Concorso (eventuale) di persone nel reatoFonte: Cod. Pen Articolo 110
01 Giugno 2016
Inquadramento
Si ha concorso di persone nel reato quando un reato viene commesso ad opera di una pluralità di agenti il cui intervento, nella preparazione o nell'esecuzione dell'azione collettiva, non è previsto dalla legge come elemento costitutivo del tipo di fatto incriminato. Sono richiesti due requisiti essenziali: il primo, per così dire positivo, è dato dalla partecipazione al fatto di una pluralità di soggetti ciascuno dei quali contribuisce alla realizzazione del reato; l'altro, che potrebbe dirsi invece negativo, è costituito dal carattere meramente eventuale di questa pluralità di persone rispetto al tipo legale di reato descritto dalla singola disposizione incriminatrice. La compartecipazione criminosa si differenzia dal reato plurisoggettivo, detto anche concorso necessario o improprio, nel quale la pluralità degli agenti è preveduta espressamente dalla legge come elemento costitutivo del tipo di azione incriminata (esempio associazione per delinquere, rissa, corruzione) Nella compilazione del codice penale del 1930 è stato abbandonato il sistema legislativo tradizionale e introdotto nella disciplina del concorso di persone un principio diverso da quello relativo alla distinzione tra correità e partecipazione (istigazione ed agevolazione); ne è derivata la formula dell'attuale art. 110 secondo cui quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita. La concezione causale del consorso
Il concorso di persone nel reato, in conformità alla teoria monistica accolta dal legislatore ha una struttura unitaria nella quale l'azione tipica è composta dalle condotte dei compartecipi, sicchè gli atti dei singoli sono, al tempo stesso loro propri e comuni anche agli altri e di essi ciascuno risponde interamente. Perché si realizzi tale effetto devono configurarsi due condizioni: una oggettiva, nel senso che tra gli atti deve sussistere una connessione causale rispetto all'evento, l'altra soggettiva consistente nella consapevolezza di ciascuno del collegamento dei vari atti.
Poiché per la fattispecie di concorso di persone nel reato mediante l'apporto di un'attività materiale o psichica precedente la consumazione materiale del reato è sufficiente che l'accordo con l'autore materiale determini nell'animo di questo uno stimolo all'azione od un maggior senso di sicurezza nella condotta, non si richiede necessariamente un accordo preventivo circa le modalità di svolgimento della condotta criminosa concordata Deve però evidenziarsi che una volta accertato che un soggetto ha aderito all'accordo e accettato e svolto il compito assegnatogli deve rispondere non solo dei reati da lui commessi ma anche del reato fine e degli altri reati strumentali, materialmente eseguiti dai complici che, a loro volta devono rispondere di quello o di quelli da lui commesso (cfr. Cass. pen., 8 ottobre 1983, n. 8043; Cass. pen. 16 aprile 1998, n. 4503). In altri termini nel caso in cui più persone attuino più condotte in esecuzione di un accordo volto a violare una o più disposizioni di legge tutte rispondono dei reati commessi, giacchè l'azione è unica e sta a carico di ciascun concorrente il quale risponde come di azione propria, non solo degli atti da lui compiuti ma anche di quelli commessi dagli altri, se diretti al raggiungimento di un fine concordato. Il sistema ammette solo delle differenze quantitative che incidono esclusivamente sulla misura della pena da applicare ai singoli concorrenti ma non riguardano affatto la qualità della loro opera che resta contrassegnata unicamente dall'efficienza causale della cooperazione. L'art. 112 del codice prevede infatti circostanze che aggravano la pena e l'art. 114 circostanze che l'attenuano.
