Il danno non patrimoniale biologico spettante agli eredi di un danneggiato deceduto a distanza di tempo dal sinistro
04 Maggio 2015
Massima
La morte del soggetto offeso, anche se avvenuta dopo un apprezzabile intervallo di tempo dalle lesioni subite, non consente di ritenere maturato a suo favore un diritto di credito da danno biologico "consolidato" (da liquidarsi "come se" fosse sopravvissuto alle lesioni per il tempo corrispondente alla sua ordinaria speranza di vita), sicché il credito trasmissibile agli eredi è esclusivamente quello da danno biologico subito per l'effettiva durata della sopravvivenza (nel caso di specie il valore previsto dalle Tabelle Milanesi per un 100% di danno biologico da postumi permanenti è stato ridotto proporzionalmente al periodo di vita effettivamente vissuto dalla vittima: 28 mesi). Il caso
Una signora investita da un'autovettura in data 11 agosto 2007 in Napoli, decedeva a distanza di circa un anno e mezzo (per la precisione in data 2 marzo 2009). Agivano in giudizio la figlia, in proprio e quale madre del figlio minore (nipote della defunta), al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni (patrimoniali e non patrimoniali) subiti in conseguenza di tale evento. A causa del massimale limitato della compagnia garante per la RC Auto del veicolo investitore, venivano evocati in giudizio, ex art. 140 Cod. Ass., anche l'altra figlia e la sorella della defunta, che proponevano anch'esse le proprie domande risarcitorie. I convenuti costituendosi eccepivano una responsabilità (se non esclusiva) quantomeno concorsuale della signora investita nonché paventavano una responsabilità nel provocare il decesso della signora, da parte della struttura ospedaliera nella quale era stata ricoverata. Al termine dell'istruttoria, il Tribunale riteneva accertata la responsabilità esclusiva del conducente l'autovettura per l'investimento del pedone, ex art. 2054 primo comma c.c., nonché non provato il concorso di colpa della struttura sanitaria, aggiungendo che quand'anche fosse stato configurabile il predetto concorso di colpa i convenuti sarebbe comunque stati considerati corresponsabili ex art. 2055 c.c.. Passando al quantum debeatur, il Tribunale, oltre ad aver liquidato il danno non patrimoniale iure proprio vantato dalle due figlie e dalla sorella (Euro 320.000,00 per ciascuna figlia ed Euro 120.000,00 per la sorella), ed aver negato il risarcimento al nipote, in quanto non convivente con la defunta, ha liquidato alle eredi (le due figlie) il danno biologico iure hereditatis.
In particolare la motivazione adottata dal Tribunale di Napoli è stata la seguente: «Nel sinistro, la C. subì un gravissimo trauma cranico – frattura obliqua della rocca petrosa di sinistra e frattura occipitale a sinistra; ematoma extra durale epidurale parieto occipitale sinistro - dal quale derivò un danno neurologico articolato e grave, che le ha impedito di essere autosufficiente e comunque di poter svolgere qualsiasi tipo di attività, con un danno biologico pari al 100%; tale menomazione totale dell'integrità psicofisica è interamente riferibile all'evento lesivo per cui è causa, senza alcun nesso con le patologie pregresse dalle quali pure l'infortunata era affetta; dato che si tratta di danno biologico totale, non si può distinguere un periodo di invalidità temporanea. Applicando le tabelle del Tribunale di Milano per il danno non patrimoniale per l'anno 2014, per una persona che all'epoca del sinistro aveva l'età di anni 71, è liquidabile per le lesioni riportate da C. V. nel sinistro per cui è causa la somma di euro 783.174, all'attualità; (…) tale somma è calcolata su un periodo di sopravvivenza teorico fino a 100 anni, quindi di altri 29 anni ossia di altri 348 mesi, mentre come si è visto la C. morì il 2/3/2009, dunque sopravvisse all'incidente solo altri 28 mesi; la somma dovuta a titolo di risarcimento va dunque ridotta proporzionalmente (secondo la proporzione 783.174 : 348 = x : 28) ad euro 63.014; oltre interessi legali dalla pronuncia al soddisfo; oltre interessi legali sulla somma devalutata all'11/8/2007 poi via via annualmente rivalutata secondo indici Istat da tale data alla pronuncia. Non sono state addotte valide ragioni per personalizzare l'entità del risarcimento, non risultando che i postumi siano stati più afflittivi per la C. che per chiunque si fosse trovato in quella condizione. La somma in questione va ripartita in parti eguali tra le figlie della C. (morta senza testamento), De M. F. e De M. M. R., ossia a ciascuna euro 31.507,00». La questione
