La Cassazione ed il regime di efficacia delle polizze fideiussorie in caso di messa in L.c.a. dell’impresa di assicurazioni fidejubente

05 Agosto 2015

L'art. 83. d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, utilizzabile "ratione temporis", secondo il quale, in caso di liquidazione coatta amministrativa di compagnia assicuratrice, i contratti di assicurazione in corso continuano a coprire i rischi fino a 60 giorni dopo la pubblicazione del decreto di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale, non si applica alla polizza fideiussoria, differenziandosi quest'ultima dai primi sia sotto il profilo funzionale, in quanto diretta non tanto alla copertura di un rischio ma specialmente a garantire al beneficiario l'adempimento degli obblighi assunti dal contraente, sia come disciplina, attesa l'irrilevanza delle modifiche del rischio assunto e l'esperibilità dell'azione di regresso.
Massima

L'art. 83. d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, utilizzabile "ratione temporis", secondo il quale, in caso di liquidazione coatta amministrativa di compagnia assicuratrice, i contratti di assicurazione in corso continuano a coprire i rischi fino a 60 giorni dopo la pubblicazione del decreto di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale, non si applica alla polizza fideiussoria, differenziandosi quest'ultima dai primi sia sotto il profilo funzionale, in quanto diretta non tanto alla copertura di un rischio ma specialmente a garantire al beneficiario l'adempimento degli obblighi assunti dal contraente, sia come disciplina, attesa l'irrilevanza delle modifiche del rischio assunto e l'esperibilità dell'azione di regresso.

Il caso

Dalla scarna esposizione della narrativa della sentenza in commento possiamo comunque desumere che i fatti di causa si siano svolti nel seguente modo.

Il Consorzio per le Autostrade Siciliane (in seguito: il Consorzio Autostrade), il quale, nella sua veste di appaltante, era beneficiario di una polizza fideiussoria rilasciata dalla Compagnia assicuratrice FIRS s.p.a. a garanzia (si presume) della buona esecuzione di lavori affidati ad una ditta appaltatrice di lavori pubblici (in seguito: l'Appaltatore), aveva presentato domanda di ammissione al passivo nella procedura di liquidazione coatta amministrativa della FIRS, che nel frattempo era divenuta insolvente, per il recupero di un credito derivante da inadempienze della esecuzione dei lavori.

A quanto è dato comprendere, sorgevano contestazioni circa la ammissibilità del credito del Consorzio Autostrade ed il Tribunale di Roma, adito per la soluzione della controversia, con sentenza dell'11 aprile 2003, rigettava l'istanza di ammissione del credito nella procedura di L.c.a. invocando l'intervenuta estinzione della garanzia per inutile decorso del termine di 60 giorni dall'apertura della procedura concorsuale, facendo così applicazione del disposto dell'art. 83, d.p.R. n. 449/1959, che fissa in 60 giorni gli effetti dei contratti di assicurazione in corso a far data dalla pronuncia di ammissione alla procedura di L.c.a. della Compagnia assicuratrice.

Il Consorzio Autostrade proponeva quindi impugnazione avanti alla corte d'appello di Roma, la quale, con sentenza del 30 luglio 2007, in riforma della sentenza di primo grado, stabiliva che l'istanza del Consorzio Autostrade dovesse essere ammessa al passivo in quanto:

  1. la previsione del menzionato art.83, d.p.R. n. 499/1959, non è applicabile nel caso di specie ove il contratto in discussione è una garanzia e non un vero e proprio contratto di assicurazione;
  2. il Consorzio non poteva recedere da tale garanzia e il decreto di messa in liquidazione coatta della FIRS è del 23 maggio 1994, quindi anteriore alla entrata in vigore dell'art.87, D.lgs 17 marzo 1995, n.175, che ha esteso la disciplina del termine di efficacia di 60 giorni dalla apertura della procedura di L.c.a. a tutti i contratti menzionati nelle tabelle allegate a tale decreto, fra cui i contratti di assicurazione in materia di crediti e cauzioni.

La sentenza della Corte d'appello veniva impugnata dal Consorzio Autostrade avanti alla Cassazione la quale, con la sentenza che qui si commenta, respingeva l'impugnazione affermando la correttezza e conformità a diritto della soluzione adottata sul punto dalla Corte d'appello.

La questione

La questione dibattuta nella sentenza in commento è la seguente: anteriormente alla modifica introdotta con l'art. 87, D.lgs n.175/1995 (con il quale sono stati espressamente menzionati anche i contratti dei rami credito e cauzioni) il regime della perdita di efficacia dei contratti di assicurazione dopo lo scadere del termine di 60 giorni dalla apertura della procedura di L.c.a. era applicabile anche alle polizze fideiussorie? Oppure queste ultime dovevano essere soggette ad una disciplina diversa in quanto, tecnicamente, tali contratti sono inquadrabili nella fidejussione piuttosto che nella assicurazione vera e propria?