Vengono in rilievo le situazioni considerate al primo comma dell'art. 112 dal n. 1 al n. 4 e cioè:
La disposizione della diminuzione di pena relativa alla partecipazione di minima importanza non si applica, altresì, negli altri casi considerati nell'art. 112 e cioè quando il concorrente, compreso il genitore esercente la potestà, si è avvalso, nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in flagranza, di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale. Come riconosciuto dalla giurisprudenza il tenore letterale del primo capoverso dell'articolo 144 c.p. non consente distinzioni di sorta nell'ambito delle ipotesi previste dal precedente art. 112 (ricorrendo le quali, l'attenuante de qua non può comunque operare). La giurisprudenza di legittimità ha financo chiarito che in tema di concorso di persone nel reato, la disposizione dell'art. 114 cod.pen., comma 2, secondo cui l'attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all'art. 112, e dunque quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso (Cass. pen., Sez. VI, 17 ottobre 2002, n. 6250, in tema di rapina commessa da più persone riunite; v. anche Cass. pen., Sez. III, 19 aprile 2012, n. 19096 in ordine al disposto del d.P.R. 309 del 1990, art. 73, comma 6; Cass. pen., 5 aprile 2013, n. 2904). L'art. 115 contiene un'esplicita indicazione di quella che, nel nostro ordinamento, è il presupposto necessario di tutte le ipotesi di concorso di persone. Vi si stabilisce, infatti, che qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell'accordo [...]. Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se l'istigazione è accolta, ma il reato non è stato commesso. Le condotte, originariamente atipiche, di istigazione e di accordo non raggiungono dunque il livello della rilevanza giuridico-penale se non quando sono seguite dalla commissione di un reato: se un reato non viene commesso, esse possono dar luogo soltanto all'applicazione di una misura di sicurezza per la pericolosità rivelata dall'agente. La commissione di un reato funziona così da premessa indispensabile per la sussistenza di una partecipazione punibile.
Perché si abbia il reato, che è presupposto della compartecipazione criminosa, è necessario e che vi sia un comportamento, doloso o colposo, conforme al modello legale del reato preveduto dalla singola disposizione incriminatrice. Autore del reato, può essere anche un soggetto non imputabile o non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, così come è previsto espressamente nell'art. 111 e nell'art. 112 ultimo comma: in questo caso ovviamente il soggetto non risponde penalmente della sua condotta ma può essere assoggettato ad una misura di sicurezza ai sensi degli artt. 222 e ss.
In sintesi la punibilità dei semplici partecipanti è subordinata alla condizione che l'autore abbia realizzato uno fatto punibile o perlomeno un fatto che sarebbe punibile, se non facesse difetto un requisito soggettivo.
Il contributo causale alla verificazione del fatto
Dal punto di vista della natura del contributo arrecato il concorso si distingue in materiale o morale. Si ha il primo se si interviene personalmente nella serie degli atti che danno vita all'elemento materiale del reato, il secondo se si dà un impulso psicologico alla realizzazione di un reato materialmente commesso da altri. Il contributo del partecipe può anche manifestarsi sotto forma di impulso psicologico ad un reato materialmente commesso da altri . Nell'ambito di questa forma di compartecipazione si è solito distinguere fra
Sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudenziale si realizza un concorso morale, penalmente rilevante, per chi nella fase ideativa del reato svolge attività di programmazione, somministrazione di mezzi o preordinazione di assistenza. La suprema Corte utilizza l'accordo preventivo, che si risolve in un'articolata distribuzione di compiti finalizzata al compimento di uno o più reati , come la base di una responsabilità morale di ciascun dei concorrenti ad ogni reato sotto forma di istigazione, giacchè tale accordo vale a rafforzare la determinazione dell'autore materiale che, a conoscenza del ruolo degli altri, si sente sicuro di conseguire il prodotto del piano concordato. Il concorso materiale può essere prestato assumendo ruoli diversi. Si è soliti distinguere tra:
Se è pacifica la responsabilità di chi nell'esecuzione del fatto assume il ruolo di autore o di coautore meno ovvia appare la punibilità del semplice complice: si discute infatti sui coefficienti minimi che ne giustificano l'incriminazione a titolo di concorrente nel reato. In conformità alla dottrina e alla giurisprudenza prevalente si ritiene che si abbia compartecipazione punibile:
Come si è già detto l'accordo non rientra nella struttura del dolo del reato concorsuale ma, colorando l'intensità dello stesso serve per graduare aggravandole le responsabilità dei singoli dato che segna, sotto il profilo criminologico, il passaggio dal livello di indesiderabilità sociale riconnessa dal legislatore ai reati monosoggettivi a quella ben più grave e di maggior allarme sociale dallo stesso ricollegata ai reati associativi che si fondano su un accordo associativo precostituito. In altre parole se ai fini della configurabilità del concorso non è necessario il previo accordo, essendo sufficiente la coscienza e volontà di contribuire con la propria azione alla realizzazione collettiva del reato, è pur vero che l'esistenza di un preventivo accordo colora in termini di maggiore allarme sociale il contributo soggettivo dei singoli.
