La P.A. deve risarcire la chance persa se si identifica con la mancata possibilità di conseguire un risultato utile
04 Dicembre 2014
Massima
Cons. St., sez. IV, sent. 15 settembre 2014, n. 4674 Nell'ambito dei procedimenti a evidenza pubblica può configurarsi, accanto a una responsabilità civile per lesione dell'interesse legittimo derivante dalla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, una responsabilità di tipo precontrattuale per violazione di norme imperative che pongono regole di condotta, da osservarsi durante l'intero svolgimento della procedura di evidenza pubblica. Le predette regole di validità e di condotta operano su piani distinti: non è necessaria la violazione delle regole di validità per aversi responsabilità precontrattuale e, viceversa, la inosservanza delle regole di condotta può non determinare l'invalidità della procedura di affidamento. Il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale in relazione alla mancata stipula di un contratto d'appalto o in relazione all'invalidità dello stesso, comprende le spese sostenute dall'impresa per aver partecipato alla gara (danno emergente), ma anche e soprattutto la perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe derivato dalla stipulazione ed esecuzione del contratto non concluso. L'esame della sussistenza del danno da perdita di chance interviene attraverso un processo deduttivo secondo il criterio, elaborato dalla giurisprudenza della Cassazione, del «più probabile che non» e, cioè, alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali. Sintesi del fatto
La società X ha indetto due gare da attribuirsi con il criterio del massimo ribasso per l'affidamento di servizi di manutenzione. Successivamente all'aggiudicazione di una di esse, decideva di esercitare la facoltà ex art. 81, comma 3, D. Lgs. n. 163/2006, ritenendo l'offerta non più conveniente. La ditta appellante intendeva giungere comunque a un accordo con l'Amministrazione e proponeva di eseguire i servizi mediante procedura negoziata. A fronte del diniego della proposta, essa impugnava il diniego di autorizzazione dinanzi al Tar e otteneva l'accoglimento del ricorso in sede cautelare. La Stazione appaltante non procedeva all'aggiudicazione e avviava una procedura di autotutela in ordine a una soltanto delle due procedure di gara espletate. Pur avendo la ditta effettuato una diffida, l'Amministrazione procedeva all'annullamento/revoca della procedura di gara e ne indiceva una nuova. La predetta impugnava il provvedimento di riesame e gli atti relativi alla nuova procedura. Il Tar respingeva il ricorso principale, dichiarandolo improcedibile e dichiarava infondati i motivi aggiunti. Avverso questa sentenza la ricorrente proponeva ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo, in via principale, l'annullamento degli atti impugnati, la reintegrazione in forma specifica o per equivalente del danno subito e, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente o, nel caso di accertamento della legittimità del provvedimento di riesame, l'indennizzo ex art. 21 quinquies, L. n. 241/1990, nonché il risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale della P.A.. Il Consiglio di Stato respingeva le censure contro il provvedimento di riesame e accoglieva la domanda di responsabilità contrattuale, disponendo il risarcimento dei danni.
