La cancellazione della società e l'immediato effetto estintivo

La Redazione
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23 Marzo 2016

Con l'ordinanza n. 53 depositata il 18 marzo 2016, la Corte Costituzionale dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità dell'art. 2495, comma 2 c.c., confermando la scelta del legislatore della riforma societaria del 2003 che ha attribuito effetti immediatamente estintivi alla cancellazione della società dal Registro delle imprese.

Con l'ordinanza n. 53 depositata il 18 marzo 2016, la Corte Costituzionale dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità dell'art. 2495, comma 2 c.c., confermando la scelta del legislatore della riforma societaria del 2003 che ha attribuito effetti immediatamente estintivi alla cancellazione della società dal Registro delle imprese.

La questione di legittimità costituzionale. Nell'ambito di un giudizio intentato da due dipendenti di una società cancellata dal Registro delle imprese al fine di ottenere il TFR maturato tramite azione esecutiva, viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 2495, comma 2 c.c. «nella parte in cui prevede, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese, l'estinzione della società, precludendo in tal modo l'esercizio in giudizio di diritti meritevoli di tutela».

Cancellazione ed estinzione. Il Giudice rimettente, dando atto dell'inevitabile rigetto della domanda nel contesto normativo risultante dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 6/2003, rileva la violazione degli artt. 3, 24 e 117 Cost. e sottolinea come la norma citata ignori situazioni meritevoli di tutela tali da richiedere un contraddittorio con la società. Siffatte situazioni erano pacificamente riconosciute dalla giurisprudenza precedente alla riforma che, nonostante la cancellazione dal Registro delle imprese, riconosceva al creditore la possibilità di agire in giudizio nei confronti della società per far valere le proprie ragioni poiché, in assenza dell'esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti, la cancellazione dal Registro non determinava un immediato effetto estintivo della persona giuridica.

La scelta legislativa. La Consulta ritiene manifestamente inammissibile la questione così proposta in quanto l'intervento richiesto andrebbe sostanzialmente a negare l'effetto immediatamente estintivo della cancellazione della società come espressamente prevede il nuovo testo dell'art. 2495 c.c., con il conseguente ripristino del sistema anteriore alla riforma.

L'attuale comma 2 della norma prevede infatti che «Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società».

L'inammissibilità di un intervento manipolativo. La formulazione testuale della norma corrisponde ad una specifica scelta legislativa che non può essere manipolata dal Giudice delle leggi invocando gli orientamenti interpretativi formulati nel vigore del precedente testo. L'accoglimento della questione richiederebbe inoltre una rimodulazione complessiva degli effetti della cancellazione della società e tradirebbe il fine di identificare una data certa dell'estinzione della società indispensabile al fine di configurare le immediate conseguenze sostanziali e processuali, come peraltro già evidenziato dalla medesima Corte Costituzionale con le sentenze n. 319/2000 e n. 198/2013.

In conclusione la questione della legittimità costituzionale del comma 2 dell'art. 2495 c.c., in riferimento agli artt. 3, 24 e 117 Cost. viene dichiarata manifestamente inammissibile.