È stato così affermato che nella ipotesi di possesso da parte di taluno di oggetti provenienti da furto, la imputazione di ricettazione cede a quella di concorso in furto solo in presenza di elementi indizianti che indichino - anche se in modo non definitivo ma solo probabile - l'esistenza di un preventivo accordo di mandato tra possessore ed autore delle sottrazioni Allo stesso modo in tema di riciclaggio di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è stato ritenuto (Cass. pen., n. 8432/2007) che il criterio per distinguere la responsabilità in ordine a tale titolo di reato dalla responsabilità per il concorso nel reato presupposto- che escluderebbe la prima - non può essere solo quello temporale ma occorre, in più, che il giudice verifichi, caso per caso, se la preventiva assicurazione di "lavare" il denaro abbia realmente (o meno) influenzato o rafforzato, nell'autore del reato principale, la decisione di delinquere. (Fattispecie nella quale all'indagato era stato contestato il reato di riciclaggio di somme di danaro ottenute illecitamente da terzi mediante la commissione di reati di appropriazione indebita e corruzione; la suprema Corte ha ritenuto che non risultassero, allo stato, accertati elementi atti a comprovare il concorso del ricorrente nel reato presupposto ex art. 646 c.p., essendo incerti il momento e le modalità di costituzione, da parte sua, delle società estere attraverso le quali aveva realizzato il trasferimento del denaro; ha quindi rigettato la doglianza sulla erronea qualificazione giuridica del fatto). È stato altresì affermato in giurisprudenza che nei reati permanenti qualunque agevolazione del colpevole, prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve inevitabilmente in un concorso, quanto meno a carattere morale (Cass. pen., Sez. VI, n. 4927/2003; conforme, Cass. pen., Sez. IV, 12915/2006, Cass. pen., Sez. unite, n. 36258/2012, fattispecie in materia di detenzione di sostanze stupefacenti) Per potersi parlare di compartecipazione criminosa, oltre ai requisiti indicati, occorre un fattore psicologico. L'elemento psicologico funziona dunque nella struttura della fattispecie di concorso come fattore di tipicità degli atti parziali di esecuzione del reato commessi dai singoli concorrenti: mentre l'aspetto oggettivo del fatto tipico può essere realizzato frazionatamente, vale a dire da vari concorrenti ciascuno per una parte, l'elemento psicologico richiesto dalla norma incriminatrice per il singolo reato deve ricorrere nella condotta di ognuno dei compartecipi. Quando dei vari soggetti che concausano l'evento una parte agisce con dolo e gli altri con colpa, non si può in nessun caso parlare di concorso criminoso ma solo di reità mediata per colui che intenzionalmente utilizza l'altrui comportamento imprudente o negligente si pensi al caso del medico che, volendo sopprimere un paziente suo avversario personale, dà incarico all'infermiera di praticargli un'iniezione con una dose eccessiva di medicinale; se l'infermiera imprudentemente, cioè senza assicurarsi che la dose sia tollerabile dall'infermo, gli inietta il liquido, si avrà per il medico un omicidio doloso (reità mediata con strumento volontario non doloso) e per l'infermiera invece un distinto omicidio colposo, ma non un concorso dei due nel medesimo reato . Il reato di cui si parla negli artt. 110 e ss. implica sempre il riferimento al contenuto della volontà tanto nel caso che a commettere l'azione conforme al modello legale di un illecito sia uno solo tra i concorrenti (esecuzione monosoggettiva del reato), quanto nel caso che più compartecipi co-eseguano ciascuno per una parte l'azione tipica (esecuzione frazionata del reato). L'identità del reato a cui si concorre da parte di più persone non scaturisce dunque dalla sola confluenza causale delle condotte verso la produzione del medesimo evento ma dalla coincidenza del contenuto della volontà di tutti i compartecipi: è anzi proprio questa unità dei singoli voleri a costituire l'unità del reato realizzato in concorso da più persone ed a determinare quindi l'allargamento della sfera della rilevanza giuridico-penale anche a condotte che, di per sé, non rientrerebbero nell'attività di esecuzione (tipica) in senso stretto L'art. 116 c.p. prevede che Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione […] Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave.
