I congiunti del trasportato deceduto non possono agire iure proprio nei confronti dell'assicuratore del vettore
06 Settembre 2016
Massima
L'azione diretta del terzo trasportato nei confronti dell'impresa che assicurava il veicolo sul quale viaggiava non può essere promossa dai prossimi congiunti nel caso in cui il trasportato sia deceduto ed i detti congiunti agiscano per il risarcimento dei danni iure proprio e non iure hereditatis. Il caso
L'autovettura di Tizio, nella quale la signora Caia viaggiava come trasportata, si scontrava con l'autoveicolo di proprietà di Sempronio e Caia decedeva alcuni giorni dopo per le gravi lesioni riportate. Il procedimento penale si definiva con una sentenza di condanna ex art. 444 c.p.c. nei confronti di Tizio e Sempronio. Quindi le nipoti conviventi di Caia promuovevano un giudizio civile di danni contro la impresa di assicurazioni X, che all'epoca garantiva la circolazione dell'autovettura di Tizio, per sentirla condannare, ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass, al risarcimento di tutti i danni da esse sofferti per la perdita della loro congiunta. La questione
Il Tribunale ha dovuto stabilire se i prossimi congiunti di un trasportato, che sia deceduto in occasione di un sinistro stradale, possano promuovere l'azione disciplinata dall'art. 141 Cod. Ass. e possano richiedere i danni iure proprio, che essi hanno sofferto in seguito alla perdita della persona cara, direttamente alla impresa che assicurava il vettore. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale, aderendo a quell'indirizzo prevalente che esclude la necessità di accertare le responsabilità quando il trasportato agisce ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass., ha innanzitutto precisato che il danneggiato, quando decide di avvalersi del regime di favore previsto dalla norma in questione, non può poi modificare la domanda in corso di causa, chiedendo di estendere il contraddittorio all'assicuratore della responsabilità civile dell'altro veicolo, perché non si tratterebbe di una emendatio libelli, bensì di una vera e propria mutatio, essendo totalmente nuovo il tema di indagine e di decisione: sarebbe richiesto, infatti, un accertamento sulle responsabilità che l'azione disciplinata dall'art. 141 Cod. Ass. esclude espressamente, individuando il presupposto dell'obbligo risarcitorio dell'assicuratore del vettore nel semplice fatto del trasporto. Passando a delibare la domanda ritualmente introdotta, il Giudice l'ha rigettata perché le attrici, facendo valere in giudizio un diritto proprio, e non un diritto della vittima che sia entrato nel loro patrimonio iure successionis, non sono titolate ad agire ex art. 141 Cod. Ass.. A tale conclusione il Giudice è pervenuto optando innanzitutto per una interpretazione letterale della norma, la quale riserva al solo “terzo trasportato” il diritto di richiedere direttamente all'assicuratore del vettore il risarcimento del danno ed il cui senso semantico appare chiaro; in secondo luogo escludendo la possibilità di una applicazione analogica della norma, a ciò ostandovi la natura eccezionale dell'azione diretta ex art. 141 Cod. Ass.. La questione non è stata ancora affrontata dalla Cassazione, ma la sentenza sembra aderire all'orientamento, al momento prevalente (Trib. Caltanissetta 24 aprile 2014), incline ad esaltare il dato letterale della norma, che è appunto intitolata “risarcimento del terzo trasportato” e che delimita l'ambito di applicazione al danneggiato che si trovi a bordo dell'auto quando si verifica l'incidente. D'altronde, neppure si può dubitare della natura eccezionale della norma e della impossibilità di applicarla analogicamente a casi diversi. Circa la eccezionalità della disposizione, che introduce una ipotesi di responsabilità no fault (Cass. civ., sez. III, sent., 30 luglio 2015, n. 16181; Trib. Napoli, sez. X, sent., 17 settembre 2015, n. 11760), si è espressa la più recente giurisprudenza (Trib. Imperia, 27 ottobre 2015) e la tesi ha un autorevole precedente. La Cassazione, infatti, dovendo individuare il soggetto responsabile dei danni ai sensi del terzo comma dell'art. 2054 c.c. quando l'autovettura è concessa in