Procedimento per decretoFonte: Cod. Proc. Pen. Articolo 459
05 Settembre 2017
Inquadramento
Il procedimento per decreto è il rito speciale nel quale non è prevista né l'udienza preliminare, né tantomeno la fase dibattimentale: entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona cui il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato – dispone l'art. 459 c.p.p. – il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di pena detentiva e purché non risulti la necessità di applicare una misura di sicurezza, può presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena (diminuibile sino alla metà del minimo edittale). La l. 23 giugno 2017, n. 103 (pubblicata in Gazz. ufficiale n. 154 del 4 luglio 2017 ed in vigore dal 3 agosto 2017), recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, ha modificato il suddetto articolo, inserendo il comma 1-bis, il quale prevede che la pena pecuniaria non sia più determinata dal pubblico ministero ma dal giudice. Inoltre, quest'ultimo dovrà moltiplicare i giorni di reclusione con il valore giornaliero cui verrà assoggettato l'imputato, tenendo in considerazione le condizioni economiche dell'imputato e del di lui nucleo familiare. Il valore giornaliero della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria determinato dal giudice non potrà essere inferiore ad euro 75 e superiore ad euro 225 per ogni giorno di pena detentiva. La nuova previsione consente la possibilità di ottenere il pagamento rateale ex art. 133-ter c.p. Il Gip se accoglie la richiesta emette il decreto penale; altrimenti, ove non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., rimette gli atti all'organo dell'accusa.
Contenuti ed effetti del decreto penale di condanna
Il decreto penale di condanna contiene gli elementi di cui all'art. 460, comma 1, c.p.p., tra i quali – ciò di cui si dirà nei prossimi paragrafi – l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l'imputato può chiedere il giudizio immediato, il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. Con il decreto il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero (indicando l'entità dell'eventuale diminuzione al di sotto del minimo edittale), ordina la confisca, nei casi previsti dall'art. 240, comma 2, c.p., o la restituzione delle cose sequestrate e concede la sospensione condizionale. Dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 c.p. Il decreto penale di condanna:
Il reato si estingue se nel termine di cinque anni (in caso di delitto), ovvero di due anni (in caso di contravvenzione), l'imputato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena. I soggetti legittimati a proporre opposizione
Il decreto penale di condanna è opponibile, ai sensi dell'art. 461, comma 1,c.p.p., soltanto dall'imputato e dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (nella misura in cui il decreto rechi una relativa statuizione di responsabilità a carico della stessa). La peculiare assenza in tale rito speciale monitorio dell'udienza preliminare e del dibattimento precludono, ex se, il coinvolgimento delle altre parti private (parte civile e responsabile civile); quanto alla persona offesa, il giudice delle leggi è recentemente intervenuto ad espungere dal sistema – sent. 27 febbraio 2015, n. 23 – la facoltà riconosciuta alla stessa dall'art. 459, comma 1, c.p.p. di opporsi a che il procedimento, nei reati procedibili a querela, sfoci nella richiesta del pubblico ministero volta alla sua emissione. L'opposizione compete anche al difensore eventualmente nominato, non necessariamente munito di procura speciale ad hoc (invece necessaria nel caso in cui, con l'opposizione, sia richiesto – come si dirà nel prosieguo - il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a richiesta). Il riferimento testuale all'”eventuale nomina” aveva fatto dubitare in passato della possibilità di riconoscere tale diritto anche al difensore d'ufficio: la Suprema Corte ha però chiarito (Cass. pen., Sez. V, 24 gennaio 2005, n. 8463) che anche quest'ultimo (ed al quale il decreto viene comunque notificato ex art. 460, comma 3, c.p.p.) è titolato all'opposizione. Può proporre opposizione avverso il decreto penale, relativamente al capo di esso che dichiari la responsabilità per violazione non costituente reato connessa al medesimo ai sensi dell'art. 24, l. 24 novembre 1981, n. 689, anche la persona che risulti solidalmente condannata al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Pur in difetto di una esplicita previsione normativa, infine, sono da ritenersi legittimati alla proposizione