Circonvenzione di persone incapaci

Roberto Carrelli Palombi
27 Dicembre 2016

L'art. 643 c.p., nel prevedere il delitto di Circonvenzione di persone incapaci sanziona la condotta di colui che, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o dell'inesperienza di una persona minore, avvero abusando dello stato d'infermità o di deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induca a compiere un atto che importi un qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso.
Inquadramento

L'art. 643 c.p., nel prevedere il delitto di Circonvenzione di persone incapaci sanziona la condotta di colui che, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o dell'inesperienza di una persona minore, avvero abusando dello stato d'infermità o di deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induca a compiere un atto che importi un qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso.

Il delitto è inserito nel Titolo XIII del Libro secondo del codice penale, relativo ai delitti contro il patrimonio ed in particolare nel Capo II avente ad oggetto i delitti contro il patrimonio mediante frode.

Il bene giuridico tutelato

Il bene giuridico protetto, sulla base della collocazione sistematica della norma incriminatrice, è stato, tradizionalmente, individuato nell'interesse pubblico all'inviolabilità del patrimonio contro particolari forme di aggressione poste in essere in danno di soggetti in stato di inferiorità mentale. Ma, oltre al patrimonio, viene in rilevo, quale oggetto giuridico della tutela penale apprestata dalla norma in esame, l'interesse della persona in stato di inferiorità mentale, affinché la sua personalità possa esplicarsi in modo libero senza subire condizionamenti esterni. Può dirsi, quindi, che l'art. 643 c.p. tutela il patrimonio del minorato, cioè di colui che, non necessariamente interdetto o inabilitato, si trovi in una minorata condizione di autodeterminazione in ordine ai suoi interessi patrimoniali.

In evidenza

Correttamente ci si richiama in proposito alla categoria dei reati plurioffensivi, trattandosi di fattispecie astratta rivolta a proteggere non solo l'interesse patrimoniale del soggetto passivo ma anche l'esplicazione della personalità del medesimo soggetto con particolare riferimento alla sua libertà di autodeterminazione, che può essere compromessa da influenze esterne.

Ed al riguardo è stata bene evidenziata in dottrina, come nel codice vigente sia stata ampliata la categoria dei possibili soggetti passivi del reato. rispetto a quanto previsto nell'analoga fattispecie nel codice Zanardelli che limitava la tutela solo ai minori, interdetti ed inablitati previsti come possibili soggetti passivi del reato (PISAPIA, Circonvenzione di persone incapaci, in, 255).

Soggetto attivo del reato

Trattandosi di reato comune, soggetto attivo del reato può chiunque.

Vanno pero valutate le ipotesi di non punibilità previste dall'art. 649 c.p. per i fatti commessi in danno di congiunti. Difatti la punibilità è esclusa per chi ha commesso il reato in danno del coniuge non legalmente separato, di un ascendente o discendente o affine in linea retta, ovvero dell'adottante o dell'adottato, di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

La dottrina ha, al riguardo, evidenziato che le suddette qualità personali, indicate nell'art. 649, comma 1, c.p., costituiscano requisiti negativi speciali di legittimazione del reato, presenti i quali viene negata, in conformità ai principi, la qualifica di destinatario della norma nel soggetto che ne è caratterizzato (MARINI, voce Incapaci (circonvenzione di), in Dig. d. pen., vol. VI, 1002, 310).

Con riferimento poi alla procedibilità a querela di parte ex art. 649, comma 2, c.p., in relazione al delitto di circonvenzione di incapaci, la Corte di cassazione ha, recentemente, chiarito che in materia di reati contro il patrimonio, la relazione di convivenza fra l'autore della condotta e la persone offesa (nel caso di specie si trattava di zio e nipote) implica un rapporto di stretta coabitazione, dal quale esula la situazione di fatto da cui possono derivare incrementi patrimoniali per occasionali ed episodici contributi di persone legate all'interessato da un particolare rapporto affettivo, ma non inserite nella sua organizzazione economica familiare (Cass. pen., Sez. II, 15 gennaio 2015, n. 14071).

Soggetto passivo

Sono previste tre diverse categorie di soggetti passivi del reato nei confronti dei quali può svolgersi la condotta di circonvenzione: si tratta dei minori di età, delle persone inferme e di quelle in stato di deficienza psichica.

