La valutazione della legittimità dell’appostazione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d’Italia
04 Settembre 2015
Massima
L'appostazione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d'Italia implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria e patrimoniale del cliente e non può derivare semplicemente da un mero ritardo nel pagamento. Per la valutazione della legittimità dell'appostazione, in assenza di altre circostanze, non è sufficiente il mancato pagamento di un debito di modesta entità, né una diminuzione di personale, né il mancato utilizzo di linee di credito autoliquidanti. Tali circostanze non hanno valenza univoca soprattutto in periodi di congiuntura economica. In caso di illegittima segnalazione vengono violati sia quegli obblighi pubblicistici di trasmissione delle necessarie informazioni sul merito creditizio, sia quei doveri di correttezza e buona fede contrattuale che si concretizzano anche in doveri di protezione e di salvaguardia nell'interesse del cliente. Il caso
Il titolare di una ditta individuale adiva il Tribunale di Milano, ex art.700 c.p.c., chiedendo che fosse ordinata la cancellazione della segnalazione a sofferenza dalla Centrale Rischi della Banca d'Italia in quanto l'appostazione non era stata preceduta dal preavviso di iscrizione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d'Italia previsto dal'art. 125, comma 3, del T.u.b. Il ricorrente rilevava inoltre la mancanza di diligenza specifica ex art. 1176, comma 2, c.c., in considerazione che la segnalazione era stata effettuata in assenza dei requisiti necessari alla luce delle istruzioni della Banca d'Italia. La Banca resistente insisteva per la legittimità dell'appostazione a sofferenza in considerazione della complessiva situazione finanziaria della ditta individuale. All'impresa appostata a sofferenza era stata concessa un'apertura di credito in conto corrente in data 18 maggio 2010; nell'anno 2012 vi era stato uno sconfinamento; la Banca con lettera del 19 agosto 2013, aveva intimato l'immediata copertura dell'esposizione sul conto e la posizione era stata classificata ad incaglio. La circolare della Banca d'Italia prevede che si considerino «ad incaglio, i clienti in temporanea situazione di obbiettiva difficoltà, che sia prevedibile possa esser rimossa in un congruo periodo di tempo».In data 15 aprile 2014, dato che l'inadempimento si protraeva, la posizione era passata a sofferenza. Nel caso in esame la Banca creditrice aveva apposto a sofferenza soltanto per il fatto che il cliente aveva sconfinato – se pur per una modesta somma - rispetto all'apertura di credito e la banca aveva intimato il rientro per l'importo di euro 3.169,56. L'appostazione a sofferenza era stata operata per l'importo di euro 3.905,27.
In motivazione L'ordinanza del Tribunale di Milano, resa in accoglimento di un ricorso ex art.700 c.p.c., rileva che l'appostazione a sofferenza del credito implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale del cliente e non si può limitare alla analisi soltanto del rapporto che intercorre tra la singola Banca ed il cliente come sancisce la Suprema Corte (v. Cass. n. 7958/2009; Cass. n. 21428/2007). L'ordinanza in commento rileva che «questi essendo gli elementi di fatto, ad avviso del giudicante, non risultano rispettati i parametri di diligenza specifica richiesta con riguardo alla valutazione circa l'appostazione a sofferenza, per le seguenti motivazioni. In primo luogo, non può trascurarsi che lo stesso importo vantato dalla banca tanto allo scadere del finanziamento, quanto alla data di deposito della memoria nel presente procedimento ammonta ad euro 3.905,27. Una simile somma per un'impresa, anche individuale, è rilevante e significativa solo in presenza di dati di bilancio concordanti ed univocamente contraddistinti da un'oggettiva difficoltà di recupero, tale da far sospettare una situazione di insolvenza nei termini sopra delineati dai giudici di legittimità. In secondo luogo, non paiono dirimenti nel senso della valutazione della sofferenza gli elementi evidenziati dalla resistente con riguardo ad un accordato inferiore rispetto all'utilizzato: ed, invero, tanto con riguardo ai rischi a scadenza quanto con riferimento ai rischi a revoca, la differenza tra utilizzato ed accordato/accordato operativo è decisamente poco significativa (…) In ultima analisi, deve considerarsi con riferimento all'odierno ricorrente non emergono protesti, provvedimenti giudiziali di condanna, pignoramenti o pagamenti effettuati con mezzi anomali. In un simile contesto, pertanto, non emerge una condizione di criticità finanziaria tale da confluire nella più grave categoria della sofferenza. (…) Ed invero, è fin troppo noto che la riduzione dei lavoratori dipendenti ed il mancato utilizzo di linee autoliquidanti sono il frutto dell'odierna congiuntura economica e se costituiscono indici di una difficoltà finanziaria, non necessariamente sono rilevatori di uno stato di decozione». Di qui l'accoglimento del ricorso ex art.700 c.p.c. e l'ordine di immediata cancellazione della segnalazione a sofferenza. La questione
La questione in esame è la seguente: quali sono le circostanze che legittimano la appostazione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d'Italia? Le soluzioni giuridiche
