Tribunali regionali delle acque pubbliche e controversie risarcitorie: la sottile linea di confine con la competenza del Tribunale ordinario

Andrea Ferrario
07 Marzo 2017

La ripartizione della competenza fra il Giudice ordinario e il Tribunale regionale delle acque pubbliche nelle controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti da atti posti in essere dalla P.A.
Massima

La ripartizione della competenza fra il Giudice ordinario e il Tribunale regionale delle acque pubbliche, nelle controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti da atti posti in essere dalla P.A., deve essere nel senso di attribuire alla competenza dei Tribunali regionali delle acque le domande in relazione alle quali vengano coinvolti apprezzamenti circa la delibera, la progettazione e l'attuazione di opere idrauliche o, comunque, le scelte dell'amministrazione per la tutela di interessi generali correlati al regime delle acque. Spetta invece al tribunale ordinario la cognizione delle controversie che si ricolleghino solo indirettamente e occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque, come quelle in cui si deduca la violazione delle comuni regole di prudenza e diligenza che non richiedono valutazioni ed apprezzamenti tecnici, tipici delle funzioni pubbliche esercitate.

Il caso

A seguito della drammatica alluvione verificatasi in Campania nell'autunno del 1988, una coppia che nel corso di quei tragici eventi aveva subito la perdita della propria abitazione, conviene in giudizio il Comune di Sarno chiedendone la condanna al ristoro dei danni. Ad avviso degli istanti il disastroso straripamento sarebbe da ascriversi ad un'omessa sorveglianza e manutenzione da parte dell'ente territoriale convenuto, rimasto inerte pur a fronte dei numerosi abusi realizzati entro l'alveo del corso d'acqua poi esondato. L'amministrazione respinge tuttavia ogni addebito e chiama in causa il Consorzio di Bonifica dell'Agro Sarnese Nocerino, nonché la Comunità Montana Vallo di Lauro. Istruita la controversia anche mediante l'espletamento di indagine tecnica, il Tribunale attribuisce in effetti al Consorzio terzo chiamato l'esclusiva responsabilità dell'evento e lo condanna dunque al risarcimento dei danni in favore degli attori. La sentenza viene però appellata dall'ente soccombente in primo grado. I giudici di seconde cure confermano la decisione gravata, limitando peraltro in modo assai consistente l'entità dell'importo originariamente riconosciuto ai danneggiati. Il Consorzio tuttavia non si appaga di questo esito e promuove dunque ricorso di legittimità. Unitamente alle altre censure, più direttamente pertinenti al riparto delle responsabilità tra gli enti coinvolti nel giudizio, il Consorzio denuncia violazione dell'art. 140 lett. e) r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, nel capo in cui la Corte di rinvio non ha ravvisato la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche. Il Supremo Collegio rigetta però integralmente il ricorso. Scagionati intanto da ogni addebito - nell'ordine - Regione, Comune e Comunità Montana, gli ermellini respingono poi anche il motivo sviluppato dal consorzio ricorrente in rito, affermando appunto nella specie la competenza della giurisdizione ordinaria. In linea con la propria precedente giurisprudenza, i Giudici di legittimità chiariscono in particolare che quante volte i danni, come nel caso in questione, siano conseguenti a mera inazione o incuria o comunque ad altri comportamenti materiali scevri da valutazioni ed apprezzamenti tecnici e discrezionali tipici delle funzioni pubbliche, la richiesta risarcitoria deve senz'altro essere portata alla cognizione del giudice ordinario. Allorché vengano invece in questione domande risarcitorie direttamente correlate all'esercizio dei poteri pubblicistici di governo delle acque, nell'interesse generale della collettività (sono i casi in cui si discute, ad esempio, della demanialità delle acque, dei limiti dell'alveo e delle sponde dei corsi o bacini, dei diritti a derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche, delle occupazioni di fondi, dell'esecuzione di opere idrauliche, e così via), la cognizione della relativa controversia spetta, questa volta, al giudice specializzato del Tribunale regionale delle acque pubbliche.

La questione

Come si attua il riparto della competenza tra il Tribunale ordinario e il giudice specializzato del Tribunale regionale delle acque pubbliche (TRAP)? Con particolare riguardo alle controversie di natura risarcitoria, per attrarre nella sfera di competenza dei TRAP è sufficiente un mero rapporto di occasionalità o comunque un nesso anche solo indiretto o mediato della fattispecie con l'effettuazione o la progettazione di opere di qualunque natura attinenti al buon regime delle acque pubbliche?