Secondo l'orientamento consolidato dei giudici di legittimità (Cass. pen., Sez. I, n. 7576/1993; Cass. pen., n. 4330/2012; Cass. pen. n. 3167/2013), in tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 c.p., può essere esclusa solo quando il reato diverso e più grave si presenti come un evento atipico, dovuto a circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, non collegato in alcun modo al fatto criminoso su cui si è innestato, oppure quando si verifichi un rapporto di mera occasionalità idoneo ad escludere il nesso di causalità. Ancora in tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 c.p. può essere configurata solo quando l'evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, dunque, a condizione che non sia stato considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto configurabile a carico dell'imputato, autore materiale di una rapina impropria, il concorso ex art. 110 c.p. in relazione alle lesioni, che i correi durante la fuga provocavano alla vittima. Cass. pen., 49486/2014). In tema di concorso anomalo, ai fini dell'affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è stato affermato che è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l'evento diverso, nel senso che quest'ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l'ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell'imputato e le circostanze ambientali nelle quali l'azione si è svolta. (Cass. pen. 39339/2009; Cass. pen. 34036/2013. In applicazione del principio, la Corte ha confermato la sentenza di appello che aveva escluso la configurabilità del concorso anomalo del compartecipe in una rissa aggravata rispetto all'omicidio commesso da uno dei partecipanti che era armato, ma per ragioni di servizio, in quanto guardia giurata in procinto di recarsi sul posto di lavoro, sul presupposto che appariva del tutto ragionevole, in base anche ai rapporti di amicizia con la vittima, ritenere che l'arma non sarebbe stata usata).
In tema la suprema Corte ha ritenuto integrato il concorso ordinario nel tentato omicidio di un agente di una pattuglia della polizia, intervenuta per sventare un furto trasmodato in rapina impropria alla luce della reazione violenta di tutti i partecipi contro gli agenti operanti, in quanto, pur essendo il fatto stato commesso da uno dei compartecipi facendo uso della pistola sottratta durante la colluttazione, l'episodio più grave doveva comunque considerarsi innestato in una condivisa violenta reazione all'intervento della polizia (Cass. pen. n. 4330/2011). L'eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di furto per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l'impunità costituisce logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione del furto. (Fattispecie nella quale dai giudici di legittimità è stato configurato nei confronti dei concorrenti il concorso anomalo ex art. 116 c.p. nel reato di rapina impropria ascrivibile al compartecipe che se ne era reso materialmente responsabile). Il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti
L'art. 117 c.p. disciplina ipotesi di concorso di persone in reati che richiedono l'esistenza di una speciale qualifica o funzione da parte del soggetto attivo del reato e trova fondamento nella necessità di evitare - nel quadro della concezione unitaria del reato concorsuale - che alcuni siano puniti per un reato ed altri per un diverso titolo, unicamente perché abbiano interferito particolari qualità di un concorrente (o particolari rapporti di costui con la persona offesa).
