Responsabilità esclusiva del professionista per la realizzazione di un progetto non conforme a regole tecniche e norme in ambito edilizio
07 Luglio 2015
Massima
Connotazione essenziale del contratto di progettazione edilizia è data dall'obbligo del professionista di redigere un progetto conforme, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano la modalità di edificazione su un dato territorio, in modo da non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all'esecuzione dell'opera. La pregressa conoscenza da parte dei committenti della illegittimità del progetto e dell'opera deve essere provata ma non rende gli stessi corresponsabili in relazione ai danni conseguiti. Sintesi del fatto
Un geometra veniva riconosciuto contrattualmente responsabile e contestualmente condannato in primo grado al risarcimento dei costi sopportati dagli attori per demolire e ricondurre in pristino opere edilizie eseguite nel proprio immobile e dichiarate abusive dall'ufficio tecnico di un Comune (Lurago D'Erba). E ciò in quanto progettate dal detto professionista in difformità alle regole tecniche e alle norme giuridiche che disciplinavano all'epoca in tale luogo le modalità di edificazione. Ottenuta infatti approvazione dalla Commissione Edilizia in relazione alla prima parte di progetto realizzato dal geometra avente ad oggetto l'ampliamento del piano seminterrato con formazione di garage e terrazzo dell'immobile di proprietà dei committenti, questa veniva invece rigettata per la seconda parte riguardante opere di ampliamento del primo piano dell'immobile con formazione di due unità abitative, in quanto non conformi al vigente Piano Regolatore. Veniva altresì sospesa la richiesta di variante presentata in corso d'opera dal progettista ai fini della realizzazione di un terrazzo con pergolato. Il geometra appellava la sentenza, affermando di aver adempiuto ai propri obblighi concernenti la progettazione, negando di conseguenza la propria responsabilità e ritenendo di aver provato ex art. 2697 comma 2 c.c. che i committenti, già consapevoli della natura abusiva dei lavori, avevano acconsentito a che il geometra realizzasse un'opera non legittima. Motivo per il quale, chiedeva altresì la condanna degli appellati al pagamento del corrispettivo per l'attività di progettazione e direzione lavori effettivamente svolta, oltre accessori. La Corte d'Appello ha confermato integralmente la sentenza di primo grado condannando l'appellante alle spese del grado di giudizio. La questione
Quali sono gli obblighi gravanti sul progettista edile? Quali sono le connotazioni essenziali che devono qualificare legittimo il contratto di progettazione? La conoscenza delle irregolarità del progetto da parte dei committenti, se provata, ne determina la corresponsabilità? Un progetto affetto da illegittimità, esime i committenti dall'obbligo di pagamento dei compensi chiesti dal professionista? Le soluzioni giuridiche
Per quanto in giurisprudenza ed in dottrina l'attività di colui che esercita una professione d'opera intellettuale sia generalmente inquadrata come obbligazione di mezzi, la giurisprudenza già in sentenze risalenti e con orientamento ormai consolidato, afferma che l'obbligazione di redigere un progetto d'ingegneria o di architettura, pur avendo per oggetto una prestazione d'opera intellettuale, costituisce obbligazione di risultato nella quale il professionista si impegna a realizzare un determinato opus; come, appunto, nel caso dell'obbligazione di redigere un progetto d'ingegneria, che ha per oggetto un risultato ben definito e dotato d'una sua autonoma utilità qual è la sua realizzabilità (in tal senso tra le tante: Cass., S.U., 28 luglio 2005, n. 15781; Cass. 5 agosto 2002, n. 11728; Cass. 27 febbraio 1996, n. 1530; Cass. 28 gennaio 1995, n. 1040; Cass. 22 dicembre 1994, n. 11067; Cass. 19 luglio 1993, n. 8033; Cass. 21 luglio 1989, n. 3476; Cass. 7 maggio 1988, n. 3389; Cass. 8 aprile 1977, n. 1346; Cass. 7 febbraio 1975, n. 475; Cass. 10 dicembre 1974, n. 4159; Cass. 22 aprile 1974, n. 1156; Cass. 22 marzo 1968, n. 905; Cass. 16 ottobre 1961, n. 2169). Su tale scia, anche più recentemente, la stessa Corte ha affermato che, in tema di prestazione d'opera intellettuale, «con riguardo alla redazione di un progetto di ingegneria o architettura, è comunque addebitabile al professionista il mancato conseguimento dello scopo pratico avuto di mira dal committente, quando sia conseguenza di errori commessi dal professionista medesimo nella formazione dell'elaborato, che lo rendano inidoneo ad essere attuato» (Cass. 3 settembre 2008, n. 22129). Ancor più nello specifico, è stato affermato che l'ingegnere dovrà essere considerato inadempiente nei confronti del cliente a causa del mancato raggiungimento del risultato anche qualora la non realizzabilità del progetto sia stata causata dal contrasto con norme di legge o con i canoni della buona tecnica delle soluzioni tecniche