Verso l’approvazione definitiva delle nuove tabelle milanesi
12 Giugno 2017
Prologo
L'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano – “Gruppo DannoMilano” ha coordinato i lavori del “Laboratorio nazionale sul danno alla persona” (che si è tenuto a Milano il 6 maggio 2017) ed i lavori del Gruppo “Danno non patrimoniale alla persona”, che si sono svolti il 20 maggio, a Roma nell'ambito della XII Assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile (dal 19 al 21 maggio 2017). A questi due incontri hanno partecipato, con appassionato dibattito, oltre agli Osservatori di Milano e Roma, anche quelli di Bologna, Catania, Firenze, Genova, Lodi, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rimini, Salerno, Torino e Verona. Il mio report non vuole essere solo il resoconto di quanto discusso e deciso, ma anche un'occasione per ripercorrere le sfide e rivivere le emozioni che abbiamo insieme provato nel lungo cammino che ha portato l'Osservatorio di Milano ad elaborare le nuove proposte di tabelle e di criteri di liquidazione.
La prima emozione risale al primo luglio 2015, quando, in occasione della riunione del “Gruppo DannoMilano”, risultò a tutti evidente: a) un sentimento di insoddisfazione, perché avevamo rilevato la necessità di dare ulteriori risposte alle questioni non contemplate nelle Tabelle milanesi di liquidazione del danno da lesione del bene salute e da perdita o grave lesione del rapporto parentale, come ad esempio: danno terminale, danno intermittente, rendita vitalizia, accertamento medico legale del punto biologico in presenza di menomazioni coesistenti o concorrenti (rispetto alla menomazione di cui trattasi), danno da diffamazione, da illecito endofamiliare, da mancato consenso informato, ecc.; b) un sentimento di frustrazione, che derivava dai rischi di “metter mano” alla revisione della tabella. Come è noto, la Tabella milanese, con la sentenza Cass. civ., n. 12408/2011 (c.d. "sentenza Amatucci") è diventata “parametro para-normativo dell'equità ex art. 1226 c.c.”, sul presupposto che era stata seguita dai due terzi degli Uffici giudiziari d'Italia; conseguentemente ogni modifica doveva e deve essere adottata con estrema delicatezza, perché dovrà essere ritenuta congrua dalla maggioranza degli Uffici giudiziari, rischiandosi, altrimenti, il ritorno al caos che imperava precedentemente. Dopo un fecondo confronto, il “Gruppo DannoMilano” ha approvato all'unanimità la seguente decisione: “non modificare la curva dei risarcimenti delle tabelle milanesi “vigenti”, ma procedere all'elaborazione di ulteriori diverse tabelle e criteri per la liquidazione di altre voci di danno non patrimoniale, mediante la costituzione di specifici gruppi di lavoro”.
Nella successiva riunione del 22 settembre 2015, eravamo quasi cento persone, tutti iscritti al “Gruppo DannoMilano”: tantissimi avvocati (difensori delle vittime e delle compagnie assicurative), molti giudici togati ed onorari, tanti medici legali, alcuni professori universitari e alcuni tirocinanti presso gli Uffici giudiziari. In quella riunione abbiamo deciso:
Le principali "linee guida" seguite in tutti gli otto Gruppi di DannoMilano sono state le seguenti: - le soluzioni proposte devono essere: da un lato, coerenti con gli arresti giurisprudenziali delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale; dall'altro, in perfetta armonia non solo tra loro (cioè tra le proposte dei vari Gruppi) ma anche con le “vigenti” Tabelle milanesi (coerenza ed armonia che ho curato io partecipando ai lavori di tutti gli otto Gruppi); - il continuo monitoraggio delle sentenze (soprattutto) di merito; - la partecipazione di tutti i protagonisti del processo, e quindi di tutte le diverse professionalità già presenti tra gli iscritti al “Gruppo DannoMilano”; - il confronto sereno tra tutti i partecipanti (linfa vitale ed essenza dello spirito degli Osservatori), nella consapevolezza che la forza e l'efficacia delle decisioni non deriva da singole intelligenze, ma dalla squadra che approva le soluzioni maggiormente condivise; - la ricerca di soluzioni ponderate, ma al contempo di facile applicazione; - la necessità di ulteriori condivisioni a livello nazionale.
