Cronaca e critica giudiziaria
17 Febbraio 2016
Inquadramento
Tra le cause di giustificazione previste dal codice penale, vi è l'esercizio di un diritto ex art. 51 c.p. Tra le ipotesi più significative di esercizio del diritto, rientrano il diritto di cronaca e il diritto di critica che sono due delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall'art. 21 della Costituzione nel quale si sancisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensieri con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Il diritto di cronaca è il diritto di informare il pubblico tramite la stampa o la televisione o altri mezzi di comunicazione, sui fatti che avvengono, senza violare i limiti previsti dall'ordinamento giuridico. Il diritto di critica consiste, invece, nell'espressione di un giudizio o di un'opinione che ha come scopo quello di comunicare un giudizio su fatti accaduti, idee o atteggiamenti altrui. Cronaca e critica giudiziaria fanno parte entrambi di quei particolari settori della cronaca e della critica, nei quali la prima riguarda la narrazione di avvenimenti criminosi e le vicende giudiziarie che da essi derivano e la seconda, riguarda l'espressione di opinioni di dissenso nei confronti dei provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie. Diritto di manifestazione del pensiero
Tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla Costituzione vi è il diritto di espressione sancito dall'art. 21 Cost. che consiste nella libertà di esprimere le proprie idee e di divulgarle ad un indeterminato numero di destinatari. Secondo la Corte costituzionale, la libertà di manifestazione del pensiero è condizione del modo di essere del Paese, pietra angolare dell'ordine democratico (Corte cost. n. 84/1969), cardine di democrazia nell'ordinamento generale (Corte cost. n. 126/1985), ciò significa che essa, secondo la Corte, costituisce non una conseguenza della democrazia ma, viceversa, il fondamento del regime democratico, nel senso che è la circolazione delle idee che porta, tra le altre conseguenze, anche all'affermazione dello Stato democratico. Tale diritto però non è riconosciuto in maniera illimitata ma è soggetto a dei limiti ben precisi che devono trovare fondamento nell'esigenza di tutelare altri beni protetti dalla Costituzione. Tra questi limiti:
Diritto di cronaca
Il diritto di cronaca giornalistica è una delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero e di libertà di stampa riconosciuta, quale libertà fondamentale in uno Stato democratico, dall'art. 21 Cost. e dall'art. 2 della l. 69/1963 come diritto dei giornalisti. Esso costituisce la garanzia individuale alla libera esternazione del proprio pensiero, è lo strumento di partecipazione del singolo alla vita democratica ed è per questo che si ritiene sussistente il ricorso alla scriminante di cui all'art. 51 c.p. Tale diritto, però, non scrimina in maniera illimitata in quanto il bene contrapposto, cioè l'onore, è anch'esso dotato di tutela costituzionale, ma è legittimo quando concorrono le seguenti tre condizioni:
Il diritto di cronaca presuppone la immediatezza della notizia e la tempestività dell'informazione e, pertanto, non ricorre quando si offre il resoconto di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretendere una attenta verifica di tutte le fonti disponibili, con la conseguenza che, laddove si dà conto di vicende giudiziarie, incombe l'obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse. Inoltre, l'immediatezza della notizia non legittima il sacrificio dell'accuratezza del controllo in ordine alla verità della notizia e all'affidabilità della fonte, in quanto il sacrificio della reputazione è giuridicamente accettabile se giustificato dall'esigenza di esercitare un diritto di pari livello costituzionale, ontologicamente confliggente, come la libertà di manifestazione del pensiero; non è, invece, accettabile se giustificato dall'esigenza di diffusione e di ascolto o meri scopi di concorrenza ampliando l'area di lettori od utenti, trattandosi di esigenze preordinate a soddisfare scelte imprenditoriali di carattere commerciale che non sono prevalenti sui diritti della persona, ex art. 2 e 3 Cost. e sono estranee all'area di tutela dell'art. 21 Cost., posto a fondamento dell'esimente del diritto di cronaca. Ne deriva che la notizia può e deve essere ritardata, in favore del controllo della verità, anche a costo della diminuzione di lettori ed utenti, in conformità con l'interesse pubblico alla informazione, considerato che i cittadini non hanno interesse a conoscere notizie veloci ma non corrispondenti al vero.