Le soluzioni giuridiche

Il caso specifico affrontato dalla Cassazione non sembra essere stato oggetto di altre pronunce di legittimità o di merito. Del resto si tratta dell'applicazione di una specifica norma di settore nella versione precedente alla più ampia riforma della materia in sede di trasposizione delle direttive europee sulla assicurazione “vita” e “non vita” (D.lgs. nn. 174/1995 e 175/1995), con la quale il Legislatore ha ritenuto di adottare una soluzione differente rispetto a quella assunta dalla Cassazione includendo esplicitamente i contratti dei rami credito e cauzioni nel regime di risoluzione automatica nei 60 giorni dalla apertura della procedura di l.c.a..

La sentenza, tuttavia, stimola una discussione, in primo luogo, in merito all'approccio con il quale i giudici di legittimità affrontano la soluzione del problema, ed in secondo luogo in merito al fatto che, nel lungo excursus giurisprudenziale (dagli anni ‘60 al 2010) con cui la Suprema Corte ha di tempo in tempo affrontato la questione della natura giuridica delle polizze fideiussorie i giudici di legittimità hanno trascurato la menzione di alcune sentenze ‘cardine', giungendo infine ad affermare principi per nulla condivisibili in materia di rischio e tecnica assicurativa collegata alle garanzie fideiussorie.

Osservazioni

La soluzione adottata dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, ad opinione di chi scrive, non appare affatto soddisfacente sia perché conduce a risultati poco efficienti da un punto di vista socio-economico, sia perché sottende una non completa comprensione della struttura giuridica dei contratti conosciuti come polizze fideiussorie emesse da imprese di assicurazione.

Quanto al primo profilo, si fa notare che la ratio ispiratrice della regola secondo la quale, in caso di messa in L.c.a. di una compagnia assicuratrice i contratti assicurativi del ramo danni continuano ad avere efficacia per il periodo limitato di 60 giorni, per poi decadere, consiste nel permettere agli assicurati di continuare in tale periodo a fruire della garanzia assicurativa – quasi con le stesse prerogative previste nei confronti dell'impresa in bonis – dando modo all'assicurato rinnovare la garanzia assicurativa con altra impresa.

Non si deve, infatti, trascurare il fatto che, in virtù delle speciali disposizioni vigenti in tema di L.c.a. delle imprese di assicurazione, quando una compagnia diviene insolvente, gli assicurati che abbiano subito un sinistro prima della messa in L.c.a. o dopo, purchè nel periodo dei 60 giorni, possono fruire di un privilegio speciale sulle attività poste a copertura delle riserve tecniche appostate dall'impresa per tale sinistro o sulla riserva premi del periodo in corso, acquisendo così una tutela molto più efficace rispetto a quella dei chirografari ed in linea con la “sicurtà” che il contratto di assicurazione è diretta a procurare.

Ebbene, secondo la soluzione adottata dalla Corte di Cassazione, la quale ha statuito che la polizza fideiussoria non può inquadrarsi nel novero dei contratti di assicurazione (nemmeno ai fini specifici della applicazione delle norme sulla L.c.a. delle imprese assicuratrici), si ha che le garanzie prestate dalla impresa, poi messa in L.c.a., continuano anche oltre il periodo di 60 (di qui la conferma della pronuncia della Corte d'appello di ammissione al passivo), ma di certo senza il privilegio dei crediti “assicurativi”, e quindi al chirografo.

La qual cosa ha il duplice effetto di indurre il beneficiario a pensare di continuare a godere di una vera garanzia (il che non è perché assimilabile alla promessa di un fallito), ma soprattutto di far gravare sulla massa l'ingresso di crediti che, seppure al chirografo, potrebbero tuttavia andare ad incidere sulle sostanze a disposizione degli organi della procedura per la soddisfazione (seppur parziale) dei creditori privilegiati (si ricorda infatti che il privilegio attribuito agli assicurati nella L.c.a. non è una prededuzione).

Sotto il profilo dell'inquadramento sistematico della polizza fideiussoria rilasciata da imprese di assicurazione, la Corte Suprema non tien conto del fatto che la polizza fideiussoria, sebbene nel rapporto con il beneficiario sia diretta a prestare una garanzia fideiussoria, anziché un vero e proprio trasferimento del rischio, tuttavia, la modalità tecnica attraverso la quale l'impresa garante è posta in grado di tener fede alla promessa data è quella della mutualità assicurativa. Ossia attingendo alla provvista riveniente dalla raccolta dei premi versati dai contraenti, ciascuno in ragione della frazione di rischio che l'assicuratore – in virtù delle stime attuariali da questi condotte – ritiene sufficiente a coprire i sinistri (inadempienze dei soggetti obbligati) che si andranno a verificare nel periodo considerato. (vedi C. Russo, Le assicurazioni fideiussorie, Milano, 1997; C. Galantini, Le sezioni Unite della Cassazione e le polizze fideiussorie: una decisione discutibile ed inadatta al settore assicurativo, in Diritto ed Economia delle Assicurazioni, 2011, I, 297 e ss.).

