Furto

Chiara Fiandanese
25 Luglio 2017

La riforma attuata con la legge Orlando (l. 23 giugno 2017, n. 103) è intervenuta anche con riferimento al reato di furto per aggravarne la risposta sanzionatoria: per le fattispecie di furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis c.p.), già punite con la reclusione da uno a sei anni e la multa da euro 309 a euro 1.032, si passa alla reclusione da tre a sei anni ed alla multa da euro 927 a euro 1.500. Per le ipotesi aggravate di cui al terzo comma (già punite con reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 206 a euro 1.549) viene prevista la reclusione da quattro a dieci anni e la multa da euro 927 a euro 2.000.
Inquadramento

Il delitto di furto ex art. 624 c.p. è collocato nel Titolo XIII del Libro II, Capo I del codice penale che riguarda i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle cose o alle persone.

Tale delitto al comma 1 individua la condotta posta in essere da colui che si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, con lo scopo di trarne un profitto per sé o per altri.

Il comma 2 specifica che, per cosa mobile, si deve intendere anche l'energia elettrica e ogni altra energia che ha un valore economico.

Il reato di furto è procedibile a querela della persona offesa, a meno che ricorra l'aggravante dell'aver cagionato un danno di rilevante gravità (art. 61 n.7 c.p.) o una delle aggravanti previste dall'art. 625 c.p.

La riforma attuata con la legge Orlando (l. 23 giugno 2017, n. 103) è intervenuta anche con riferimento al reato di furto per aggravarne la risposta sanzionatoria: per le fattispecie di furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis c.p.), già punite con la reclusione da uno a sei anni e la multa da euro 309 a euro 1.032, si passa alla reclusione da tre a sei anni ed alla multa da euro 927 a euro 1.500. Per le ipotesi aggravate di cui al terzo comma (già punite con reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 206 a euro 1.549) viene prevista la reclusione da quattro a dieci anni e la multa da euro 927 a euro 2.000. Viene, infine, aggiunto, con l'introduzione di un nuovo comma, il divieto di equivalenza e prevalenza delle attenuanti con le aggravanti di cui all'art. 625 c.p. (ad eccezione delle attenuanti di cui agli articoli 98 e 625-bis c.p.), con la conseguenza che le relative diminuzioni di pena si opereranno sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle aggravanti di cui all'art. 625. Rispetto alle stesse aggravanti ex art. 625 c.p. si prevede un più severo aumento di pena, passandosi dall'attuale reclusione da uno a sei anni e multa da euro 103 a euro 1.032 alla reclusione da due a sei anni e multa da euro 927 a euro 1.500.

Il bene giuridico protetto

La dottrina ha molto dibattuto negli anni in merito alla individuazione del bene giuridico protetto dalla norma. A tutt'oggi rimangono ancora delle incertezze.

Secondo la dottrina tradizionale esso si identifica nella proprietà intesa quale relazione di diritto che si instaura tra il soggetto e il bene.

L'orientamento predominante e attuale lo identifica nel possesso o nella detenzione, intesi come mere relazioni di fatto che intercorrono tra la cosa e il soggetto.

Il bene giuridico protetto dal delitto di furto, quindi, è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento ma anche nel possesso, inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità, che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito (Cass. pen., Sez. unite, n. 40354/2013). Questa ampia nozione, ha importanti riflessi per ciò che riguarda la legittimazione a proporre querela poiché anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, tale legittimazione.

I soggetti

Il soggetto attivo può essere chiunque si rende colpevole dei fatti descritti. Si tratta, pertanto, di un reato comune.

Soggetto passivo è, invece, colui che ha un rapporto giuridicamente rilevante con la cosa che viene sottratta; è sia il proprietario che il possessore. Secondo una parte della dottrina, se la cosa viene sottratta ad un soggetto che non ha alcun diritto su di essa, egli potrà considerarsi solo come soggetto danneggiato dal reato come nel famoso caso del ladro quando altri si impossessi della cosa da lui precedentemente sottratta. La nozione di persona offesa, ossia di soggetto passivo del reato, e di danneggiato non coincidono; l'una è propria del diritto penale in quanto attiene ad un elemento strutturale del reato, l'altra concerne il riflesso privatistico dell'illecito penale. Persona offesa dal delitto di furto è chi sia stato spossessato della cosa, ossia il detentore; il proprietario è soggetto passivo del reato in quanto sia anche detentore, diversamente è soltanto un danneggiato dal reato.

La cosa mobile altrui

Oggetto materiale della condotta di sottrazione ed impossessamento è la cosa mobile altrui.

Per la definizione giuridica di cosa mobile si deve fare riferimento all'art. 812 c.c.che elenca quali sono i beni immobili, ritenendo beni mobili tutti gli altri. Inoltre, in base all'art. 624, comma 2 c.p., agli effetti della legge penale si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che ha valore economico. L'art. 814 c.c. dispone che sono da considerarsi beni mobili anche le energie naturali che hanno valore economico quali l'energia termica, radio-elettrica, genetica e da lavoro.

Secondo la suprema Corte, in tema di reati contro il patrimonio, per cosa mobile deve intendersi qualsiasi entità di cui sia possibile la fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione e che sia in grado di spostarsi autonomamente ovvero di essere trasportata da un luogo ad un altro, compresa quella che, pur non mobile originariamente, sia resa tale mediante l'avulsione o l'enucleazione dal complesso immobiliare di cui faceva parte (Cass. pen., Sez. II, 1 giugno 2010,n. 20647).

Sono esclusi dalle cose mobili i beni immateriali salvo che siano incorporati in supporti materiali tali da diventare una cosa sola con il supporto che le contiene, i dati informatici e la fauna ittica.

Per altrui, deve intendersi la cosa che fa parte del patrimonio di un soggetto diverso dall'agente. Il requisito dell'altruità di cui all'art. 624 c.p. è ravvisabile ogni volta che vi sia almeno un soggetto, diverso dall'agente, il quale, al momento del fatto, sia legato alla cosa stessa da un'effettiva relazione di interesse.