Il requisito della verità della notizia riportata, necessario ai fini della operatività della esimente prevista dall'art. 51 c.p., non è soddisfatto nel caso in cui il giornalista faccia riferimento ad una vox populi, perché questa, in considerazione della sua intrinseca vaghezza e del suo insuperabile carattere impersonale, non può ragionevolmente costituire una fonte da usare legittimamente nell'esercizio del diritto/dovere di informare.
Diritto di critica
Anche il diritto di critica è una delle espressioni della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall'art. 21 Cost. È uno dei fondamenti della vita di relazione e consiste nell'espressione di un giudizio o di un'opinione che ha come scopo quello di comunicare un giudizio su fatti accaduti, idee o atteggiamenti altrui. A differenza del diritto di cronaca in cui viene in rilievo la verità, nel diritto di critica i limiti sono più ampli e consistono nel fatto che l'argomento deve godere di rilevanza pubblica (limite della pertinenza) e che deve essere reso pubblico mediante espressioni corrette e non offensive dell'altrui reputazione, decoro e onore (limite della continenza). Posto che la scriminante del diritto di critica – a differenza di quella del diritto di cronaca – presuppone un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza del fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse, deve ritenersi che sia giudizio di mero fatto quello avente ad oggetto la qualificabilità di una data manifestazione del pensiero come cronaca o come critica, fermo restando che nella seconda di tali ipotesi il limite del diritto di critica è segnato solo dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e dalla correttezza delle espressioni usate. La critica che si manifesti attraverso l'esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente, nella ricorrenza degli altri requisiti, senza che possa pretendersi la verità oggettiva di quanto rappresentato. Da tale ultimo requisito, ovviamente, non può prescindersi, viceversa, quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento della elaborazione critica. La sussistenza dell'esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività può trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l'offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia contenuta (c.d. requisito della continenza) nell'ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell'agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza. L'esercizio del diritto di critica incontra i limiti della rilevanza sociale dell'argomento e della correttezza delle espressioni usate e presuppone una notizia che ad esso preesiste (momento che attiene ancora al diritto di cronaca), con la conseguenza che sussiste l'obbligo dell'articolista di esercitare la propria critica esclusivamente su dei fatti del cui nucleo fondamentale (con esclusione, cioè, dei fatti marginali, che pur se esatti, sono penalmente irrilevanti) ha verificato la corrispondenza al vero. Cronaca e critica giudiziaria
La cronaca giudiziaria è caratterizzata dal particolare contenuto che è rappresentato dalla narrazione di vicende giudiziarie aventi lo scopo di consentire all'opinione pubblica di essere informata sui fatti di reato e sulle attività svolte dagli organi giudiziari. A differenza del diritto di cronaca che non deve ledere l'onore, la cronaca giudiziaria deve preservare il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza enunciato dall'art. 27 Cost. Se la notizia pubblicata dal giornalista riguarda una dichiarazione resa in sede giudiziaria, il giornalista non deve svolgere delle indagini sull'attendibilità delle dichiarazioni in quanto tale compito spetta alle competenti autorità, deve però indicare la fase processuale in cui è stata resa e gli atti da cui proviene. Nell'ambito della cronaca giudiziaria viene in evidenza l'interesse pubblico ad uno specifico processo dovuto alla peculiarità del caso o della notorietà delle persone coinvolte. Non ricorre l'esimente di cui all'art. 51 c.p., nell'ambito dell'esercizio specifico del diritto di cronaca giudiziaria, quando il giornalista si discosti dalla verità obiettiva dei fatti riferiti, alterando e modificando in senso diffamatorio le notizie riferite dalle fonti ufficiali, posto che, in tale ambito, il limite costituito dalla verità del fatto narrato – fermo restando il rispetto