dell'atto di opposizione anche il tutore ed il curatore speciale di chi sia ritenuto incapace di intendere e volere. L'atto di opposizione si propone nel termine perentorio di quindici giorni dalla notificazione del decreto, da computarsi secondo gli ordinari criteri di cui all'art. 172 c.p.p. Per effetto della predetta attribuzione della facoltà di gravame anche al difensore (di fiducia o d'ufficio – come detto – indifferentemente), se la decorrenza del termine è diversa per l'imputato ed il difensore, vale per tutti il termine decorrente dall'ultima notificazione, in applicazione del principio generale di cui all'art. 585 c.p.p. Sempre secondo le regole generali che regolano le impugnazioni, la dichiarazione è ricevuta nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l'opponente. Potrà, inoltre, essere presentata con le forme previste dagli artt. 582 e 583 c.p.p., tra cui la presentazione per mezzo di incaricato – in tal caso non è necessaria l'autenticazione della sottoscrizione dell'atto – e, quindi, anche per il tramite del servizio postale; in tal caso, il referente temporale per valutarne la tempestività è dato dalla data di invio e non da quella di ricezione (Cass. pen., sez III, 4 aprile 2014, n. 27431). I legittimati anzidetti (imputato e civilmente obbligato per la pena pecuniaria), ove provino di non aver avuto conoscenza del decreto, possono ex art. 462 c.p.p. essere restituiti nel termine per impugnare, in conformità alla regola generale dell'art. 175 c.p.p. Competente a provvedere sulla richiesta di restituzione è il G.I.P. (Cass. pen., Sez. un., 17 gennaio 2006, n. 1726). A pena di inammissibilità della dichiarazione di opposizione, la stessa deve indicare gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso (art. 461, comma 2, c.p.p.). Tuttavia, la giurisprudenza della Corte Suprema ritiene che l'atto in parola non sia a forma vincolata e che gli elementi sopra rassegnati abbiano carattere puramente indicativo e come tali ammettano equipollenti comunque idonei a rendere possibile la certa individuazione del decreto opposto: Cass. pen., Sez III, 5 ottobre 2001, n. 39179; in senso conforme anche Cass. pen., sez. V, 29 gennaio 2014, n. 18855. Tutte le ulteriori indicazioni, a partire dal capo di imputazione contenuto nella richiesta del P.M. e compresi i motivi a base dell'opposizione, possono essere omesse. Costituiscono peraltro ulteriori casi di inammissibilità:
L'ordinanza di inammissibilità – che fa scattare l'ordine di esecuzione del decreto (egualmente, ovviamente, la mancata proposizione dell'atto) – è ricorribile per cassazione: comma 6 dell'art. 461 c.p.p. Il ricorso per cassazione è stato ritenuto proponibile, pur in difetto di una previsione puntuale, dal pubblico ministero (Cass. pen., sez. III, 22 maggio 2007, n. 21894). Il termine è di trenta giorni ai sensi dell'art. 585, comma 1, lett. b) c.p.p. e decorre dalla data di comunicazione al medesimo del decreto, da gravare in tal modo per saltum. Opposizione proposta solo da alcuni interessati
A termini dell'art. 463, comma 2, c.p.p., se l'atto di opposizione viene proposto da uno solo dei due possibili legittimati (imputato o difensore; persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria), gli effetti si estendono anche a quello che non ha proposto opposizione. Se il decreto penale di condanna è stato pronunciato a carico di più imputati per un medesimo reato, la sua esecuzione – art. 463, comma 1, c.p.p. – resta sospesa anche nei confronti degli altri che non hanno proposto opposizione che, dunque, si giovano automaticamente degli effetti dell'iniziativa dell'imputato che la propone, fino a che intervenga una pronuncia irrevocabile sul giudizio conseguente all'opposizione stessa. Quando, poi, sia emessa sentenza di proscioglimento dell'imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione. L'atto di opposizione è rinunciabile da chi lo ha proposto alla duplice condizione:
Successivamente a tali momenti l'opposizione non può essere ritirata in quanto il procedimento che segue l'opposizione è in toto autonomo e svincolato da quello precedente che ha generato l'emissione del procedimento e che pertanto non potrebbe rivivere ad libitum dell'interessato. La rinuncia, come esigono le regole generali delle impugnazioni, deve essere espressa dalla parte personalmente, dal difensore munito di apposita procura speciale, o con atto nelle forme di cui ai sensi dell'art. 589 c.p.p. (per quest'ultima ipotesi cfr. Cass. pen., sez. I, 6 maggio 2010, n. 20276) con esclusione quindi di comportamenti taciti o concludenti. Il decreto di citazione a giudizio, emesso in conseguenza dell'intervenuta opposizione, sarebbe atto derivato rispetto al decreto penale di condanna relativamente all'enunciazione del fatto ed all'indicazione delle norme che si assumono violate, cosicché non sarebbe possibile in esso la modificazione della contestazione emersa nello stesso decreto penale di condanna. Il G.I.P., una volta emesso il decreto penale di condanna, si spoglia dei poteri decisori sul merito dell'azione penale e non può, quindi, a seguito di opposizione, operare alcuna modifica del capo di imputazione, anche se quello contenuto nel decreto, per mero errore, riporti una contestazione del tutto diversa da quella contenuta nella richiesta del P.M. (Cass. pen., Sez. I, 24 settembre 2012, n. 42467), modificazione che invece il pubblico ministero può attuare nel giudizio conseguente all'opposizione, dovendo nello stesso trovare applicazione le ordinarie regola del dibattimento: Cass. pen., Sez. III, 7 maggio 2009, n. 23491). Nel giudizio conseguente all'opposizione proposta contro il decreto penale di condanna, quando il fatto risulta diverso da quello contestato, non è consentita al P.M. la modifica dell'imputazione al fine effettuare la relativa contestazione, in quanto non è applicabile in tale giudizio la disposizione dell'art. 516, comma 1, c.p.p.; ne consegue la necessità che il giudice, ove riconosca l'evidente insussistenza od irrilevanza del fatto originariamente contestato, pronunzi ex art. 129 c.p.p. una sentenza di proscioglimento e disponga la trasmissione degli atti al P.M. perché proceda per il diverso fatto emerso in udienza (Cass. pen., Sez. III, 10 gennaio 2002, n. 15476). La revoca del decreto penale di condanna
Quale che sia la richiesta contenuta nel gravame, comunque il giudice revoca il decreto penale di condanna. La revoca interviene in dibattimento, per cui ben possono l'imputato o il suo difensore far “rivivere” il decreto opposto rinunciando – come evidenziato nel precedente paragrafo – all'atto di opposizione. La mancata revoca espressa del decreto penale prima di procedersi al giudizio conseguente all'opposizione non è causa di nullità del procedimento, essendo la revoca un antecedente immancabile del giudizio stesso, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, ope legis e non ope iudicis, la cui omissione, peraltro, è sfornita di sanzione processuale (Cass. pen., Sez. III, 16 marzo 2010, n. 18753; Cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2010, n. 22013). Stante la revoca determinata dalla trasformazione del rito, il giudice potrà in ogni caso applicare una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna e revocare i benefici già concessi. I riti alternativi richiesti con l'opposizione vengono vagliati dal G.I.P. mentre il giudizio immediato spetta al tribunale dibattimentale. Non è ritenuto necessario l'inoltro dell'avviso che comunica la conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis c.p.p. (Cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 1794/2009). Se l'opponente ha chiesto il giudizio immediato (oppure abbia proposto un'opposizione tout court senza formulazione di specifica richiesta), il giudice emette il decreto di citazione a giudizio previsto dall'art. 456 c.p.p. Il richiamo espresso ai soli commi 1, 3 e 5 della previsione che regola il rito speciale de quo si spiega – con particolare riferimento all'omesso riferimento al comma 2 (il mancato rinvio al comma 4, che impone di accompagnare al decreto che dispone l'immediato la relativa richiesta del pubblico ministero, ovviamente va da sé) – con la sequenza procedimentale propria dell'opposizione, che non consente, una volta effettuata l'opzione per il medesimo come alternativa al rito abbreviato ed all'applicazione della pena a richiesta, di “tornare” in sede in dibattimentale su questi due possibili esiti, come invece permette il comma 2 dell'art. 456 c.p.p. in ipotesi di rito immediato originariamente prescelto. Per effetto dei predetti richiami, il decreto che dispone il giudizio immediato viene notificato all'imputato (al suo difensore, invece, è notificato, in pari termine, soltanto l'avviso) ed alla persona offesa, almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio. Come accennato, nei casi di competenza del tribunale in composizione monocratica, non essendo ivi previsto il giudizio immediato, l'opposizione corrispondente determinerà l'emissione da parte del giudice del decreto di citazione a giudizio ordinario (art. 557, comma 1, c.p.p.).
