La rateazione ordinaria dei debiti fiscali e previdenziali iscritti a ruolo è incompatibile con l’accordo di ristrutturazione?

22 Maggio 2014

In un recente caso pratico, alcune imprese e le relative banche creditrici si sono viste rigettare l'istanza di rateazione presentata all'Agenzia delle Entrate, in qunato, a opinione di quest'ultima, la rateazione sarebbe incompatibile con l'accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis, l. fall. intercorrente tra debitori e creditori. L'Autore prende spunto da tale caso per chiarire i rapporti tra la disciplina contenuta all'art. 182-bis l. fall e l'art. 19 D.P.R. n. 602/1973
La questione

Equitalia ha recentemente comunicato il rigetto dell'istanza di rateazione presentata, ai sensi dell'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, da alcune imprese che avevano stipulato, con le banche creditrici, un accordo di ristrutturazione omologato a norma dell'art. 182-bis l. fall. , non assistito da transazione fiscale, cui l'Amministrazione finanziaria ed Equitalia non avevano aderito, in quanto non richiestene. Tale rigetto trae origine, secondo Equitalia, dalla asserita incompatibilità della dilazione richiesta con il disposto dell'art. 182-bis l. fall., in base al quale il debitore deve pagare integralmente tutti i creditori della società rimasti estranei all'accordo di ristrutturazione dei debiti, con una moratoria legale di centoventi giorni, decorrenti dall'omologazione dell'accordo ovvero dalla data di scadenza, a seconda che si tratti di debiti scaduti o meno al momento dell'omologazione.

La tesi di Equitalia non sembra condivisibile per una serie di ragioni.

La ratio dell'art. 182-bis l. fall. e l'applicabilità della dilazione di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 ai crediti esclusi dall'accordo di ristrutturazione

La disposizione che prevede la suddetta moratoria è stata introdotta nel citato art. 182-bis l. fall. al fine di favorire le imprese debitrici (che alternativamente avrebbero dovuto rispettare – relativamente ai creditori non aderenti – gli ordinari termini di pagamento), prevedendo all'uopo la posticipazione ex lege della scadenza “naturale” dei crediti vantati dai creditori non aderenti all'accordo di ristrutturazione.

Infatti tale norma - anteriormente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83/2012 - prevedeva l'obbligo del “regolare pagamento” dei creditori estranei all'accordo, intendendo, con tale espressione, la necessità sia del pagamento integrale dei debiti vantati da tali creditori, sia del rispetto delle scadenze degli stessi originariamente previste.

Ciò aveva rappresentato uno dei principali motivi della scarsa applicazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, dal momento che, da una parte, l'impossibilità di dilazionare tali pagamenti aveva spesso costretto l'imprenditore in crisi a destinare la maggior parte delle sue scarse risorse ai creditori estranei a discapito di quelli aderenti, rappresentando un disincentivo all'adesione all'accordo e, dall'altra, era difficile che l'imprenditore in crisi fosse in grado di pagare (per intero e alle loro scadenze naturali) fino al 40% dei propri debiti.

A seguito della riforma operata con l'art. 33 del suddetto D.L. n. 83/2012, l'art. 182-bis dispone ora che il debitore deve pagare – sì – integralmente, ossia senza alcuna falcidia, tutti i creditori della società rimasti estranei all'accordo di ristrutturazione dei debiti, ma con la moratoria legale di centoventi giorni di cui si è detto poc'anzi.

Pertanto, come rilevato nella stessa relazione illustrativa del D.L. n. 83/2012, la novella legislativa ha voluto “migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d'impresa disciplinati dalla legge fallimentare, superando le criticità emerse in sede applicativa e promuovendo l'emersione anticipata della difficoltà di adempimento dell'imprenditore”, in particolare prevedendo “l'obbligo dell'integrale anziché del regolare pagamento dei creditori estranei, i quali sono assoggettati ad una moratoria legale di centoventi giorni dall'omologazione, ove titolari di crediti scaduti a quella data, e dalla scadenza, se successiva”, “si consente al debitore in crisi di poter beneficiare del c.d. scaduto fisiologico”.

È quindi evidente che la riforma della disposizione di cui trattasi è stata attuata al fine di rendere più agevole la definizione negoziale delle crisi aziendali, rendendo la legislazione più favorevole alle imprese debitrici.

Ciò posto, è palese che, qualora si ritenesse che l'introduzione della suddetta moratoria legale di centoventi giorni impedisca la dilazione del pagamento dei debiti verso Equitalia prevista da altre specifiche disposizioni (l'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973), la nuova disciplina – introdotta per favorire le imprese nel risolvere le loro crisi aziendali – finirebbe invece per penalizzare queste ultime, violando la ratio della riforma del citato art. 182-bis l. fall.

