La risarcibilità del danno esistenziale come categoria autonoma e sussistente a prescindere dal danno biologico
06 Maggio 2015
Massima
Per quanto riguarda il danno esistenziale, si è statuito in giurisprudenza che questo possa trovare ristoro risarcitorio anche in assenza di alcun danno biologico e cioè anche qualora il diritto costituzionalmente protetto risulti diverso da quello di cui all'art. 32 Cost.. Ciò che rileva è che tali comportamenti del danno non patrimoniale siano a monte, da un punto di vista dell'an risarcitorio, espressione di una lesione di un diritto costituzionalmente tutelato – in assenza di un fatto di reato o di una norma che preveda espressamente il ristoro economico – e, a valle, provati anche a mezzo presunzioni, nella loro verificazione secondo un'entità tale da superare la soglia della normale tollerabilità. Il caso
Tizio conveniva in giudizio Caia per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del riconoscimento della figlia Sempronia, concepita durante la loro convivenza more uxorio. Infatti Tizio non era il vero padre biologico della minore, in quanto Caia aveva intrattenuto relazioni sessuali con un altro uomo durante la convivenza, omettendo di confessarlo a Tizio al momento del riconoscimento. Il Tribunale, in parziale accoglimento delle domande attoree, condannava Caia al risarcimento del danno.
In motivazione «Per quanto riguarda il danno esistenziale, si è statuito in giurisprudenza che questo possa trovare ristoro risarcitorio anche in assenza di alcun danno biologico e cioè anche qualora il diritto costituzionalmente protetto risulti diverso da quello di cui all'art. 32 Cost.. Ciò che rileva è che tali comportamenti del danno non patrimoniale siano a monte, da un punto di vista dell'”an” risarcitorio, espressione di una lesione di un diritto costituzionalmente tutelato – in assenza di un fatto di reato o di una norma che preveda espressamente il ristoro economico – e, a valle, provati anche a mezzo presunzioni, nella loro verificazione secondo un'entità tale da superare la soglia della normale tollerabilità (cfr. Cass. n. 22585/2013). Richiamando quanto già detto precedentemente in merito alla connotazione ingiusta del danno subito da parte attrice (ingiustizia che, ai sensi dell'art. 2043 c.c. costituisce uno degli elementi necessari per l'an risarcitorio), si ritiene che la risarcibilità del danno non patrimoniale non può esaurirsi nel ristoro della sofferenza indotta dalla falsa rappresentazione perché la condotta della signora (…) ha prodotto una temporanea lesione del diritto di autodeterminazione nelle proprie scelte esistenziali che trova copertura costituzionale negli artt. 2 e 13 Cost., soddisfacendo così l'esigenza di tipicità richiesta dall'art. 2059 c.c. (…).» La questione
La questione in esame è la seguente: il danno esistenziale è risarcibile come autonoma categoria, anche a prescindere dalla sussistenza di un danno biologico? Le soluzioni giuridiche
La categoria del danno non patrimoniale, fin dalla sua introduzione, ha avuto diversi orientamenti interpretativi: si è passati dall'ampliamento della definizione di danno biologico, comprendendovi nuovi concetti come ad esempio il danno estetico, sessuale e relazionale ad un'interpretazione ampia e costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., che ha determinato una considerazione non unitaria del danno non patrimoniale e lo ha suddiviso nelle sottovoci di danno biologico, morale ed esistenziale. L'unitarietà della categoria è stata sancita con le c.d. “Sentenze di San Martino” o “Sentenze gemelle” dell'11 novembre 2008 (Cass., S.U.,nn. 26972, 26973, 26974, 26975 del 2008), a seguito delle quali la giurisprudenza è stata pressoché unitaria. Tuttavia, negli ultimi anni (a partire dal 2012, soprattutto da parte della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione) si sono susseguite sentenze discordanti, nelle quali ricompare la tripartizione del danno non patrimoniale. Una delle pronunce più eclatanti è stata senz'altro quella della Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, la quale, in netto contrasto con quanto stabilito dalle S.U. del 2008, ha statuito la risarcibilità del danno da perdita della vita; solo cinque giorni più tardi la stessa è stata smentita dalla Cass. civ., sez. III, sent., 28 gennaio 2014, n. 1762, che ha confermato i principi delle Sezioni Unite. In questo “marasma interpretativo”, si sono nuovamente sviluppati diversi orientamenti riguardo la risarcibilità del danno non patrimoniale. Esempio lampante è la sentenza del Tribunale di Firenze in commento, la quale si ispira alla pronuncia della Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2014, n. 531, nella quale si puntualizza «che le espressioni “danno esistenziale” e “danno biologico” non esprimono distinte categorie di danno, tantomeno l'uno può considerarsi una sottocategoria dell'altro, trattandosi, piuttosto di locuzioni meramente descrittive dell'unica categoria di danno, che è quella del danno non patrimoniale, da identificarsi nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica». Eppure la sentenza, nonostante mostri in apparenza di accettare e confermare l'orientamento circa l'unitarietà del danno non patrimoniale, statuisce che la «mancanza di danno biologico non esclude la configurabilità in astratto di una danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno dinamico-relazionale, quale conseguenza, autonoma, della lesione medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamico-relazionale del soggetto». Sia la recente pronuncia della Cassazione sopra richiamata, sia la sentenza del Tribunale di Firenze in commento, in definitiva ammettono l'esistenza dell'autonoma categoria del danno esistenziale, risarcibile indipendentemente dalla coesistenza di un danno biologico. Infatti, per il Tribunale di Firenze, la lesione di interessi tutelati dagli artt. 2 e 13 Cost. rappresentano e configurano la risarcibilità del danno esistenziale, nella specie come «lesione del diritto di autodeterminazione». Osservazioni
La sentenza in questione si pone nel solco oramai tracciato delle pronunce giurisprudenziali a favore dell'interpretazione “triadica” del danno non patrimoniale, con la relativa configurabilità del risarcimento per le singole voci di danno ex art. 2059 c.c.. Negli ultimi anni, diverse sono state le sentenze pro e contra l'unitarietà del danno non patrimoniale, così come stabilito dalle Sentenze di San Martino delle Sezioni Unite. Non è più pertanto possibile identificare un orientamento prevalente e maggioritario, in quanto le sentenze sia di merito sia di legittimità si equivalgono. Emblema di questa situazione sono state soprattutto le pronunce della Sezione III della Corte di Cassazione, una il 23 e l'altra il 28 gennaio 2014, rese a brevissimo tempo una dall'altra, eppure così ontologicamente opposte, a seguito delle quali c'è stata un'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, che si sono riunite il 17 giugno u.s.. Rebus sic stantibus, dirimente sarà la decisione delle Sezioni Unite. L'auspicio è che la pronuncia in fieri qualifichi “definitivamente” il danno non patrimoniale e indichi con chiarezza e precisione i criteri chiave della prova del danno, così da poter avere finalmente un orientamento unitario e definitivo. |