Con riferimento ai minori, occorre rifarsi all'ordinamento civilistico che individua la minore età in quella inferiore agli anni diciotto, a nulla rilevando, ai fini della possibilità di essere soggetto passivo del reato, la circostanza che si tratti di minore emancipato o, ad esempio, autorizzato all'esercizio di un impresa, essendo, invece, essenziale che in danno del minore sia stata posta in essere una condotta di abuso della sua inesperienza, dei suoi bisogni o delle sue passioni.

Quanto all'individuazione del soggetto in stato di infermità psichica, si è ritenuto che il Legislatore abbia inteso riferirsi ad un concetto clinico che comprende tanto le malattie mentali, come la psicosi maniaco depressiva, la schizofrenia, quanto le anomalie mentali, come in caso di personalità psicopatiche.

In evidenza

È bene, in proposito, precisare che trattasi, secondo le stesse definizioni cliniche, di nozioni estremamente relative legate a parametri generici e non strettamente adattabili in relazione a realtà ed a soggetti con problematiche mentali diversificate.

La giurisprudenza ha, allora, avvertito la necessita di chiarire che non occorre, ai fini dell'integrazione del reato, che il soggetto passivo versi in uno stato di totale capacità di intendere, essendo sufficiente che lo stato d'infermità psichica sia limitato ad alcune manifestazioni, anche solo ricorrenti, delle quali l'agente abbia abusato, mediante induzione a compiere un atto che un individuo di media normalità psichica non avrebbe acconsentito a compiere; in tale direzione è stato ritenuto sufficiente che il soggetto passivo versi in uno stato di minorata capacità psichica con conseguente compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione e pressione (Cass. pen.,Sez. II, 20 dicembre 2013, n. 3209).

In evidenza

Esiste una evidente difformità tra la nozione di infermità mentale di cui agli artt. 88 e 89 c.p. ed agli artt. 414 e 415 c.c. ed il concetto di deficienza psichica di cui all'art. 643 c.p., in quanto con quest'ultima norma si è inteso tutelare non solo le persone totalmente o parzialmente incapaci dall'abuso che l'agente possa commettere ai loro danni ma anche quei soggetti che, a causa della loro età ovvero a causa di uno stato, anche non morboso, di indebolimento della loro funzione volitiva ed affettiva o di menomazione del loro potere di critica, siano resi facilmente soggetti all'altrui opera di suggestione e così determinati a compiere atti per loro stessi pregiudizievoli.

Il concetto di deficienza psichica, al quale pure fa riferimento la norma incriminatrice ai fine di individuare i possibili soggetti passivi del reato, sostanzialmente coincide con quello di infermità e comprende tutte quelle forme di minorazione delle facoltà intellettive, volitive ed affettive, che possono derivare da anomalie psichiche, anche non rientranti in vere e proprie patologie, o da particolari situazioni fisiche, come l'età avanzata o la debolezza di carattere, o da condizioni di carattere ambientale nelle quali vive il soggetto passivo. Si tratta di tutte quelle situazioni che possono derivare anche da cause non patologiche, ed in ciò va ravvisata l'unica specificazione possibile rispetto al concetto di infermità, che determinano, nel soggetto che ne è affetto, forme, anche non morbose, di abbassamento del livello intellettuale, di menomazione della capacità critica e di indebolimento della funzione volitiva ed affettiva, situazioni tutte che rendono il soggetto più suggestionabile, diminuendone i poteri di difesa contro le insinuazioni e le insidie. Trattasi, quindi, di situazioni che possono non rientrare nelle classificazioni operate dalla psichiatria e che, tuttavia, il legislatore ha ritenuto meritevoli della tutela penale. La giurisprudenza ha, di conseguenza, dovuto elaborare un concetto ampio di deficienza psichica comprensivo di qualsiasi minorazione, anche di carattere temporaneo, della sfera intellettiva, volitiva o affettiva del soggetto passivo e che quindi può derivare anche dalla fragilità del carattere, dalla vecchiezza ed in genere da ogni altra analoga situazione che si presti agli abusi (Cass. pen., sez. II, 23 aprile 2009, n. 18644), come anche quando il soggetto passivo sia affetto da disturbi di tipo paranoie tale da comprometterne la capacità di giudizio (Cass. pen.,Sez. II, 14 ottobre 2010, n. 41378).