leasing, ha escluso (le pronunce riguardano fattispecie antecedenti al D. Lgs n. 285/1991 che l'ha estesa anche al locatario) che la norma possa applicarsi analogicamente (e dunque possa affermarsi la responsabilità anche dell'utilizzatore del veicolo) muovendo dal presupposto che la disposizione, prevedendo una responsabilità senza colpa per fatto altrui, deve ritenersi eccezionale e dunque è insuscettibile di applicazione analogica nei confronti di soggetti diversi da quelli tassativamente indicati (Cass. civ., sez. III, sent., 28 settembre 2009 n. 20744; Cass. civ., sez. III, sent., 19 ottobre 2006, n. 22399). In quel caso la Cassazione ha desunto la natura eccezionale della norma dalla previsione di una responsabilità senza colpa ed ha ritenuto che non potesse applicarsi analogicamente per affermare la responsabilità di soggetti diversi; ma, se in tutti i casi di disposizioni che prevedono forme di responsabilità no fault non è consentito fare ricorso all'analogia per imputare ad ulteriori soggetti le conseguenze dannose di un determinato fatto, parimenti non potrebbe ampliarsi la platea dei danneggiati estendendo la disciplina particolare a soggetti non espressamente contemplati. In altri termini, non può rispondere senza colpa chi non è individuato esattamente dal legislatore e non può costui rispondere a tale titolo nei confronti di soggetti diversi da quelli per i quali quel particolare regime è stato previsto. Il Giudice, infine, dà atto del fatto che una interpretazione restrittiva della norma determini una trattamento differenziato tra vittima primaria (che, avvalendosi dell'azione prevista dall'art. 141 Cod. Ass., avrà diritto al risarcimento indipendentemente da ogni accertamento sulla responsabilità) e vittime secondarie (che potranno agire con l'azione diretta ex art. 144 Cod. Ass. nei confronti delle imprese che assicurano i veicoli coinvolti ma la cui domanda sarà subordinata – ai fini del suo accoglimento – all'accertamento delle responsabilità), ma esclude implicitamente che questa disparità sia incostituzionale perché è riconducibile ad una precisa scelta legislativa: creare una corsia preferenziale a favore del solo terzo trasportato che, oltre tutto, si aggiunge (e non si sostituisce come ha avuto modo di chiarire la Corte Cost., sent., 13 giugno 2008, n. 205) alle azioni tipiche già previste dall'ordinamento. Occorre aggiungere, per ragioni di completezza, che la tesi preferita dal Tribunale di Oristano non è condivisa da una parte della dottrina, secondo la quale una lettura rigorosamente letterale della norma non solo favorirebbe una disparità di trattamento tra vittime primarie e secondarie ma avrebbe anche l'inconveniente di differenziare la posizione processuale dei medesimi congiunti della vittima tutte le volte in cui costoro agiscano sia iure proprio che iure hereditatis ; sarebbe preferibile, quindi, una “interpretazione estensiva praticata nell'ambito di valenza semantica delle espressioni normative” e, attraverso questa operazione, ricomprendere nel novero di danno subito dal terzo trasportato anche i pregiudizi patiti da altri per effetto dei danni subiti dal terzo trasportato (Boeri E., Interferenze con soggetti terzi, in Danni Patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali nella RCA, a cura di G. Cassano, Giuffrè, pag. 387). Osservazioni
In definitiva, qualora il terzo trasportato sia deceduto e ad agire siano i suoi stretti congiunti, sarà esperibile l'azione disciplinata dall'art. 141 C.d.A. se costoro agiscono iure hereditatis, ossia per chiedere il risarcimento di danni entrati nel patrimonio del de cuius ed al quale essi sono subentrati; la medesima azione sarà preclusa, residuando l'azione diretta ex art. 144 C.d.A., quando le vittime secondarie intenderanno conseguire il risarcimento di danni propri. A parere di chi scrive, non sono fondate le preoccupazioni di quella dottrina che ravvisa una incoerenza nello sdoppiamento delle domande quando ad agire siano i congiunti della vittima sia iure proprio che iure hereditatis. In tal caso sarà onere di costoro evocare in giudizio l'assicuratore del vettore e, ai fini dell'accoglimento della domanda proposta iure