In evidenza

Nel reato di furto, il bene oggetto della condotta criminosa non deve essere considerato unicamente nella sua semplice consistenza materiale ma è necessario far riferimento anche alla normale destinazione d'uso di esso, equipollente al profitto illecito che ne trae colui che se ne è impossessato.(Nella fattispecie, relativa a condanna per tentato furto avente ad oggetto etichette omaggio staccate da confezioni di pasta esposte sui banchi di un supermercato, la Corte ha osservato che non è corretto far riferimento soltanto al valore del pezzo di carta, ma occorre considerare le caratteristiche della cosa, destinata a far conseguire al possessore l'acquisto gratuito di altro prodotto. Cass. pen., Sez. V, 26 ottobre 1998, n. 11235).

Condotta di sottrazione e di spossessamento

La condotta tipica descritta dalla norma è di sottrazione e di impossessamento.

Per sottrazione si deve intendere l'azione che priva il soggetto passivo non consenziente della disponibilità di una determinata cosa. Per la configurazione del delitto di furto, tale azione deve essere priva di violenza sulla persona e di spirito intimidatorio.

Per impossessamento deve intendersi il momento in cui il soggetto agente acquista un potere autonomo sulla cosa.

Sulla coincidenza o meno di questi due momenti, la dottrina dibatte da anni. Secondo l'orientamento maggioritario, sono due momenti logicamente e cronologicamente distinti e, quindi, non è sufficiente per verificarsi l'impossessamento, che un soggetto sottragga una cosa, ma è necessario che sulla cosa stessa egli acquisti una signoria autonoma ed indipendente.

Secondo l'orientamento minoritario, invece, questi due momenti coincidono poiché il momento consumativo del furto coinciderebbe con il conseguimento della disponibilità materiale della cosa da parte dell'agente, essendo irrilevante sia l'elemento spaziale che temporale.

La sottrazione, dunque, se guardata dal lato del soggetto passivo coincide con lo spossessamento, mentre da quello del soggetto attivo è la condizione che consente l'instaurazione di una nuova relazione di godimento con la cosa, ovvero l'impossessamento (Manuale di diritto penale – parte speciale, 2016, Roma 2015, Caringella, De Palma, Farini, Trinci,1236).

La giurisprudenza può dirsi consolidata sulla scissione della sottrazione dall'impossessamento come si desume dalla sentenza delle Sezioni unite n. 52117/2014 che si analizzerà più avanti nel capitolo “furto nel supermercato”.

Elemento soggettivo

L'elemento psicologico richiesto per il reato di furto è il dolo specifico che si identifica nella coscienza e volontà di sottrarre la cosa mobile altrui ed impossessarsene al fine di trarne profitto per sé o per altri.

Il concetto di profitto va inteso in senso ampio, così da comprendervi non solo il vantaggio di natura puramente economica, ma anche quello di natura non patrimoniale, realizzabile con l'impossessamento della cosa mobile altrui commesso con coscienza e volontà in danno della persona offesa.

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui la cosa che viene sottratta al detentore e viene sottoposta ad un effettivo impossessamento da parte del soggetto agente che dovrà instaurare sulla cosa un'autonoma signoria.

Per la consumazione del reato di furto è sufficiente che la cosa sottratta sia passata sotto il dominio esclusivo dell'agente anche se per breve tempo e senza spostamento dal luogo della sottrazione.

Il tentativo è configurabile ed il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che il soggetto attivo consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva

In evidenza

In tema di furto, qualora l'agente, operando in un medesimo contesto temporale e spaziale, si impossessi di una parte dei beni e non riesca, per cause indipendenti dalla sua volontà, ad impossessarsi di altri esistenti nello stesso luogo, si realizza un solo reato consumato, non potendosi ravvisare nel fatto nè l'ipotesi del tentativo nè quella di furto consumato in concorso con il tentativo (Cass. pen., Sez.V, 26 luglio 2013, n. 32786).

Furto nel supermercato

Una questione su cui si è molto dibattuto, è stata se la condotta di sottrazione di merce all'interno di un supermercato, avvenuta sotto il costantecontrollo del personale di vigilanza, fosse qualificabile come furtoconsumatoo tentato, allorché l'autore sia stato fermato dopoil superamento della barriera della casse con la merce sottratta.

Secondo un primo orientamento, si ha furto consumato, e non tentato, se con la merce prelevata dai banchi di un supermercato e sottratta al pagamento si supera la barriera delle casse, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza. Il momento consumativo del reato, in tal caso, è ravvisabile nel momento dell'apprensione della merce, che si realizza certamente quando l'agente abbia superato la barriera delle casse senza pagare il prezzo, ma anche prima, allorché la merce venga dall'agente nascosta in tasca o nella borsa, così da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare (Cass. pen., n. 7235/2004; Cass. pen., n. 27631/2010; Cass. pen., n. 37242/2010; Cass. pen., n. 7086/2011; Cass. pen., n.20838/2013; Cass. pen., n. 7062/2014).

Secondo un contrastante orientamento, invece, quando l'avente diritto o persona da lui incaricata sorvegli le fasi dell'azione furtiva, così da poterla interrompere in ogni momento, il delitto non è consumato neanche con l'occultamento della cosa sulla persona del colpevole. Ciò perché la cosa non è ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto dell'offeso (Cass. pen., n. 11947/1992; Cass. pen., n. 31461/2002; Cass. pen., n. 11592/2010; Cass. pen.n. 2151/2013).

Tale contrasto, è stato risolto recentemente dalle Sezioni unite che si sono espresse chiarendo che in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo "in continenti", impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo(Sez. unite n. 52117/2014).

Circostanze aggravanti

L'art. 625 c.p. prevede un'elencazione di ipotesi di aggravanti ad effetto speciale per il delitto di furto:

1. Quando viene usata violenza sulle cose, configurabile tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attività di ripristino; o quando viene fatto uso di un qualsiasi mezzo fraudolento, inteso come qualunque azione insidiosa, improntata ad astuzia o scaltrezza, atta a soverchiare o sorprendere la contraria volontà del detentore della cosa, eludendo gli accorgimenti predisposti dal soggetto passivo a difesa della stessa, come avviene nel caso di introduzione nel luogo del furto per via diversa da quella ordinaria.

Nel reato di furto, l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante nel caso di occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita self-service. Cass. pen., Sez. unite, 30 settembre 2013, n. 40354).