Deve, però, in proposito precisarsi che lo stato di infermità o di deficienza psichica di una persona, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve avere provocato un'incisiva menomazione delle facoltà intellettive e volitive, tale da rendere possibile la suggestione del minorato da parte di altri (Cass. pen.,Sez. II, 14 aprile 2014, n. 17762). A ciò consegue che forme depressive o manifestazioni di tipo emozionale strettamente collegate con l'età fisiologica avanzata non assumono rilevanza ai fini dell'integrazione del reato, perché occorre una menomazione psichica tale da incidere concretamente sulle condizioni del soggetto e da menomarne le capacità volitive ed intellettive. A ciò consegue che occorre accertare in concreto se il soggetto passivo, a causa dell'età avanzata, sia affetto da indebolimento mentale o da altre alterazioni psichiche tali da renderlo un minorato psichico; così ad esempio il reato sussiste in caso di accertata alterazione diffusa di natura arteriosclerotica determinante un processo di involuzione senile che oltrepassi i limiti fisiologici (Cass. pen.,Sez. II, 12 febbraio 2015, n. 9358).

In evidenza

Nella valutazione dello stato di minorazione psichica in cui versa la persona offesa può essere indispensabile, al fine di stabilire se vi stata effettivamente circonvenzione, esaminare, oltre alle condizioni obiettive in cui versa la persona offesa, il rapporto intercorrente la stessa ed il soggetto attiva del reato.

In proposito la giurisprudenza, sia pure con datate decisioni, si era assestata su posizioni diverse, affermando che lo stato di deficienza psichica, quale elemento costitutivo del reato, rappresenta una condizione del soggetto passivo che deve sussistere nei confronti di tutti, in maniera tale che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti (Cass. pen., Sez. II, 21 gennaio 1987, n. 4747). Al riguardo la suprema Corte aveva avuto occasione di precisare che se la deficienza psichica viene affermata non per le oggettive condizioni del soggetto passivo ma per il raffronto con persone dotate di maggiore capacità psichica e di notevole potere di persuasione e di suggestione, viene a mancare il presupposto del fatto costituente reato. Devono, però, segnalarsi anche affermazioni di segno contrario nell'ambito delle quali è stata riconosciuta, ai fini dell'integrazione del reato, la rilevanza del rapporto che si instaura in concreto fra il soggetto attivo e soggetto passivo del reato (Cass. pen., Sez. II, 10 marzo 1989, n. 10693, in Cass. pen., 1990, 2115), riconoscendosi, in linea con quanto affermato dalla dottrina specialistica, che la valutazione dello stato di deficienza non può essere fatta in termini assoluti, essendo essenziale tenere conto anche di un piano interindividuale, esaminando la relazione che si è venuta in concreto ad instaurare fra la persona offesa e l'autore del reato (MANNINI, Osservazioni sui rapporti fra circonvenzione di incapaci e truffa, in Arch. pen. 1985, 850).

Se, quindi, come si è visto, non occorre, ai fini dell'integrazione del reato, uno stato di piena incapacità del soggetto passivo, non necessariamente dovrà essere disposta un'indagine psichiatrica dalla quale emerga lo stato di infermità o di deficienza psichica in cui versi il soggetto passivo stesso. Trattasi, infatti, di un giudizio basato su un accertamento di fatto, in relazione al quale non occorre ricorrere necessariamente ad un consulente tecnico, essendo senz'altro possibile dedurre lo stato di deficienza psichica da una serie di circostanze oggettive che depongano inequivocabilmente per una menomazione delle capacita intellettive e volitive del soggetto passivo, come nel caso in cui, ad esempio, lo stesso abbia compiuto una serie immotivata di atti di liberalità. Trattandosi, però, di un presupposto del reato, il giudizio di colpevolezza dell'imputato può fondarsi solo sull'assoluta certezza circa la sussistenza di una condizione di incapacità del soggetto passivo (Cass. pen.,Sez. II, 11 aprile 2014, n. 17762), con la conseguenza che, in caso di mancanza di tale stato di certezza, il reato deve essere escluso del tutto.

In evidenza

Nel delitto di circonvenzione di incapaci la veste processuale di persona offesa dal reato può essere riconosciuta soltanto al soggetto incapace stesso e non anche al terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispostitivi compiuti dall'incapace stesso.