dei canoni della pertinenza e della continenza – deve avere un riscontro fenomenologico nella realtà obiettiva, in quanto nei confronti di tali accadimenti il giornalista si pone come semplice intermediario tra il fatto e l'opinione pubblica, nel senso che insieme al diritto- dovere di informare vi è quello dei cittadini ad essere correttamente informati. Ai fini dell'efficacia esimente della cronaca giudiziaria, occorre invece che la notizia propalata rispecchi fedelmente il contenuto del provvedimento giudiziario e qualora essa riguardi la fase delle indagini preliminari, in cui ordinariamente manca un provvedimento formale, l'obbligo del cronista giudiziario si specifica nel senso di fedele riproduzione del contenuto dell'addebito, oggetto di attenzione investigativa, idoneo ad integrare il requisito della verità oggettiva della notizia, presupposto ineludibile per il riconoscimento dell'esimente in questione. È, d'altra parte, necessaria, oltre all'interesse pubblico alla propalazione della notizia, la continenza, la quale non si risolve nella mera correttezza formale dell'esposizione ma, con riguardo alla delicata fase delle indagini preliminari, si specifica – in ragione della fluidità ed incertezza del contenuto delle investigazioni – nel dovere di un racconto asettico, senza enfasi od indebite anticipazioni di colpevolezza, non essendo consentito al giornalista – che ben può avere un'opinione al riguardo - rappresentare la vicenda in termini diversi da ciò che è realmente, effettuando aprioristiche scelte di campo o sbilanciamenti di sorta a favore dell'ipotesi accusatoria, capaci di ingenerare nel lettore facili suggestioni, in spregio del dettato costituzionale di presunzione di innocenza dell'imputato, ed a fortiori dell'indagato, sino a sentenza definitiva. Ai fini della configurabilità della scriminante del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, occorre avere riguardo alla verità della notizia quale risulta nel momento in cui viene diffusa, con la conseguenza che, nel caso in cui la notizia riguardi un fatto oggetto di denuncia risalente nel tempo – bisognevole di una verifica da parte del giudice e, quindi, suscettibile di modifiche – è necessario che il giornalista verifichi nel momento della sua pubblicazione se siano nelle more intervenute circostanze capaci di avere influito sulla verità del fatto. Pertanto, non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, sotto il profilo putativo, allorché sia impossibile per il giornalista attualizzare la verifica della notizia risalente in ragione della inaccessibilità delle nuove fonti informative, coincidenti con gli organi di indagine penale, giacché tale inaccessibilità lungi dal comportare l'abdicazione del dovere di controllo, implica la non pubblicazione della notizia incontrollabile, ovvero la precisazione che la verità del fatto non è stata ancora accertata nella sua sede naturale. Non ricorre l'esimente di cui all'art. 51 c.p., nell'ambito dell'esercizio specifico del diritto di cronaca giudiziaria, quando il giornalista si discosta dalla verità obiettiva dei fatti riferiti, alterando e modificando in senso diffamatorio le notizie riferite dalle fonti ufficiali, posto che, in tale ambito, il limite costituito dalla verità del fatto narrato – fermo restando il rispetto dei canoni della pertinenza e della continenza – deve avere un riscontro fenomenologico nella realtà obiettiva. Non sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria qualora il titolo dell'articolo attribuisca alla persona offesa – nei cui confronti penda un procedimento penale – una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione; né, a tal fine, rileva l'estraneità del titolo al resoconto giudiziario esposto nell'articolo, in quanto il titolo di un articolo di stampa può assumere carattere diffamatorio non solo per il suo contenuto intrinseco ma anche per la sua efficacia suggestiva rispetto al testo dell'articolo, in specie ove esso ne travisi e amplifichi il contenuto. Inoltre, il giornalista deve esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio, non essendo sufficiente in proposito l'affidamento in buona fede sulla fonte informativa, soprattutto quando questa sia costituita da un'altra pubblicazione giornalistica, atteso che, in tal caso, l'agente si limita a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale. Con