Deontologia

Andrea Mascherin
08 Settembre 2015

Ogni categoria professionale ha necessità di un canovaccio ben definito. Fatto di indicazioni, sugge­rimenti, istruzioni, avvertimenti, nella fisiologia preziosi, nella patologia cogenti. Le regole deontologiche aiutano magistrati e avvocati (non solo i giovani) a capire l'opportunità di un approfondimento effettivo,oltre che del quando e del perché, del cosa deve farsi e del come va fatto.
Inquadramento

Ogni categoria professionale ha necessità di un canovaccio ben definito. Fatto di indicazioni, suggerimenti, istruzioni, avvertimenti, nella fisiologia preziosi, nella patologia cogenti. Le regole deontologiche aiutano magistrati e avvocati (non solo i giovani) a capire l'opportunità di un approfondimento effettivo,oltre che del quando e del perché, del cosa deve farsi e del come va fatto.

Bisogna plaudire alle codificazioni. L'assenza di regole favoriva interpretazioni giurisprudenziali talora ostruzionistiche, lasciando al magistrato e all'avvocato l'onere di sciogliere i nodi della concreta esplicazione delle loro funzioni. E ciò con l'incertezza che derivava dalla opinabilità con cui si ovviava al silenzio del legislatore e con la disarmonia delle varie soluzioni interpretative prescelte dai singoli difensori. Quando mancano i confini dell'illecito, essi vengono posti inevitabilmente dagli organi disciplinari competenti, che però, interpretando le leggi, finiscono col determinarne il contenuto effettivo.

La qualità della funzione dei magistrati e degli avvocati dipende direttamente dalla dignità del processo. Giudici, difensori e P.M. hanno bisogno di credere nel sistema giustizia, dando fiduciosamente il loro contributo al suo funzionamento. I loro compiti concreti vanno analizzati e approfonditi, eventualmente mettendoli in discussione, alla ricerca di una condivisione dei principi deontologici a cui attenersi.

Circola da un po' di tempo nel mondo giudiziario un progetto ambizioso e insolito: la deontologia condivisa tra giudici, pubblici ministeri e avvocati. Gli uni consapevoli delle esigenze “funzionali” degli altri. Gli uni attenti ai problemi degli altri. Gli uni pronti a valutare le osservazioni che gli altri faranno ai precetti deontologici della loro categoria.

Si tratta di un segmento, pur rilevantissimo, di un'auspicabile formazione comune che potrebbe essere il passo successivo. Magistrati e avvocati hanno il dovere di battersi per trovare insieme un percorso di legalità che restituisca al processo quella efficienza che solamente nel rispetto dei principi costituzionali e delle garanzie del cittadino può ritenersi legittima. Non possono permetterci di rinunciare alla legalità e alla giustizia.

Nel mondo giudiziario, dunque, occorre tener conto della deontologia dei magistrati e di quella degli avvocati.

La prima è ora regolata dal cosiddetto “Codice etico della magistratura” approvato il 13 novembre 2010 dal Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati. La seconda si è rinnovata da poco: il 16 dicembre 2014 è entrato in vigore il nuovo “Codice deontologico forense”.

Ettore Randazzo

L'importanza del codice deontologico

La deontologia come formidabile strumento in mano all'avvocatura per affermare la propria specificità ed il proprio ruolo costituzionale.

Forse mai come in questo periodo storico, i principi di cui al codice deontologico assumono un ruolo decisivo per la difesa della funzione dell'avvocato da attacchi mercantilistici, sferrati con continuità e forza dai “sacerdoti del mercato a tutti i costi”.

Non è un caso se al centro delle iniziative del garante per la concorrenza vi sia il continuo assalto alla nostra deontologia ed ai concetti di dignità e decoro prima di tutto.

