Elementi di personalizzazione del danno non patrimoniale da perdita/lesione del rapporto parentale
05 Novembre 2014
Massima
Cass. civ., sez. III, sent., 25 febbraio 2014 n. 4447 “In materia di danno non patrimoniale lamentato dai prossimi congiunti della vittima di un illecito mortale, colui che, tra costoro, si dolga dell'inadeguatezza della liquidazione del danno a suo favore rispetto a quella operata in favore di taluno degli altri ha l'onere di allegare, in sede di impugnazione, quali fossero le circostanze di fatto idonee a consentire quella personalizzazione del pregiudizio subìto che si assume, invece, essere stata omessa da parte del giudice di merito”. Sintesi del fatto
Tizio con Caio, Mevio e Sempronio, rispettivamente in qualità di marito e di figli di Tizia, terza trasportata in un'auto che rimaneva coinvolta in un sinistro con altro autoveicolo, chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale subito per la perdita di Tizia al soggetto responsabile ed alla sua compagnia assicuratrice. Il Tribunale riconosceva la responsabilità esclusiva del conducente dell'altro autoveicolo e lo condannava, in solido con la compagnia assicuratrice, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli attori, quantificati in € 146.000,00 quanto al marito ed in € 80.000,00 quanto a ciascuno dei figli. La sentenza veniva appellata da Tizio, Caio, Mevio e Sempronio in relazione alla liquidazione del danno non patrimoniale dagli stessi subito. La Corte d'Appello accoglieva parzialmente l'impugnazione proposta, confermando la liquidazione del danno a favore di Tizio (marito di Tizia) e aumentando di ulteriori € 40.000,00 l'importo liquidato in relazione ai figli (per un totale di € 120.000,00 ciascuno). Avverso questa sentenza proponevano ricorso principale i figli Caio, Mevio e Sempronio, sulla base, tra gli altri, del seguente motivo: “violazione e falsa applicazione del disposto della 'Relazione' allegata allo schema tabellare (c.d. “tabelle”) predisposto dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano per l'anno 2004, in ordine alla liquidazione del danno morale alla persona, in riferimento alla mancata corretta applicazione da parte della Corte d'Appello, per il caso di specie, della 'mediana' delle somme risarcitorie in esso indicate”.
In motivazione «Il valore delle tabelle milanesi riconosciuto dalla sentenza Cass., n. 12408/2011 va inteso, ad avviso del Collegio, non già nel senso di avallare l'idea che le dette tabelle ed i loro adeguamenti siano divenute esse stesse in via diretta una normativa di diritto […] bensì nel senso che esse integrino i parametri di individuazione di un corretto esercizio del potere di liquidazione del danno non patrimoniale con la valutazione equitativa normativamente prevista dall'art. 1226 c.c. Le Tabelle sono dunque “normative” nel senso che sono da riconoscere come parametri di corretto esercizio del potere di cui all'art. 1226 c.c. e, dunque, di corretta applicazione di tale norma. […] La postulazione [dei ricorrenti, n.d.r.] è che, una volta liquidato il danno in un certo ammontare al padre, lo si doveva liquidare, in ragione dell'identità di regolazione del danno fra un massimo ed un minimo da parte della tabella, nella stessa misura a favore dei tre figli della de cuius. […] L'errore risiede nel non considerare che le stesse tabelle e così la tabella del 2004, cui la Corte territoriale, ha fatto riferimento, nell'individuare le voci di danno con riferimento ad un determinato evento, come la morte di una persona, e nel riferirle alle figure dei danneggiati, come coniuge e figli, se anche prevedono scaglioni identici compresi fra un minimo ed un massimo, tuttavia […] sottolineano l'esigenza di una liquidazione che sia personalizzata ed indicano i criteri di apprezzamento a questo scopo. I quali, evidentemente, dovendo riguardare il singolo danneggiato e l'atteggiarsi dell'evento dannoso nei suoi confronti, contraddicono in modo manifesto l'idea che ciò che si liquida ad un danneggiato debba necessariamente essere uguale a favore di un altro. Il motivo, dunque, appare infondato già nella prospettazione che lo assiste nella ricognizione astratta del significato “normativo” desumibile dalla Tabella Milanese applicata dalla Corte territoriale, là dove, dal fatto che la posizione del coniuge della de cuius e dei figli e qui ricorrenti era regolata da una previsione di un importo minimo ed un importo massimo identica, fa discendere che la liquidazione all'interno della forbice fra minimo e massimo a favore dell'uno e degli altri, dovesse essere necessariamente identica. […] i ricorrenti non hanno evidenziato l'allegazione nel giudizio di merito degli elementi che, nonostante la personalizzazione della liquidazione, avrebbero dovuto giustificare che il danno a loro favore fosse riconosciuto nella stessa misura attribuita al loro genitore. Ed anzi l'illustrazione del motivo [di ricorso per Cassazione, n.d.r.] non si articola in questo che sarebbe stato l'unico modo per sorreggere la rivendicazione di quella misura». La questione