2. Se il soggetto attivo, durante la commissione del reato, porta indosso armi o narcotici senza farne uso; per armi si intendono quelle previste dall'art. 585 c.p. e non solo (si rimanda alla bussola sulle armi) e per narcotici devono intendersi quelle sostanze stupefacenti o analgesiche che inducono in una condizione di sonnolenza, narcosi o anestesia diminuendo o annullando la capacità del soggetto passivo di difendersi.

3. Se il fatto viene commesso con destrezza. Nella giurisprudenza ha ricevuto concorde soluzione il caso in cui la distrazione della vittima è provocata dall'agente o da suoi complici, anche se non imputabili, come nel caso di minori in giovane età, che creino azioni di disturbo, oppure impegnino l'attenzione della persona offesa, concentrandola in un punto o in comportamento specifico per distoglierla dalla vigilanza sul proprio bene. Si è riconosciuta la destrezza per l'approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata per allentare la sorveglianza e neutralizzarne gli effetti (Sez. III, 8 maggio 2007, n. 35872; Sez. IV, 17 marzo 2009, n. 13074; Sez. V, 2 dicembre 2010, n. 10144; Sez. V, 30 ottobre 2013, n. 640). Tali situazioni presentano l'unico tema problematico della distinzione della circostanza aggravante della destrezza da quella dell'uso del mezzo fraudolento: sul punto la giurisprudenza ha affermato (Sez. IV, 12 aprile 2013, n. 21299; Sez. V, 2 dicembre 2010, n. 10144; Sez. II, 20 marzo 1973, n. 8071), la loro piena compatibilità. Esse descrivono, infatti, modelli di agente prossimi ma non coincidenti, dal momento che la prima circostanza si caratterizza per la rapidità dell'azione nell'impossessamento, non potuto percepire dalla persona offesa appositamente distratta, la seconda per la particolare scaltrezza nell'attività preparatoria, concertata ed attuata mediante qualche comportamento richiedente la presenza del possessore, idonea ad eluderne la vigilanza ed i mezzi approntati a difesa dei suoi beni. Ben diversa è la situazione concreta che si presenta quando l'agente non operi per creare le condizioni favorevoli alla sottrazione, ma si limiti a percepirle nella realtà fenomenologica a lui esterna ed a volgerle a proprio favore, inserendovi la propria azione appropriativa del bene altrui. A fronte di un contrasto di giurisprudenza sono intervenute le Sezioni unite (27 aprile 2017, n. 34090), che hanno affermato il seguente principio di diritto: la circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625, comma 1, n. 4, c.p., richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa.

4. Il comma 1 n. 4 prevede tre ipotesi:

  • se il fatto è commesso da tre o più persone. Secondo la giurisprudenza tale aggravante non richiede necessariamente né che si tratti di persone riunite né che i correi siano stati esecutori materiali, posto che la ragione dell'aggravante consiste nel pericolo della delinquenza associata, che si manifesta con uguale intensità e maggiore accentuazione sia nel caso in cui il furto venga eseguito da più persone riunite, sia nel caso in cui l'impresa criminosa venga divisa ed organizzata con la partecipazione morale di più soggetti, comunque cooperanti alla riuscita o alla vantaggiosa utilizzazione del delitto progettato; secondo la dottrina, invece, si deve fare riferimento solo agli autori materiali del reato e non a tutti quelli che concorrono ex art. 110 c.p. alla sua realizzazione.
  • Se il fatto è commesso da persona travisata, dove per travisamento deve intendersi l'alterazione delle sembianze del volto e dell'aspetto esteriore tale da rendere irriconoscibile il soggetto attivo.
  • Se il fatto è commesso simulando la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Tale aggravante sussiste se il soggetto attivo non ricopre tale qualità. Nel caso in cui, invece, la ricopra effettivamente ma ne abusa, si configura l'aggravante prevista dall'art. 61,comma 1 n.9 c.p.

5. Se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicolo, nelle stazioni, negli scali o nelle banchine, negli alberghi o in altri esercizi dove si somministrano cibi o bevande.

In evidenza

Integra il reato di furto aggravato ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 6 c.p. (fatto commesso sul bagaglio dei viaggiatori), la condotta di colui che si impossessi della borsa contenente documenti e valori collocata dalla persona offesa a bordo della propria autovettura, considerato che quest'ultima si qualifica viaggiatore anche se utilizzi per gli spostamenti il proprio veicolo – essendo, a tal fine, rilevante non già l'entità della distanza percorsa o le ragioni del percorso ma lo spostamento in sé – e che anche, in tal caso, l'attenzione alle implicazioni del viaggio allenta il controllo sul proprio bagaglio che può ben consistere in una borsa che contenga documenti o valori, dovendosi intendere per bagaglio le cose che il viaggiatore porta per le proprie necessità, comodità o utilità personali o, comunque, attinenti alla propria attività lavorativa o alla finalità del viaggio (Cass. pen., Sez. V, 27 ottobre 2014, n. 44820)

