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Cronaca e critica giudiziaria

Chiara Fiandanese
17 Febbraio 2016

Tra le cause di giustificazione previste dal codice penale, vi è l'esercizio di un diritto ex art. 51 c.p. Tra le ipotesi più significative di esercizio del diritto, rientrano il diritto di cronaca e il diritto di critica che sono due delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall'art. 21 della Costituzione nel quale si sancisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensieri con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Il diritto di cronaca è il diritto di informare il pubblico tramite la stampa o la televisione o altri mezzi di comunicazione, sui fatti che avvengono, senza violare i limiti previsti dall'ordinamento giuridico.
Inquadramento

Tra le cause di giustificazione previste dal codice penale, vi è l'esercizio di un diritto ex art. 51 c.p. Tra le ipotesi più significative di esercizio del diritto, rientrano il diritto di cronaca e il diritto di critica che sono due delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall'art. 21 della Costituzione nel quale si sancisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensieri con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Il diritto di cronaca è il diritto di informare il pubblico tramite la stampa o la televisione o altri mezzi di comunicazione, sui fatti che avvengono, senza violare i limiti previsti dall'ordinamento giuridico.

Il diritto di critica consiste, invece, nell'espressione di un giudizio o di un'opinione che ha come scopo quello di comunicare un giudizio su fatti accaduti, idee o atteggiamenti altrui.

Cronaca e critica giudiziaria fanno parte entrambi di quei particolari settori della cronaca e della critica, nei quali la prima riguarda la narrazione di avvenimenti criminosi e le vicende giudiziarie che da essi derivano e la seconda, riguarda l'espressione di opinioni di dissenso nei confronti dei provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie.

Diritto di manifestazione del pensiero

Tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla Costituzione vi è il diritto di espressione sancito dall'art. 21 Cost. che consiste nella libertà di esprimere le proprie idee e di divulgarle ad un indeterminato numero di destinatari. Secondo la Corte costituzionale, la libertà di manifestazione del pensiero è condizione del modo di essere del Paese, pietra angolare dell'ordine democratico (Corte cost. n. 84/1969), cardine di democrazia nell'ordinamento generale (Corte cost. n. 126/1985), ciò significa che essa, secondo la Corte, costituisce non una conseguenza della democrazia ma, viceversa, il fondamento del regime democratico, nel senso che è la circolazione delle idee che porta, tra le altre conseguenze, anche all'affermazione dello Stato democratico.

Tale diritto però non è riconosciuto in maniera illimitata ma è soggetto a dei limiti ben precisi che devono trovare fondamento nell'esigenza di tutelare altri beni protetti dalla Costituzione. Tra questi limiti:

  • il buon costume, che non è diretto ad esprimere semplicemente un valore di libertà individuale o non è rivolto soltanto a connotare un'esigenza di mera convivenza fra le libertà di più individui ma è piuttosto diretto a significare un valore riferibile alla collettività in generale, nel senso che denota le condizioni essenziali che, in relazione ai contenuti morali e alle modalità di espressione del costume sessuale in un determinato momento storico, siano indispensabili per assicurare una convivenza sociale conforme ai principi costituzionali inviolabili della tutela della dignità umana e del rispetto reciproco tra le persone.
  • L'ordine pubblico, ovvero la tranquillità pubblica concepita come senso collettivo di sicurezza da parte dei consociati.
  • Il prestigio della Repubblica italiana, delle Istituzioni costituzionali e dalle Forze armate dello Stato in quanto la manifestazione di disprezzo rivolta verso esse supera il limite volto alla tutela del loro prestigio. A tal proposito la Corte costituzionale ha ritenuto che, condotte come il vilipendio, l'apologia e l'istigazione non rappresentano modi di manifestare il pensiero in quanto oltrepassano i limiti imposti per tale diritto.
  • La verità storica del fatto narrato o posto alla base del giudizio che viene espresso, in quanto la Costituzione non può di certo riconoscere un "diritto alla menzogna".
Diritto di cronaca