La questione in esame è la seguente: come si procede a liquidare il danno non patrimoniale biologico iure hereditatis subito dalla vittima deceduta a distanza di tempo dal verificarsi dell'evento? Le soluzioni giuridiche
La risposta data dal Tribunale di Napoli a tale questione è stata conforme a quanto prevede sul punto la giurisprudenza di legittimità. In particolare, non è possibile procedere alla liquidazione di tale voce di danno come se la vittima dell'illecito fosse ancora in vita, in quanto il danneggiante deve procedere al risarcimento del danno realmente subito dalla persona danneggiata (vittima primaria). In pratica, una volta accertata l'effettiva entità sotto il profilo medico-legale dei postumi permanenti subiti dal danneggiato (nel caso di specie la signora investita aveva riportato postumi permanenti del 100% a titolo di danno biologico, stabilizzatisi), il Magistrato deve provvedere alla liquidazione monetaria di tale voce risarcitoria. Orbene, nel fare ciò, non sarà possibile calcolare il danno non patrimoniale ricorrendo, sic et simpliciter, agli usuali criteri tabellari previsti dal Tribunale del Milano (nella vicenda risolta dal Tribunale di Napoli, la signora infortunata avendo 71 al momento del sinistro, per un 100% di postumi permanenti avrebbe avuto diritto ad Euro 783.174,00). D'altro canto, se si procedesse in tal senso, ci si troverebbe in contrasto sia con i principi che sono alla base proprio del c.d. metodo tabellare milanese che con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità. Le tabelle liquidative del Tribunale di Milano, infatti, sono state predisposte in modo che il valore del punto - e quindi il risarcimento - venga determinato seguendo un criterio progressivo, in relazione alla gravità della menomazione permanente, ed uno regressivo, in relazione all'età del danneggiato. Il criterio progressivo, in pratica, fa variare il risarcimento in modo non uniforme ma più rapidamente nell'aumentare della gravità delle menomazioni, sul presupposto che il danno diventa sempre più pesante secondo una progressione geometrica e non aritmetica; il criterio regressivo trova la sua ratio nella considerazione che, tenuto conto della vita media futura probabile di ciascun danneggiato, il soggetto leso in giovane età dovrebbe sopportare più a lungo, che non il soggetto leso in età avanzata, l'incidenza della menomazione nella vita quotidiana. In altre parole, le tabelle liquidative del danno biologico nel quantificare il danno fanno riferimento alla probabile vita futura del soggetto leso che è sicuramente superiore alla vita effettiva del soggetto che decede in corso di causa. Nella vicenda risolta dal Tribunale di Napoli era fatto pacifico e non contestato come la “durata della vita futura” della signora investita fosse certa, dal momento che la medesima era deceduta in data 2 marzo 2009 (e quindi a distanza di 28 mesi dall'incidente). Il Tribunale di Napoli, pertanto, ha giustamente deciso di liquidare il danno non patrimoniale rapportandolo alla durata effettiva della vita vissuta dalla danneggiata dopo il sinistro de quo (28 mesi, lo ripetiamo). Secondo una parte della Giurisprudenza di merito, d'altro canto, addirittura: «qualora la persona che abbia subito una lesione personale, in conseguenza dell'altrui illecito, muoia a causa delle lesioni subite prima che le sia stato pagato il risarcimento dovuto, ma non contestualmente alle lesioni subite, essa acquisisce e trasmette agli eredi il diritto al risarcimento del danno consistito nella inabilità sofferta per il periodo che va dalla data dell'illecito alla morte; non acquisisce, e quindi non trasmette agli eredi, il diritto al risarcimento del danno da invalidità permanente, il quale per la sua stessa pensabilità presuppone l'esistenza in vita del danneggiato» (Trib. Roma, 7 aprile 1997, n. 7165, in Riv. Giur. Circ. Trasp. 