Ed al riguardo la Cassazione ha dovuto precisare che il soggetto passivo del delitto in esame, titolare del diritto di querela, nel caso previsto dall'art. 649, comma 2, c.p., è soltanto l'incapace, cioè il soggetto che ha subito la circonvenzione, quale unico portatore dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in essere dall'incapace medesimo, rivestendo costui solo la qualità di persona danneggiata dal reato, come tale legittimata ad esercitare l'azione civile (Cass. pen.,Sez. II, 46 aprile 2013, n. 19180). Ed anche con riferimento al diritto di ricevere l'avviso della richiesta di archiviazione, si è precisato che tale diritto non spetta al terzo eventualmente danneggiato in conseguenza degli atti dispositivi compiuti dall'incapace, in quanto costui non assume la veste di persona offesa, che spetta soltanto all'incapace stesso (Cass. pen.,Sez. II,13 ottobre 2010, n. 38508). Certo colui che non è persona offesa dal reato ma solo danneggiato, in quanto prossimo congiunto dell'incapace vittima di circonvenzione, è legittimato a costituirsi parte civile al fine di ottenere il risarcimento del danno morale subito in conseguenza del reato (Cass. pen., Sez. II, 15 gennaio 2010, n. 4816).

Anche l'amministratore di sostegno, che rappresenta il soggetto amministrato nei limiti segnati dal decreto giudiziale di nomina, non ha un autonomo potere di querela, potendo al massimo sollecitare il giudice tutelare alla nomina di un curatore speciale (Cass. pen., Sez. II, 15 gennaio 2005, n. 14071); e difatti nel caso di specie oggetto della ora citata decisione la querela era stata proposta dal curatore speciale nominato dal Gip dopo l'accertamento della condizione di inferiorità psichica della persona offesa.

Si è discusso in dottrina se soggetto passivo del reato possa essere anche una persona totalmente incapace, ritenendosi da parte di alcuni che il reato in esame presupporrebbe nel soggetto passivo un minimum di capacità psichica, senza la quale non potrebbe realizzarsi l'azione tipica di circonvenzione e potendosi ravvisare altre figure di reato, come il furto o la rapina. Appare più aderente al dato normativo la tesi contraria a quella ora esposta, in base alla quale anche la persona totalmente incapace di intendere e di volere può essere vittima del reato, dovendosi necessariamente ricomprendere nel concetto di infermità psichica anche lo stato di infermità totale.

Elemento materiale

La giurisprudenza ha, opportunamente, chiarito che, ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapaci, devono concorrere: a) la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo (minore, infermo psichico e deficiente psichico) in ordine ai suoi interessi patrimoniali; b) l'induzione a compiere un atto che comporti, per il soggetto passivo e/o per i terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, induzione che deve consistere in un'apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all'atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ed effetto; c) l'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l'agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto (Cass. pen.,Sez. II,20 giugno 2013, n. 39144). Quanto al primo elemento, consistente nella minorata capacita di autodeterminazione della vittima, ci si riporta a quanto sopra detto in tema di individuazione del soggetto passivo del reato. Qui va aggiunto ancora che l'accertamento delle condizioni di deficienza psichica del soggetto vittima del reato di circonvenzione di persone incapaci non impedisce che lo stesso sia sentito come testimone e che siano utilizzate probatoriamente le sue dichiarazioni, attesa la differenza fra la capacità necessaria per gestire il proprio patrimonio e quella richiesta per riferire in modo veritiero determinati fatti storici (Cass. pen.,Sez. II,9 gennaio 2009, n. 6078).

Venendo, quindi, al concetto di induzione, non è sufficiente, ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del reato, un abuso delle particolari condizioni di incapacità del soggetto passivo ma è richiesto il compimento di un'attività di sollecitazione e suggestione, capace di far si che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell'atto dannoso (Cass. pen., Sez. II, 13 dicembre 2013, n. 1419). Ciò potrà avvenire attraverso l'uso di qualsiasi mezzo idoneo a determinare o a rafforzare nel soggetto passivo il consenso al compimento di un atto giuridico, consenso che non avrebbe dato se le sue condizioni fossero state normali. Inoltre deve sussistere una correlazione fra la subdola azione dell'agente e la ridotta capacita di autodeterminarsi della vittima a causa della mancata o diminuita capacità critica (Cass. pen.,Sez. II, 12 febbraio 2015, n. 9358). E la prova dell'induzione potrà anche essere desunta in via presuntiva, potendo consistere in un qualsiasi comportamento dell'agente cui la vittima non sia in grado di opporsi e che la porti a compiere in favore dell'autore del reato atti per se pregiudizievoli e privi di causale alcuna, che in condizioni normali non avrebbe compiuto (Cass. pen,Sez. II,15 gennaio 2010, n. 4816). Il principio è stato, anche recentemente, ribadito, affermandosi che l'attività di induzione può essere desunta in via presuntiva quando la persona offesa sia affetta da una malattia che la privi gravemente della capacita di discernimento, di volizione e di autodeterminazione ed il soggetto attivo non abbia nei suoi confronti alcuna particolare ragione di credito, potendo l'induzione consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività, come una semplice richiesta, cui la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace di opporsi e che la porti quindi a compiere atti privi di alcuna causale, che essa in condizioni normali non avrebbe compiuto e che siano a lei pregiudizievoli e favorevoli all'agente (Cass. pen.,Sez. II,24 gennaio 2014, n. 3579).