Il diritto di cronaca giornalistica è una delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero e di libertà di stampa riconosciuta, quale libertà fondamentale in uno Stato democratico, dall'art. 21 Cost. e dall'art. 2 della l. 69/1963 come diritto dei giornalisti. Esso costituisce la garanzia individuale alla libera esternazione del proprio pensiero, è lo strumento di partecipazione del singolo alla vita democratica ed è per questo che si ritiene sussistente il ricorso alla scriminante di cui all'art. 51 c.p. Tale diritto, però, non scrimina in maniera illimitata in quanto il bene contrapposto, cioè l'onore, è anch'esso dotato di tutela costituzionale, ma è legittimo quando concorrono le seguenti tre condizioni:

  • utilità sociale dell'informazione, cioè i fatti trattati devono essere di pubblico interesse che sussiste se la notizia è socialmente utile informando ad esempio su politica, economia, cultura, attualità e giustizia. Restano escluse le notizie relative alla vita privata di un soggetto o offensive delle sua reputazione, poiché in questo caso il diritto di cronaca si trova in contrapposizione con altri valori costituzionalmente tutelati, se esse non contribuiscono alla formazione di un'opinione pubblica e non costituiscono oggettivamente interesse per la collettività, se hanno cioè come scopo, il puro e semplice pettegolezzo o la curiosità pubblica. Ciò rappresenta il limite della pertinenza;
  • verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti, che non è rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; il giornalista ha,quindi, l'obbligo di controllare scrupolosamente l'attendibilità delle fonti e l'esattezza della notizia. Ciò costituisce il limite della verità oggettiva;
  • forma "civile" dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, cioè non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l'offesa triviale o irridente i più umani sentimenti, la scelta dei termini deve essere moderata e costituisce il limite della continenza, il rispetto del quale integra la scriminante del diritto di critica ex art. 51 c.p. e richiede che il pieno soddisfacimento delle ragioni dell'informazione non debordi oltre la necessità dell'efficace comunicazione che ammette anche termini corrosivi purché preordinati ad una migliore informazione, mentre tale limite deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultano pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo che il giornalista si è prefisso.

Il diritto di cronaca presuppone la immediatezza della notizia e la tempestività dell'informazione e, pertanto, non ricorre quando si offre il resoconto di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretendere una attenta verifica di tutte le fonti disponibili, con la conseguenza che, laddove si dà conto di vicende giudiziarie, incombe l'obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse. Inoltre, l'immediatezza della notizia non legittima il sacrificio dell'accuratezza del controllo in ordine alla verità della notizia e all'affidabilità della fonte, in quanto il sacrificio della reputazione è giuridicamente accettabile se giustificato dall'esigenza di esercitare un diritto di pari livello costituzionale, ontologicamente confliggente, come la libertà di manifestazione del pensiero; non è, invece, accettabile se giustificato dall'esigenza di diffusione e di ascolto o meri scopi di concorrenza ampliando l'area di lettori od utenti, trattandosi di esigenze preordinate a soddisfare scelte imprenditoriali di carattere commerciale che non sono prevalenti sui diritti della persona, ex art. 2 e 3 Cost. e sono estranee all'area di tutela dell'art. 21 Cost., posto a fondamento dell'esimente del diritto di cronaca. Ne deriva che la notizia può e deve essere ritardata, in favore del controllo della verità, anche a costo della diminuzione di lettori ed utenti, in conformità con l'interesse pubblico alla informazione, considerato che i cittadini non hanno interesse a conoscere notizie veloci ma non corrispondenti al vero.

In evidenza

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la condotta del giornalista che, pubblicando il testo di un'intervista, vi riporti, anche se "alla lettera", dichiarazioni del soggetto intervistato di contenuto oggettivamente lesivo dell'altrui reputazione, non è scriminata dall'esercizio del diritto di cronaca, in quanto al giornalista stesso incombe pur sempre il dovere di controllare veridicità delle circostanze e continenza delle espressioni riferite. Tuttavia, essa è da ritenere penalmente lecita, quando il fatto in sé dell'intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto in cui le dichiarazioni sono rese, presenti profili di interesse pubblico all'informazione tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo e da giustificare l'esercizio del diritto di cronaca, l'individuazione dei cui presupposti è riservata alla valutazione del giudice di merito che, se sorretta da adeguata e logica motivazione sfugge al sindacato di legittimità (Cass. pen., Sez. unite, 30 maggio 2001, n. 37140).