6. Il comma 1 n. 7 prevede quattro ipotesi:

  • se il fatto è commesso su cose che si trovano all'interno di un ufficio pubblico, inteso come il luogo stabile o ambulante dove possono essere espletate determinate attività e la sua destinazione mira allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguita, direttamente o indirettamente, dallo Stato o da altro ente pubblico; o di uno stabilimento pubblico, inteso come un complesso più vasto dotato di macchinari e di strumenti utili all'esercizio di un pubblico ufficio, comprese anche le parti accessorie degli edifici destinati all'esplicazione di pubbliche attività, come le scale, gli ingressi, i corridoi, i giardini, che rispetto ai medesimi edifici hanno una funzione sussidiaria e complementare.
    Tale aggravante è configurabile anche quando il fatto sia stato commesso su cosa esistente in ufficio o stabilimento pubblico, anche nel caso in cui la cosa sottratta non appartenga al detto ufficio o stabilimento o ad alcuna delle persone che vi siano addette, come pure quando non abbia attinenza con le funzioni o le attività che vi vengono svolte, in quanto la ragion d'essere dell'aggravante consiste nella necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla P.A. e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano nei suoi uffici.
  • Se le cose sono sottoposte a sequestro o pignoramento.
  • Se le cose sono esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione.
    Per esposizione alla fede pubblica si intende ciò che è disposto in un luogo accessibile, al di fuori di un diretto potere di controllo e custodia da parte del titolare ed affidate alla correttezza dei consociati e al loro rispetto verso la proprietà ed il possesso altrui (ad esempio le offerte contenute nella cassetta posta all'interno di una chiesa, la frutta esposta sui banchi di un mercato). La circostanza aggravante della pubblica fede sussiste anche nel caso in cui la cosa si trova in luoghi privati ma aperti al pubblico ed è soggetta a sorveglianza saltuaria, posto che la ragione dell'aggravamento consiste nella volontà di apprestare una più elevata tutela alle cose mobili lasciate dal possessore, in modo temporaneo o permanente, senza custodia continua.
    La suddetta circostanza aggravante è configurabile anche nel caso di cose esposte alla pubblica fede per fatto umano o per condizione naturale, non essendo necessariamente richiesta la volontà del proprietario o possessore di esporre il bene alla pubblica fede, che può derivare anche da una condizione originaria della cosa e non dipendere dall'opera dell'uomo.
    La necessità si individua nel fatto che il soggetto è costretto a lasciare la cosa incustodita; non ricomprende soltanto i beni esposti per destinazione o consuetudine, ma anche quei beni che in tale condizione si trovino in ragione di impellenti bisogni della vita quotidiana ai quali l'offeso è chiamato a far fronte (ad esempio il furto di un portafoglio lasciato in un furgone con la portiera aperta, parcheggiato al fianco di una barca nella quale la persona offesa effettuava le pulizie, al fine di permettere il diretto collegamento delle apparecchiature necessarie, all'imbarcazione medesima). La consuetudine deve essere intesa non nel senso tecnico di fonte sussidiaria del diritto, ma nel significato di pratica di fatto che rientra negli usi e nelle abitudini sociali (ad esempio la sottrazione di un portafoglio dall'interno di una borsa da donna, lasciata aperta e poggiata su una poltroncina di una discoteca, rientrando nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustodita la propria borsa da parte di chi in discoteca abbandoni temporaneamente il posto per andare a ballare). La destinazione, invece, discende dalla volontà dell'uomo o dalla natura della cosa, dovuta sia all'uso che si fa di essa oppure dal luogo in cui essa è naturalmente collocata e non può essere spostata (ad esempio le reti buttate in mare dai pescatori o i distributori automatici).
  • Se le cose sono destinate a pubblico servizio, intese come quelle la cui destinazione è per un servizio fruibile dal pubblico (ad esempio la sottrazione di cavi serventi alla circolazione ferroviaria); alla pubblica utilità cioè le cose che assolvono funzioni utili alla collettività (ad esempio gli alberi appartenenti ad un comune e adibiti a una funzione ornamentale); alla pubblica difesa, cioè i beni di carattere militare e le cose predisposte a difesa di pericoli per la incolumità delle persone (ad esempio uscite di sicurezza, semafori, antenna radar); alla pubblica reverenza, cioè le cose che hanno una funzione di culto o di devozione, in quanto rispettate dalla generalità dei consociati per essere espressione del sentimento religioso o di elevati valori civili, non essendo, invece, sufficiente la sola circostanza che esse si trovino in un luogo di culto ( ad esempio sono escluse le ginocchiere, le cassette per le elemosina).

7. se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica; tale aggravante è stata inserita al n. 7-bis del comma 1 dall'art. 8 del d.l. 93/2013 conv. nella l. 119/2013.

8. Il comma 1 n. 8 prevede due ipotesi:

  • se oggetto del reato di furto sono tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria.
  • Se oggetto del reato sono animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria. In questo caso, la predetta aggravante è integrata anche dal furto di un solo animale.

9. Se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto. Tale aggravante è stata inserita al n. 8 bis del comma 1 dall'art. 3, comma 26, della l. 94/2009.

10. Se il fatto è commesso nei confronti di un soggetto che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Tale aggravante è stata inserita al n. 8-ter del comma 1 dall'art. 3, comma 26, della l. 94/2009.

L'ultimo comma dell'art. 625 c.p. dispone che le citate aggravanti possono anche concorrere tra loro oppure che una di esse possa concorrere con una delle circostanze aggravanti comuni previste dall'art. 61 c.p.

***

In merito all'aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 5 c.p., vi sono due orientamenti contrastanti. Secondo il primo, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa se il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata (Cass. pen., Sez. II, 1 febbraio 2011, n. 3598).

Secondo un recente orientamento, invece, la commissione del furto in ora notturna integra di per sé gli estremi dell'aggravante di minorata difesa (Cass. pen., Sez. V, 22 luglio 2015, n. 32244).

L'art. 4 della l. 533/1977, prevede, inoltre, che Se il fatto previsto dall'articolo 624 del codice penale è commesso su armi, munizioni od esplosivi nelle armerie ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia di armi, si procede d'ufficio e si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni e della multa da lire quattrocentomila a lire tre milioni. 2. Se concorre, inoltre, taluna delle circostanze previste dall'articolo 61 o dall'articolo 625, numeri 2), 3), 4), 5) e 7), del codice penale, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni e della multa da lire due milioni a lire sei milioni.

Circostanze attenuanti

L'art. 625-bis c.p. prevede una circostanza attenuante nel caso in cui il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l'individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare.

Ai fini del riconoscimento è rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice, censurabile in sede di legittimità nei limiti consentiti dall'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., la valutazione relativa ad utilità e concretezza del contributo collaborativo fornito dal colpevole per individuare i complici del reato.

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità ex art. 62 n.4 c.p. rilevano, oltre al valore economico della cosa, anche gli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa complessivamente valutata.

In evidenza

In tema di furto di energia elettrica in utenza domestica, l'attenuante del danno di particolare lievità non può, di regola, essere concessa in quanto nelle abitazioni l'appropriazione illecita di energia avviene con flusso continuo e la consumazione del reato deve ritenersi protratta per tutto il periodo in cui la casa venga abitata (Cass. pen., Sez. IV, 5 maggio 2009, n. 18485).