1998, 348; in senso conforme Trib. Roma, 13 marzo 1996, n. 4503). La Suprema Corte, sul punto, afferma che anche quando la morte del danneggiato sia conseguenza del fatto illecito, il danno riconoscibile agli eredi è esclusivamente quello subito per l'effettiva durata della sopravvivenza del de cuius: «In materia di responsabilità civile, il danno biologico da invalidità permanente consiste nelle ripercussioni negative (di carattere non patrimoniale e diverse dalla mera sofferenza psichica) della permanente lesione dell'integrità psico - fisica del soggetto leso per l'intera durata della sua vita residua, normalmente presunta ma che è invece nota se sopraggiunga la morte. Ne consegue che la morte del soggetto offeso, anche se avvenuta dopo un apprezzabile intervallo di tempo dalle lesioni subite, non consente di ritenere maturato a suo favore un diritto di credito da danno biologico "consolidato" (da liquidarsi "come se" fosse sopravvissuto alle lesioni per il tempo corrispondente alla sua ordinaria speranza di vita), sicché il credito trasmissibile agli eredi è esclusivamente quello da danno biologico subito per l'effettiva durata della sopravvivenza» (Cass., 24 febbraio 2003, n. 2775; in senso conforme Cass., 10 febbraio 1999, n. 1131; Cass. 3 gennaio 2002, n. 24; Cass. Civ., 9 agosto 2001, n. 10980; Cass. 20 gennaio 1999, n. 489; Cass. 7 aprile 1998, n. 3561; Cass., 3 marzo 1997, n. 1865; Cass. 29 maggio 1996, n. 4991; Cass. civ., 2 giugno 1995, n. 6196; Cass., 27 dicembre 1994, n. 11169; Cass. 4 aprile 2003, n. 5332). In particolare: «Nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione della integrità psicofisica patita dal danneggiato per il periodo di tempo indicato, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi “iure hereditatis”; in questo caso, l'ammontare del danno biologico terminale sarà commisurato soltanto all'inabilità temporanea, e tuttavia la sua liquidazione dovrà tenere conto, nell'adeguare l'ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità e intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte» (Cass. civ., Sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549). Le medesime considerazione vengono effettuate anche laddove il decesso sia conseguente a fatti indipendenti dal fatto lesivo: «Ove la persona danneggiata muoia nel corso del giudizio di liquidazione del danno per causa indipendente dal fatto lesivo di cui il convenuto è chiamato a rispondere, la determinazione del danno biologico che gli eredi del defunto richiedano “iure successionis” va effettuata non più con riferimento alla durata probabile della vita futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva» (Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2001, n. 10980; in senso conforme Cass., 4 aprile 2003, n. 5332; Cass., 20 gennaio 1999, n. 489; Cass., 7 aprile 1998, n. 3561; Cass., 3 marzo 1997, n. 1865; Cass. 29 maggio 1996, n. 4991; Cass. civ., 2 giugno 1995, n. 6196; Cass. 27 dicembre 1994, n. 11169 e, di recente, Cass., 24 ottobre 2007, n. 22338). Assolutamente conforme sul punto è anche l'opinione del Foro di Milano. Si segnala, in proposito, come in un'ipotesi di decesso di pedone investito da parte di un'autovettura (seppure per cause indipendenti dal sinistro) il Tribunale di Milano abbia affermato che: «il risarcimento del danno biologico permanente spettante agli eredi (per costante giurisprudenza della Suprema Corte, cfr. da ultimo Cass., 24 ottobre 2007, n. 22338), andrà determinato non in riferimento alla probabile vita futura del soggetto