Il requisito della verità della notizia riportata, necessario ai fini della operatività della esimente prevista dall'art. 51 c.p., non è soddisfatto nel caso in cui il giornalista faccia riferimento ad una vox populi, perché questa, in considerazione della sua intrinseca vaghezza e del suo insuperabile carattere impersonale, non può ragionevolmente costituire una fonte da usare legittimamente nell'esercizio del diritto/dovere di informare.

In evidenza

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'imputato che invochi il diritto di cronaca ha l'onere di provare la verità della notizia riportata, che non può soddisfare facendo riferimento ad una fonte anonima, confidenziale o non controllabile. (La suprema Corte in applicazione del suddetto principio di diritto ha escluso l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca in un caso nel quale un giornalista aveva indicato la sua fonte nei servizi segreti ed il funzionario del Sisde, comparso in udienza, ha opposto il segreto di Stato) (Cass. pen., Sez. V, 11 gennaio 2013, n. 10964).

Diritto di critica

Anche il diritto di critica è una delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall'art. 21 Cost. È uno dei fondamenti della vita di relazione e consiste nell'espressione di un giudizio o di un'opinione che ha come scopo quello di comunicare un giudizio su fatti accaduti, idee o atteggiamenti altrui. A differenza del diritto di cronaca in cui viene in rilievo la verità, nel diritto di critica i limiti sono più ampli e consistono nel fatto che l'argomento deve godere di rilevanza pubblica (limite della pertinenza) e che deve essere reso pubblico mediante espressioni corrette e non offensive dell'altrui reputazione, decoro e onore (limite della continenza).

Posto che la scriminante del diritto di critica – a differenza di quella del diritto di cronaca – presuppone un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza del fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse, deve ritenersi che sia giudizio di mero fatto quello avente ad oggetto la qualificabilità di una data manifestazione del pensiero come cronaca o come critica, fermo restando che nella seconda di tali ipotesi il limite del diritto di critica è segnato solo dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e dalla correttezza delle espressioni usate. La critica che si manifesti attraverso l'esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente, nella ricorrenza degli altri requisiti, senza che possa pretendersi la verità oggettiva di quanto rappresentato. Da tale ultimo requisito, ovviamente, non può prescindersi, viceversa, quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento della elaborazione critica.

La sussistenza dell'esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività può trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l'offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia contenuta (c.d. requisito della continenza) nell'ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell'agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza.

L'esercizio del diritto di critica incontra i limiti della rilevanza sociale dell'argomento e della correttezza delle espressioni usate e presuppone una notizia che ad esso preesiste (momento che attiene ancora al diritto di cronaca), con la conseguenza che sussiste l'obbligo dell'articolista di esercitare la propria critica esclusivamente su dei fatti del cui nucleo fondamentale (con esclusione, cioè, dei fatti marginali, che pur se esatti, sono penalmente irrilevanti) ha verificato la corrispondenza al vero.

Cronaca e critica giudiziaria

La cronaca giudiziaria è caratterizzata dal particolare contenuto che è rappresentato dalla narrazione di vicende giudiziarie aventi lo scopo di consentire all'opinione pubblica di essere informata sui fatti di reato e sulle attività svolte dagli organi giudiziari. A differenza del diritto di cronaca che non deve ledere l'onore, la cronaca giudiziaria deve preservare il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza enunciato dall'art. 27 Cost.