Secondo la visione del garante, e del sistema mercantilistico delle professioni, dignità e decoro devono essere considerati come strumenti anticoncorrenziali, criteri troppo generici attraverso i quali le istituzioni forensi impediscono agli avvocati di praticare una reciproca concorrenza “selvaggia”, senza eccessive regole.

Secondo questa dottrina il consumatore deve potersi rivolgere ad un avvocato anche di scarsa qualità, se così sceglie, purché costi poco, e dunque non deve potersi parlare di compensi indecorosi, di comportamenti non dignitosi, di divieto di pubblicità commerciale, in luogo di corretta informazione sull'attività esercitata.

Né è accettabile che l'avvocato possa invocare il diritto dovere alla propria autonomia ed indipendenza, ciò impedirebbe una concorrenza al ribasso, rendendo più difficile ricattare economicamente il professionista.

In poche parole, nessuna differenza deve esserci tra il mercato delle pentole antiaderenti ed il mercato della libera professione di avvocato, a nulla rilevando che una pentola antiaderente di scarsa qualità ed affidabilità al più comporti il rischio di bruciare la frittata, mentre l'errore dell'avvocato è errore che incide sulla libertà, sulla dignità, sulla sopravvivenza anche economica delle persone e delle imprese.

Riflettiamo su come sempre più si cerchi di allargare il campo dei servizi legali ad una pluralità di soggetti, che non siano avvocati, come società di recupero crediti, di risarcimento danni da sinistri stradali o errori professionali, mediatori, conciliatori, ecc. …

Ecco allora come l'elemento distintivo tra gli avvocati e altri operatori risulti essere proprio il codice deontologico, posto a tutela non della categoria professionale, ma del cittadino.

Il codice deontologico ha lo scopo di garantire all'utente un professionista qualificato, autonomo, indipendente, legato al segreto professionale, che eserciti con decoro la propria attività, vivendola come una funzione di rango costituzionale.

Tutt'altra cosa, a ben vedere, da chi, non avvocato, e svincolato da obblighi deontologici, può fornire la propria prestazione prescindendo da un titolo, dalla formazione, dall'aggiornamento, libero di farsi pubblicità di natura captatoria, piuttosto che informativa.

Da qui la grande importanza che riveste il nostro nuovo Ordinamento Professionale, la legge 247/2012, che all'articolo 3 elenca i caratteri distintivi della professione di avvocato; grande importanza perché i principi deontologici trovano sede in una legge speciale dello Stato e non va dimenticato come, sulla scorta dello stesso articolo, il codice deontologico debba essere pubblicato, come infatti è accaduto, sulla G.U.

Come detto, il richiamato articolo 3 fissa i pilastri della professione: “L'esercizio della professione di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L'avvocato ha l'obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti.

La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.”.

Così come l'articolo 6 rafforza il dovere del segreto professionale e dell'obbligo di riservatezza.

L' articolo 9 e l'articolo 11 operano sulla qualità, disciplinando le specializzazioni e la formazione continua.

L'articolo 10 distingue chiaramente tra la “pubblicità” di carattere rigorosamente informativa, che deve distinguere quella dell'avvocato, da quella commerciale, propria delle attività strettamente d'impresa.

Articoli quelli richiamati, che vanno ad illustrare i dettami sulla professione fissati negli articoli 1 e 2, secondo i quali alla professione forense va riconosciuta la specificità della funzione difensiva, in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è diretta.

Per il nostro Ordinamento, solo un avvocato libero, autonomo ed indipendente può garantire al cittadino l'effettività della tutela dei diritti.

Come detto, l'Ordinamento Professionale demanda poi al codice deontologico la declinazione di quei principi che con tanta forza vengono affermati, in evidente contrasto con tutte le dottrine mercantilistiche che abbiamo richiamato.

E però la legge dello Stato, così come il codice deontologico, non bastano, se l'avvocatura non ne fa il proprio segno distintivo, a difesa di quell'alta funzione che la norma speciale le riconosce e le assegna.

