Autore (diritto di)

Luigi Cuomo
29 Luglio 2015

Sono opere dell'ingegno le espressioni dell'attività creativa che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Inquadramento

Oggetto del diritto e della tutela sanzionatoria è l'opera dell'ingegno, che il legislatore non definisce concettualmente ma semplicemente descrive in via generale nell'art. 2575 c.c. e nell'art. 1 della legge 22 aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

Sono opere dell'ingegno le espressioni dell'attività creativa che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.

Il concetto di proprietà evoca unitariamente il rapporto giuridico che intercorre tra l'autore o l'inventore e l'opera oggetto della sua attività creativa, con ciò alludendo al carattere assoluto ed esclusivo della relazione.

Si parla così di proprietà intellettuale per indicare i diritti dell'autore sull'opera del suo ingegno artistico e di proprietà industriale per individuare i diritti dell'inventore sulla sua invenzione suscettibile di applicazione tecnica.

In evidenza

Il diritto patrimoniale d'autore è assimilabile al diritto di proprietà, cui lo accomunano le caratteristiche dell'assolutezza (nel senso che vi corrisponde un generale dovere di astensione da parte di ogni consociato), dell'elasticità (intesa come attitudine ad espandersi fino a comprendere ogni possibile facoltà di godimento e di disposizione) e della realtà (in quanto assicura al suo titolare una signoria immediata sul bene immateriale).

Il fondamento della tutela

La produzione e la pubblicazione delle opere dell'ingegno letterario e artistico sono manifestazioni dello sviluppo della persona umana (art. 3 Cost.), della libertà di pensiero (art. 21 Cost.), nonché della libertà delle arti e delle scienze (art. 33 Cost.).

Il principio giustificativo della tutela legale delle creazioni intellettuali è stato individuato dalla scienza giuridica nel servizio che l'autore rende alla società, di cui interpreta le esigenze, i sentimenti e le tendenze.

Le produzioni di natura intellettuale trovano in tutti gli ordinamenti una tutela obiettiva concorrente con la protezione del mezzo materiale di manifestazione o di realizzazione del loro contenuto.

Il diritto d'autore sulle opere dell'ingegno presenta una molteplicità di aspetti:

1) un profilo morale, che riconosce all'autore la paternità dell'opera e quindi non solo il diritto a essere riconosciuto come autore ma anche il diritto di inedito, il diritto di modificare l'opera e quello di mantenere l'anonimato;

2) un profilo patrimoniale, che attribuisce all'autore il diritto esclusivo all'utilizzazione economica dell'opera.

Il riconoscimento del diritto patrimoniale d'autore è storicamente legato alla possibilità di moltiplicare gli esemplari dell'opera: fu proprio l'uso di estrarre e formare copie, diffuso sin dall'antichità, a porre la questione della tutela dei diritti patrimoniali.

Solo in seguito, a causa delle esigenze poste dallo sviluppo delle tecniche riproduttive e di trasmissione a distanza, la tutela è stata estesa ad ogni forma di utilizzazione a prescindere dal conseguimento di un vantaggio economico.

In evidenza

Il diritto ha preso in considerazione il fenomeno prevalentemente sotto l'aspetto patrimoniale, attraverso le attività imprenditoriali indirizzate dinamicamente alla moltiplicazione dei supporti materiali, posti in contatto con la più ampia sfera di clientela.

La pirateria

Le norme penali a tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi hanno natura sanzionatoria, nel senso che si pongono come ulteriore presidio di situazioni giuridiche soggettive già garantite dalla tutela civilistica.

L'apparato repressivo ha per oggetto il diritto (morale ed economico) d'autore e i diritti connessi sull'opera dell'ingegno, anche se la sanzione penale tutela il diritto patrimoniale ma non il diritto morale d'autore (che gode solo di tutela civilistica).

In evidenza

Per pirateria si intende la pratica di riprodurre e diffondere opere dell'ingegno senza le necessarie autorizzazioni e senza corrispondere i dovuti compensi in spregio dei diritti patrimoniali dell'autore e dei diritti connessi degli editori, dei produttori e degli interpreti.

