La condotta dell’avvocato: doveri di informativa e parametri di diligenza esigibile

Renato Fedeli
04 Febbraio 2015

Le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo. Conseguentemente, il mancato conseguimento di un risultato utile non vale di per sé a costituire inadempimento o a determinare il sorgere della sua responsabilità. Ai fini del giudizio di responsabilità nei confronti del professionista, rilevano le modalità dello svolgimento della sua attività in relazione al parametro della diligenza fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c., che è quello della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione, anche con riguardo alla natura dell'attività esercitata, salvo che l'esecuzione della prestazione non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà poiché, in tal caso, rileverebbero solo il dolo o la colpa grave.
Massima

Trib. Bologna 10 giugno 2014 n. 1902

Le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo. Conseguentemente, il mancato conseguimento di un risultato utile non vale di per sé a costituire inadempimento o a determinare il sorgere della sua responsabilità.

Ai fini del giudizio di responsabilità nei confronti del professionista, rilevano le modalità dello svolgimento della sua attività in relazione al parametro della diligenza fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c., che è quello della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione, anche con riguardo alla natura dell'attività esercitata, salvo che l'esecuzione della prestazione non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà poiché, in tal caso, rileverebbero solo il dolo o la colpa grave.

Sintesi del fatto

Gli attori si rivolgono all'avvocato convenuto per essere assistiti nel giudizio di espropriazione di immobile di cui gli stessi sono comproprietari al 50%. L'immobile costituisce garanzia reale concessa ai creditori di una società di cui uno degli attori è legale rappresentante e viene pertanto aggredito da un istituto di credito che introduce il processo esecutivo, nel quale intervengono altri tre creditori. Il difensore raggiunge un'intesa transattiva con due dei creditori, mentre con gli altri due non viene perfezionato alcun accordo. L'immobile viene pertanto venduto all'asta e aggiudicato per un importo che, secondo la prospettazione attorea, sarebbe inferiore al valore di mercato. Tale delta costituirebbe il pregiudizio patrimoniale subito dagli attori, i quali formulano altresì domanda di risarcimento del danno esistenziale per violazione del diritto all'abitazione, asseritamente violato a seguito dell'aggiudicazione a terzi dell'immobile espropriato.

La questione

Gli attori addebitano al legale tre condotte asseritamente lesive del parametro medio di diligenza, ex art. 1176 comma 2 c.c.:

1) mancata informativa sulla possibile vendita forzata e sull'assegnazione del bene all'aggiudicatario dell'asta, con conseguente erronea valutazione da parte dei mandanti in ordine al fatto che fossero sufficienti gli accordi raggiunti con il creditore procedente per escludere l'eventualità della vendita forzosa del bene, senza necessità di tacitare anche gli altri creditori intervenuti;

2) superficiale gestione da parte del professionista delle trattative con due creditori, tale da non mettere in condizioni i predetti creditori di valutare proposte transattive;

3) tardiva proposizione dell'istanza di differimento dell'udienza di vendita.

Il convenuto si costituisce allegando come la mancata conclusione di accordi transattivi con i due creditori residui sia da attribuirsi alla mancanza di liquidità degli attori e all'indisponibilità degli stessi creditori ad accettare proposte prive di garanzie formali.

Il Tribunale è chiamato a valutare se la vendita forzosa del bene immobile di proprietà degli attori sia causalmente da ricondurre a colpa professionale del legale convenuto, al quale si attribuiscono sia un pregiudizio patrimoniale, costituito dalla differenza tra asserito valore di mercato del bene immobile venduto e valore di aggiudicazione del bene stesso, che un danno non patrimoniale (“esistenziale”) conseguente alla perdita del diritto di abitazione.

Il giudice felsineo respinge la domanda, avendo riscontrato, all'esito di una approfondita disamina dei documenti prodotti in giudizio, l'assenza di qualsivoglia violazione di norme generali e speciali di diligenza dettate per la professione legale e, conseguentemente, la carenza di nesso causale tra le condotte del professionista forense e l'espropriazione del bene.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale illustra gli orientamenti ormai uniformi in tema di responsabilità del professionista legale, sintetizzati in massima e riassumibili come segue:

a) la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato va intesa, per il professionista forense, nel senso che l'avvocato deve porre in essere ogni attività utile al raggiungimento del risultato richiesto dal cliente, non sussistendo alcun obbligo al conseguimento dello stesso;

b) il giudice di merito valuta l'inadempimento del professionista forense sulla base non del conseguimento del risultato sperato dal mandante, ma dell'osservanza del parametro medio di diligenza, ex art. 1176 comma 2 c.c., salvo che l'opera prestata richieda la soluzione di problemi di speciale difficoltà, configurandosi, in tal caso, responsabilità del professionista solo in ipotesi di dolo o colpa grave;

c) la condotta inadempiente del professionista, secondo i criteri sopra menzionati, è produttiva di danno solo in presenza di nesso causale tra la stessa e il danno lamentato, con onere a carico del danneggiato di dimostrare che se l'opera del professionista fosse stata eseguita secondo i parametri della diligenza media, l'esito della vicenda sarebbe stato favorevole al mandante;

d) l'affermazione della responsabilità per colpa del professionista forense implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita (Cass. Civ. Sez. III, 13 febbraio 2014 n. 3355, che ricorda anche come “nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione prognostica circa il probabile esito dell'azione giudiziale che è stata malamente intrapresa o proseguita è una valutazione in diritto, fondata su di una previsione probabilistica di contenuto tecnico giuridico. Ma nel giudizio di cassazione tale valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere chiamata a controllarne l'esattezza in termini giuridici”).

