Esercizio di un diritto

Chiara Fiandanese
14 Marzo 2016

Tra le cause di giustificazione previste dal codice penale, la cui caratteristica principale è quella di rendere lecito un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice facendo venire meno l'antigiuridicità del fatto stesso, vi è l'esercizio di un diritto. Secondo l'art. 51, comma1, c.p. non può essere punito chi agisce nell'esercizio di un suo diritto compiendo atti o fatti che integrano una fattispecie prevista dalla legge come reato.
Inquadramento

Tra le cause di giustificazione previste dal codice penale, la cui caratteristica principale è quella di rendere lecito un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice facendo venire meno l'antigiuridicità del fatto stesso, vi è l'esercizio di un diritto.

Secondo l'art. 51, comma 1, c.p. non può essere punito chi agisce nell'esercizio di un suo diritto compiendo atti o fatti che integrano una fattispecie prevista dalla legge come reato.

Presupposto per l'applicazione di tale scriminante, è l'esistenza di un conflitto tra norme che disciplinano la stessa situazione di fatto, conflitto che può risolversi seguendo tre diversi criteri: gerarchico, la norma superiore prevale su quella inferiore; cronologico, la norma posteriore prevale su quella anteriore; di specialità, la norma speciale prevale su quella generale.

Inoltre, l'esistenza e l'esercizio del diritto, non bastano da sole ad escludere la punibilità ma occorrono altre circostanze.

Le ipotesi più significative di esercizio del diritto sono: il diritto di cronaca e il diritto di critica, il diritto di sciopero, lo ius corrigendi, gli offendicula e il diritto di difesa.

Caratteristiche principali

L'esercizio di un diritto si fonda sia sul principio di non contraddizione o della coerenza dell'ordinamento giuridico, secondo il quale non può costituire delitto ciò che al tempo stesso costituisce un diritto e per questo motivo l'ordinamento non può consentire e vietare uno stesso fatto, non può entrare in contraddizione con se stesso; e sia sul principio della logica dell'interesse prevalente di chi agisce nel corretto esercizio di un diritto rispetto ad interessi che si pongono in conflitto con l'esercizio di quel diritto.

Concetto di "diritto"

Per quanto riguarda il concetto di diritto, in giurisprudenza tende a prevalere l'orientamento secondo cui, per la configurazione dell'esimente, il diritto – il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente – deve essere un vero e proprio diritto soggettivo protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. È necessario, altresì, che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione, poiché – in caso contrario – si superano i confini dell'esercizio lecito e si configurano ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono al di fuori della sfera di operatività dell'art. 51 c.p.

Mentre, in dottrina, è condiviso l'orientamento secondo il quale il concetto di diritto deve essere inteso come comprensivo sia dei diritti soggettivi, sia di qualunque facoltà legittima di agire riconosciuta dall'ordinamento e cioè le libertà costituzionali, i diritti potestativi riconosciuti dal diritto civile, i poteri degli organi pubblici e le semplici facoltà concesse al privato.

Fonti del diritto scriminante

Presupposto per l'applicazione della scriminante è l'esistenza di un apparente conflitto tra norme che disciplinano la stessa situazione di fatto.

Le facoltà rilevanti ex art. 51 c.p. scaturiscono da numerose fonti.

Prime tra tutte, le norme costituzionali che attribuiscono diritti o libertà. Se una norma incriminatrice vieta una condotta che si configura anche come esercizio di un diritto o di una libertà costituzionale, il contrasto si risolverà dando prevalenza alla norma costituzionale in forza del principio di gerarchia delle fonti, a meno che la norma penale tenda alla tutela di un altro interesse di rango costituzionale che risulta prevalente rispetto all'interesse che riconosce il diritto scriminante, sulla base di un giudizio di bilanciamento effettuato dal giudice. Infatti, in tutte le scriminanti vi è un sottostante bilanciamento degli interessi che spiega perché un fatto, che di regola integra una fattispecie criminosa diventa lecito in presenza di una scriminante, proprio perché la lesione del bene è bilanciata dalla difesa del contrastante interesse proprio o altrui.

