsioni contenute nella norma da ultimo citata il legislatore ha poi distinto le diverse ipotesi di nullità a regime assoluto, intermedio e relativo.

Costituiscono nullità speciali, come accennato in premessa, quelle costituenti oggetto di un'espressa previsione normativa con la quale si specifica, per l'appunto che l'inosservanza di una determinata norma è prevista a pena di nullità.

È una nullità speciale, ad esempio, quella prevista dal secondo comma dell'art. 429 c.p.p., che stabilisce che il decreto che dispone il giudizio è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo o se manca o è insufficiente l'enunciazione in forma chiara e precisa dell'addebito contestato (fatto, circostante e articoli di legge) o l'indicazione del luogo del giorno e dell'ora del giorno della comparizione e l'indicazione che non comparendo sarà giudicato in contumacia (si noti il persistente difetto di coordinamento con la novella del 28 aprile 2014, n. 67).

Il regime delle nullità

Le nullità previste dal nostro codice possono, inoltre, suddividersi in base alle modalità e ai termini di rilevabilità ed eccepibilità in assolute, relativamente assolute e relative.

Anche per questa distinzione appare opportuno prendere le mosse dall'art. 178 c.p.p. In tale disposizione sono, infatti, disciplinate esclusivamente nullità di natura assoluta e relativamente assoluta, con esclusione delle nullità relative. L'interprete può, pertanto, effettuare una prima scrematura in base alla sussumibilità o meno dell'invalidità con cui si confronta all'interno della noma di riferimento.

a) Le nullità assolute

L'art. 179 c.p.p. definisce “assolute” le nullità insanabili e rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e specifica che devono ritenersi rientranti in tale categoria le invalidità previste dall'art. 178, comma 1, lett. a) e una parte di quelle previste dalle successive lettere b) e c), segnatamente quelle concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e quelle derivanti dall'omessa citazione dell'imputato o del suo difensore nei casi in cui è obbligatoria la sua presenza.

In merito al requisito dell'insanabilità si è già detto che esso debba intendersi riferito solo alla fase in cui il procedimento è in corso con efficacia sanante del giudicato. Appare opportuno aggiungere che, nonostante la norma faccia riferimento alla sola rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, non vi sono dubbi in dottrina e giurisprudenza nel riconoscere anche alle parti il diritto di eccepire i vizi in questione.

Ad esempio L'instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l'esercizio dell'azione penale deve avvenire con citazione diretta integra una ipotesi di nullità assoluta, in quanto, oltre a precludere all'imputato il diritto a ricevere la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., determina un indebito mutamento del giudice naturale all'esito del giudizio abbreviato (Cass. pen., Sez. IV, 17 dicembre 2014, n. 3805).

b) Le nullità relativamente assolute

Le nullità relativamente assolute (o intermedie) sono individuate con un criterio residuale in tutte quelle invalidità generali non dichiarate assolute dall'art. 179. L'art. 180 c.p.p., rubricato proprio “Regime delle altre nullità di ordine generale”, stabilisce, infatti, che “Salvo quanto disposto dall'articolo 179, le nullità previste dall'articolo 178 sono rilevate anche di ufficio, ma non possono più essere rilevate né dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se si sono verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo”.

Pertanto anche questa categoria di nullità (come quelle assolute) potrà essere rilevata su eccezione di parte o d'ufficio dal giudice ma tali adempimenti incontrano dei limiti temporali previsti a pena di decadenza (art. 182, comma 3, c.p.p.): la deliberazione della sentenza di primo grado o quella del grado successivo, se si sono verificate in giudizio.

Ad esempio Nel procedimento davanti al tribunale monocratico, l'erronea instaurazione del rito con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare, non dà luogo a nullità assoluta ed insanabile ma solo ad una nullità a regime intermedio, rilevabile, a pena di decadenza, subito dopo il compimento, per la prima volta, dell'accertamento della costituzione delle parti (Cass. pen., Sez. I, 4 dicembre 2014, n. 5967).

c) Le nullità relative

Le nullità non comprese nel novero dell'art. 178 c.p.p. (nullità generali) e dell'art. 179, comma 2, c.p.p. (nullità speciali assolute) sono definite “relative”. Esse non possono essere rilevate d'ufficio dal giudice ma solo su eccezione di parte e tale adempimento deve essere compiuto entro determinati termini a pena di decadenza e, conseguentemente, di sanatoria del vizio.

Le nullità concernenti gli atti delle indagini preliminari e quelli compiuti nell'incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti dell'udienza preliminare devono essere eccepite prima che il G.U.P. dichiari chiusa la discussione ed emetta il provvedimento di rinvio a giudizio o la sentenza di non doversi procedere. Quando non deve farsi luogo alla celebrazione dell'udienza preliminare, le nullità relative devono essere eccepite entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, c.p.p., dunque fra le questioni preliminari da sollevare dopo l'accertamento relativo alla regolare costituzione delle parti.

