Il valore delle lettere di patronage

05 Settembre 2017

Il Tribunale di Reggio Emilia ha riconosciuto pieno valore alle lettere di patronage a favore di una società municipalizzata, che operava nel settore delle energie rinnovabili, condannando il Comune convenuto a pagare a titolo di risarcimento..
Massima

Il Tribunale di Reggio Emilia ha riconosciuto pieno valore alle lettere di patronage a favore di una società municipalizzata, che operava nel settore delle energie rinnovabili, condannando il Comune convenuto a pagare a titolo di risarcimento danni da responsabilità contrattuale alla Banca attrice le somme pari all'importo dei due finanziamenti concessi alla predetta società, all'epoca interamente partecipata dall'amministrazione. L'Ente non ha adempiuto agli obblighi di copertura assunti con le lettere di patronage, la cui natura è di obbligazione di garanzia atipica con promessa di risultato. Pertanto, ai fini della liberazione del patronnant dal risarcimento dei danni da inadempimento, ex art. 1218 c.c., lo stesso avrebbe dovuto fornire la prova che l'inadempimento fosse stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Il caso

Il Comune Alfa aveva costituito la società Beta srl, di cui era socio unico sino al 2013, che aveva quale scopo sociale l'innovazione tecnologica e la realizzazione di impianti, servizi e sistemi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La predetta negli anni 2009 e 2010 aveva ottenuto dalla Banca Zeta due mutui chirografari, segnatamente, di € 7.500.000,00 e di € 4.000.000,00, a seguito del rilascio di corrispondenti lettere di patronage da parte della Direzione generale comunale del 5 ottobre 2009 e del 15 dicembre 2009, autorizzate nel 2009 con delibera di Giunta comunale e confermate nel 2011 con delibera del Consiglio comunale. Successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 78/2010, il Comune pubblicava un bando di gara per la cessione delle quote sociali, nel quale specificava che le garanzie prestate con le suddette lettere si erano estinte per impossibilità sopravvenuta ex art. 14, comma 32 della predetta disposizione normativa e procedeva alla vendita del capitale sociale della società Beta ormai fallita.

La questione

Nel caso di specie ricorre difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo? Il Comune Alfa deve restituire alla Banca Zeta le somme concesse quale mutuo chirografario in ragione della validità ed efficacia delle lettere di patronage? L'Ente ha arrecato alla Banca Zeta un danno ingiusto? La pretesa risarcitoria rientra nella fattispecie prevista dall'art. 1227 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

La competenza del giudice ordinario

Il Tribunale civile respinge l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune Alfa, secondo il quale, visto che il rilascio delle lettere di patronage era stato preceduto da atti amministrativi, che non erano stati oggetto di impugnazione, ovvero la cessione delle quote sociali e del bando di gara e che la scelta compiuta dalla PA era stata effettuata per imposizione di legge, il risarcimento del danno sarebbe rientrato nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Nel caso di specie il giudice ordinario ha competenza sulla controversia, che riguarda rapporti fra parti paritetiche, poiché le lettere di patronage rientrano nell'ambito degli istituti del diritto comune fruibili dagli enti pubblici. Né è ravvisabile, alcun potere d'imperio in capo al Comune, che non può sottrarsi agli impegni negoziali assunti senza lesione alcuna dei diritti soggettivi dell'altro contraente. Ancora «ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo occorre aver riguardo al petitum sostanziale, identificato non solo o non tanto in funzione della concreta statuizione richiesta al giudice, ma anche e soprattutto in relazione alla causa petendi, ossia alla effettiva natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo alla sostanziale protezione ad essa accordata, in astratto, dal diritto positivo». Le lettere di patronage rivestono, nella prassi commerciale, natura di strumento alternativo alle garanzie personali tipiche. Tali negozi o dichiarazioni atipiche sfuggono ad un rigido inquadramento in una fattispecie tipizzata. Pertanto, la giurisprudenza di merito e di legittimità, al fine di individuarne la natura e gli effetti, sostiene che occorre interpretare analiticamente la volontà delle parti.

L'efficacia delle lettere di patronage

Il Tribunale ha rilevato l'infondatezza delle motivazioni addotte dalla difesa a sostegno della nullità e inefficacia delle lettere di patronage, che muovevano dall'introduzione successiva al loro rilascio del Regolamento di contabilità comunale, che ne aveva disciplinato espressamente la procedura per l'adozione. L'orientamento tradizionale secondo cui l'amministrazione può porre in essere i soli atti di diritto privato per i quali ne ha espressamente facoltà è superato dalla previsione dell'art. 1, comma 1-bis, l. n. 241/1990, che sancisce che «la pubblica amministrazione nell'adozione di atti di natura non autoritativa agisce secondo le norme del diritto privato salvo che la legge disponga diversamente». Parimenti, la giurisprudenza e la dottrina «riconoscono non solo una generale capacità di diritto privato in capo alla PA, con conseguente assoggettamento della stessa alle norme del diritto comune, fatte salve le esplicite deroghe poste dalla legge, ma anche la mancanza in astratto di una limitazione di carattere generale all'autonomia contrattuale dell'amministrazione anche con riferimento ai contratti atipici». Inoltre la nullità può sussistere solo nei casi previsti dalla legge o quando l'atto è contrario a norme imperative, elementi che non si ravvisano nel caso di specie.