Le circostanze del reato
L'art. 118 c.p. disciplina il profilo della valutazione delle circostanze nei confronti delle condotte poste in essere dai partecipi, disponendo che devono essere valutate solo nei riguardi del concorrente cui si riferiscono le circostanze, sia aggravanti che attenuanti, che concernono i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e quelle inerenti alla persona del colpevole. Mediante la enunciazione in positivo delle circostanze che è possibile valutare solo nei confronti della persona cui si riferiscono – risultando quindi incomunicabili agli altri concorrenti – si afferma contemporaneamente un altro principio, cioè quello della possibilità di comunicare le restanti circostanze. La giurisprudenza di legittimità in tema di valutazione delle circostanze, correlando le norme di cui agli artt. 59 e 118 c.p. - come modificati dalla legge 7 febbraio 1990 n. 19 – ha ricavato due complementari principi giuridici. Le circostanze attenuanti, soggettive ed oggettive, sono sempre applicabili alla persona alla quale si riferiscono, anche se non conosciute, mentre le circostanze aggravanti sono applicabili soltanto se conosciute; nel caso di concorso di persone nel reato, le circostanze soggettive specificamente indicate nell'art. 118 - e cioè quelle concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa nonché quelle inerenti la persona del colpevole - si applicano, in quanto aggravanti, se conosciute, ed in quanto attenuanti, anche se non sono conosciute, soltanto alle persone alle quali si riferiscono e non si comunicano a tutti gli altri compartecipi, siano da essi conosciute o meno: viceversa, le circostanze oggettive e quelle soggettive, non specificamente indicate, si comunicano a tutti i compartecipi, in quanto aggravanti, se conosciute, e, in quanto attenuanti, anche se non sono conosciute (Cass. pen., n. 1149/1997) Ed ha altresì precisato che le circostanze soggettive diverse da quelle "inerenti alla persona del colpevole" si estendono ai concorrenti cui esse non si riferiscono soltanto nel caso in cui - nella consapevolezza dei concorrenti - abbiano agevolato la realizzazione del reato concorsuale (applicazione riguardante la circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 6 c.p. (Cass. pen., n. 22136/2013). Completa la disciplina del concorso di persone la disposizione concernente l'estensione ai compartecipi dell'effetto di non punibilità collegato a situazioni che l'art. 119 definisce genericamente circostanze di esclusione della pena. Si stabilisce che le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto nei confronti della persona cui si riferiscono (comma 1) e che le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato (comma 2).
Aspetti processuali
La causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall'art. 376 c.p. in favore di chi, avendo reso falsa testimonianza, l'abbia ritrattata, ha natura soggettiva e, come tale, non opera nei confronti dell'istigatore, concorrente nel reato di cui all'art. 372 c.p., salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell'istigatore, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso, lesivi dell'interesse alla realizzazione del giusto processo (v. Corte cost., 9 dicembre 1982 n. 206; Corte cost., 22 dicembre 1982 n. 228; Corte cost., 16 ottobre 2000 n. 424; Corte cost., 14 giugno 2002 n. 244). L'immunità assicurata dall'art. 68 Cost. ai membri del Parlamento che esprimano opinioni nell'esercizio delle loro funzioni non si estende al direttore del giornale che non abbia impedito la pubblicazione della notizia diffamatoria coperta dalla detta immunità, la quale non integra una causa di giustificazione estensibile al concorrente ma costituisce una causa soggettiva di esclusione della punibilità della quale non può giovarsi il compartecipe privo della medesima guarentigia. (da ultimo Cass. pen., Sez. V, n. 13198/2010) La connessione tra procedimenti di competenza del giudice ordinario e procedimenti di competenza del giudice militare determina, ex art. 13, comma 2, c.p.p., l'attrazione di questi ultimi nella giurisdizione ordinaria solo se, trattandosi di procedimenti per reati diversi, il reato comune è più grave di quello militare; negli altri casi invece le sfere di giurisdizione, ordinaria e militare, rimangono separate e pertanto, se la connessione concerne procedimenti relativi ad uno stesso reato militare commesso da militari in concorso con civili, il giudice militare mantiene integra nei confronti dei militari la giurisdizione ed il giudice ordinario esercita la giurisdizione nei soli confronti dei concorrenti civili.(Cass. pen., Sez. unite, n. 5135/2006) In relazione a reati commessi in parte anche all'estero, ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato l'evento o sia stata compiuta, in tutto o in parte, l'azione, con la conseguenza che, in ipotesi di concorso di persone, perché possa ritenersi estesa la potestà punitiva dello Stato a tutti i compartecipi e a tutta l'attività criminosa, ovunque realizzata, è sufficiente che in Italia sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti, a nulla rilevando che tale attività parziale non rivesta in sè carattere di illiceità, dovendo essa essere intesa come frammento di un unico "iter" delittuoso da considerarsi come inscindibile. In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto sottoposto alla giurisdizione italiana il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso in riferimento a persona operante all'estero per conto di una consorteria la cui attività in Italia, posta in essere da altri sodali, era consistita esclusivamente nello sbarco di casse di tabacchi lavorati esteri e nella vendita di tali prodotti di contrabbando, senza esplicazione del metodo mafioso (da ultimo Cass. pen. n. 41093/2014).
|