Quanto, infine, all'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, occorre che l'agente, sia pienamente consapevole dello stato di debolezza psichica in cui versa il soggetto passivo e lo sfrutti a vantaggio proprio o di terzi, al fine di indurre la vittima a compiere un atto che in condizioni normali non avrebbe compiuto.

La circonvenzione di incapaci costituisce un delitto di evento; cioè un reato in relazione al quale è richiesta, ai fini della sua integrazione, la produzione di un effetto naturale della condotta di abuso ed induzione, effetto che deve essere legato alla condotta stessa da un nesso di causalità. Segnatamente nell'art. 643 c.p. è prevista una duplicità di evento del reato: da un lato il compimento di un atto da parte della vittima e da un altro lato la conseguente produzione di un effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri. Atto è qualsiasi fatto giuridico volontario, da cui derivi un effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri; l'effetto giuridico dannoso rappresenta qualsiasi conseguenza derivante dall'atto che comporti un danno, che potrà essere anche di carattere non patrimoniale, per la persona offesa o per altri.

La circonvenzione di incapaci costituisce, altresì, un reato di pericolo nel senso che, per l'integrazione del reato è sufficiente che l'atto comporti la possibilità del danno, cioè la sua idoneità ad ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che lo ha posto in essere o per altri. In tale direzione si è espressa, costantemente, la giurisprudenza della Corte di cassazione, affermando che costituisce un atto con effetti pregiudizievoli e quindi idoneo ad integrare la fattispecie di circonvenzione di incapaci l'apertura di un libretto cointestato ad autore e vittima (Cass. pen.,Sez. II, 10 marzo 2009, n. 12406), e anche un atto di procura alla riscossione in nome e per conto dell'incapace (Cass. pen.,Sez. II, 27 febbraio 2009, n. 10587), o ancora un ordine impartito dalla persona offesa alla propria banca di trasferire ad un terzo beneficiario una somma di denaro, a prescindere dall'effettiva esecuzione dell'ordine stesso (Cass. pen., Sez. II,14 dicembre 2009, n. 48908). Ed in materia contrattuale anche la nullità dell'atto compiuto, logicamente per cause diverse dalla condizioni di incapacità della vittima, nullità sanabile o insanabile, non esclude la sussistenza del potenziale effetto giuridico dannoso per la vittima o per altri, con la conseguenza che anche un atto nullo potrà essere idoneo ad integrare il delitto di circonvenzione di incapaci.

Il danno, come si diceva, può riguardare anche persona diversa da quella circuita; ed in proposito, con riferimento al danno da reato, la Cassazione ha avito modo di precisare che il soggetto facente parte del novero dei suscettibili ex art. 572 c.c., che sia stato estromesso dalla successione in forza di un testamento frutto di circonvenzione di testatore incapace patisce un danno patrimoniale iure proprio per non avere potuto partecipare alla divisione dei beni ereditari; diversamente, nel caso in cui il predetto testamento sia stato invalidato e la successione in suo favore sia avvenuta in forza di precedente valido testamento, oppure ai sensi degli art. 565 e seguenti c.c., l'erede si trova ad avere sofferto un danno patrimoniale iure hereditatis che corrisponde al depauperamento del patrimonio del de cuius conseguente agli atti di disposizione frutto dell'altrui condotta di circonvenzione (Cass. pen.,Sez. II, 31 gennaio 2012, n. 6054).

Come sopra si diceva, deve sussistere un nesso di causalità fra l'abuso realizzato dall'agente e l'evento dannoso per la vittima o per altri. Ed in proposito recentemente la Cassazione ha stabilito che, ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di incapaci, deve sussistere correlazione fra l'azione subdola dell'agente e la ridotta capacita di autodeterminarsi della vittima a causa della mancata o diminuita capacita critica (Cass. pen.,Sez. II, 12 febbraio 2015, n. 9358).