L'obbligo di adempimento del patronnant

Dalla disamina del contenuto delle lettere di patronage rilasciate dal Comune, il Tribunale ha rilevato obbligazioni di facere dirette ad assicurare l'adempimento dell'assicurato, che configurano un obbligo autonomo non solidale con quello del patrocinato.

Il patronnant promette il fatto proprio, impegnandosi a porre in essere un insieme di prestazioni di fare funzionali ad assicurare l'adempimento del patrocinato, senza assumere l'obbligo di rendere la medesima prestazione del finanziato. In caso di inadempimento, egli è tenuto ad una obbligazione di natura risarcitoria. Secondo il Comune gli obblighi contratti sarebbero venuti meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 14, comma 32, d.l. n. 78/2010, che ha imposto all'Ente di scegliere tra la soluzione della cessione della partecipazione e quella della liquidazione della società, poiché le garanzie sarebbero state rilasciate sul presupposto di possedere il controllo totalitario e la gestione della società patrocinata. A tal proposito, il Tribunale ha osservato che l'istituto della presupposizione è diretto a conservare l'equilibrio sinallagmatico del contratto, nel caso in cui siano intervenuti eventi imprevedibili, che abbiano alterato il rapporto tra le reciproche prestazioni. Si tratta di una figura di creazione giurisprudenziale che «si affianca ai rimedi solutori di gestione delle sopravvenienze codificati, ovvero all'impossibilità sopravvenuta, ex art. 1463 c.c., e alla risoluzione per eccessiva onerosità, ex art. 1467 c.c.».

Nel caso in esame si ha un negozio giuridico unilaterale o comunque un contratto con prestazioni a carico di una sola parte e il mantenimento del controllo totalitario era una delle prestazioni promesse, non una condizione presupposta. Dunque, il Comune avrebbe potuto adempiere all'obbligazione assunta.

Il profilo risarcitorio

Il Tribunale ha rilevato una violazione degli obblighi assunti in capo al Comune, che deve rispondere per inadempimento contrattuale di obbligazioni non pecuniarie per un importo pari agli affidamenti concessi dalla Banca alla Società partecipata, a titolo di risarcimento del danno.

Al fine di essere liberato dall'obbligo risarcitorio dei danni da inadempimento, qualificabile come obbligazione di risultato ex art. 1218 c.c., l'Ente avrebbe dovuto provare che l'inadempimento fosse stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. civ., sent., 25 settembre 2012 n. 16259).

Invero, il predetto non ha provato di essere intervenuto nella gestione della controllata, né di avere fornito alla società controllata i capitali necessari per soddisfare le ragioni creditorie dei creditori, né di avere adempiuto ad uno dei due obblighi alternativamente previsti ex art. 1285 c.c. nelle lettere di patronage rilasciate, ovvero di fare ottenere alla Banca garanzie ritenute da quest'ultima idonee alla copertura del capitale e degli interessi e accessori derivanti dai finanziamenti o fare ottenere alla Banca il rimborso di quanto a questa dovuto dalla società controllata.

Il Tribunale ha rilevato, altresì, che non sussistono i presupposti per applicare l'art. 1227 c.c.

Osservazioni

La sentenza in esame conferma il principio per cui la responsabilità contrattuale non necessita sempre della sussistenza di un vero e proprio contratto.

La lettera di patronage costituisce una garanzia, con la quale si costituisce un rapporto tra il patronnant, che si trova in una posizione dominante rispetto ad un altro, e una banca, dalla quale il soggetto terzo (dominato) vorrebbe ottenere un finanziamento. Tale lettera, la cui natura giuridica è oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, viene assimilata ad un contratto con prestazioni obbligatorie, ovvero ad una mera dichiarazione informativa. Dal diverso inquadramento della fattispecie derivano effetti differenti.

Nella prima ipotesi ricorrerà responsabilità di tipo contrattuale in capo al patronnant, il quale sarebbe costretto a risarcire il debito al posto della controllata nei casi di inadempimento di quest'ultima. Si rammenta che la sussistenza di tale responsabilità presuppone l'accertamento del nesso eziologico tra l'inadempimento dell'obbligo del patronnant e l'inadempimento dell'obbligo del patrocinato e, dunque, il rapporto tra causa ed effetto tra il primo e il secondo e il conseguente danno del finanziatore. Inoltre, l'onere della prova è invertito, ossia colui che pretende il risarcimento dei danni deve provare l'assenza di colpa e l'impossibilità di adempiere la prestazione per causa a lui non imputabile.

Nella seconda ipotesi sussisterà responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., qualora il patronnant desse informazioni non vere alla banca, ovvero responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede nelle trattative, poiché le lettere influenzano in modo determinante la formazione della volontà negoziale dell'ente creditore. Tuttavia non può sfuggire l'orientamento più recente della Corte di Cassazione, secondo il quale la responsabilità per il danno cagionato nel corso delle trattative, qualora derivi da specifici obblighi, come buona fede, protezione e informazione, deve essere qualificata come contrattuale.

Con riguardo al quantum debeatur, si segnala che il riconoscimento del risarcimento dovuto da parte della PA è mitigato dalla previsione dell'art. 1227 c.c., che, al comma 1, ne sancisce una proporzionale riduzione per concorso colposo del creditore e, al secondo comma, disciplina la fattispecie della casualità ipotetica. A tal proposito, si evidenza che l'ordinamento non ritiene risarcibili i danni evitabili, ovvero le conseguenze patrimoniali immediate e dirette, che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.

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