Altre fonti da cui possono avere origine diritti il cui esercizio giustifica un fatto materiale di reato sono le norme ordinarie, le norme di natura processuale, le consuetudini (secondo un orientamento solo quando siano richiamate espressamente dalla legge; secondo un orientamento diverso, indipendentemente da un richiamo legislativo).

Per quanto riguarda, invece, la legge regionale vi sono dei contrasti; una parte della dottrina esclude il suo ruolo di fonte del diritto scriminante in quanto essa non può né introdurre o abrogare norme penali, né introdurre cause di giustificazione. Un'altra parte prevalente, invece, la ammette in quanto non si tratta di dare vita ad una nuova scriminante ma di concorrere a determinare il contenuto di una scriminante già prevista dal legislatore.

Se invece il diritto deriva dal diritto comunitario o dal diritto internazionale gli si può attribuire efficacia scriminante se si tratta di norme recepite nell'ordinamento italiano o se non contrastano con il nostro ordinamento.

Invece, per le norme vigenti in un altro Stato bisogna distinguere due diverse situazioni: una nel caso di una condotta considerata reato secondo la legge italiana ma realizzata nel territorio di uno Stato dove quel comportamento sia consentito; in questo caso bisogna considerare sussistente l'esimente in base al principio della territorialità. Nel caso in cui, invece, lo straniero pone in essere nel territorio italiano una condotta configurabile come reato per il nostro ordinamento ma nell'esercizio di un diritto riconosciutogli dal proprio Stato, si esclude che sussista l'esimente in quanto la condotta contrasta con le nostre norme costituzionali che tutelano e riconoscono determinati diritti inviolabili.

In evidenza

In tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia (nella specie: maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, violazione degli obblighi di assistenza familiare) non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare – in linea con l'art. 3 Cost. – la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica. (Cass. pen., Sez. III, 29 gennaio 2015, n. 14960)

Limiti dell'esercizio del diritto

Ai fini dell'applicazione dell'art. 51 c.p. è necessario accertare che la condotta tenuta dall'agente rientri nelle facoltà costitutive del diritto in quanto la titolarità di un diritto non rende automaticamente lecita ogni azione o modo di esercizio di esso. A tale riguardo vi sono due limiti al diritto scriminante: i limiti interni cioè quelli desumibili dalla natura e dalla funzione del diritto; è la norma stessa che prevede espressamente le condizioni di esercizio del diritto e pertanto, è facile verificare se il soggetto lo ha esercitato per fini diversi rispetto a quelli per cui il diritto è stato riconosciuto. Nei casi in cui si superano i limiti dell'esercizio scriminante si verifica un abuso del diritto che va al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 51 c.p.

I limiti esterni, invece, si ricavano dal complesso dell'ordinamento giuridico cioè dalle norme di rango superiore o equivalente e consistono nella salvaguardia di quei diritti o interessi che hanno valore uguale o maggiore rispetto a quello esercitato dal soggetto.

Le diverse manifestazioni dell'esercizio di un diritto

Diritto di cronaca e di critica e diritto. Per il diritto di cronaca e di critica si rimanda alla bussola sull'argomento.

Diritto di sciopero. Il diritto di sciopero, che trova riconoscimento a livello Costituzionale nell'art. 40 Cost. che ne consente l'esercizio nell'ambito delle leggi che lo regolano, è stato definito dalla Corte Costituzionale (sent. n. 123/1962) come astensione totale dal lavoro da parte di più lavoratori subordinati al fine della difesa dei loro interessi economici. Fino al 1889, anno di entrata in vigore del Codice Zanardelli, lo sciopero ero considerato reato. Con la l. 146/1990 è stato regolamentato per la prima volta il diritto allo sciopero dei lavoratori addetti ai servizi pubblici essenziali; la legge prevedeva che in questi settori lo sciopero potesse essere esercitato solo osservando precisi obblighi e garantendo prestazioni minime indispensabili e ha previsto un articolato sistema di sanzioni amministrative e pecuniarie che si è sostituito alla repressione penale.

Anche nel diritto di sciopero vi sono dei limiti interni e dei limiti esterni. Quanto ai primi, è necessario che l'astensione dal lavoro non sia decisa unilateralmente di propria iniziativa dal singolo lavoratore e per finalità diverse da quelle strettamente professionali, di natura economica o politica.