In generale, nessuna riproduzione, ancorché privata e finalizzata alla fruizione personale, è lecita se si pone in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore.

La riproduzione dei contenuti protetti e l'estrazione di copie, che limitano o inibiscono il diritto di esclusiva dei titolari, possono avvenire per uso personale o per scopo di lucro o di profitto.

In evidenza

La duplicazione abusiva, penalmente repressa come pirateria, non è scriminata nemmeno dalle precarie condizioni economiche e dallo stato di bisogno del soggetto attivo del reato.

La giurisprudenza, in relazione al reato di detenzione e vendita di prodotti audiovisivi privi del contrassegno della Siae, ha affermato che la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale (Cass. pen., Sez. VI, 19 marzo 2008, n. 27049).

Dal punto di vista terminologico, la riproduzione e la duplicazione consistono nel trasporre l'opera su un supporto identico o differente, mentre l'uso personale riguarda il concreto utilizzo del bene immateriale che non deve estendersi oltre la sfera dell'agente.

L'espressione indica una nozione che non riguarda la riproduzione in sé, bensì la destinazione della riproduzione: per evitare che il pregiudizio economico non assuma per l'autore proporzioni rilevanti è vietata, in via assoluta, ogni forma di concorrenza che si concreti in un rapporto con i terzi.

Il contrassegno SIAE

Per contrastare il fenomeno della pirateria e per consentire l'agevole individuazione della autenticità e originalità dell'opera, è stata prevista l'apposizione di un contrassegno sulle opere dell'ingegno, in funzione di autenticazione e garanzia quale discrimine tra il lecito e l'illecito, allo scopo di facilitare la repressione penale degli episodi di illegittima duplicazione.

L'art. 181-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 prevede, infatti, che la Società italiana degli autori ed editori (Siae) apponga un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento.

In evidenza

La mancanza del contrassegno Siae non può valere come indizio dell'avvenuta consumazione dell'illecito di abusiva duplicazione o riproduzione dei supporti audiovisivi ma la prova di tale fatto può essere comunque raggiunta sulla base di una pluralità di elementi, come il rilevante numero di supporti posti in vendita, le modalità dell'offerta al pubblico, l'utilizzo di copertine fotocopiate o contraffatte, il confezionamento, nonché l'assenza di loghi o marchi del produttore, non essendo invece necessario l'espletamento di una perizia o di un accertamento tecnico (Cass. pen., Sez. III, 18 luglio 2014, n. 45450).

La tutela del software e delle banche dati

Sono protetti dalla normativa sulla proprietà intellettuale i programmi per elaboratore, nonché le banche di dati che costituiscono una creazione intellettuale d'autore.

La nozione di software esprime “un sistema organizzato e strutturato di istruzioni (o simboli) contenuti in qualsiasi forma o supporto (nastro, disco, film, circuito) capace direttamente o indirettamente di far eseguire o far ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell'informazione”.

L'art. 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni “chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE)”.

La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori.

In evidenza

Integra il reato previsto dall'art. 171-bis, legge 22 aprile 1941, n. 633 la condotta di colui che, per trarne profitto, abusivamente duplichi o detenga a scopo commerciale o imprenditoriale programmi per elaboratore elettronico (Cass. pen., Sez. III, 20 ottobre 2011, n.18905).

La fattispecie di duplicazione abusiva di programmi per elaboratore comprende non soltanto la produzione di copie non autorizzate del programma interessato ma anche la condotta di indebita utilizzazione del programma stesso al fine di realizzare, mediante modifiche e sviluppi, un diverso prodotto per elaboratore (Cass. pen., Sez. III, 8 marzo 2002, n. 15968).

Ai fini dell'integrazione del reato, la nozione di profitto può non avere carattere economico potendo consistere anche nel soddisfacimento di qualsiasi interesse, sia pure soltanto psicologico o morale (Cass. pen., Sez. II, n. 7730/1986).

In relazione ai programmi per elaboratori è richiesto soltanto il fine di trarne profitto per effetto della abusiva duplicazione, mentre lo scopo commerciale o imprenditoriale è riferito alla volontà del legislatore di punire la detenzione illecita del software non solo al fine di farne commercio a terzi ma anche allo scopo di utilizzarlo all'interno della propria azienda.