Con riferimento ai debiti fiscali e previdenziali riscossi mediante iscrizione a ruolo, l'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 prevede che l'Agente della Riscossione, su specifica richiesta del contribuente, può concedere, in situazione di obiettiva e temporanea difficoltà di quest'ultimo, il pagamento dell'importo dovuto in settantadue rate mensili.

Conseguentemente non si vede come possa essere negata – senza violare la suddetta ratio – la rateazione prevista dal citato art. 19, ogniqualvolta, in assenza di un accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis l. fall., essa verrebbe concessa, sussistendone i relativi presupposti. Se ciò accadesse, una norma “agevolativa” o “di sostegno” – quale l'art. 182-bis l. fall. certamente è – verrebbe trasformata in una norma penalizzante, generando un chiaro stravolgimento della ratio della stessa, il che è evidentemente contrario ai canoni interpretativi correttamente utilizzabili.

In altri termini, l'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 prevede una rateazione decorrente dagli ordinari termini di pagamento delle somme iscritte a ruolo, mentre l'art. 182-bis l. fall. dispone una posticipazione di tali termini; ne consegue che, in presenza di un accordo di ristrutturazione, si produce semplicemente l'effetto di far decorrere tale rateazione dai termini posticipati dalla previsione del citato art. 182-bis.

Il rapporto di specialità esistente fra l'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 e l'art. 182-bis l.fall.

La tesi sostenuta da Equitalia non è condivisibile anche in considerazione del rapporto sussistente tra l'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 e l'art. 182-bis l. fall., i quali, ove necessario, dovrebbero essere interpretati applicando il principio di specialità tra norme, secondo cui deve essere applicata la disposizione che, contenendo tutti gli elementi dell'altra, presenta uno o più elementi particolari aggiuntivi, ovvero «specializzanti».

È evidente che l'art. 19 presenta elementi specializzanti facendo riferimento, da un lato, solo ai debiti riscossi mediante ruolo (mentre l'art. 182-bis si riferisce alla generalità dei debiti) e, dall'ltro, prevedendo per gli stessi una specifica modalità di adempimento dilazionato, tramite la rateazione, non estensibile agli altri crediti, in assenza di accordi con i singoli creditori.

In virtù del rapporto di specialità esistente tra le predette disposizioni, l'art. 182-bis, comma 1, l. fall. non può quindi derogare all'art. 19, che è semmai prevalente.

L'applicabilità della dilazione di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 ai crediti esclusi dall'accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall., in virtù dell'interpretazione “costituzionalmente orientata” (o “adeguatrice”) di tali disposizioni

La concessione – da parte dell'Agente della Riscossione – della dilazione di cui all'art. 19 non può inoltre essere ostacolata dal fatto che il contribuente abbia stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti, anche perché, se così fosse, si creerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra contribuenti che si trovano nella medesima situazione di obiettiva difficoltà, da cui discenderebbe la violazione del principio di uguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione.

In tal caso, infatti, potrebbero beneficiare del pagamento dilazionato di cui al citato art. 19 solo coloro che non versano in una situazione di crisi tale da richiedere la stipula di un accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis l. fall., escludendo invece quelle imprese che, per conseguire il risanamento aziendale, sono costrette a ricorrervi; e ciò, nonostante l'accertamento dello stato di crisi del debitore sia eseguito, con riguardo alla fattispecie dell'accordo di ristrutturazione, secondo criteri e mediante strumenti ben più rigorosi e affidabili di quelli previsti ai fini della rateazione di cui al citato art. 19.

La Corte Costituzionale ha più volte affermato che l'interpretazione adeguatrice non è una facoltà, ma un dovere, poiché l'interprete “deve essere sempre e costantemente guidato dalla esigenza di rispetto dei principi costituzionali e, quindi, ove un'interpretazione appaia confliggente con alcuno di essi, è tenuto ad adottare l'interpretazione maggiormente aderente ai principi costituzionali”.

Occorre quindi privilegiare, in aderenza al principio di uguaglianza, stabilito dall'art. 3 della Costituzione, tra quelle astrattamente possibili, un'interpretazione che eviti di trattare diversamente situazioni uguali e, a maggior ragione, di impedire l'applicazione di alcune disposizioni “di sostegno” previste dalla legge a soggetti meritevoli di tali tutele più di altri, ai quali detti benefici sono invece attribuiti. E ciò anche in aderenza al principio del buon andamento della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 97 della Costituzione, posto che è interesse di quest'ultima concedere una dilazione di pagamento, se ciò è necessario o anche solo utile per recuperare l'intero credito vantato nei confronti di un debitore che, a causa della situazione di crisi in cui si trova, alternativamente non sarebbe in grado di provvedere all'integrale pagamento dello stesso.

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