I limiti esterni derivano, invece, dall'esigenza di tutelare interessi contrapposti anch'essi di rilevanza costituzionale e prevalenti sull'interesse all'autotutela collettiva.

Il diritto di sciopero non può mai essere invocato quando i manifestanti pongono in essere atti di aggressione all'incolumità personale o rivolgono minacce quando impediscono l'ingresso ad altri lavoratori intenti a recarsi sul luogo di lavoro, il cosiddetto picchettaggio.

In evidenza

Commettono il delitto di violenza privata, ex art. 610 c.p., gli scioperanti che, attuando il cosiddetto picchettaggio, manifestino la loro intenzione di impedire a chiunque l'accesso nello stabilimento, avvalendosi della barriera formata dai loro corpi e colpendo con calci e spinte coloro che si avvicinino per superare l'ostacolo (Cass. Pen., Sez. V, 30 dicembre 1982, n. 1979).

Ius corrigendi. È il diritto-dovere riconosciuto ai genitori, esercenti la potestà, nei confronti dei figli minori, ed è detto diritto di correzione poiché è lo strumento necessario per garantire un corretto ed efficacie espletamento della fondamentale funzione educativa ad essi affidata dalla Costituzione dall'art. 30 e dal codice civile dall'art. 147 e seguenti. Sono ritenuti leciti solo i mezzi correttivi e disciplinari che risultano necessari alla istruzione, all'educazione e allo sviluppo della personalità della prole rispettando la sua incolumità fisica e psichica.

L'esercizio di tale diritto però, a volte può sfociare in fatti che corrispondono a fattispecie di reato.

Tale esimente si è sviluppata in relazione al delitto di abuso dei mezzi di correzione o disciplina ex art. 571 c.p. e di quella di maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli ex art. 572 c.p.

Lo ius corrigendi è riconosciuto anche a coloro che svolgono un'attività di educazione, di istruzione scolastica o professionale, di custodia, di cura o di vigilanza.

In evidenza

In tema di rapporti tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, deve escludersi che l'intento educativo e correttivo dell'agente costituisca un elemento dirimente per far rientrare il sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori nella meno grave previsione di cui all'art. 571 c.p. Ne consegue che l'esercizio del potere di correzione al di fuori dei casi consentiti, o con mezzi di per sé illeciti o contrari allo scopo, deve ritenersi escluso dalla predetta ipotesi di abuso e va inquadrato nell'ambito di diverse fattispecie incriminatrici. (Nel caso di specie, la S.C. ha censurato la pronuncia di merito, ravvisando il delitto di maltrattamenti nei confronti dei bambini affidati ad un asilo) (Cass. pen., Sez. VI, 23 novembre 2010, n. 45467).

In evidenza

L'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione del giudice di merito qualificando ai sensi dell'art. 572 c.p., e non come abuso dei mezzi di correzione, la condotta di ripetuto ricorso alla violenza, sia psicologica che fisica, inflitta, per finalità educative, da una maestra di scuola materna ai bambini a lei affidati). (Cass. pen.,Sez. VI, 22 ottobre 2014, n. 53425)

Offendicula. Sono mezzi di difesa a carattere offensivo posti a tutela di beni di natura patrimoniale o personale contro possibili aggressioni. Sono ammessi come strumenti di tutela a condizione che presentino una non eccessiva attitudine a ledere e siano forniti di adeguata pubblicità.

La liceità del ricorso agli offendicula va ricollegata alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto: quello della difesa preventiva del diritto stesso, di natura patrimoniale o personale. Ciò per l'assenza, al momento della predisposizione di essi, dei requisiti della attualità del pericolo e della necessità di difesa da questo, tipici della legittima difesa. Affinché, però, la difesa del diritto mediante il ricorso agli offendicula possa ritenersi consentita, occorre che gli stessi non siano – di per sé e per loro stessa natura – idonei a cagionare eventi di rilevante gravità, come le lesioni personali o la morte di colui che il diritto protetto aggredisce. Se, invece, si tratta di strumenti che abbiano un'intensa carica lesiva e siano, dunque, idonei a cagionare conseguenze dannose all'incolumità personale, occorre – per l'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. – effettuare, anzitutto, un giudizio di raffronto e di proporzione fra il bene difeso ed aggredito e quello offeso ed, altresì, accertare se la presenza degli offendicula era stata debitamente segnalata ed evidenziata, in modo che l'aggressore potesse e dovesse conoscere il pericolo al quale volontariamente si esponeva.