Anche le nullità concernenti il decreto che dispone il giudizio e gli atti preliminari al dibattimento devono essere eccepite entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1. Entro lo stesso termine, ovvero con l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, devono essere riproposte le nullità eccepite a norma del primo periodo dell'art. 181, comma 2, c.p.p. (concernenti gli atti delle indagini preliminari e quelli compiuti nell'incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti dell'udienza preliminare) che non siano state dichiarate dal giudice.

Le nullità verificatesi nel giudizio, infine, devono essere eccepite con l'impugnazione della relativa sentenza.

Ad esempio L'omissione dell'avvertimento relativo alla facoltà per i prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre non determina l'inutilizzabilità della testimonianza del congiunto non avvertito bensì una nullità di natura relativa, che deve pertanto essere eccepita immediatamente dalla parte che assiste alla deposizione e comunque, a pena di decadenza, entro i termini fissati all'art. 181 c.p.p. (Cass. pen., Sez. V, 19 settembre 2014, n.48693).

Deducibilità delle nullità

L'art. 182 c.p.p., rubricato “Deducibilità delle nullità”, mira a garantire il rispetto della buona fede e del fair play processuale e introduce al primo comma delle regole di esclusione, precisando poi, al secondo comma, i termini entro cui i vizi vanno dedotti (o eccepiti).

Quanto al primo aspetto la norma stabilisce che le nullità a regime intermedio e relative non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all'osservanza della disposizione violata.

Al secondo comma si precisa che, quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo. Negli altri casi la nullità deve essere eccepita entro i termini previsti dagli articoli 180 e 181, commi 2, 3 e 4.

Da quanto detto emerge che i termini da ultimo richiamati e previsti in generale dalle norme di riferimento delle specifiche tipologie di nullità valgono solo ove la parte non assista al compimento dell'atto, incombendo su di essa in caso contrario l'obbligo di attivarsi per limitare gli effetti dannosi derivanti dal vizio.

In merito all'espressione “immediatamente dopo il compimento degli atti” per la verità piuttosto generica, la giurisprudenza, si è limitata a chiarire che essa non pone affatto il detto termine in relazione alla necessaria effettuazione di un successivo atto cui intervenga la stessa parte o il difensore, ben potendo, in realtà, la formulazione dell'eccezione aver luogo anche al di fuori dell'espletamento di specifici atti, mediante lo strumento delle "memorie o richieste" che, ai sensi dell'art. 121 c.p.p., possono essere inoltrate "in ogni stato e grado del procedimento" (Cass. pen.,Sez. I, 6 giugno 1997, n. 4017). In applicazione di tale principio si è affermato che non può essere considerata tempestiva la proposizione di una eccezione di nullità (nella specie asseritamente derivante dalla violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p. per mancato avviso, da parte della polizia giudiziaria, della facoltà per l'indagato di farsi assistere da un difensore nel compimento di un rilievo sulla persona dello stesso indagato) quando detta proposizione sia intervenuta a distanza di parecchi giorni dal compimento dell'atto, in occasione del primo atto successivo del procedimento (costituito, nel caso di esame, dall'interrogatorio dell'indagato).

Infine al terzo comma l'art. 182 c.p.p. ribadisce che i termini per rilevare o eccepire le nullità sono stabiliti a pena di decadenza.

Sanatorie

Come accennato in apertura, l'atto viziato non è di per sé improduttivo di effetti, dovendo, da un lato, considerarsi la necessità che la nullità sia rilevata (o eccepita) tempestivamente e dovendosi considerare, all'altro, la possibilità che gli effetti “precari” prodotti dall'atto nullo possano stabilizzarsi al verificarsi di specifici fatti successivi denominati sanatorie.

Salvo che sia diversamente stabilito, le nullità sono sanate:

a) se la parte interessata ha rinunciato espressamente a eccepirle ovvero ha accettato gli effetti dell'atto;

b) se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto omesso o nullo è preordinato.

La nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire.
La parte la quale dichiari che la comparizione è determinata dal solo intento di far rilevare l'irregolarità ha diritto a un termine per la difesa non inferiore a cinque giorni.
Quando la nullità riguarda la citazione a comparire al dibattimento, il termine non può essere inferiore a quello previsto dall'
art. 429 c.p.p.

Effetti della dichiarazione di nullità

La declaratoria di nullità di un determinato atto potrebbe avere ripercussioni anche su atti successivi. A norma dell'art. 185 c.p.p., infatti, l'invalidità si estende anche agli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo. Si tratta della c.d. nullità derivata degli atti; il riferimento alla dipendenza e alla consequenzialità indica che il nesso fra gli atti non dev'essere accidentale o occasionale ma comportare che l'uno non possa vivere senza l'altro.