In motivazione «Il campo d'indagine è, in particolare, quello della responsabilità precontrattuale della p.a., istituto che trova la propria regolamentazione nel Codice civile, il quale, all'art. 1337, sancisce l'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Gravando il predetto obbligo di comportamento su tutte le parti del contratto, qualora, durante la fase di formazione dello stesso, dovessero essere violati i citati doveri di lealtà e correttezza, la stessa l'Amministrazione ben potrebbe rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale nel caso in cui dovesse porre in essere comportamenti lesivi dell'affidamento della controparte». Nel caso di specie, secondo il Collegio, sussiste responsabilità precontrattuale, in quanto il contegno tenuto dalla stazione appaltante si pone in contrasto con le regole di correttezza e buona fede «risultando lo stesso idoneo ad ingenerare la legittima aspettativa dell'appellante, in ordine all'aggiudicazione definitiva della gara ed alla stipula del contratto. In ordine alla quantificazione del danno, occorre ricordare quanto acclarato dall'Adunanza Plenaria, nella (…) sentenza n. 6 del 2005 (Cons. St., Ad. Plen., sent., n. 6/2005), per la quale lo stesso deve ritenersi limitato all'interesse negativo comprensivo, però, sia del danno emergente sia del lucro cessante». La questione
La questione in esame è la seguente: accertata la responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di attività procedimentale legittima, deve essere riconosciuto il danno da perdita di chance? Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza riconosce quale danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale le spese sostenute dall'impresa per aver partecipato alla gara (danno emergente) e la perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di altri contratti (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe derivato dalla stipulazione ed esecuzione del contratto, ovvero della chance contrattuale alternativa. Tuttavia, con riferimento al lucro cessante, non ritiene ammissibile il mancato conseguimento delle utilità economiche, che il privato avrebbe tratto dall'esecuzione del contratto, riferito all'interesse positivo. Costituiscono principi di diritto (Cons. St., Ad. Plen., sent. n. 6/2005) la risarcibilità del danno limitatamente all'interesse negativo, comprensivo del danno emergente e del lucro cessante e la possibilità che la responsabilità precontrattuale sussista nonostante la legittimità del provvedimento con il quale si revocano o si annullano in autotutela gli atti di gara. Infatti, essa deriva dalla violazione del principio generale ex art. 1337 c.c., ossia di una regola comune, che pone in capo alla P.A. al pari degli altri soggetti privati, il dovere di correttezza e di buona fede nelle trattative. In passato, la giurisprudenza riconosceva tale fattispecie soltanto nel caso di lesioni derivanti dai procedimenti di trattativa privata, nei quali si ravvisava una posizione paritetica delle parti. Si rammenta che le Sezioni Unite della Cassazione (Cass., S.U., n. 11656/2008) la qualificano come responsabilità da comportamento, non da provvedimento, diretta a ledere la corretta autodeterminazione negoziale del privato. La sentenza in esame riconosce la perdita di chances, quale danno attuale, che si identifica con la perdita della possibilità di conseguire un risultato utile e si basa su un presupposto concreto e idoneo a consentire la realizzazione del vantaggio sperato, «da valutarsi secondo un giudizio prognostico e statistico, fondato sugli elementi di fatto allegati dal danneggiato (Cons. St., sent. n. 686/2002)». La parte, per ottenere il risarcimento, deve provare la sussistenza di un nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto, ovvero deve concretamente provare di aver perso la possibilità di acquisire ulteriori contratti con le amministrazioni pubbliche. Il giudice d'appello, muovendo dal consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l'esame della sussistenza del danno da perdita di chances debba effettuarsi attraverso elementi probatori, o attraverso un'articolazione di argomentazioni logiche, o attraverso un processo deduttivo in base al criterio del «più probabile che non», in applicazione di quest'ultimo e in via equitativa, determina il valore del risarcimento nella misura dell'uno per cento del valore dell'appalto, commisurato all'offerta economica presentata in gara. Per accertare il danno da perdita di chances nel caso di attività procedimentale legittima, l'impresa danneggiata ha l'onere di provare che vi era una concreta e reale possibilità di concludere un altro contratto, che non è stato concluso per effetto dell'affidamento ingenerato dall'aggiudicazione, successivamente ritirata dalla stazione appaltante (R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Giuffré 2011). Tale fattispecie di danno costituisce un'entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione. Il giudice dalle allegazioni di parte deve rilevare che il danno sia certo e non meramente probabile e che vi sia una rilevante probabilità del risultato utile. Una volta accertata la chance risarcibile, per determinare il danno subito dal ricorrente, ossia il sacrificio della concreta ed effettiva possibilità di conseguire il risultato, il giudice ricorre alla valutazione equitativa, ossia misura il caso concreto e il livello in cui sono giunte le trattative rispetto al contratto alternativo, non potendo applicare alcun criterio legale. In sintesi, la pronuncia in esame ricostruisce l'istituto del danno da perdita di chance, che può essere definito come occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, con riferimento all'incremento di una utilità o alla sua mancata diminuzione, distinta dalla mera aspettativa di fatto. Caratteristiche della fattispecie sono l'attenuazione del profilo causale e dell'inversione dell'onere della prova. La valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. soccorre l'impossibilità di provare l'esatto ammontare del danno risarcibile. |