Dibattuta è la questione se l'attenuante prevista dall'art. 62 n. 4 c.p. si possa configurare con l'ipotesi tentata. Secondo un primo orientamento non si applica al delitto tentato, in quanto il danno patrimoniale non è elemento costitutivo dell'ipotesi delittuosa (Cass. pen., Sez. II, n. 7034 del 13 febbraio 2014). Secondo un orientamento contrastante, invece, nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità è configurabile anche per il delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico, che, se il reato fosse stato riportato a compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima (Cass. pen., Sez. V, 13 ottobre 2014, n. 42819).

Non è, invece, applicabile al tentativo di furto, l'attenuante della riparazione del danno ex art. 62 n. 6 c.p., in quanto essa presuppone la consumazione del reato e l'esistenza di un danno conseguente alla sottrazione della cosa (Cass. pen., Sez. IV, 21 dicembre 2011, n. 47500).

Rapporto con altri reati

La differenza tra il delitto di furto e il delitto previsto dall'art. 646 c.p., risiede nel fatto che il presupposto del delitto di appropriazione indebita è costituito da un preesistente possesso della cosa altrui da parte dell'agente, cioè da una situazione di fatto che si concretizza nell'esercizio di un potere autonomo sulla cosa, al di fuori dei poteri di vigilanza e di custodia che spettano giuridicamente al proprietario.

Quando sussiste un semplice rapporto materiale con la cosa, determinato da un affidamento condizionato e conseguente ad un preciso rapporto di lavoro, soggetto ad una specifica regolamentazione, che non attribuisca all'agente alcun potere di autonoma disponibilità sulla cosa medesima, si versa nell'ipotesi di furto e non in quella di appropriazione indebita.

Il reato di furto si differenzia dal reato di rapina ex art. 628 c.p. in quanto è assente la violenza sulla persona.

Si differenzia, inoltre, dal reato previsto dall'art. 640 c.p., in quanto la condotta è costituita dalla sottrazione con conseguente impossessamento, mentre nella truffa il soggetto passivo, vittima di artifici e raggiri, consegna spontaneamente la cosa al truffatore.

Il reato di peculato ex art. 314 c.p. e quello di furto sono strutturalmente diversi quanto ad elementi costitutivi. Infatti nel furto l'impossessamento della cosa altrui avviene invito domino, vale a dire, attraverso la sottrazione della res a chi la detiene; nel peculato, viceversa, l'agente ha la disponibilità del bene per ragioni del suo ufficio.

Il delitto di furto può concorrere con il reato di soppressione, distruzione o occultamento di documenti vari ex art. 490 c.p. quando la distruzione di un documento viene commessa dopo la sottrazione dello stesso, essendo distinte e diverse le due condotte di furto e falso per soppressione.

In evidenza

In tema di furto di documenti, non sussiste il concorso tra il reato di furto e quello di falso per soppressione qualora vi sia contestualità cronologica tra sottrazione e distruzione e l'azione sia stata compiuta all'unico scopo di eliminare la prova del diritto, in quanto, in tal caso, la sottrazione deve essere considerata come un antefatto non punibile, destinato ad essere assorbito nella condotta unitaria finalisticamente individuata dallo scopo unico che anima ab initio la volontà e coscienza dell'agente, e che caratterizza la fattispecie criminosa di cui all'art. 490 c.p. (Cass. pen., Sez. V, 24 marzo 2014, n. 13836)

Profili processuali

Procedibilità. Il delitto di furto nella forma semplice è procedibile a querela.

Molto dibattuta è stata la questione sulla validità della querela fatta dal semplice direttore di un punto vendita di un supermercato. Le Sezioni unite hanno risolto il contrasto affermando che Il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso - inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità - che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela (Cass. pen., Sez. unite, 30 settembre 2013, n. 40354).

Nell'ipotesi aggravata, invece, il reato di furto è procedibile d'ufficio. È importante tenere presente che, la ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti all'esito del giudizio di comparazione, influendo solo sulla determinazione della pena e non anche sulla connotazione giuridica della condotta delittuosa, non rende il reato perseguibile a querela di parte, quando questa sia prevista per l'ipotesi non circostanziata.

La denuncia formalmente presentata per un fatto originariamente qualificato come perseguibile d'ufficio, e poi ritenuto, invece, integrativo di un reato perseguibile a querela, è idonea ad assumere anche valore di querela, sempre che essa non si limiti alla mera esposizione dei fatti, ma esprima la volontà che, indipendentemente dalla loro apparente qualificazione giuridica, si proceda nei confronti del responsabile.

L'art. 626 c.p. al comma 1, elenca altre ipotesi di furto procedibili a querela della persona offesa nel caso in cui:

  • il colpevole ha agito con il solo scopo di usare momentaneamente la cosa sottratta e l'ha restituita immediatamente (furto d'uso). Il furto d'uso presuppone una restituzione spontanea della refurtiva dopo l'uso momentaneo, con la conseguenza che tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà del colpevole, che determinano una coazione o impediscono la restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto.
  • Se il fatto è stato commesso su cose di tenue valore per provvedere a un grave e urgente bisogno (furto lieve per bisogno). Per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa.
  • Se il fatto è consistito nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto. Per spigolare si intende raccogliere le spighe rimaste sul campo dopo la mietitura; per rastrellare si intende ammucchiare o raccogliere qualcosa utilizzando il rastrello; per raspollare si intende la raccolta di grappoli d'uva sfuggiti alla vendemmia. Tale ipotesi è configurabile quando siano state effettuate le operazioni di raccolta e ad esse siano sfuggiti residui suscettibili di apprensione da parte dell'avente diritto mediante ulteriore raccolta. Ne deriva che tale ipotesi non è, invece, configurabile quando le operazioni di raccolta non siano state compiute ed a maggior ragione quando il ciclo di raccolta dei frutti non sia neppure iniziato, sussistendo, in tal caso l'ipotesi di furto comune di cui all'art. 624 c.p.

A norma del comma 2 dell'art. 626 c.p., le ipotesi previste dal comma 1, non si applicano nel caso in cui concorrono le circostanze aggravanti previste dall'art. 625, comma 1 n.1, 2, 3 e 4.