volute dallo stesso cliente. Il progettista, del resto, va ritenuto responsabile nei confronti del proprio cliente nel caso in cui il progetto non ottenga le richieste autorizzazioni amministrative e ciò dipenda da vizi del progetto stesso, ovvero da inadempienza del professionista a specifico impegno di curarne la presentazione e di coltivare la relativa pratica (Cass. 6 novembre 1978, n. 5024, in Rep. Giust. civ., 1978, voce Ingegneri e architetti, n. 36, 2876). La Corte d'Appello con la sentenza in esame, ha esattamente qualificato come «errore nella progettazione» la condotta del professionista che non ha rispettato le regole tecniche e la normativa edilizia vigente ravvisando coerentemente in tale situazione una responsabilità per inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.. Consegue in definitiva che il progettista è obbligato a far conseguire al proprio committente un risultato certo e a soddisfare, pertanto, il suo interesse con la redazione di un progetto realizzabile, vale a dire suscettibile di esecuzione concreta. In ordine al profilo concernente l'esecuzione dei lavori, la Corte, richiamate le dichiarazioni testimoniali verbalizzate in primo grado, ha ritenuto di dover tutelare il legittimo affidamento riposto dai committenti sull'esito favorevole delle pratiche amministrative, loro prospettate dal geometra, rimarcandone la mancanza di competenze tecniche e giuridiche. Disparità questa tale da escludere la configurabilità di un concorso di colpa dei committenti nella causazione del danno derivante dall'inadempimento contrattuale del professionista. In modo analogo peraltro aveva disposto già la Cassazione stabilendo che «sussiste la responsabilità del progettista per l'attività professionale espletata nella fase antecedente all'esecuzione delle opere, in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato (avendo, nella specie, il professionista richiesto l'autorizzazione per la manutenzione straordinaria di un edificio, anziché quella gratuita per la ristrutturazione), non costituendo tale scelta di per sé indice di un accordo illecito tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, in quanto, piuttosto, spettante al medesimo professionista, giacché qualificata da una specifica competenza tecnica, e senza che possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226 comma 1 c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto» (Cass. 21 maggio 2012, n. 8014). Da ultimo, la Corte d'Appello ha confermato la validità della decisione del primo giudice laddove questi ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta dal progettista e volta ad ottenere il riconoscimento del corrispettivo per l'attività di progettazione svolta: «posto che il progetto, in forza del quale erano in corso di realizzazione le opere con la variante in corso d'opera, era affetto da illegittimità, non può essere riconosciuto alcun compenso in relazione a tale progetto». Principio anche questo ormai consolidato in quanto affermato anche dalla Suprema Corte che sul punto si è così espressa che «In caso di errore del progettista nella formazione dell'elaborato che renda impossibile il conseguimento dello scopo pratico avuto di mira dal cliente, viene meno il diritto del professionista alla corresponsione del compenso» (Cass. 3 settembre 2008, n. 22129, Resp. Civ. 2008, 11, 950). Osservazioni
La sentenza in esame impone di rammentare in primo luogo che l'obbligazione del progettista, ancorchè afferente la prestazione d'opera intellettuale è da considerare ad ogni effetto quale obbligazione di risultato. Ulteriore profilo di criticità è data dal significativo rilievo che viene attribuito alle competenze tecniche del progettista che ove non equiparabili a quelle del committente, induce la giurisprudenza ad attribuire migliore rilevanza al principio dell'affidamento del secondo nei confronti del primo. Altro rilievo attiene gli elementi che devono caratterizzare necessariamente il contratto di progettazione e che per non essere considerato viziato da profili di illegittimità, deve avere ad oggetto la realizzazione di un'opera conforme sia alle regole tecniche che alle norme giuridiche vigenti e proprie del territorio ove si va ad edificare e che pertanto è opportuno conoscere, esaminare e riportare dettagliatamente nell'accordo. È opportuno, infine, che il progettista abbia ben presente che la redazione di un progetto avente ad oggetto un'opera difforme alle regole tecniche e alle norme giuridiche vigenti, legittimerà il committente danneggiato al risarcimento del danno eventualmente conseguito e a omettere il pagamento della prestazione pattuita in favore del progettista a nulla rilevando l'eventuale conoscenza delle irregolarità da parte del committente, salvo che quest'ultimo abbia competenza specifiche in materia e che il progettista riesca a provare la ferma determinazione del primo a dare in ogni modo corso al progetto. |