Le soluzioni giuridiche

Per meglio intendere i termini della questione, bisogna anzitutto premettere qualche brevissimo cenno introduttivo sulla natura e sulle funzioni dei Tribunali delle acque pubbliche. Tali organi, istituiti ormai un secolo fa e peraltro nel corso del tempo ampiamente rimaneggiati, sono tuttora destinatari di una articolata rete di compiti a cavallo tra la giurisdizione ordinaria a tutela dei diritti soggettivi, affidata in primo grado ad otto Tribunali regionali delle acque pubbliche, e la giurisdizione amministrativa, afferente gli interessi legittimi, devoluta invece in unica istanza al Tribunale superiore delle acque pubbliche (TSAP); quest'ultimo peraltro, benché con Collegi formati ad hoc, anche giudice di secondo grado per le controversie decise dai TRAP. Da più parti si sono evidenziate forti riserve sulla farraginosa conformazione di questa giurisdizione speciale e sulla effettiva necessità della sua sopravvivenza. Riserve che si acuiscono viepiù laddove si consideri che i Tribunali delle acque, a fronte del superlavoro dei tribunali ordinari, disbrigano in realtà poche centinaia di casi all'anno. Una giustizia “di nicchia”, insomma, che solleva evidenti questioni di economia complessiva, ma anche di più generale razionalizzazione del sistema; ciò tenuto anche conto della non del tutto perspicua linea di demarcazione tra questa giurisdizione e quella ordinaria (ma in realtà anche di quella amministrativa) e dei connessi, ulteriori, esiti disfunzionali in termini di incertezza interpretativa e applicativa. In linea generale le fattispecie affidate ai TRAP sono specificamente indicate nel già menzionato art. 140 del Testo Unico del 1933. Vi si annoverano le controversie, relative naturalmente ai diritti soggettivi connessi, in materia di demanialità delle acque, di limiti dei corsi, bacini, alvei o sponde, in tema di derivazioni e utilizzazione di acqua pubblica, occupazione di fondi e relative indennità, nonché taluni casi in tema di pesca. Nello stesso elenco figurano altresì, alla lettera e), le controversie risarcitorie connesse a opere eseguite dalla P.A. o da provvedimenti della P.A. emessi in materia di opere idrauliche. Proprio con riguardo a quest'ultima tipologia di controversie sono sorte le più ricorrenti dispute ermeneutiche, come appunto quella risolta con la decisione qui in commento.

La soluzione adottata nella specie ricalca, come detto, gli analoghi approdi di precedenti pronunce di legittimità. In quest'ottica la linea discretiva tra le rispettive competenze dei TRAP e dei tribunali ordinari passa dunque essenzialmente dall'individuazione della natura del rapporto tra la fattispecie concreta a base della controversia e l'esercizio dei presupposti poteri pubblicistici di governo delle acque. Ove tale relazione sia solo indiretta, occasionale o mediata che dir si voglia e il comportamento dannoso consista quindi essenzialmente in una condotta materiale (attiva o passiva) o meramente esecutiva, il risarcimento va chiesto davanti al Tribunale ordinario. Diversamente, ove cioè il danno promani in via immediata e diretta dall'esercizio di poteri pubblicistici implicanti scelte più squisitamente discrezionali e tecniche, la controversia va invece radicata avanti al Tribunale delle acque territorialmente competente.

Osservazioni

La persistenza di un vivo dibattito giurisprudenziale in ordine alla divisione del lavoro tra Tribunali ordinari e Tribunali delle acque, a fronte di una casistica giudiziaria pressoché marginale, evidenzia il fatto che a dispetto degli sforzi di pervenire ad una chiara delimitazione questa in parte ancora manca, lasciando sopravvivere ampie e forse a questo punto insopprimibili zone grigie. L'impatto pratico del problema è a ben vedere meno dirompente di quanto si possa pensare. I Tribunali delle acque sono infatti mere sezioni specializzate dei tribunali ordinari e dunque l'eventuale rilievo di incompetenza si può proceduralmente risolvere in termini anche piuttosto semplici. Tuttavia l'incertezza di cui abbiamo prima dato conto e, in ogni caso, una conformazione piuttosto discutibile di questi organi (basti pensare all'esistenza di un unico grado nella giurisdizione amministrativa e al congegno dei Collegi double face concepito per l'evasione dei gravami ordinari) hanno indotto parte della dottrina ad auspicarne l'abolizione, evitando - anche in questo settore - il persistere di particolarismi, sostanziali e processuali, forse non giustificati e comunque non più compatibili con il nostro sistema di giustizia, sempre più orientato verso traguardi di progressivo snellimento e semplificazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.