La questione in esame è la seguente: nel giudizio di merito, ai fini della personalizzazione della liquidazione del danno da perdita/lesione del rapporto parentale, all'interno della forbice tra minimo e massimo prevista nelle Tabelle di Milano, quali elementi possono essere valorizzati dal Giudice? Le soluzioni giuridiche
La sentenza in commento evidenzia, sulla premessa del valore da attribuirsi alle Tabelle di Milano, l'importanza dell'allegazione, da parte dei familiari del danneggiato che agiscano per vedersi riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita o da lesione del rapporto con il congiunto, degli elementi che possano orientare il Giudice nella valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c., anche differenziati in relazione alle posizioni dei diversi familiari. Del resto, la stessa relazione introduttiva alle Tabelle di Milano menziona espressamente la necessità di tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, citando, tra l'altro, la sopravvivenza o meno di altri congiunti, la convivenza o meno di questi ultimi, la qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, nonché, nell'ipotesi di grave lesione della salute del familiare, la natura e intensità del legame tra vittime secondarie e vittima primaria e la quantità e qualità dell'alterazione della vita familiare. Per citare alcuni esempi di circostanze concretamente prese in considerazione dalla giurisprudenza, in base ad orientamento pressoché costante della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, sent., 22 novembre 2013, n. 23917) vanno valorizzati, ai fini della personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, l'intensità in concreto del vincolo di parentela, la situazione di eventuale convivenza con il congiunto defunto o leso e ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare, le abitudini di vita; pertanto, laddove tra i congiunti non vi sia mai stato alcun rapporto, non solo affettivo, ma anzitutto sociale (frequentazione o anche semplice conoscenza), la morte del congiunto è equiparabile alla morte di uno sconosciuto, per cui il danno che si lamenta assume, in questa prospettiva, dimensione virtuale e non reale. In tal senso si è ritenuto che il solo concepimento e la mancata esistenza in vita del congiunto al momento del fatto esclude l'esistenza di un vincolo familiare idoneo a configurare il danno parentale del quale la giurisprudenza ammette il risarcimento (cfr. Cass. civ., sez. III, sent., 21 gennaio 2011 n. 1410). Tra gli altri, quale elemento che necessariamente deve essere preso in considerazione ai fini della personalizzazione della liquidazione del danno, va citato lo status di coniuge separato (Cass. civ., sez. III, sent. 12 novembre 2013, n. 25415): infatti, sebbene il risarcimento del danno non patrimoniale possa essere accordato al coniuge anche legalmente separato, attesa - oltre alla pregressa esistenza di un rapporto di coniugio nei suoi aspetti spirituali e materiali e alla eventuale sussistenza di figli - la non definitività di tale status e la possibile ripresa della comunione familiare, è onere del danneggiato allegare il predetto status, come qualificante il rapporto di coniugio.
Affinché il Giudice si orienti nella liquidazione del risarcimento tra il minimo e il massimo tabellare è, dunque, importante che le vittime secondarie alleghino gli elementi sui quali tale liquidazione equitativa debba fondarsi, eventualmente esplicitando per quali motivi, a parità di rapporto anagrafico con il danneggiato principale, la liquidazione dovrebbe essere differenziata. Nella pratica, si tratta di allegazioni spesso trascurate, come se la lesione o la perdita del rapporto con il congiunto potessero giustificare, di per sé, una liquidazione commisurata al valore medio di cui alle Tabelle di Milano. È auspicabile che le vittime secondarie di un sinistro alleghino sin da subito le circostanze sulle quali potrà essere commisurata la liquidazione del danno non patrimoniale dalle stesse subito, introducendo appositi capitoli di prova o, comunque, fornendo gli elementi che possano fondare una prova per presunzioni. In mancanza, non vi è alcuna doverosità per il Giudice di riconoscimento di una liquidazione nei valori medi di cui alle Tabelle di Milano.
|