Se la notizia pubblicata dal giornalista riguarda una dichiarazione resa in sede giudiziaria, il giornalista non deve svolgere delle indagini sull'attendibilità delle dichiarazioni in quanto tale compito spetta alle competenti autorità, deve però indicare la fase processuale in cui è stata resa e gli atti da cui proviene. Nell'ambito della cronaca giudiziaria viene in evidenza l'interesse pubblico ad uno specifico processo dovuto alla peculiarità del caso o della notorietà delle persone coinvolte. Non ricorre l'esimente di cui all'art. 51 c.p., nell'ambito dell'esercizio specifico del diritto di cronaca giudiziaria, quando il giornalista si discosti dalla verità obiettiva dei fatti riferiti, alterando e modificando in senso diffamatorio le notizie riferite dalle fonti ufficiali, posto che, in tale ambito, il limite costituito dalla verità del fatto narrato – fermo restando il rispetto dei canoni della pertinenza e della continenza – deve avere un riscontro fenomenologico nella realtà obiettiva, in quanto nei confronti di tali accadimenti il giornalista si pone come semplice intermediario tra il fatto e l'opinione pubblica, nel senso che insieme al diritto- dovere di informare vi è quello dei cittadini ad essere correttamente informati. Ai fini dell'efficacia esimente della cronaca giudiziaria, occorre invece che la notizia propalata rispecchi fedelmente il contenuto del provvedimento giudiziario e qualora essa riguardi la fase delle indagini preliminari, in cui ordinariamente manca un provvedimento formale, l'obbligo del cronista giudiziario si specifica nel senso di fedele riproduzione del contenuto dell'addebito, oggetto di attenzione investigativa, idoneo ad integrare il requisito della verità oggettiva della notizia, presupposto ineludibile per il riconoscimento dell'esimente in questione. È, d'altra parte, necessaria, oltre all'interesse pubblico alla propalazione della notizia, la continenza, la quale non si risolve nella mera correttezza formale dell'esposizione ma, con riguardo alla delicata fase delle indagini preliminari, si specifica – in ragione della fluidità ed incertezza del contenuto delle investigazioni – nel dovere di un racconto asettico, senza enfasi od indebite anticipazioni di colpevolezza, non essendo consentito al giornalista – che ben può avere un'opinione al riguardo - rappresentare la vicenda in termini diversi da ciò che è realmente, effettuando aprioristiche scelte di campo o sbilanciamenti di sorta a favore dell'ipotesi accusatoria, capaci di ingenerare nel lettore facili suggestioni, in spregio del dettato costituzionale di presunzione di innocenza dell'imputato, ed a fortiori dell'indagato, sino a sentenza definitiva.

Ai fini della configurabilità della scriminante del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, occorre avere riguardo alla verità della notizia quale risulta nel momento in cui viene diffusa, con la conseguenza che, nel caso in cui la notizia riguardi un fatto oggetto di denuncia risalente nel tempo – bisognevole di una verifica da parte del giudice e, quindi, suscettibile di modifiche – è necessario che il giornalista verifichi nel momento della sua pubblicazione se siano nelle more intervenute circostanze capaci di avere influito sulla verità del fatto. Pertanto, non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, sotto il profilo putativo, allorché sia impossibile per il giornalista attualizzare la verifica della notizia risalente in ragione della inaccessibilità delle nuove fonti informative, coincidenti con gli organi di indagine penale, giacché tale inaccessibilità lungi dal comportare l'abdicazione del dovere di controllo, implica la non pubblicazione della notizia incontrollabile, ovvero la precisazione che la verità del fatto non è stata ancora accertata nella sua sede naturale.

Non ricorre l'esimente di cui all'art. 51 c.p., nell'ambito dell'esercizio specifico del diritto di cronaca giudiziaria, quando il giornalista si discosta dalla verità obiettiva dei fatti riferiti, alterando e modificando in senso diffamatorio le notizie riferite dalle fonti ufficiali, posto che, in tale ambito, il limite costituito dalla verità del fatto narrato – fermo restando il rispetto dei canoni della pertinenza e della continenza – deve avere un riscontro fenomenologico nella realtà obiettiva.

Non sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria qualora il titolo dell'articolo attribuisca alla persona offesa – nei cui confronti penda un procedimento penale – una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione; né, a tal fine, rileva l'estraneità del titolo al resoconto giudiziario esposto nell'articolo, in quanto il titolo di un articolo di stampa può assumere carattere diffamatorio non solo per il suo contenuto intrinseco ma anche per la sua efficacia suggestiva rispetto al testo dell'articolo, in specie ove esso ne travisi e amplifichi il contenuto.

Inoltre, il giornalista deve esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio, non essendo sufficiente in proposito l'affidamento in buona fede sulla fonte informativa, soprattutto quando questa sia costituita da un'altra pubblicazione giornalistica, atteso che, in tal caso, l'agente si limita a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale.