Tutti i Gruppi hanno tenuto, dal mese di ottobre 2015 ad aprile 2016, complessivamente oltre quaranta riunioni.
Nel maggio 2016, nell'Assemblea nazionale degli Osservatori, che si è tenuta a Milano, abbiamo illustrato i risultati raggiunti: le proposte di tabelle, i criteri e le schede di sintesi (documenti tutti pubblicati sul sito “milanosservatorio.it”). In quell'occasione, con evidente trepidazione, dissi: “Nonostante la fatica profusa, non esiteremo a cestinare i risultati raggiunti se non saranno condivisi dalla maggioranza degli Osservatori sul territorio nazionale”. Conseguentemente, proprio al fine di ricercare la maggiore condivisione possibile a livello nazionale, abbiamo deciso di prolungare i tempi inizialmente previsti per l'approvazione definitiva dei risultati raggiunti.
In tale ottica, il 3 febbraio 2017 si è tenuto a Milano un incontro organizzato dall'Osservatorio di Milano, dalla Scuola superiore della magistratura e dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano, ove sono stati illustrati i risultati raggiunti. Il successivo 18 marzo, il Coordinamento nazionale degli Osservatori ha deciso di organizzare a Milano il “Laboratorio nazionale sul danno non patrimoniale”, per consentire un più ampio confronto sulle nuove proposte. Il 6 maggio 2017 abbiamo organizzato, quindi, il "Laboratorio nazionale sul danno alla persona".
Questo lungo percorso ha avuto, infine, la sua conclusione nell'intera giornata del 20 maggio, durante i lavori del Gruppo “Danno non patrimoniale alla persona”, svolti a Roma nell'ambito della XII Assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile. Nell'incontro sono stati esaminati i risultati raggiunti dai seguenti Gruppi di lavoro milanesi: - n. 2: “Il danno intermittente” o “Il danno non patrimoniale da lesione del bene salute definito da premorienza”; - n. 3: “Il danno non patrimoniale da perdita o grave lesione del rapporto parentale”; - n. 4: “Il danno non patrimoniale terminale”; - n. 7: “Il danno non patrimoniale da diffamazione”; - n. 7: “Il danno punitivo da lite temeraria ex art. 96, ultimo comma, c.p.c.”. Il danno intermittente
Il Gruppo 2 (coordinato dal dr. Giuseppe Buffone e coadiuvato dal dr. Daniele Moro) ha preso le mosse dall'analisi delle soluzioni di liquidazione presenti nel panorama giurisprudenziale. Sono stati analizzati i seguenti metodi risarcitori: - il criterio secondo cui il quantum risarcitorio deve corrispondere all'intero valore tabellare di riferimento; - il criterio equitativo puro; - il criterio matematico puro, che individua il quantum risarcitorio attraverso l'operazione algebrica della preventiva divisione del dato tabellare di riferimento per l'aspettativa di vita e la successiva moltiplicazione del dato ottenuto per gli anni di vita effettiva; - il “criterio romano”, che si caratterizza per una forte liquidazione del danno già nel primo anno successivo alla lesione (dal 30 al 50% del danno complessivamente previsto nella tabella). Alla luce delle suddette considerazioni, l'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano ha proposto un nuovo sistema risarcitorio che superasse la suddivisione in fasce di età e si ancorasse al concetto di risarcimento medio annuo, calcolato come il rapporto tra risarcimento medio corrisposto per ogni percentuale invalidante e l'aspettativa di vita media di un soggetto ideale di età compresa tra 1 e 100 anni (che corrispondono agli estremi anagrafici presi in considerazione dalla Tabella di Milano). L'aspettativa di vita media (35 anni), infatti, è la vita potenziale di un soggetto di età compresa tra 1 e 100 anni. È stato specificato che il pregiudizio verificatosi nel primo anno di vita dall'evento lesivo (avente un'intensità maggiore soprattutto per la componente di sofferenza morale) debba essere risarcito con valore doppio rispetto al risarcimento medio annuo. Il secondo anno, decrescendo il pregiudizio, il risarcimento deve essere incrementato del 50% rispetto al risarcimento medio anno. Nel “Laboratorio Nazionale” di Milano del 6 maggio scorso vi è stata massima condivisione su quanto esposto e poi la riflessione si è incentrata sull'importanza dell'età, quale elemento personalizzante, e sull'opportunità di contemplare una percentuale di personalizzazione fino al 50% per ciascun grado di invalidità. Nel “Laboratorio nazionale” si perveniva quindi alle seguenti conclusioni:
Nel dibattito del 20 maggio, dopo la presentazione della soluzione proposta dall'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano, si registra un ampio consenso fra i presenti, con l'eccezione dell'Osservatorio di Roma. Quest'ultimo prospetta una liquidazione fortemente divergente rispetto ai valori monetari presenti nella tabella di Milano “vigente” del danno non patrimoniale da lesione del bene salute (prediligendo, invece, i differenti valori della “tabella romana”); critica la mancata valutazione del dato anagrafico del danneggiato; contesta, infine, richiamando alcune pronunce di legittimità, il quantum proposto dall'Osservatorio di Milano nel primo anno, perché ritiene che non risponda adeguatamente alla notevole intensità del danno patito. A tali obiezioni è stato replicato:
Si obiettano, invece, al metodo romano le medesime perplessità già sollevate in altra sede:
Dopo un articolato dibattito, si constata quindi l'impossibilità di addivenire ad una soluzione condivisa anche dall'Osservatorio di Roma, che ritiene di continuare ad applicare il proprio criterio di liquidazione. La discussione prosegue e si registra la piena approvazione della proposta milanese da parte degli altri Osservatori; si evidenzia che il danno in esame, da futuro e probabilistico, diventa definito e certo e si tratta di condividere una convenzione per la liquidazione dello stesso. Si giunge, infine, ad un accordo unanime circa la nuova denominazione del danno in questione che, da oggi in avanti, assume il nomen iuris di “danno non patrimoniale da lesione del bene salute definito da premorienza”, ritenuto più adeguato alle caratteristiche ontologiche di tale pregiudizio.
Il danno non patrimoniale da perdita o grave lesione del rapporto parentale
Il Gruppo 3 dell'Osservatorio di Milano (coordinato dalla dott.ssa Adriana Cassano Cicuto) si è dedicato all'analisi del danno parentale ovvero danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale. In particolare, lo scopo del Gruppo non è stato quello di modificare la Tabella relativa alla liquidazione di tale pregiudizio (che, come si è detto, ha assunto il valore di “parametro para-normativo”), ma di valutare se fosse opportuno proporre eventuali integrazioni (soprattutto in relazione ai “Criteri orientativi” allegati alla Tabella) con riferimento a tre aspetti assai rilevanti: i soggetti legittimati attivi, i criteri di graduazione del risarcimento, la parametrazione della liquidazione in relazione alla residenza territoriale del danneggiato. Al fine di procedere alla risoluzione di tali questioni, sono state analizzate circa 600 sentenze reperite su tutto il territorio nazionale.
1) Soggetti legittimati attivi Il Gruppo 3 è giunto alla conclusione che non sia opportuno introdurre ulteriori soggetti legittimati attivi, anche al fine di impedire il c.d. “effetto trascinamento” con un eccessivo ampliamento del novero dei soggetti ipoteticamente legittimati. Si è stabilito solamente di aggiornare i soggetti legittimati con la disciplina prevista dalla legge n. 76/2016 sulle unioni civili. Questa proposta è stata fortemente condivisa nel “Laboratorio nazionale” del 6 maggio con esclusione dell'Osservatorio di Roma. Anche durante i lavori del 20 maggio l'Osservatorio di Roma ha ribadito la proposta di inserire in tabella altri possibili soggetti legittimati (con particolare riguardo a nipoti, zii e cugini), in modo da predeterminare, anche rispetto a tali parenti, una forbice risarcitoria di riferimento, idonea a contenere la discrezionalità del giudice. L'Osservatorio di Milano ha ribadito che la modifica della Tabella di Milano (oltre alle esposte criticità correlate al suo valore di “parametro para-normativo”) attraverso l'inserimento di ulteriori legittimati attivi, determinerebbe in tutta probabilità il menzionato “effetto trascinamento”, introducendo una sorta di "presunzione di danno risarcibile" in favore di un numero sempre maggiore di soggetti, rispetto ai quali, di regola, la lesione del legame con il de cuius non è degna di ristoro. In ogni caso, si è osservato che la domanda di risarcimento potrà sempre essere formulata da qualsiasi parente, anche non compreso espressamente tra i legittimati attivi della tabella; il giudice potrà liquidare il danno non patrimoniale in esame se risulti provato che la perdita del legame parentale, a prescindere dalla stabile convivenza. abbia comportato un effettivo e duraturo sconvolgimento della vita del congiunto. Sulla base di questi rilievi ed in condivisione della maggioranza degli Osservatori d'Italia, il “Gruppo DannoMilano” ha deciso che, in occasione della prossima redazione dei “Criteri orientativi delle Tabelle da perdita o grave lesione del rapporto parentale”, sarà espressamente specificato che tale danno può interessare anche soggetti diversi da quelli previsti in Tabella, purché venga fornita la prova di un intenso legame affettivo e di un reale sconvolgimento di vita della vittima secondaria a seguito della morte o grave lesione del congiunto. Si sottolinea, infine, che, in tutte le ipotesi di applicazione della Tabella milanese, è negato qualsiasi automatismo risarcitorio in presenza del solo legame di sangue.