Diritto di difesa. L'art. 24 Cost. sancisce che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, è un diritto costituzionalmente garantito all'imputato che può decidere di difendersi non collaborando alle indagini condotte dal Pubblico Ministero cioè un diritto al silenzio, oppure può apportare nuovi elementi al procedimento cioè il diritto di difendersi provando.

Il diritto di difesa assicura la liceità espressioni offensive dell'altrui onore o reputazione pronunciate o scritte all'interno di un processo e funzionali alle necessità difensive, ad esempio in tema di diffamazione, l'esimente di cui all'art.598 c.p. (in base alla quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi alla autorità giudiziaria) costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall'art. 51 c.p., in quanto riconducibile all'art. 24 Cost., e si fonda esclusivamente sul rapporto di strumentalità tra le frasi offensive e le tesi prospettate nell'ambito di una controversia giudiziaria, sicché non si richiede che le offese abbiano una base di veridicità o una particolare continenza espressiva.

Inoltre, il diritto di difesa consente all'imputato di non rispondere all'interrogatorio e di mentire su circostanze che potrebbero non giovargli ma non gli consente di incolpare falsamente altri soggetti della commissione di reati.

In evidenza

In tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che affermi falsamente davanti all'Autorità giudiziaria fatti tali da coinvolgere altre persone, che sa essere innocenti, nella responsabilità per il reato a lui ascritto, purché la mendace dichiarazione costituisca l'unico indispensabile mezzo per confutare la fondatezza dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l'accusa (implicita od esplicita) formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti, e sia contenuta in termini di stretta essenzialità. (Fattispecie, in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva ritenuto scriminata dall'esercizio del diritto di difesa la condotta di un commercialista il quale, accusato di aver prodotto una falsa certificazione agli uffici finanziari al fine di "regolarizzare" la posizione fiscale di un cliente, aveva sostenuto mendacemente in dibattimento di aver ricevuto da quest'ultimo il falso documento). (Cass. pen., Sez. VI, 2 ottobre 2014, n. 14042 del 2 ottobre 2014).

Casistica

Diritto di sciopero – Astensione dalle udienze

Il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, dichiarato idoneo dalla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con deliberazione del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008, così come la previgente Regolamentazione provvisoria dell'astensione collettiva degli avvocati dall'attività giudiziaria, adottata dalla Commissione di garanzia con deliberazione del 4 luglio 2002, e pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 171 del 23 luglio 2002, costituisce fonte di diritto oggettivo contenente norme aventi forza e valore di normativa secondaria o regolamentare, vincolanti erga omnes, ed alle quali anche il giudice è soggetto in forza dell'art. 101, comma 2, Cost. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto illegittimo il rigetto dell'istanza di rinvio per astensione, motivato dal giudice di merito con l'esigenza di evitare ad un teste, residente in altra regione, il disagio di dover affrontare un ulteriore lungo viaggio per sottoporsi all'esame). (Cass. pen.,Sez. un., 27 marzo 2014, n. 40187)

In tema di adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, il bilanciamento tra tale diritto di rilievo costituzionale e i contrapposti diritti e valori costituzionali dello Stato e dei soggetti interessati al servizio giudiziario, è stato realizzato in via generale, secondo le indicazioni della sentenza n. 171 del 1996 della Corte costituzionale, dal legislatore con la legge 146 del 1990 (e successive modifiche) e dalle fonti secondarie ivi previste, alle quali è stata dalla legge attribuita la competenza in materia, mentre al giudice spetta normalmente il compito di accertare se l'adesione all'astensione sia avvenuta nel rispetto delle regole fissate dalle competenti disposizioni primarie e secondarie, previa loro corretta interpretazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione emessa all'esito di udienza camerale nel giudizio abbreviato in grado di appello durante il periodo di astensione in assenza dei difensori di fiducia, sia perché questi ultimi non avevano comunicato la propria adesione all'astensione, sia perché l'agitazione era stata proclamata in violazione del codice di autoregolamentazione, come accertato con apposita delibera dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici essenziali). (Cass. pen., Sez. VI, 27 gennaio 2015, n. 11638)