Elemento psicologico

L'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, ravvisabile nella coscienza e volontà di abusare dell'incapacità del soggetto passivo, al fine di procurare a se o ad altri un profitto. Il suddetto profitto non deve avere, necessariamente, carattere patrimoniale, potendo consistere anche in una qualsiasi altra utilità di carattere solo morale o affettivo. In tale direzione si sono messo le poche pronunce della Cassazione che si sono occupate della problematica relativa alla sussistenza dell'elemento psicologico nel reato in esame, affermando che è necessario il dolo specifico di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto di carattere non necessariamente patrimoniale (Cass. pen., Sez. II, 1 dicembre 2004, n. 48537). Pur non essendo espressamente previsto dalla norma incriminatrice, la giurisprudenza ha affermato che il profitto deve necessariamente essere ingiusto, in quanto in caso contrario non vi potrebbe essere frode patrimoniale.

Forme di manifestazione del reato: consumazione e tentativo

Il delitto di circonvenzione di incapaci viene a consumazione nel momento e nel luogo in cui l'incapace compie l'atto che comporta un effetto giuridico dannoso e cioè potenzialmente capace di cagionare un pregiudizio all'incapace stesso o a terzi. E trattandosi di un reato a condotta plurima, qualora i momenti dell'induzione e dell'apprensione non coincidono, il reato deve considerarsi consumato all'atto dell'apprensione, momento in cui si produce il materiale conseguimento del profitto ingiusto nel quale si sostanzia il pericolo insito nell'induzione (Cass. pen., Sez. II, 16 ottobre 2012, n. 45786). Nel caso di specie oggetto della ora citata decisione si è precisato che la condotta di induzione perde di rilievo autonomo ove il reato si protragga sino alla commissione di successivi atti appropriativi, ripetuti nel tempo, i quali non costituiscono mero post factum non punibile ma integrano la complessiva fattispecie delineata dalla norma incriminatrice.

In dottrina viene generalmente ammesso il tentativo sulla base della considerazione che la circonvenzione di incapaci rappresenta un reato con evento naturalistico connesso ad una condotta che può essere realizzata anche solo parzialmente. La tesi contraria si basa sulla qualificazione della circonvenzione di incapaci come reato di pericolo, per la consumazione del quale non occorre, come si è visto, il verificarsi di un danno patrimoniale, essendo sufficiente una potenziale offensività dell'atto compiuto; a ciò consegue, secondo questa dottrina, che prima della consumazione del reato non può esservi che il pericolo del pericolo cioè la possibilità della possibilità di danno e quindi elementi troppo remoti per costituire tentativo punibile. Tale ricostruzione non è stata condivisa dalla giurisprudenza della Cassazione sulla base del dato testuale contenuto nella stessa norma incriminatrice che individua, come sopra detto, il momento consumativo in un evento naturalistico costituito dall'atto compiuto dalla vittima causalmente connesso alla condotta dell'agente e non invece nella sola verificazione di una pura e semplice situazione di pericolo circa la produzione dell'evento. Da tale constatazione discende l'insussistenza di ragioni giuridicamente valide per escludere la configurabilità del tentativo nel caso di mancata realizzazione dell'evento, per non compimento da parte del soggetto passivo dell'atto di disposizione ed in presenza di una condotta posta in essere dall'agente di per sé potenzialmente offensiva ed idonea ed univocamente diretta a cagionare l'evento. Nel caso di specie, appunto, la Cassazione ha ritento ammissibile il tentativo del delitto di circonvenzione di incapaci nel caso in cui vengano posti in essere dall'agente atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre il circonvenuto a compiere un atto di disposizione virtualmente nocivo, non verificatosi per fatto indipendente dalla volontà dell'agente stesso (Cass. pen., Sez. II, 10 marzo 1989, n. 10693, non massimata sul punto).

Circostanze

Si discute sull'applicabilità al reato di circonvenzione di incapaci della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p.; difatti da una parte si ritiene che essendo la condotta incentrata sull'abuso, ossia sullo sfruttamento delle condizioni di inferiorità dell'incapace, non può essere applicabile l'aggravante in questione, ovviamente con riferimento a tali condizioni (FERRANTE, La circonvenzione di persone incapaci, Torino, 1999); da un'altra parte si afferma che, essendo la difesa graduabile, essa può presentarsi diversamente in funzione dei rapporti personali intercorrenti fra il soggetto agente e la vittima e d conseguenza può giustificarsi un aggravamento della pena, ove nel commettere il reato si approfitti delle condizioni personali della vittima stessa (MARINI, voce Incapaci (circonvenzione di), Dig. d. pen., vol. VI, 1992).