In evidenza

Non integra il reato di cui all'art. 171-bis, comma 1, l. 633/1941, la detenzione ed utilizzazione, nell'ambito di un'attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno Siae, non rientrando tale attività in quella "commerciale o imprenditoriale" contemplata dalla fattispecie incriminatrice (Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2009,n. 49385).

In senso contrario, tuttavia, è stato affermato che la detenzione o l'utilizzo presso uno studio professionale di software illecitamente riprodotto integra il reato di cui all'art. 171-bis, comma 1, l. 27 aprile 1941, n. 633, in quanto non è necessario che la riproduzione dei programmi per elaboratore sia finalizzata al commercio ma è sufficiente, ai fini della configurabilità del reato de quo, il fine di profitto (Cass. pen., Sez. III, 8 maggio 2008, n. 25104).

In evidenza

Analogamente sono protette le banche dati, che costituiscono “un insieme di informazioni in forma testuale messe a disposizione per il pubblico”, le quali sono assoggettate a protezione non tanto per il loro contenuto, quanto per il sistema logico con cui le varie informazioni sono raccolte e organizzate.

La tutela delle opere musicali, audiovisive e letterarie

L'art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque, a fini di lucro, compie una vasta gamma di condotte, come duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico di opere dell'ingegno (audiovisive, letterarie, musicali e multimediali in genere) assoggettate a protezione.

In evidenza

Oltre alla commercializzazione e alla detenzione per la vendita di supporti contenenti opere abusivamente duplicate, è penalmente rilevante anche la diffusione non autorizzata delle opere all'interno dei circuiti radiofonici o televisivi: l'autore dell'opera musicale ha il diritto esclusivo non solo di eseguire o rappresentare in pubblico la sua opera e di riprodurla con qualsiasi mezzo ivi compresa la fonografia ma anche di diffonderla con uno dei mezzi di diffusione a distanza quali la radiodiffusione o la televisione: tali diritti sono fra di loro indipendenti e l'esercizio di uno di essi, come quello di riproduzione fonografica, non esclude l'esercizio esclusivo di ciascuno degli altri, come quello di radiodiffusione, sicché dall'avvenuta riproduzione fonografica dell'opera e dalla relativa commercializzazione non può dedursi che gli emittenti di trasmissioni radiodiffuse abbiano il diritto di radiodiffondere tali fonogrammi (Cass. pen., Sez. III, 18 ottobre 1999, n. 12820).

Secondo la giurisprudenza sono tutelati anche i videogiochi, utilizzabili mediante personal computer o consolle, i quali non costituiscono "programmi per elaboratore" ma un prodotto diverso da ricondurre alla categoria dei supporti contenenti sequenze di immagini, con conseguente impossibilità di applicare le norme penali in tema di software (Cass. pen., Sez. III, 25 maggio 2007, n. 33768).

Pur mancando una precisa definizione, i videogiochi rappresentano qualcosa di diverso e di più articolato rispetto ai programmi per elaboratore comunemente in commercio, così come non sono riconducibili per intero al concetto di supporto contenente “sequenze d'immagini in movimento”.

È, inoltre, configurabile il reato di cui all'art. 171-ter, lett. a), l. 22 aprile 1941, n. 633, in relazione alla condotta consistente nel riprodurre abusivamente brani musicali in assenza di preventiva regolamentazione dei rapporti con i soggetti titolari dei diritti connessi di cui sono titolari soggetti diversi dall'autore delle opere (Cass. pen., Sez. III, 8 giugno 2007, n. 27074).

In evidenza

La riproduzione di singole opere o brani di opere dell'ingegno effettuata mediante fotocopie, di cui all'art. 68, l. 633/1941 e successive modifiche, è consentita solo se limitata al quindici per cento di ogni volume, se sia corrisposto un compenso forfettario a favore degli aventi diritto e se effettuata per uso personale (Cass. pen., Sez. III, 19 novembre 2008, n. 126).

La pirateria satellitare

Le trasmissioni audio e video irradiate dalle emittenti satellitari sono generalmente basate su una tecnica di diffusione di un segnale codificato e criptato, che richiede l'inserimento nel televisore o nel ricevitore di una smart-card contenente le chiavi di decodifica.