Le prove. Per quanto riguarda la prova del reato, bisogna tenere presente che il solo possesso delle cose rubate, non costituisce di per se stessa prova. Infatti, risponde di ricettazione l'imputato, che, trovato nella disponibilità della refurtiva, in assenza di elementi probatori univocamente indicativi del suo coinvolgimento nella commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell'origine della predetta disponibilità.

Giudizio di appello. Inoltre, per ciò che riguarda il giudizio di appello, il giudice può procedere alla riqualificazione giuridica del fatto nel rispetto del principio del giusto processo previsto dall'art. 6 Cedu, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, anche senza disporre una rinnovazione totale o parziale dell'istruttoria dibattimentale, sempre che sia sufficientemente prevedibile la ridefinizione dell'accusa inizialmente formulata, che il condannato sia in condizione di far valere le proprie ragioni in merito alla nuova definizione giuridica del fatto e che questa non comporti una modifica "in peius" del trattamento sanzionatorio e del computo della prescrizione.

Casistica

Sottrazione di cosa rubata

Integra il delitto di furto semplice, la condotta di colui che sottragga una cosa rubata, perché essa, ancorché abbandonata dal ladro, non costituisce "res derelicta" appropriabile da chiunque, considerato che non vi è abbandono senza una volontà in tal senso dell'avente diritto, che nella specie è il proprietario (Cass. pen., Sez. V, 24 luglio 2012, n. 30321)

Documento di identità smarrito

Integra sempre il delitto di furto, l'impossessamento di un documento di identità, anche se smarrito dal suo titolare (Cass. pen., Sez. II, 30 aprile 2013, n. 18875)

Assegni o carta di credito smarriti

Integra la condotta di furto e non di appropriazione di cose smarrite, l'apprensione di assegni in bianco di un conto corrente bancario, o anche di carte di credito, che siano smarriti, perché tali oggetti conservano chiari e intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, sì che il venir meno della relazione materiale con il titolare non comporta la cessazione del potere di fatto da questi esercitato.

(Cass. pen., Sez. II,16 giugno 2011, n. 24100)

Utenza telefonica della società

Integra il reato di furto la condotta del dipendente che usi indebitamente l'utenza telefonica della società, presso cui presti la propria attività, per chiamare utenze mobili altrui al fine di consentirne la ricarica (Cass. pen., Sez. II, 4 aprile 2011, n. 13451)

Croupier

Integra il reato di furto la condotta del croupier che si impossessa del denaro o dei gettoni maneggiati nel corso del suo lavoro, avendo egli la mera detenzione di detti valori e non il possesso che spetta soltanto al capo tavolo che, coadiuvato dai sorveglianti a lui subordinati, controlla in modo diretto e continuo lo svolgimento del gioco. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistere l'impossessamento, in danno della società di gestione della casa da gioco, nella condotta dell'imputato che aveva in più occasioni consegnato ad un giocatore abituale fiches di importo maggiore a quello del denaro corrisposto. Cass. pen., Sez. V, 5 maggio 2016, n. 18928)

Copia delle chiavi

Integra il reato di furto e non di appropriazione indebita l'impossessamento, mediante copia delle chiavi che il responsabile si era illecitamente procurato, di una autovettura di cui il proprietario aveva rifiutato l'utilizzo, in quanto non è configurabile un potere di fatto sulla cosa autorizzato dal titolare al di fuori della sua sfera di sorveglianza, che costituisce il presupposto necessario del reato di cui all'art. 646 c.p. Cass. pen., Sez. V, 18 febbraio 2015, n. 7304)

Cassiere di ufficio postale

Risponde del reato di furto aggravato e non di appropriazione indebita, il cassiere dell'ufficio postale che, nel consegnare al titolare del libretto di risparmio la somma richiesta, trascriva sullo stesso un importo maggiore, appropriandosi della differenza. (In motivazione la Corte ha precisato che, sebbene la società Poste Italiane S.P.A. abbia la proprietà delle somme depositate dai clienti, ai sensi dell'art. 1834 c.c., il cassiere non ha alcuna disponibilità autonoma, neanche provvisoria, della provvista dei libretti postali e, pertanto, deve limitarsi ad eseguire l'operazione richiesta dal titolare del libretto che rimane in ogni momento possessore e dominus della gestione del suo conto Cass. pen.,Sez. II, 12 ottobre 2016, n. 43132)

Dipendente della banca

Risponde del reato di furto aggravato, il dipendente della banca che si impossessa, mediante movimentazioni effettuate con i terminali dell'ufficio, di somme di danaro di clienti depositate in conti correnti. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha precisato che si configura, invece, il reato di cui all'art. 646 c.p., nel caso in cui il cassiere si appropria del denaro versato dal cliente della banca prima che esso venga accreditato sul conto corrente. Cass. pen., Sez. V, 14 marzo 2016, n. 10758)

Acque convogliate nell'acquedotto comunale

L'impossessamento abusivo dell'acqua convogliata nelle condutture dell'acquedotto municipale integra il reato di furto aggravato e non la violazione amministrativa prevista dall'art. 23 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, che si riferisce alle sole acque pubbliche, ossia ai flussi non ancora convogliati in invasi o cisterne. (Cass. pen.,Sez. IV, 24 maggio 2016, n. 21586)

Autovettura munita di sistema di antifurto satellitare

Il delitto di furto deve considerarsi consumato anche quando oggetto della sottrazione sia un'autovettura munita di sistema di antifurto satellitare, in quanto tale strumento non impedisce la sottrazione ed il contestuale illecito impossessamento del veicolo, ma ha la diversa funzione di agevolarne il recupero Cass. pen.,Sez. V, 10 ottobre 2016, n. 42774)

Molluschi

È configurabile il delitto di furto in caso di appropriazione di molluschi messi a dimora da un privato sul fondale di un'area lagunare, appartenente al demanio dello Stato e già oggetto di concessione d'uso per acquacoltura scaduta, in quanto la scadenza del termine determina solo la reviviscenza dell'uso civico di pesca dei cittadini, con esclusione di qualsiasi condotta appropriativa dei beni altrui. (In motivazione la Corte ha precisato che in tal caso, ad esempio, è lecito per il cittadino pescare con lenza ed amo Cass. pen., Sez. IV, 11 agosto 2010, n. 31660)