Ius corrigendi – Ambito scolastico

Integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell'insegnante che umilii, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità. (Nella fattispecie la suprema Corte ha confermato la sentenza di condanna di un insegnante che aveva costretto un alunno a scrivere per 100 volte sul quaderno la frase sono un deficiente). (Cass. pen., Sez. VI, 14 giugno 2012, n. 34492).

Non integrano il delitto previsti dall'art. 571 c.p. le condotte di un insegnante di un asilo nido non violente e tipicamente affettuose, non potendo esse essere interpretate, per la loro connotazione di piccolo eccesso o mancanza di misura nella relazione tra l'educatore ed il minore, come abuso in ambito scolare materno-infantile. (Nella specie, la Corte ha escluso la sussistenza del delitto in presenza di comportamenti di un insegnante di un asilo nido consistiti in baci sulla labbra ed abbracci molto intensi ai bambini). (Cass. pen.,Sez. VI, 12 febbraio 2013, n. 11795)

OffendiculaAnimali

I limiti posti alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, ed in particolare di quello di proprietà, ed all'utilizzazione degli offendicula concernono anche gli animali. L'esigenza di un bilanciamento di interessi che deriva dall'esercizio di un diritto, essendo lo stesso limitato dalla compresenza di altri, aventi eguale o differente forza, comporta di ritenere lecito l'uso degli offendicula nei limiti in cui i medesimi appaiano necessari per la difesa di quel diritto e solo qualora non vi sia la possibilità di utilizzare altri mezzi meno o per nulla dannosi, intendendo la pericolosità di questi strumenti nel senso di essere capaci di attentare gli interessi protetti dalla norma incriminatrice con un differente grado, onde occorre scegliere sempre quello che è capace di produrre un danno minore. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza che aveva dichiarato l'imputata non punibile ex art. 51 c. p. dal reato di maltrattamento di animali, la S.C. ha osservato che vi erano altre azioni (uso di cordicelle idonee al soffocamento di gatti) alternative, non crudeli ed, addirittura, più adatte allo scopo (rete metallica, uso di sostanze, come la candeggina, atte ad allontanare i gatti) e che la proporzione tra bene difeso e quello aggredito deve essere valutata anche con riferimento agli strumenti utilizzabili ed alla loro pericolosità nonché agli interessi protetti, sicché anche sotto questo profilo sussisteva la violazione dell'art. 51 c.p. tanto più che la stessa predisposizione delle cordicelle, con le quali era stato soffocato il gatto della parte offesa, poteva essere, in astratto, pericolosa per i bambini e, quindi, per gli essere umani).

(Cass. pen., Sez. III, 1 dicembre 1994, n. 12576 )

Diritto di difesa –

Accesso abusivo a sistemi informatici

In tema di accesso abusivo a sistema informatico o telematico, la scriminante dell'esercizio di un diritto (art. 51 c.p.) non è configurabile qualora l'agente, per acquisire dati o elementi utili alla sua difesa in giudizio, acceda indebitamente alla casella di posta elettronica di un collega di studio, prendendo cognizione delle e-mail inviate o ricevute, non essendo consentite intromissioni nella sfera di riservatezza delle controparti processuali o l'esercizio di facoltà riservate agli organi pubblici. (In motivazione la Corte ha specificato che tale attività illecita non può nemmeno essere ricondotta nell'ambito delle investigazioni difensive, che non possono essere compiute dagli imputati e devono comunque arrestarsi di fronte agli ambiti di privato dominio). (Cass. pen.,Sez. V, 29 ottobre 2014, n. 52075)

Bancarotta fraudolenta

Il delitto di bancarotta fraudolenta documentale è configurabile anche quando le violazioni o le irregolarità contabili sono state commesse per occultare altri fatti costituenti reato, non potendosi invocare al riguardo l'effetto scriminante del diritto di difesa.

(Cass. pen., Sez. V, 7 marzo 2012, n. 18962)

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