Nel sistema normativo disegnato dalla riforma del diritto d'autore (legge 18 agosto 2000, n. 248), la smart-card, per il suo funzionamento mediante circuiti elettronici contenenti un software e codici alfanumerici per la decodificazione del segnale, costituisce una “parte di apparato” necessaria al funzionamento dell'intero sistema di accesso ai servizi irradiati via satellite o via etere.

L'art. 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633 punisce, qualora il fatto non costituisca più grave reato, chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale.

Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi provenienti da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere le trasmissioni visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal concessionario del servizio, indipendentemente dall'imposizione di un canone.

È da ritenere che la norma intenda tutelare il bene materiale tecnologico della smart-card originale e genuina, la cui destinazione unica, che è quella di consentire l'accesso, non deve essere elusa o raggiunta attraverso la clonazione.

In evidenza

La condotta di cui all'art. 171-octies della legge 633/1941, di utilizzazione, a fini fraudolenti, per uso pubblico, di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite e via cavo, in forma sia analogica sia digitale, sanzionata penalmente sin dall'entrata in vigore della legge n. 248 del 2000, è rimasta tale anche successivamente alla legge 373/2000, di depenalizzazione delle sole attività di commercializzazione dei suddetti dispositivi (La Corte ha specificato in motivazione che tale condotta non è stata incisa neppure dalla sentenza della Corte cost. 426/2004, di illegittimità dell'art. 171-octies con riguardo alla sola utilizzazione privata di detti apparati – Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2008, n.13839).

In giurisprudenza è stata anche analizzata la liceità delle apparecchiature denominate splitty o sharer, con cui il titolare di un contratto individuale per la fruizione dei servizi satellitari può visionare o far visionare contemporaneamente programmi diversi su più televisori all'interno di un edificio.

La particolarità della questione risiede nella funzionalità del dispositivo, che non provvede direttamente a decodificare le trasmissioni, perché tale funzione è svolta dalla smart-card che può essere interrogata da una pluralità di apparati.

Lo splitty ha, quale finalità unica o prevalente, quella di eludere il sistema di cifratura del segnale emesso dall'emittente satellitare e di consentire, così, anche a coloro che non hanno sottoscritto un regolare abbonamento, di visualizzare i programmi irradiati.

Sebbene l'apparato non sia un dispositivo di decodificazione, l'elusione fraudolenta del sistema di protezione si attua appunto attraverso il dispositivo, che consente di distribuire o condividere (to share) le chiavi di decifrazione contenute nella smart-card dall'utente abilitato a favore di altri utilizzatori non autorizzati.

In tal modo viene creata una vera e propria rete tra decoder che, seppur privi di altrettante smart-card, sono in grado di ottenere la decodifica per la visione abusiva dei programmi ad accesso condizionato, ai quali non avrebbero altrimenti accesso.

In evidenza

Integra il reato previsto dall'art. 171-ter, comma 1, lett. f)-bis, l. 633/1941 la vendita al pubblico di dispositivi sharer aventi la finalità di eludere il sistema di protezione dei segnali televisivi ad accesso condizionato, moltiplicando sia la ricezione del segnale per mezzo di pseudo smart-card alloggiate in ulteriori decoder collegati al sistema elettronico di condivisione che la fruizione dei programmi autonomamente visibili da ciascun utente, senza che il possesso di un regolare abbonamento possa escludere la natura abusiva delle utilità conseguibili dall'impiego della predetta apparecchiatura (Cass. pen., Sez. III, 14 novembre 2012, n.48639).

Lo scambio e la condivisione in rete delle opere d'ingegno

La tecnologia digitale ha introdotto modalità inedite, come le reti peer-to-peer, per mettere in collegamento le persone e per condividere le informazioni su scala globale.

Il servizio peer-to-peer basa il suo funzionamento sulla realizzazione di una diffusa rete di computer che condivide le proprie risorse multimediali, documenti, filmati, file audio ed immagini interagendo in modo diretto e paritario senza la necessità di server intermediari ma utilizzando semplicemente delle applicazioni software dedicate e non preventivamente organizzate.