Si ritiene, invece, di dover escludere l'applicabilità al reato in esame delle circostanze, aggravanti ed attenuanti, relative all'entità del danno, previste dagli artt. 61 n. 7 e 62 n. 4 c.p., in quanto si afferma che entrambe hanno come punto di riferimento il danno concreto ed effettivo valutabile in relazione alla consistenza ed al valore economico della cosa oggetto del reato, e non il danno in senso giuridico come diminuzione dei valori patrimoniali, comprensivi dei rapporti giuridici, facenti capo ad un determinato soggetto (RONCO, voce Circonvenzione di incapaci, Enc. giur. Treccani, vol. VI, 1988).

Rapporti con altri reati

In primo luogo deve escludersi la possibilità del concorso fra il reato in esame con quello di truffa, non potendo ipotizzarsi qualsiasi rapporto di specialità fra i due reati e dovendo ritenersi che essi si escludano a vicenda. Va pero precisato l'art. 643 c.p., non specificando le modalità della condotta dell'agente concretanti l'abuso, non richiede la sussistenza di artifizi o raggiri ma neppure li esclude; a ciò consegue che ove l'agente ponga in essere artici o raggiri per indurre una persona incapace a compere un atto pregiudizievole per lei o per altri, il fatto sarà sempre punibile come circonvenzione di incapaci e non come truffa; cioè, in sostanza, l'utilizzo da parte dell'agente di artifizi e raggiri non fa tramutare il reato commesso in quello di truffa.

È stato pure escluso il concorso fra il delitto di circonvenzione di incapaci e quello di estorsione; pur essendo tra i suddetti reati comune il perseguimento di un profitto, le figure criminose in argomento si differenziano per il mezzo adoperato dall'agente, che nella circonvenzione di incapaci è costituito dall'opera di suggestione o di induzione e nell'estorsione, invece, dall'uso della violenza o della minaccia; sarà quindi la necessaria esistenza di un nesso causale tra l'evento ed uno dei comportamenti ora indicati a determinare la configurabilità dell'uno o dell'altro reato (Cass. pen. Sez. II, 16 marzo 2005, n. 13488).

Quanto al rapporto con il delitto di procurato stato di incapacità di cui all'art. 613 c.p., si è rilevato che, ai fini della configurabilità di quest'ultima fattispecie di reato, è necessario che il soggetto passivo sia stato posto in stato di incapacità di intendere e di volere, cioè in quello stato in cui il soggetto, a norma dell'art. 85 c.p., se commette un fatto preceduto dalla legge come reato, non è imputabile; viceversa il delitto previsto dall'art. 643 c.p. si riferisce ad uno stato di infermità o deficienza psichica, che non richiede una completa assenza delle facoltà mentali o una totale mancanza della capacità di intendere e di volere, mentre è invece sufficiente che ricorra una minorata capacita psichica, uno stato di menomazione del potere di critica e di indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione o da agevolare l'induzione svolta dal soggetto attivo per raggiungere il suo fine illecito.

Deve ritenersi, infine, la prevalenza del reato di circonvenzione di incapaci su quello di usura in forza del principio generale stabilito dall'art. 15 c.p. e della clausola di riserva contenuta nel primo comma dell'art. 644 c.p.; pertanto ove il fatto, sia pure in presenza di tutti gli elementi previsti dall'art. 644 c.p., sia commesso in danno di un minore, di un infermo o di un deficiente psichico dovrà applicarsi sempre l'art. 643 c.p.

Aspetti processuali

In relazione al reato di circonvenzione di persone incapaci:

  • la procedibilità è d'ufficio, salvo che ricorrano una delle ipotesi previste dall'art. 649, comma 2, c.p., nel qual caso è procedibile a querela di parte;
  • la competenza appartiene al tribunale in composizione monocratica;
  • l'arresto facoltativo in flagranza è consentito;
  • il fermo di indiziato di delitto non è consentito;
  • le misure cautelari personali sono consentite;
  • le misure interdittive sono consentite.
Casistica

Oggetto giuridico

L'art. 643 c.p., inserito fra i delitti contro il patrimonio mediante frode, tutela il patrimonio del minorato ossia di colui che, non necessariamente interdetto o inabilitato, si trovi in una minorata condizione di autodeterminazione in ordine ai suoi interessi patrimoniali (Cass. pen., Sez. II, 11 novembre 2014, n. 49473)