2) Criteri di graduazione del risarcimento Premesso che la Tabella prospetta per la lesione di ogni specifico rapporto parentale (es. genitore-figlio, nonno-nipote, ecc.) una posta risarcitoria compresa tra un minimo ed un massimo, il Gruppo 3 ha cercato di individuare, nelle varie pronunce esaminate, i parametri di riferimento che abbiano guidato i giudici di merito nella determinazione in concreto del risarcimento. In particolare, sono risultati significativi, al fine di consentire una liquidazione maggiore o minore rispetto alla forbice offerta dalla Tabella: la presenza di superstiti, la conduzione della vita familiare, il rapporto effettivo e la frequentazione, la distanza del nucleo familiare dal de cuius, l'elemento soggettivo del dolo o della colpa nella determinazione del danno. Anche nella riunione del 20 maggio è stato stigmatizzato che non sono ammessi automatismi liquidativi e che “non esiste un minino garantito”: il giudice potrà liquidare il danno anche al di sotto dei valori monetari previsti nella forbice tabellare. Pertanto è sempre necessario, trattandosi di danno-conseguenza, che, da un lato, la parte assolva agli oneri di allegazione e prova posti a suo carico e, dall'altro, il giudice motivi adeguatamente le ragioni della liquidazione effettuata.
3) Parametrazione della liquidazione in relazione alla residenza territoriale del danneggiato Sia nel “Laboratorio nazionale” del 6 maggio che nella riunione del 20 maggio vi è stato accordo unanime sull'irrilevanza della residenza territoriale del danneggiato ai fini della liquidazione del danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale.
Il danno non patrimoniale terminale
Il Gruppo 4 dell'Osservatorio di Milano (coordinato dall'avv. Maurizio Hazan) ha condiviso, da un lato, gli arresti della pronuncia a Sezioni Unite n. 15350/2015, nella quale è stata espressamente negata la risarcibilità del c.d. danno tanatologico e, dall'altro, la nozione del c.d. “danno terminale”, da intendersi come danno patito da un soggetto che percepisce, lucidamente e con immensa angoscia, l'approssimarsi imminente della propria morte. L'Osservatorio di Milano, anche al fine di eliminare possibili duplicazioni risarcitorie del medesimo pregiudizio, si è posto l'obiettivo di individuare ponderati criteri liquidativi che tengano conto di una definizione unitaria di danno terminale, omnicomprensiva quindi di tutti quei pregiudizi talora denominati come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale. Per la determinazione della curva risarcitoria della tabella, il Gruppo 4 ha delimitato temporalmente tale danno, il quale, per sua stessa definizione, si produce in un arco temporale limitato. A seguito di un'analisi effettuata su un campione statisticamente rilevante di pronunce giurisprudenziali, si è appurato che la morte di un soggetto che percepisce l'imminenza della propria morte sopravviene, nella maggioranza dei casi, entro 7 giorni dall'evento lesivo; sicché convenzionalmente, al fine di garantire un criterio applicabile in un più ampio numero di fattispecie, si è stabilito un limite di 100 giorni entro il quale tale pregiudizio potrà essere riconosciuto e risarcito. Decorso tale termine di 100 giorni senza il verificarsi del decesso, si può presumere che la vittima non patisca più per una lucida agonia da morte imminente; sarà allora possibile provare la sussistenza del danno biologico temporaneo, che già consente una personalizzazione fino al 50% in relazione alle particolari sofferenze soggettive. La percezione della morte assume rilevanza anche in riferimento alla sussistenza di un limite temporale minimo a partire dal quale si può parlare di danno terminale: esso non è stato