L'esempio classico di peer-to-peer è la rete per la condivisione di risorse (file-sharing), che consente di duplicare e scaricare gratuitamente opere di ampio genere, come musica, programmi per elaboratore elettronico, videogiochi, film, libri o altro tra gli utenti che utilizzano lo stesso software.

L'art. 171 della Legge n. 633 del 1941, destinata a sanzionare il peer to peer, prevede uno speciale meccanismo estintivo laddove è stabilito che il responsabile “è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima dell'emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento”.

Il pagamento estingue il reato e mira, da un lato, ad assicurare l'effettività della normativa sul diritto d'autore e, dall'altro, a conseguire una consistente deflazione processuale: la speciale procedura estintiva è stata introdotta per semplificare l'accertamento e la repressione di condotte che presentano talvolta difficoltà pratiche e la dispersione di energie processuali.

È stato ritenuto responsabile della violazione della normativa sulla proprietà intellettuale a titolo di concorso nel reato di diffusione mediante la rete internet di un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore (art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) il titolare del sito web che, portando a conoscenza degli utenti le chiavi di accesso e le informazioni in ordine alla reperibilità, in tutto o in parte, dell'opera, consente agli stessi lo scambio dei file relativi mediante il sistema di comunicazione peer-to-peer (Cass. pen., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 49437).

Casistica

Trasmissioni radiofoniche

Integra il delitto di cui all'art. 171, lett. a), l. 633/1941 la condotta dell'emittente radiofonica che, pur avendo assolto gli obblighi di legge nei confronti degli autori e dei titolari dei diritti connessi, diffonda e riproduca brani musicali in violazione delle disposizioni contrattuali pattuite con l'associazione cui è demandata la tutela dei diritti dei produttori fonografici (Società Consortile Fonografici), omettendo di munirsi dei supporti originali da cui estrarre la c.d. copia tecnica (Cass. pen., Sez. III, 16 ottobre 2014, n. 2515).

Prova della abusiva duplicazione

La mancanza del contrassegno Siae non può valere come indizio dell'avvenuta consumazione dell'illecito di abusiva duplicazione o riproduzione dei supporti audiovisivi ma la prova di tale fatto può essere comunque raggiunta sulla base di una pluralità di elementi, come il rilevante numero di supporti posti in vendita, le modalità dell'offerta al pubblico (nella specie, nel corso di una fiera), l'utilizzo di copertine fotocopiate o contraffatte, il confezionamento, nonché l'assenza di loghi o marchi del produttore, non essendo invece necessario l'espletamento di una perizia o di un accertamento tecnico (Cass. pen., Sez. III, 18 luglio 2014, n. 45450).

Diffusione di opere con arrangiamenti personali

Il delitto di diffusione in pubblico di opere musicali senza autorizzazione non è escluso per il fatto che l'opera venga eseguita con arrangiamenti personali dell'interprete (Cass. pen., Sez. III, 28 febbraio 2013,n. 16181).

Poteri di accertamento delle violazioni

Il corpo della Guardia di finanza, nell'assolvere le funzioni di polizia economica e finanziaria, legittimamente procede, nell'attività di verifica, al sequestro di beni tutelati dalla proprietà intellettuale, poiché tra i poteri previsti dall'art. 2, lett. l) e m),d.lgs. 19 marzo 2001, n. 68 rientrano i compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di diritto d'autore e di ogni altro interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea (Cass. pen., Sez. III, 28 marzo 2012, n. 14026).

Danno di speciale tenuità

La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.) è configurabile anche con riferimento al delitto di cui all'art. 171-ter, l.633/1941 (abusiva duplicazione, riproduzione, vendita, cessione o noleggio di opere destinate al circuito cinematografico o televisivo, dischi, musicassette, videocassette e simili) qualora ricorrano simultaneamente la condizione del perseguimento (o del conseguimento), da parte dell'autore del reato, di un lucro di speciale tenuità e quella della produzione, a detrimento della persona offesa, di un evento dannoso o di una situazione di pericolo di speciale tenuità (Cass. pen., Sez. III,12 ottobre 2011, n. 2685).

Sommario