Se l'opponente ha chiesto il giudizio abbreviato (anche eventualmente condizionato ai sensi dell'art. 438, comma 5, c.p.p.), il giudice per le indagini preliminari fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Nel giudizio si osservano,in quanto applicabili, le disposizioni che disciplinano questo rito. La l. 23 giugno 2017, n. 103, che ha apportato tra l'altro modifiche al giudizio abbreviato, ha operato anche un richiamo all'art. 464, comma 1, c.p.p., nella parte in cui si prevede che al rito abbreviato richiesto a seguito di opposizione a decreto penale di condanna «si applicano altresì le disposizioni di cui all'art. 438, comma 6-bis». In sostanza, una volta richiesto il rito abbreviato, anche a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, tale scelta determina la sanatoria delle nullità, ad eccezione di quelle assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità salvo quelle derivanti dalla violazione di divieti probatori. Le preclusioni coinvolgono anche le questioni sulla incompetenza per territorio del giudice.
Nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, c.p.p. (ossia di richiesta dell'imputato, in caso di nuove contestazioni in udienza da parte dell'accusa, di far proseguire il procedimento nelle forme ordinarie): il giudice, revocata l'ordinanza con la quale aveva disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio conseguente all'opposizione. Se l'opponente ha chiesto, in sede di opposizione, l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 c.p.p., il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero – richiesta e decreto dovranno notificarsi a cura dell'opponente – deve esprimere il consenso. Ove il pubblico ministero non abbia espresso il consenso nel termine stabilito il giudice emette decreto di giudizio immediato. Infine, solo contestualmente all'opposizione (e dunque con esclusione della possibilità di chiederla per la prima volta in udienza senza una puntale richiesta nell'atto), l'imputato o il suo difensore (anche in questo caso con la semplice nomina) possono presentare domanda di oblazione. Su di essa, il giudice decide prima di emettere i provvedimenti anzidetti.
Osservazioni conclusive
Il decreto penale di condanna è, tra i procedimenti speciali previsti dal codice di procedura penale, quello in cui le esigenze di economia processuale, speditezza e di deflazione del “carico” processuale sembrano, in linea di principio, contrarre al più elevato grado le garanzie della difesa e del giusto processo. L'autonomia di scelta del pubblico ministero nel richiederne l'emissione al verificarsi dei presupposti normativi, l'assenza dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari con la conseguente possibilità di avere cognizione del fascicolo prima della formulazione dell'imputazione (ed anzi, la possibilità di avere conoscenza di un procedimento penale a condanna inflitta!) e più in generale l'assenza sia del vaglio dibattimentale sia del “filtro” dell'udienza preliminare sono senz'altro profili che compromettono la “tenuta” costituzionale dell'istituto, specie con riguardo ai dettami del giusto processo (per quanto reiteratamente il giudice delle leggi abbia affrontato e risolto la questione nella direzione della piena conformità all'art. 111 Cost.). Soccorre, però, il momento oppositivo a garantire all'imputato l'immediato ripristino delle guarentigie difensive: quello stesso imputato che ben potrebbe aver interesse a non coltivare il dibattimento, accettando la condanna (vedendo tutto ciò come un effettivo vantaggio), potrebbe al contempo preferire difendersi pienamente garantendosi il contraddittorio oppure, in alternativa, il ricorso agli altri riti alternativi (anche se a ben vedere anche lo “sbocco” naturale previsto, ossia il rito immediato, sia già esso stesso un procedimento speciale). L'opposizione ha l'effetto immediato di porre nel nulla il decreto penale di condanna, come se non fosse mai esistito nel mondo giuridico, ma potrà anche essere, a sua volta, posta nel nulla prima del dibattimento, in tal modo determinando la “revivescenza” del verdetto afflittivo.
Riferimenti normativiRiferimenti giurisprudenziali |