proprio, anche il vettore medesimo, il proprietario (ed il conducente) del veicolo antagonista e l'assicuratore di quest'ultimo, avendo cura di precisare le distinte causae petendi ed i distinti petita. Ovviamente, la domanda di risarcimento dei danni iure proprio sarà subordinata all'accertamento delle responsabilità dei conducenti dei veicoli rimasti coinvolti nel sinistro. Né la possibilità di evocare in giudizio più parti sarebbe preclusa da una qualche disposizione processuale: l'art. 103 c.p.c. consente sempre il litisconsorzio facoltativo (ossia che più parti possano agire o essere convenute nello stesso processo) quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto e per il titolo e nella specie sarebbe difficile dubitare del fatto che vi sia connessione per il titolo tra le domande dei prossimi congiunti di una vittima di incidente stradale che abbiano adito l'autorità giudiziaria iure proprio ed iure hereditatis e che, conseguentemente, abbiano chiesto la condanna ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass. di uno o più convenuti al risarcimento dei danni patiti iure proprio e la condanna, ai sensi dell'art. 144 Cod. Ass., di altri convenuti al risarcimento dei danni sofferti iure hereditatis. Ed anche quando, in ipotesi, non fosse consentito – in questi casi – il simultaneus processus e le diverse domande dovessero costituire oggetto di distinte azioni giudiziarie, tanto – a mio avviso – non darebbe forza alla tesi di chi auspicherebbe una interpretazione estensiva dell'art. 141 Cod. Ass. proprio per evitare questi effetti. Intanto, perché è in un certo senso fisiologico che più domande possano non essere proposte nello stesso processo (ciò accade tutte le volte in cui tra queste non vi è connessione per l'oggetto e per il titolo); in secondo luogo, perché una interpretazione estensiva della norma in esame sarebbe probabilmente contraria ai principi enunciati dalla giurisprudenza, secondo la quale “l'interpretazione estensiva di disposizioni eccezionali o derogatorie, rispetto ad una avente natura di regola, se pure in astratta non preclusa, deve ritenersi comunque circoscritta alle ipotesi in cui il plus di significato, che si intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con l'introduzione di nuove eccezioni, bensì si limiti ad individuare nel contenuto implicito della norma eccezionale o derogatoria già codificata altra fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata” (Cass. Civ., sez. I, sent., 1 settembre 1999, n. 9205). Orbene, non sembra potersi dubitare del fatto che l'art. 141 Cod. Ass. costituisca una deroga alla regola generale della responsabilità per colpa e che, ampliandone l'ambito di applicazione dal punto di vista soggettivo (ossia della individuazione di coloro i quali possano invocarla), si riduca la portata della norma costituente la regola con l'introduzione di nuove eccezioni; inoltre, se comunque una interpretazione estensiva di una norma particolare è ammissibile unicamente quando se ne allarga l'operatività al fine di specificarne il contenuto, ricomprendendovi “altra fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata”, è difficile ravvisare identità di ratio tra la posizione della vittima primaria dell'incidente (rispetto al quale rileva unicamente il fatto di essere trasportato, ossia di trovarsi a bordo del veicolo) e quelle delle vittime secondarie, le quali non solo non hanno subito le conseguenze lesive dall'essere trasportate sul veicolo del vettore (per esse, infatti, il trasporto è circostanza del tutto accidentale) ma possono ugualmente accedere ad una tutela processuale rafforzata agendo direttamente (altra eccezione rispetto alla regola generale) nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile. E tanto più dovrebbe ritenersi preclusa l'interpretazione estensiva dell'art. 141 Cod. Ass. alla luce della concreta volontà del legislatore, messa ben evidenza dal Tribunale di Oristano che, pur rilevando una diversità di trattamento tra vittime primarie e secondarie, attribuisce questa disparità ad una precisa scelta legislativa di creare una corsia preferenziale in favore del solo terzo che sia personalmente trasportato. |