la critica giudiziaria, invece, il provvedimento giudiziario può essere oggetto di critica anche aspra, in ragione dell'opinabilità degli argomenti che li sostengono ma non è lecito trasmodare in critiche virulente che comportino la critica dell'autore del provvedimento stesso. L'esercizio del diritto di critica giudiziaria non deve trasmodare nel dileggio e nella gratuita attribuzione di malafede a chi conduce le indagini, avendo anche il magistrato del pubblico ministero diritto alla tutela della propria reputazione e alla intangibilità della propria sfera di onorabilità, pur potendo ogni provvedimento giudiziario essere oggetto di critica anche aspra, purché questa non si risolva in un attacco alla stima di cui gode il soggetto criticato. Ricorre l'esimente del diritto di critica giudiziaria allorché sussista il requisito della verità del fatto riferito e criticato, l'interesse pubblico alla notizia e la continenza espressiva. Invece, non sussiste l'esimente allorché manchi il requisito della verità del fatto riferito e criticato, il quale sia, pertanto, privo di riscontro nella realtà. I limiti della critica alle istituzioni giudiziarie sono preordinati a garantirne la difesa da attacchi sprovvisti di fondamento e non suscettibili di smentita in virtù del dovere di riservatezza che impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti; tali limiti non sussistono qualora la critica concerna indagini non in corso ma inchieste giudiziarie aventi innegabile effetto politico e il dibattito polemico sia scaturito da una riflessione pubblica innestata dalla stessa persona offesa che si sia risolta ad intervenire liberamente sulla scena pubblica esternando le proprie considerazioni attraverso un'intervista a un quotidiano a tiratura nazionale, oggetto di replica da parte dell'articolo di stampa incriminato; d'altro canto, l'art. 21 Cost., analogamente all'art. 10 Cedu, non protegge unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, essendo al contrario principalmente rivolto a garantire la libertà proprio delle opinioni che urtano, scuotono o inquietano, con la conseguenza che di esse non può predicarsi un controllo se non nei limiti della continenza espositiva , che, una volta riscontrata, integra l'esimente del diritto di critica.
Quando il comportamento di una persona, essendo contrassegnato da ambiguità, sia suscettibile di più interpretazioni, tutte connotate in negativo sotto il profilo etico-sociale e giuridico, è scriminato dall'esercizio del diritto di cronaca e di critica il giornalista che, operando la ricostruzione di una determinata vicenda sulla scorta dei dati in suo possesso e di quelli contenuti in un provvedimento giudiziario, riconduce il comportamento ad una causale considerata dalla persona interessata più infamante di quella, ugualmente riprovevole e penalmente illecita, prospettata nello stesso provvedimento giudiziario. La satira
Il diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, mira all'ironia sino al sarcasmo e comunque all'irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l'opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all'analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell'espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo. In materia di diffamazione a mezzo stampa, se può dunque affermarsi, in via di principio, che la aperta inverosimiglianza dei fatti espressi in forma satirica esclude la loro capacità di offendere la reputazione e dunque che la satira è incompatibile col metro della verità, essa non si sottrae invece al limite della continenza, poiché comunque rappresenta una forma di critica caratterizzata da particolari mezzi espressivi. Ne consegue che, come ogni altra critica, la satira non sfugge al limite della correttezza, onde non può essere invocata la scriminante ex art. 51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo e dileggio. Peraltro, pur dovendosi valutare meno rigorosamente le espressioni della satira sotto il profilo della continenza non di meno la satira stessa, al pari di qualsiasi altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona al disprezzo e al ludibrio della sua immagine pubblica.
Non sussiste l'esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l'autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale. Casistica
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