Soggetto passivo e diritto di querela

Il terzo eventualmente danneggiato in conseguenza degli atti dispositivi compiuti dall'incapace non assume la veste di persona offesa, che spetta solo all'incapace circonvenuto, quale portatore dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice. Il terzo danneggiato non è quindi legittimato a proporre querela, n è ha il diritto di ricevere l'avviso della richiesta di archiviazione, ma può solo esercitare l'azione civile ai sensi dell'art. 2043 c.c. anche nell'ambito del processo penale se il reato sia perseguibile d'ufficio o se vi sia querela della persona offesa (Cass. pen., Sez. II, 7 maggio 2015, n. 33754)

L'incapacità del circonvenuto, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve comunque provocare un'incisiva menomazione delle facoltà di discernimento e di determinazione volitiva, tale da rendere possibile l'intervento suggestivo dell'agente; deve essere cioè esclusa la capacità del circonvenuto di avere cura dei propri interessi. La sussistenza di questa condizione di incapacità del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato e pertanto il giudizio di colpevolezza può fondarsi solo sull'assoluta certezza della sua sussistenza (Cass. pen., Sez. II, 16 gennaio 2015, n. 23003).

Elemento materiale

In tema di circonvenzione di incapaci la prova dell'induzione non deve essere necessariamente raggiunta attraverso episodi specifici, ben potendo la stessa essere anche indiretta, indiziaria e presunta, cioè risultare da elementi gravi, precisa e concordanti, come la natura degli atti compiuti e l'incontestabile pregiudizio da essi derivato (Cass. pen., Sez. II, 16 giugno 2015, n. 28544).

La condotta di induzione implica il compimento di attività di sollecitazione e suggestione capaci di far si che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell'atto dannoso, con la conseguenza che, ai fini dell'integrazione del reato, non è sufficiente che l'agente si limiti a trarre giovamento dalle menomate condizioni psichiche del soggetto passivo (Cass. pen., Sez. II, 13 dicembre 2013, n. 1419).

Il notaio rogante è tenuto soltanto a verificare che il testatore non versi in una situazione di incapacità, mentre per il reato di circonvenzione di incapaci può bastare anche soltanto una menomazione temporanea della sfera volitiva od affettiva del soggetto passivo (Cass. pen., Sez. II, 12 marzo 2015, n. 17855).

Anche la circonvenzione di incapaci può essere posta in essere attraverso una condotta frazionata o plurima; in tali ipotesi il reato si perfeziona sin dalla realizzazione del primo atto costituente l'illecito, anche se non caratterizzato dal conseguimento del profitto, ma la condotta successiva non rappresenta un post factum non punibile, dovendo considerarsi come un ulteriore elemento concorrente alla consumazione del reato, che deve essere spostata in avanti sono al conseguimento del profitto nella sua interezza (Cass. pen., Sez. II, 13 dicembre 2013, n. 15194).

Elemento soggettivo

Nel reato di circonvenzione di incapaci la consapevolezza, da parte dell'agente, dello stato anomalo del soggetto passivo può essere legittimamente desunta dall'evidenza degli esborsi immotivati, dalla donazione di beni di cospicuo valore e dalla scarsa arrendevolezza dimostrata dal circonvenuto. (Cass. pen., Sez. II, 6 novembre 2014, n. 47126).

Questioni processuali

Lo stato di vulnerabilità della persona offesa emergente dall'analisi effettuata dal consulente tecnico che ne ha certificato la circonvenibilità non è idonea a diminuire la capacità dimostrativa delle dichiarazioni da essa provenienti. La vulnerabilità del testimone genera infatti un'esigenza di protezione riconosciuta sia dalla normativa interna (art. 398, comma 5-ter e 468-quater c.p.p.) che dalla normativa sovranazionale (art. 22 e ss. direttiva 2012/29/Ue), ma non comporta un abbattimento presuntivo della capacità dimostrativa dei contenuti dichiarativi (Cass. pen., Sez. II, 16 aprile 2015, n. 28074).

Rapporti con altri reati

La norma incriminatrice di cui all'art. 643 c.p., non specificando le modalità di condotta dell'agente concretanti l'abuso, non esige artifici o raggiri, ma neppure li esclude, con la conseguenza che se l'agente pone in atto gli o gli altri, il fatto è sempre punibile per il reato di circonvenzione di incapaci e non per quello di truffa (Cass. pen., Sez. II, 15 gennaio 2014, n. 10463).