Aggravante dell'esposizione alla pubblica fede

Autovettura

Il furto di oggetti che si trovano all'interno di un'autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via deve considerarsi aggravato per la esposizione alla pubblica fede, quando si tratta di oggetti costituenti parte integrante del veicolo o destinati, in modo durevole, al servizio o all'ornamento dello stesso o che, per necessità o per consuetudine, non sono portati via al momento in cui l'autovettura viene lasciata incustodita (Cass. pen.,Sez. V, 15 luglio 2016, n. 30358)

Il furto di un navigatore satellitare, anche se estraibile, lasciato all'interno di un'autovettura deve ritenersi aggravato dall'esposizione alla pubblica fede in quanto tale dispositivo è stabilmente destinato, nella comune pratica, al servizio del veicolo e, in quanto tale, ne costituisce normale dotazione (Cass. pen.,Sez. V, 2 febbraio 2015, n. 44171)

Sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 c.p. nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di un'autovettura dotata di antifurto satellitare, il quale, pur attuando la costante percepibilità della localizzazione del veicolo, non ne impedisce la sottrazione ed il conseguente impossessamento, consentendo solo di porre rimedio all'azione delittuosa con il successivo recupero del bene (Cass. pen., Sez. V, 5 marzo 2014, n. 10584)

Effetti personali lasciati dai bagnanti sulla spiaggia

Sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1 n. 7 c.p. nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di effetti personali sottratti ai bagnanti sulla spiaggia, in quanto rientra nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustoditi tali oggetti da coloro che abbandonino temporaneamente la spiaggia per andare a fare il bagno Cass. pen., Sez. V, 4 aprile 2008, n. 14305)

Videosorveglianza

In tema di furto, la circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, che non garantisce l'interruzione immediata dell'azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione del bene consente di escludere l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 c.p. (Cass. pen., Sez. II, 21 gennaio 2016, n. 2724)

Registratore di cassa

Non sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., la quale presuppone che la cosa non sia per necessità o per destinazione sottoposta alla vigilanza ed alla custodia del proprietario o del possessore e sia, invece, esposta alla pubblica fede - nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi del denaro contenuto all'interno di un registratore di cassa, normalmente sottoposto al controllo del proprietario (Cass. pen., Sez. V, 30 marzo 2012, n. 12144)

Sottrazione di portafoglio all'interno di una borsa in discoteca

Integra il reato di furto aggravato dall'esposizione per consuetudine della cosa alla pubblica fede, la sottrazione di un portafoglio dall'interno di una borsa da donna, lasciata aperta e poggiata su una poltroncina di una discoteca, rientrando nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustodita la propria borsa da parte di chi in discoteca abbandoni temporaneamente il posto per andare a ballare (Cass. pen., Sez. V, 18 marzo 2015, n. 11423)

Radiatori da riscaldamento

In tema di furto, l'aggravante della esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede è integrata nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di radiatori da riscaldamento, in quanto la "ratio" dell'aggravamento della pena è l'esposizione della cosa alla pubblica fede, condizione che può sussistere anche se essa si trovi in un luogo privato cui, per mancanza di sorveglianza o di recinzione, si possa liberamente accedere (Cass. pen., Sez. V, 6 novembre 2008, n. 41375)

Furto di legna in zona demaniale

Integra il reato di furto aggravato ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., la sottrazione di rami e tronchi asportati da alberi di faggio ubicati in zona demaniale, trattandosi di cose che per destinazione, oltre che per necessità naturale, sono esposte alla pubblica fede; né è rilevante, a tal fine, il fatto che l'esposizione non dipenda da un'azione o da un'omissione del possessore, potendo essa derivare anche da una condizione originaria della cosa sottratta, avuto riguardo alla ratio dell'aggravante in questione, preordinata alla tutela di un bene che non può essere adeguatamente protetto (Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 2015, n. 3550)

Furto di materiale ferroso in azienda agricola

Integra il reato di furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede la sottrazione di materiale ferroso riposto in una grande azienda agricola, dotata di recinzione ma con cancello spesso aperto e, pertanto, priva di vigilanza continua

(Cass. pen., Sez. V, 18 aprile 2012, n. 15009).

Sabbia o ghiaia del mare o del fiume

In tema di furto, la sottrazione o asportazione della sabbia o della ghiaia dal lido del mare o dal letto dei fiumi determina la configurabilità concorrente, ai sensi dell'art. 625 n. 7 c.p., sia della circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede, sia di quella della destinazione della cosa a pubblica utilità, giacché il prelievo del materiale lede, attraverso il danno idrogeologico all'arenile, la pubblica utilità dei fiumi o la fruibilità dei lidi marini. (Cass. pen., Sez. IV, 30 giugno 2009, n. 26678)

Aggravante della destrezza. Differenza con lo strappo

In tema di furto, l'aggravante della destrezza si caratterizza per la spiccata rapidità di azione nell'impossessamento della cosa mobile altrui, mentre lo strappo, di cui all'art. 624-bisc.p., è una condotta connotata da un qualche grado di violenza, seppur esercitata sulla cosa e non sulla persona, direttamente finalizzata allo spossessamento del bene. (In applicazione del principio, la suprema Corte ha riqualificato come furto con destrezza la condotta di tre giovani – originariamente contestata come furto con strappo – che, dopo aver avvicinato la vittima ed averla distratta, facendole perdere l'equilibrio con uno sgambetto, gli avevano sfilato il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni (Cass. pen., Sez. V, 26 ottobre 2016, n. 44976)

Aggravante della destrezza. Compatibilità con mezzo fraudolento

In tema di furto, sono pienamente compatibili le circostanze aggravanti del mezzo fraudolento e della destrezza che, pur descrivendo modelli di agente prossimi ma non pienamente sovrapponibili, si caratterizzano, rispettivamente, la prima per la particolare scaltrezza idonea ad eludere la vigilanza del soggetto passivo e la seconda per la spiccata rapidità di azione nell'impossessamento della cosa mobile altrui (Cass. pen.,Sez. IV, 17 maggio 2013, n. 21299)

Controllo delle forze dell'ordine

Integra il reato di furto con destrezza nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di una borsa, approfittando della disattenzione della persona offesa, venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (Cass. pen.,Sez. V, 27 giugno 2016, n. 26749)

Aggravante delle cose destinate a pubblico servizio, utilità, difesa, reverenza.