Il giudice che accerti l'invalidità deve disporne ove possibile e necessario la rinnovazione dell'atto nullo ponendo le spese a carico di chi via abbia eventualmente causato la nullità per dolo o colpa grave.

Casistica

Soggetto su cui grava l'onere di eccepire la nullità

La nullità derivante dall'omesso avviso all'indagato, da parte della polizia giudiziaria che procede ad un atto indifferibile ed urgente qual è la sottoposizione a test alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere dal difensore ha natura intermedia e deve ritenersi sanata se non dedotta prima ovvero immediatamente dopo il compimento dell'atto da parte dell'interessato, non ricorrendo facoltà processuali comportanti cognizioni tecniche professionali proprie del difensore (Cass. pen.,Sez. IV,4 giugno 2013, n. 36009; nello stesso senso Cass. pen.,Sez. IV,11 marzo 2014, n. 1399).

L'omesso avviso alla parte della facoltà di farsi assistere da un difensore, imposto alla polizia giudiziaria dall'art. 114 disp. att. c.p.p., nel compimento degli atti di cui all'art. 356 c.p.p., integra un'ipotesi di nullità a regime intermedio, la quale può essere tempestivamente eccepita in sede di riesame; né, a tal fine, rileva la distinzione tra attività di polizia giudiziaria che si protraggano per un tempo apprezzabile e attività che si risolvano nell'istantanea apprensione materiale di un bene, oggetto di sequestro, trattandosi di distinzione che non trova riscontro nel dettato normativo di riferimento, il quale prevede in ogni caso l'osservanza delle garanzie difensive (Cass. pen., Sez. V, 9 febbraio 2012, n. 7654).

La parte su cui grava l'onere di eccepire, ex art. 182, comma 2 c.p.p., la nullità di un atto al quale assiste è solo il difensore – ovvero il pubblico ministero –, in nessun caso l'indagato o l'imputato né altra parte privata, in quanto l'ordinamento processuale privilegia la difesa tecnica rispetto all'autodifesa, che non è mai consentita in via esclusiva, ma solo in forme che si affiancano all'imprescindibile apporto di un esperto di diritto abilitato alla professione legale (Cass. pen., Sez. Un., 29 gennaio 2015, n. 5396).

Omessa sottoscrizione del giudice

La sentenza di appello mancante della sottoscrizione del presidente del collegio non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e firmata dal solo giudice estensore configura una nullità relativa che comporta l'annullamento senza rinvio e la restituzione degli atti affinché si provveda alla sanatoria mediante nuova redazione della sentenza-documento (Cass. pen.,Sez. un., 20 dicembre 2012, n. 14978).

La nullità della sentenza recante dispositivo e motivazione concernenti altra vicenda processuale è sanata qualora, prima della presentazione di impugnazioni avverso la stessa, venga depositato altro provvedimento con dispositivo e motivazione pertinenti e la difesa abbia potuto tempestivamente rappresentare le proprie ragioni nei confronti del testo definitivo della decisione, atteso che, in tal caso sussistono i presupposti della sanatoria prevista dall'art. 183, comma 1, lett. b), c.p.p. (Cass. pen., Sez. VI, 4 febbraio 2015, n. 8990).

In tema di requisiti della sentenza, nel caso di impedimento del presidente, il componente più anziano del collegio che sia anche estensore del provvedimento può limitarsi ad apporre un'unica sottoscrizione non essendo richiesto che egli, a differenza di quanto previsto per il presidente del collegio, debba sottoscrivere l'atto due volte, una in qualità di estensore e l'altra come magistrato eccezionalmente esercente funzioni presidenziali. (Cass. pen., Sez. III, 25 marzo 2014, n. 26341).

Termine a difesa

Il diniego di termini a difesa, ovvero la concessione di termini ridotti rispetto a quelli previsti dall'art. 108, comma 1, c.p.p., non possono dar luogo ad alcuna nullità quando la relativa richiesta non risponda ad alcuna reale esigenza difensiva e l'effettivo esercizio del diritto alla difesa tecnica dell'imputato non abbia subito alcuna lesione o menomazione. (Cass. pen., Sez. Un., 29 settembre 2011, n. 155).

La mancata concessione del termine a difesa previsto dall'art. 108 c.p.p. determina una nullità generale a regime intermedio che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all'art. 182, comma 2, c.p.p. e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il provvedimento reiettivo della richiesta e non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione (Cass. pen., Sez. I, 25 febbraio 2010, n. 11030).

La concessione del termine a difesa al legale di fiducia è compatibile con la prosecuzione dell'attività processuale con altro difensore, immediatamente reperibile (Cass. pen., Sez. II, 17 marzo 2015, n. 15778).

Casistica

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