Per questa fondamentale ragione:

  • la polizza fidejussoria costituisce anch'essa un “contratto di impresa” secondo la accezione ben espressa in dottrina (A. Donati e G. Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 1995, pag. 118), e cioè che non può esistere come contratto con un singolo assicurato, ma come contratto inserito in un ramo assicurativo a sua volta formante una comunità omogenea di rischi con gli altri soggetti esposti a rischi dello stesso tipo;
  • la polizza fideiussoria, in quanto gestita nell'ambito di un ramo assicurativo (credito e cauzioni), soprattutto quando si discute di questioni non limitate all'oggetto della prestazione garantita, bensì allo schema contrattuale nel suo complesso ed alle ripercussioni sull'impresa di assicurazioni assicurativa, è senz'altro soggetta alla disciplina prevista per i contratti assicurativi (nella specie con riferimento al suo trattamento nell'ambito della L.c.a.).

Crediamo quindi che, anche nel caso deciso con la sentenza in commento, la Suprema corte avrebbe dovuto affermare la sussumibilità della polizza fideiussoria nella categoria dei contratti assicurativi con conseguente applicabilità della disposizione dell'art. 83, D.P.R. n. 449/1959.

Del resto, la correttezza di una simile soluzione emerge anche dal fatto che lo stesso Legislatore, nel riprodurre la regola espressa dal citato art. 83, D.P.R. 449/1959, pur nell'ambito della più generale riforma imposta ai fini della trasposizione delle direttive europee di armonizzazione dell'assicurazione non vita, si è premurato di includere anche i contratti del ramo credito e cauzioni tra quelli soggetti alla ultrattività solo per il periodo di 60 giorni dopo la messa in L.c.a. di una impresa assicuratrice insolvente.

Quanto all'excursus storico-giurisprudenziale dal quale i giudici della Suprema Corte hanno tratto elementi ai fini del decidere, sorprende che non si sia fatto cenno alle sentenze più significative riguardanti la materia.

Alludo alla sentenza Cass., S.U., n. 7341/1987, con la quale si era fissata una posizione cardine sulla questione della natura delle polizze fideiussorie, affermando che un contratto di fidejussione con clausola di rinuncia alle eccezioni relative al rapporto sostanziale era assimilabile ad un “contratto autonomo di garanzia” ed era, ciò non di meno, una forma di garanzia legittima secondo il nostro ordinamento poiché tale clausola doveva essere qualificata come un patto del solve et repete. Sicchè l'astrattezza della garanzia doveva considerarsi meramente temporanea dal momento che, una volta pagata la somma garantita, la natura causale della garanzia avrebbe ripreso ad essere operante rendendo possibile la proposizione delle eccezioni sostanziali in base alle quali il garante poteva agire nei confronti del creditore per ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato.

Altro fondamentale leading case in materia è costituito dalle sentenza di Cass. nn. 10574/2003 e 52/2004, con le quali il Supremo Collegio ha dettato la ‘linea' che più convince sia dal punto di vista teorico che pratico: nei citati arresti, infatti, la Corte ribadisce il concetto che l'esatta natura delle polizze fidejussorie va valutata caso per caso a seconda del tipo di relazione in cui le parti hanno inteso porre la prestazione di garanzia rispetto agli obblighi sostanziali del debitore della prestazione sostanziale, giungendo ad affermare che, le polizze fidejussorie possono essere ricostruite in termini di:

  • contratti fidejussori codicistici;
  • fidejussioni atipiche connotate dalla clausola del solve et repete;
  • contratti autonomi di garanzia.

Per nulla condivisibile e, peraltro, non del tutto in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite nella recente sent Cass., S.U.,n.3947/2010, è l'affermazione con cui il Supremo Collegio, nella sentenza in commento, afferma che nelle polizze fidejussorie la Compagnia non assumerebbe tecnicamente un ‘rischio' assicurativo inteso come garanzia di un evento aleatorio. La qual cosa pare invece cozzare con la statuizione delle Sezioni Unite secondo la quale la compagnia garante assumerebbe comunque un'obbligazione propria indennitaria avente ad oggetto il rischio consistente nella mancata soddisfazione delle ragioni creditorie del beneficiario.

Crediamo che anche sotto questo profilo la statuizione secondo la quale la polizza fideiussoria non sarebbe assimilabile ad un contratto assicurativo ai fini dell'applicazione della regola dell'ultrattività limitata dei contratti di assicurazione danni nella L.c.a. delle imprese assicurative costituisca una stonatura.

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