Ciò vale per ogni avvocato, qualsiasi sia la materia trattata, e più che mai vale per l'avvocato penalista quotidianamente impegnato a difesa dell'essere.

Un codice predisposto dal C.N.F. con l'ausilio di Ordini e associazioni specialistiche, come la Camera Penale, che si distingue da quello del passato per una marcata, anche se non assoluta, tipizzazione delle fattispecie di illecito e delle sanzioni.

Andrea Mascherin

Funzione e deontologia dell'avvocato penalista

Il nuovo codice è stato approvato dal Consiglio nazionale forense in seduta plenaria in data 31 gennaio 2014, pubblicato in G.U. in data 16 ottobre 2014, ed è in vigore dal 15 dicembre 2014.

Il codice si compone di 73 articoli e 7 titoli, alcuni articoli, più di altri, riguardano l'avvocato penalista.

L'articolo 1 prevede come l'avvocato debba tutelare in ogni sede il diritto alla libertà, l'inviolabilità e l'effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contradditorio.

L'articolo 10 tratta del dovere di fedeltà, e dunque l'avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela e nell'interesse della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa.

L'articolo 11 prescrive come l'avvocato iscritto nell'elenco dei difensori di ufficio, quando nominato, non possa, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla, e più avanti l'articolo 26 dispone che il difensore nominato d'ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, debba darne tempestiva e motivata comunicazione alla autorità procedente, ovvero incaricare della difesa un collega.

Così come, sempre secondo l'articolo 11, l'avvocato iscritto nell'elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato, non possa rifiutare la nomina o recedere dall'incarico conferito dal non abbiente, se non per giustificato motivo.

L'articolo 18 tratta dei rapporti con gli organi di informazione, disponendo che in tali occasioni l'avvocato debba ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza. Sappiamo bene quanto sia delicato ed attuale il tema.

L'articolo 28 tratta del segreto professionale e dei casi in cui è consentito derogarvi.

L'articolo 46, tratta fra l'altro dei doveri dell'avvocato nominato di fiducia nei confronti del difensore d'ufficio.

Sempre l'articolo 46 si occupa dei doveri derivanti dalle difese congiunte.

Ancora, l'articolo 49 delinea le incompatibilità che possono derivare dall'assunzione della difesa contemporanea di più coindagati o coimputati.

L'articolo 50 affronta la delicata tematica del dovere di verità, disciplinandone i limiti, in particolare con riferimento alla produzione e all'utilizzo di prove che risultino essere false.

L'articolo 55, affronta un altro tema assai delicato, che è quello della individuazione delle regole che l'avvocato deve rispettare nei rapporti con il testimone.

Così come l'articolo 56 detta rigorosi precetti quanto alle modalità di ascolto del minore.

Il codice si occupa ovviamente anche dei rapporti tra l'avvocato e le controparti e tra l'avvocato e il magistrato.

Il ritratto di difensore tracciato dal codice, è quello di un professionista, qualificato, indipendente, garante dei diritti e del giusto processo, fedele al cliente, ma con piena autonomia intellettuale, e rispettoso dei limiti posti dalla legge e dall'etica professionale, un avvocato che da e pretende rispetto dai magistrati.

Non vi è chi non veda come un avvocato con tale caratteristiche sia uno straordinario interprete di una democrazia dei diritti avanzata, una figura sociale che non può che essere di riferimento per i cittadini.

Probabilmente il segreto per superare i pregiudizi che spesso accompagnano il lavoro del difensore, sta proprio nel modellarsi sul tipo di avvocato che emerge dalle regole deontologiche.

La deontologia come strumento di specificità, che diventa il marchio distintivo di una funzione alta, e che si modella con il trascorrere dei tempi, adattandosi al presente, non abbandonando le nostre straordinarie radici umanistiche, e guardando al futuro.

Un futuro degno della grande e non eguagliabile storia dell'avvocatura.

Andrea Mascherin

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