danneggiato, bensì facendo riferimento alla durata effettiva della vita (dato reso ormai certo dall'intervenuto decesso, nelle more, del danneggiato). Il relativo calcolo dovrà tenere conto che il danneggiato, cessato il periodo complessivo di invalidità temporanea, sia assoluta che parziale, al 1 luglio 2005, ha convissuto con il grave stato menomativo causato dall'incidente per un periodo complessivo di quattro mesi e dodici giorni (essendo deceduto per causa estranea al sinistro, il 13 novembre 2005). Ne consegue che la pretesa dei ricorrenti, attestatasi sugli importi di Euro 303.227,00 a titolo di danno biologico per l'invalidità permanente, di ulteriori Euro 17.550,00 per danno biologico da inabilità temporanea e infine di ulteriori Euro 350.000,00 a titolo di danno “esistenziale o comunque danno non patrimoniale diverso dal biologico per significativa compromissione di interessi costituzionalmente protetti” appare oltremodo destituita di fondamento … applicando gli indicati criteri e facendo riferimento ai richiamati parametri di liquidazione del danno e pure tenuto conto dell'ulteriore posta risarcitoria rappresentata dal danno non patrimoniale, diverso dal biologico … ed ancora sia pure aumentato quest'ultimo – onde rispondere all'esigenza di personalizzare il risarcimento al caso concreto, rappresentato da macrolesione – gli importi da liquidarsi risulterebbero di gran lunga inferiori a quelli pretesi per le corrispondenti voci di danno» (Trib. Milano, Sez. X Civ., 18 febbraio 2008, n. 537). Questa decisione, tra l'altro, è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano, che ha precisato che: «Il danno biologico permanente commisurato al periodo di permanenza in vita dell'infortunato, vale a dire quattro mesi e dodici giorni, risulta pari ad Euro 6.006,25, che si ottiene dividendo l'importo determinato tabellarmente per un soggetto di anni ottantaquattro con un'invalidità del 66% con un aumento personalizzato del 30% (Euro 332.164,30) per i giorni di presumibile durata di vita del danneggiato (settemilatrecento, corrispondenti ai venti anni nelle stesse previsto), con la successiva moltiplica per i giorni di vita effettiva (132), restandone confermata l'esorbitanza dell'importo di Euro 303.227,00 esposto dagli appellanti senza l'applicazione di quel doveroso correttivo» (App. Milano, Sez. IV civ., 16 marzo 2010, n. 741, inedita). Osservazioni
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale, laddove la vittima deceda a distanza di tempo dal sinistro, occorre innanzitutto capire se le lesioni personali si sono stabilizzate prima dell'evento morte, al fine di poter avere una valutazione medico-legale dei postumi permanenti riportati dal danneggiato. Provata la stabilizzazione dei postumi permanenti, nell'effettuare la richiesta di risarcimento monetaria di tale voce di danno, il calcolo “tabellare” dovrà comunque essere rapportato al periodo di vita effettivamente vissuta dalla vittima, e questo sia che il decesso si sia verificato in conseguenza del fatto illecito, sia che si sia verificato per cause indipendenti dal fatto illecito. Se non si ha la prova sotto il profilo medico-legale che le lesioni si sono stabilizzate, potrà essere liquidato esclusivamente il danno non patrimoniale da invalidità temporanea e non certo il danno non patrimoniale da postumi permanenti (seppure ridotto proporzionalmente al periodo di vita effettivamente vissuto dalla vittima). Le difficoltà di procedere al calcolo di tale voce risarcitoria sono peraltro evidenti, in quanto anche le Tabelle Milanesi non offrono dei criteri di liquidazione sul punto e, pertanto, è il singolo Magistrato, allo stato, che, facendo uso del criterio equitativo, deve trovare la soluzione adatta al caso di specie. Quello che è certo, comunque, è che il danno non patrimoniale biologico iure hereditatis potrà essere riconosciuto solo rapportandolo al periodo di vita effettivamente vissuta dalla vittima, onde evitare indebite locupletazioni. |