Con la critica giudiziaria, invece, il provvedimento giudiziario può essere oggetto di critica anche aspra, in ragione dell'opinabilità degli argomenti che li sostengono ma non è lecito trasmodare in critiche virulente che comportino la critica dell'autore del provvedimento stesso. L'esercizio del diritto di critica giudiziaria non deve trasmodare nel dileggio e nella gratuita attribuzione di malafede a chi conduce le indagini, avendo anche il magistrato del pubblico ministero diritto alla tutela della propria reputazione e alla intangibilità della propria sfera di onorabilità, pur potendo ogni provvedimento giudiziario essere oggetto di critica anche aspra, purché questa non si risolva in un attacco alla stima di cui gode il soggetto criticato. Ricorre l'esimente del diritto di critica giudiziaria allorché sussista il requisito della verità del fatto riferito e criticato, l'interesse pubblico alla notizia e la continenza espressiva. Invece, non sussiste l'esimente allorché manchi il requisito della verità del fatto riferito e criticato, il quale sia, pertanto, privo di riscontro nella realtà.

I limiti della critica alle istituzioni giudiziarie sono preordinati a garantirne la difesa da attacchi sprovvisti di fondamento e non suscettibili di smentita in virtù del dovere di riservatezza che impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti; tali limiti non sussistono qualora la critica concerna indagini non in corso ma inchieste giudiziarie aventi innegabile effetto politico e il dibattito polemico sia scaturito da una riflessione pubblica innestata dalla stessa persona offesa che si sia risolta ad intervenire liberamente sulla scena pubblica esternando le proprie considerazioni attraverso un'intervista a un quotidiano a tiratura nazionale, oggetto di replica da parte dell'articolo di stampa incriminato; d'altro canto, l'art. 21 Cost., analogamente all'art. 10 Cedu, non protegge unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, essendo al contrario principalmente rivolto a garantire la libertà proprio delle opinioni che urtano, scuotono o inquietano, con la conseguenza che di esse non può predicarsi un controllo se non nei limiti della continenza espositiva , che, una volta riscontrata, integra l'esimente del diritto di critica.

In evidenza

In tema di diritto di critica giudiziaria, non è scriminante la condotta di attribuzione di parzialità per ragioni politiche ad un soggetto che esercita la funzione giudiziaria in quanto intrinsecamente offensiva. (Fattispecie nella quale un opinionista televisivo aveva accusato un pubblico ministero di avere esercitato per ragioni politiche l'azione penale in danno di un noto imprenditore per il reato di finanziamento illecito ad un partito politico, e di non avere fatto altrettanto in relazione ai finanziamenti illecitamente ricevuti da altro partito politico antagonista; la Corte ha anche precisato che la scriminante postula comunque il rispetto del dovere di verità, laddove nella specie l'azione penale "de qua" era stata esercitata da altro pubblico ministero) (Cass. pen., Sez. V, 12 febbraio 2009, n. 10631).

Quando il comportamento di una persona, essendo contrassegnato da ambiguità, sia suscettibile di più interpretazioni, tutte connotate in negativo sotto il profilo etico-sociale e giuridico, è scriminato dall'esercizio del diritto di cronaca e di critica il giornalista che, operando la ricostruzione di una determinata vicenda sulla scorta dei dati in suo possesso e di quelli contenuti in un provvedimento giudiziario, riconduce il comportamento ad una causale considerata dalla persona interessata più infamante di quella, ugualmente riprovevole e penalmente illecita, prospettata nello stesso provvedimento giudiziario.

La satira

Il diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, mira all'ironia sino al sarcasmo e comunque all'irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l'opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all'analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell'espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo.

In materia di diffamazione a mezzo stampa, se può dunque affermarsi, in via di principio, che la aperta inverosimiglianza dei fatti espressi in forma satirica esclude la loro capacità di offendere la reputazione e dunque che la satira è incompatibile col metro della verità, essa non si sottrae invece al limite della continenza, poiché comunque rappresenta una forma di critica caratterizzata da particolari mezzi espressivi. Ne consegue che, come ogni altra critica, la satira non sfugge al limite della correttezza, onde non può essere invocata la scriminante ex art. 51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo e dileggio. Peraltro, pur dovendosi valutare meno rigorosamente le espressioni della satira sotto il profilo della continenza non di meno la satira stessa, al pari di qualsiasi altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona al disprezzo e al ludibrio della sua immagine pubblica.

In evidenza

Sussiste l'esimente del diritto di critica, quando le espressioni utilizzate, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, consistano in un'argomentazione che esplicita le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e non si risolve in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui (Cass. pen., Sez. I, 5 novembre 2014, n. 5695).

Non sussiste l'esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l'autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale.