Sottrazione di energia elettrica

In tema di furto, è configurabile l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7 c.p., in caso di sottrazione di energia elettrica mediante allacciamento abusivo e diretto alla rete esterna, indipendentemente dal fatto che tale condotta abbia arrecato effettivo nocumento alla fornitura di energia di altri utenti (Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 1850).

Benzina

È configurabile l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 c.p. nel caso in cui sia sottratto carburante da un veicolo adibito a servizio pubblico, in quanto, e da un lato, detta condotta, incidendo direttamente sull'autonomia operativa del mezzo, ne pregiudica la funzionalità nell'espletamento del predetto servizio e, dall'altro, il carburante, quale parte integrante dell'autoveicolo, ne costituisce una res cohaerens condividendone la destinazione (Cass. pen.,Sez. V, 16 marzo 2011, n. 10944)

Atti giudiziari

Integra il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625, comma 1, n. 4 e 7, c.p.), la condotta di colui che si impossessi di copie di atti giudiziari approfittando della momentanea assenza dall'ufficio dell'impiegato della locale procura della Repubblica. (La Corte ha rilevato che, in tal caso, il bene protetto dalla norma incriminatrice è il patrimonio dello Stato, con la conseguenza che la persona offesa è il ministero della Giustizia, quale organo rappresentativo dello Stato, proprietario delle cose sottratte mentre il frazionamento del patrimonio correlato all'organizzazione interna della P.A. non incide sulla titolarità del diritto di proprietà e conseguentemente sulla individuazione del soggetto passivo, nella specie, del delitto di furto. Cass. pen. Sez. V, 22 giugno 2011, n. 25184)

Vagone ferroviario

Integra l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 c.p. la sottrazione di beni costituenti la dotazione di un vagone ferroviario, in quanto ciò determina un pregiudizio all'efficienza del servizio pubblico ferroviario rivolto alla generalità degli utenti (Cass. pen., Sez. V, 5 aprile 2011, n. 13659)

Cavi per la circolazione ferroviaria

Integra l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1 n. 7 c.p. la sottrazione di cavi serventi alla circolazione ferroviaria, trattandosi di furto commesso su cose destinate al pubblico servizio; né, a tal fine, rileva la prova di una effettiva interruzione di quest'ultimo, requisito non previsto dal predetto art. 625, comma 1, n. 7 c.p. e costituente oggetto dell'autonoma incriminazione di cui all'art. 340 c.p. (Cass. pen., Sez. V, 3 febbraio 2014, n. 5266)

Luogo di culto

L'aggravante prevista dall'art. 625, n. 7, c.p. sussiste quando le cose abbiano una funzione di culto o di devozione, in quanto rispettate dalla generalità dei consociati per essere espressione del sentimento religioso o di elevati valori civili, non essendo, invece, sufficiente la sola circostanza che esse si trovino in un luogo di culto. (Nella specie, la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante con riferimento alla sottrazione, all'interno di un oratorio privato, di un confessionale, una ginocchiera, una nicchia di legno e due ampolle di vetro, in quanto cose che non hanno funzione di culto ma sono solo strumentali ad esso. Cass. pen., Sez. V, 20 luglio 2012, n. 29820)

Aggravante delle cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici

Banca

In caso di furto commesso all'interno di una banca deve escludersi la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall'art. 625 n. 7 c.p. atteso che, ai fini della qualificazione di un ufficio come "pubblico", rileva esclusivamente la sua destinazione allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguita, direttamente o indirettamente, dallo Stato o da altro ente pubblico. (In motivazione la Corte di cassazione ha escluso che la banca possa considerarsi quale stabilimento pubblico, trattandosi di un ente privato che esercita un'attività commerciale destinata alla produzione di un servizio (Cass. pen., Sez. V, 31 marzo 2016, n. 13067)

Ospedale

Sussiste la circostanza aggravante del fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, nel caso in cui il furto sia commesso in un ospedale, inserito nel servizio nazionale e, pertanto, stabilimento pubblico (Cass. pen., Sez. V, 18 luglio 2012, n. 29023)

Spogliatoio degli avvocati nel palazzo di giustizia

Ai fini della sussistenza della fattispecie aggravante di furto di cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, l'ufficio deve essere qualificato come "pubblico" in ragione della natura dell'attività che viene svolta al suo interno e non in ragione del fatto che il pubblico vi sia o meno ammesso. Pertanto ufficio pubblico è soltanto quello destinato all'estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità che lo Stato o altro ente pubblico persegua, in modo diretto o indiretto, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito. (Nella fattispecie è stata esclusa la sussistenza dell'aggravante con riguardo al furto di un capo di vestiario perpetrato all'interno di un locale del palazzo di giustizia adibito a spogliatoio degli avvocati Cass. pen., Sez. IV, 19 maggio 2008, n. 20022)

Aggravante della violenza sulle cose

Manomissione placca antitaccheggio

In tema di furto, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della violenza sulle cose non è necessario che la violenza venga esercitata direttamente sulla res oggetto dell'impossessamento, ben potendosi l'aggravante configurare anche quando la violenza venga posta in essere nei confronti dello strumento materiale apposto sulla cosa per garantire una più efficace difesa della stessa: ciò che si verifica in caso di manomissione della placca magnetica antitaccheggio inserita sulla merce offerta in vendita nei grandi magazzini, destinata ad attivare i segnalatori acustici ai varchi d'uscita (Cass. pen., Sez. II, 23 gennaio 2013, n. 3372)

Furto di energia elettrica

In tema di furto di energia elettrica, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose anche quando l'allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialmente compiuto da persona diversa dall'agente, il quale si limita solo a fare uso dell'allaccio altrui (Cass. pen.,Sez. V, 21 luglio 2014, n. 32025)

Cosa danneggiata

Sussiste l'aggravante della violenza sulle cose qualora la cosa sia semplicemente danneggiata ancorché non privata della sua funzionalità. (Nella specie l'aggravante in questione è stata riconosciuta sussistente nel tentato furto di un'autovettura su cui erano rimasti segni di effrazione: portiera forzata Cass. pen., Sez. V, 11 giugno 2012, n. 22568)