Per l'esame della legittimità dell'appostazione a sofferenza nella Centrale Rischi della Banca d'Italia occorre partire dall'esame delle disposizioni contenute nella Circ. Banca d'Italia n. 139 dell'11 febbraio 1991 e successivi aggiornamenti. La Circolare impone di apporre a sofferenza il soggetto in stato di insolvenza – o in situazioni sostanzialmente equiparabili- ma impone altresì di valutare la complessiva situazione del cliente. Il soggetto che è stato apposto “a sofferenza” deve provare, in sede di richiesta di provvedimento ex art.700 c.p.c., l'inesistenza di circostanze che dimostrino lo stato di insolvenza o situazioni ad esso equiparabili. La Suprema Corte in punto di interpretazione delle circostanze che legittimano l'apposizione “sofferenza” ritiene, con orientamento consolidato, che la nozione di insolvenza di cui alla Circ. Centrale Rischi non si identifica con quella dell'insolvenza fallimentare (v., tra le altre, Cass.,9 luglio 2014, n.15609). Difatti, la funzione della Centrale è quella di mettere a disposizione dei partecipanti al servizio di centralizzazione dei rischi uno strumento informativo in grado di accrescere la capacità di controllo della clientela e diminuzione dei rischi. Il giudizio che giustifica la segnalazione non può quindi non tener conto di questa principale funzione che è quella di valutare il pericolo di inadempimento del debitore. L'intermediario dovrà provare di aver apposto a sofferenza in presenza di circostanze che dimostrino una grave situazione patrimoniale deficitaria e che la stessa non sia transitoria (v. Cass. 9 luglio 2014, n.15609; la quale riporta numerosi precedenti: Cass., 10 ottobre 2013, n. 23093; Cass. 1 aprile 2009, n.7958; Cass. 12 ottobre 2007, n. 21428) dato che diversamente la segnalazione sarà indebita violando, in danno di parte ricorrente, sotto il profilo extracontrattuale, l'obbligo derivante dalla obbligatoria partecipazione alla Centrale Rischi, ed inoltre in virtù dei contratti bancari intercorsi, violando il dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede. La Banca ha sostenuto altresì che l'azienda debitrice aveva operato una diminuzione di personale ed altresì non aveva utilizzo completamente di linee di credito auto liquidanti (rischi a scadenza, o rischi a revoca). L'azienda debitrice aveva provato l'insussistenza di protesti, provvedimenti giudiziali di condanna, pignoramenti o pagamenti con mezzi anormali. L'ordinanza in esame è pertanto da condividere dato che, nel caso concreto, non sussistevano le circostanze che legittimavano l'apposizione a sofferenza Osservazioni
La valutazione circa la legittimità dell'appostazione a sofferenza deve essere improntata alla massima severità proprio per gli effetti che può produrre una illegittima segnalazione: revoca di affidamenti; diniego di finanziamenti; conseguenze che possono intralciare, o rendere deficitaria la normale gestione commerciale. Le circostanze che devono essere valutate per l'appostazione a sofferenza possono essere molteplici in quanto non è sufficiente la valutazione del singolo rapporto cliente-intermediario, ma occorrerà valutare elementi esterni al singolo rapporto. Innanzitutto l'ammontare del credito con riferimento, ove si tratti di persona fisica, delle dichiarazioni dei redditi; ove si tratti di un'impresa commerciale l'ammontare del credito va riferito alle dimensioni dell'impresa stessa e dei suoi fatturati; relativamente all'impresa commerciale particolare rilievo assume l'esame dei bilanci che devono evidenziare una grave situazione finanziaria. Sono altresì rilevanti, ove sussistenti, i protesti, i decreti ingiuntivi, esecuzioni mobiliari e/o immobiliari. Eventuali licenziamenti di lavoratori vanno valutati con le risultanze dei bilanci. Ulteriori circostanze possono essere desunte dalle risultanze della Centrale Rischi. Mi riferisco alla congruità dell'esposizione complessiva risultante dagli affidamenti concessi dagli altri istituti di credito che andrà valutata in rapporto ai fatturati dell'azienda affidata. Andranno poi esaminati i singoli affidamenti e l'andamento degli stessi. In particolare la linea di credito relativa ai rischi autoliquidanti quali gli anticipi su fatture ed anticipi sbf ha una scarsa valenza significativa. Difatti la banca nel concedere tale linea valuta anche la solvibilità dei terzi (v. Cass., 1 luglio 2008, n.17955). Occorrerà comunque esaminare la congruità dell'ammontare degli affidamenti richiesti – il c.d. castelletto di sconto- rispetto ai fatturati della società. Per tale motivi anche uno sconfinamento ovvero un sottoutilizzo dell'affidamento può non avere una valenza univoca. In particolare la minor necessità di ricorrere al castelletto - non in linea con l'accordato - non ha una sicura direzionalità. Difatti può derivare da una diminuzione del volume di affari, diminuzione che può essere del tutto normale in momenti di congiuntura economica quale quello che stiamo vivendo, come correttamente ha indicato il decreto del Tribunale di Milano in esame. Per ultimo la minor necessità di ricorrere all'anticipo sbf e/o all'anticipo fatture può derivare anche da realizzi anticipati. Relativamente ai rischi a scadenza quali ad esempio un leasing, o un mutuo, evidenziamo che il mancato pagamento di una rata, non è significativo dato che, di per sé, non prova lo stato di insolvenza o situazioni equiparabili, e, al massimo, può consentire una apposizione ad incaglio. Anche la revoca da un apertura di credito concessa per elasticità di cassa su un conto corrente (rischi a revoca) può essere valutata perché evidenzia una difficoltà nei pagamenti. Ma anch'essa, presa isolatamente, non ha valenza sufficiente e può giustificare soltanto un'apposizione ad incaglio. Eventuali sconfinamenti dall'affidamento non hanno una valenza univoca; andranno valutato con riferimento ai dati di bilancio. Il provvedimento ex art. 700 c.p.c. è necessario onde ottenere prima della causa di merito l'ordine di cancellazione dell'illegittima segnalazione. Nella causa di merito oltre ad esser riesaminata la legittimità dell'appostazione a sofferenza saranno accertati i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal soggetto illegittimamente apposto.
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