Casistica

Utilizzo dell'espressione "maniaco"

Riveste carattere ingiurioso l'espressione maniaco rivolta ad un soggetto condannato per violenza sessuale in quanto anche i condannati per gravi reati hanno diritto al rispetto dell'onore e della reputazione che, siccome beni personali, cedono solo davanti ad altri valori parimenti rilevanti come il diritto all'informazione, di cronaca ovvero di difesa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza impugnata che aveva affermato la sussistenza del fatto di ingiuria in riferimento a vicenda nella quale l'epiteto offensivo era stato pronunciato dall'ex coniuge davanti ad una scuola mentre la persona offesa stava intrattenendosi con altri genitori) (Cass. pen., Sez. V, 16 luglio 2014, n. 42825).

Intervista

In tema di diffamazione a mezzo stampa e con riferimento ad un articolo avente la forma dell'intervista, l'esimente del diritto di cronaca può essere riconosciuta all'intervistatore non solo quando vi è l'interesse pubblico a rendere noto il pensiero dell'intervistato in relazione alla sua notorietà, ma anche quando sia il soggetto offeso dall'intervista a godere di ampia notorietà nel contesto ambientale in cui viene diffusa la notizia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la scriminante del diritto di cronaca per un giornalista che aveva intervistato un soggetto che aveva riferito fatti e giudizi oggettivamente offensivi nei confronti di un presidente del comitato locale della croce rossa italiana, connessi alla gestione del medesimo ente) (Cass. pen., Sez. V, 11 aprile 2013, n. 28502).

Divulgazione di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari

Integra il reato di cui all'art. 167, comma 2, d.lgs. 196 del 2003 la divulgazione per finalità giornalistiche di dati personali diversi da quelli sensibili e giudiziari senza il consenso dell'interessato, effettuata in violazione dei limiti del diritto di cronaca e della essenzialità dell'informazione ovvero dei principi stabiliti dal codice deontologico adottato dall'ordine professionale, cui deve riconoscersi natura di fonte normativa. (Fattispecie relativa alla pubblicazione, di fotografie ed altri dati identificativi, riguardanti un minore vittima di sinistro stradale) (Cass. pen.,Sez. III, 16 luglio 2013, n. 7504).

Diffusione on-line di uno scritto anonimo

Non sussistono i presupposti di operatività del diritto di cronaca qualora sia recepito e diffuso on-line uno scritto anonimo obiettivamente lesivo della reputazione della persona offesa, come tale inidoneo a meritare l'interesse pubblico e insuscettibile di controlli circa l'attendibilità della fonte e la veridicità della notizia. (Cass. pen., Sez. V, 3 aprile 2014, n. 38746)

Direttore responsabile di un quotidiano

Non sussiste l'esimente del diritto di cronaca nei confronti del direttore responsabile di un quotidiano che abbia omesso il controllo sulla pubblicazione di un articolo che abbia, contrariamente al vero, affermato la notizia di un'indagine penale per corruzione nei confronti di un direttore della Motorizzazione civile, indagato, invece, solo per abuso d'ufficio e successivamente prosciolto (Cass. pen., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 39503).

Non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, nei confronti del direttore responsabile di un quotidiano nel quale sia pubblicato un articolo non firmato che affermi, contrariamente al vero, che nei confronti di un presidente dei revisori dei conti di una banca, si svolgano indagini per il reato di appropriazione indebita anziché per il delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza, ex art. 2638 c.c.; non è, infatti, irrilevante per la reputazione di un soggetto l'attribuzione di un fatto illecito diverso da quello su cui effettivamente si indaga. (Cass. pen.,Sez. V, 4 dicembre 2012, n. 5760)

Possesso di fotografie e diritto di diffonderle per fini giornalistici

Integra il delitto di tentata estorsione la condotta di colui che, avendo lecitamente acquisito immagini fotografiche attinenti la vita privata di un soggetto la cui divulgazione può comportare una lesione del diritto all'identità personale, offra al medesimo la possibilità di acquistarle e così evitarne diffusione mediatica. (In motivazione la Corte ha precisato che il diritto alla diffusione a fini giornalistici delle immagini non può essere invocato come esimente per alternative forme di sfruttamento commerciale delle medesime, che non sono consentite dalle norme poste a tutela del trattamento dei dati personali) (Cass. pen., Sez. II, 20 ottobre 2011, n. 43317).

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