Invero, già nel 2004 la Cassazione (Cass. Civ. Sez. II del 30 luglio 2004 n. 14597) evidenziava come la valutazione in ordine all'adempimento o meno da parte dell'avvocato dell'obbligazione conseguente all'incarico professionale conferitogli involge una indagine volta a verificare l'eventuale violazione dei doveri connessi allo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza; nell'ambito di quest'ultimo sono ricompresi i doveri di sollecitazione, di dissuasione ed in particolare di informazione, al cui adempimento il professionista è tenuto sia all'atto dell'assunzione dell'incarico che nel corso del suo svolgimento, evidenziando al cliente le questioni di fatto e/o di diritto rilevabili "ab origine" o insorte successivamente ritenute ostative al raggiungimento del risultato o comunque produttive di un rischio di effetti dannosi, invitandolo a fornirgli gli elementi utili alla soluzione positiva delle questioni stesse, ed anche sconsigliandolo dall'iniziare o proseguire una lite ove appaia improbabile un epilogo favorevole, e, anzi, probabile un esito negativo (cfr. anche App. Milano del 2 luglio 2014 n. 2705).

Il Tribunale respinge le domande degli attori sulla base di una approfondita disamina delle prove documentali acquisite agli atti.

L'asserita carente informativa degli attori in ordine all'eventualità che il bene, in caso di mancato accordo con tutti i debitori, sarebbe stato assegnato all'aggiudicatario all'asta, viene esclusa sulla base dei documenti prodotti dal convenuto, anche di provenienza attorea, dai quali, secondo il Tribunale, emerge in modo inequivoco la piena conoscenza da parte degli attori della natura e delle conseguenze del procedimento di espropriazione dell'immobile di proprietà degli stessi. Il Tribunale fa notare come dalla corrispondenza prodotta risultino, da un lato, la preoccupazione degli attori in ordine al possibile esito infausto della procedura, comprensivo anche della vendita all'asta dell'immobile, dall'altro i contatti instaurati dal professionista con tutti i creditori, finalizzati al raggiungimento di accordi transattivi, perfezionatisi, poi, solo con due di essi.

Anche l'addebito di aver condotto in modo tardivo e negligente le trattative con due dei quattro creditori, viene ritenuto dal Tribunale felsineo smentito dai documenti in atti, che comprovano sia l'opera posta in essere dal professionista, che più volte contatta tutti i creditori per proporre definizioni a stralcio, a fronte della rinuncia all'esecuzione, sia la conoscenza dei debitori esecutati di tutte le fasi delle trattative. In particolare, il Tribunale evidenzia come nessuna prova gli attori abbiano fornito in ordine all'effettiva messa a disposizione del legale di una somma idonea a tacitare anche gli ultimi due creditori.

Infine, sulla richiesta di rinvio formalizzata solo il giorno stesso dell'udienza, il Tribunale applica i principi in tema di nesso causale, osservando come la richiesta di rinvio fosse idonea a ottenere lo scopo, ove tuttavia i creditori residui avessero accettato il differimento. A fronte del loro rifiuto, il Notaio procedente non ha potuto che disporre la vendita e assegnare il bene. Né il Tribunale ha ravvisato alcuna prova del fatto che, ove informati qualche giorno prima della richiesta di rinvio, i creditori vi avrebbero consentito.

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore
La questione risolta dal Tribunale di Bologna si segnala per l'ampia disamina in ordine alla condotta del professionista forense, valutata in base ai documenti prodotti e alla luce del parametro medio di diligenza, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. Significativo che il giudice abbia ritenuto sufficiente ad escludere ogni inadempimento del professionista il carteggio intercorso tra quest'ultimo e gli attori, dal quale il Tribunale ha tratto elementi di prova per ritenere sussistente la corretta informazione dei mandanti da parte del professionista e l'opera prestata da quest'ultimo, finalizzata alla ricerca di una soluzione transattiva con i creditori. Di tali principi ha fatto chiara applicazione il Tribunale, evitando la dicotomia, ormai di scarso rilievo pratico, tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, sul presupposto che il risultato richiesto al professionista è costituito proprio dall'esecuzione del mandato secondo i parametri di diligenza, perizia e prudenza mediamente applicati alla professione forense, fermi naturalmente gli obblighi informativi incombenti sul professionista. E nel caso in commento l'opera prestata dal difensore è stata valutata conforme ai predetti parametri, anche se il risultato auspicato dai mandanti, vale a dire la conservazione dell'abitazione nel proprio patrimonio, non è stato raggiunto dal professionista. Nei giudizi relativi alla responsabilità professionale dell'avvocato, pertanto, il danneggiato dovrà allegare i parametri di diligenza esigibile violati nel caso concreto, mentre il professionista dovrà dimostrare di essersi ad essi conformato. Sotto il profilo del danno, sarà invece l'attore a dover fornire prova che tali condotte siano causalmente ricollegabili al pregiudizio lamentato. La sentenza in commento evita correttamente la dicotomia tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, ponendo l'attenzione sulla violazione dei parametri di diligenza esigibile nel caso concreto e concentrando la valutazione delle prove su tale profilo, anche e soprattutto con riferimento agli obblighi di informazione. Escluso ogni profilo di responsabilità, diventano conseguentemente superflue sia la disamina sul nesso causale tra le condotte del professionista e il pregiudizio lamentato sia la valutazione del quantum risarcitorio.

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