individuato in misura convenzionale, ma è lasciato alla prudente valutazione del giudice, sottolineando che deve comunque trattarsi di “un apprezzabile lasso di tempo” affinché la coscienza elabori e rappresenti l'evento morte. Altro aspetto da tenere in considerazione è la consapevolezza da parte del soggetto della fine incombente. Atteso infatti che il danno terminale è danno conseguenza e non danno in re ipsa, è proprio la percezione consapevole della morte (e l'immensa sofferenza che ne deriva) il presupposto per consentire il risarcimento del pregiudizio. Sulla base di queste premesse, il Gruppo 4 ha dunque elaborato una tabella con curva risarcitoria decrescente. Essa è caratterizzata dal c.d. “pozzetto” per i primi tre giorni di sopravvivenza, in relazione al quale il giudice può decidere di liquidare, con una somma fino ad euro 30.000,00, il danno subito in siffatto arco temporale, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto e delle prove fornite dalle parti; per i giorni successivi seguono, poi, poste risarcitorie assai più ridotte che vanno dai 1.000,00 euro del quarto giorno fino ai 98,00 euro del centesimo giorno per un quantum totale pari a circa euro 110.000,00 (oltre la possibile personalizzazione). Dal 101° giorno, sarà liquidato esclusivamente il danno biologico temporaneo. Successivamente, nel “Laboratorio nazionale” del 6 maggio, la maggioranza degli Osservatori ha manifestato ampia condivisione delle proposte del Gruppo 4 ed ha assunto le seguenti conclusioni:
Durante i lavori della giornata del 20 maggio, all'esito della dettagliata esposizione del lavoro svolto dal Gruppo 4 dell'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano, sono state concordemente approvate le proposte di liquidazione formulate nel “Laboratorio nazionale” del 6 maggio. Il danno non patrimoniale da diffamazione
Il Gruppo 7 dell'Osservatorio di Milano “Danno non patrimoniale da lesione di altri diritti inviolabili della persona - Danno da diffamazione” (coordinato dalla dott.ssa Anna Cattaneo) si è occupato del danno da diffamazione a mezzo stampa o tramite l'utilizzo di altro mezzo di comunicazione di massa. Si è posto innanzitutto l'obiettivo di esaminare molteplici pronunce giurisprudenziali, dalle quali poter desumere i criteri orientativi per la liquidazione di siffatto danno. In particolare, la ricerca ha riguardato un campione di una novantina di sentenze emesse in vari Uffici giudiziari d'Italia nel periodo 2014-2017 ed ha condotto all'elaborazione di due documenti: “Tabella diffamazione durata” e “Diffamazione riepilogo maggio 2017”. Sono stati così individuati i seguenti criteri di quantificazione del risarcimento del danno: - notorietà del diffamante; - carica pubblica o ruolo istituzionale o professionale ricoperto dal diffamato; - natura della condotta diffamatoria (se colpisca la sfera personale e/o professionale, se sia violativa della verità e/o anche della continenza e pertinenza, se sia circostanziata o generica, se siano utilizzate espressioni ingiuriose, denigratorie o dequalificanti, uso del turpiloquio, possibile rilievo penale della condotta); - condotte reiterate, campagne stampa; - collocazione dell'articolo e dei titoli, spazio che la notizia diffamatoria occupa all'interno dell'articolo/libro/trasmissione televisiva o radiofonica; - intensità dell'elemento psicologico in capo all'autore della diffamazione (se vi sia animus diffamandi, se il dolo sia eventuale); - mezzo con cui è stata perpetrata la diffamazione e relativa diffusione, eventualmente anche con edizione on line del giornale (escludendo la automatica equiparazione tra minor tiratura o diffusività = minor danno, specie in caso di mezzo di stampa che abbia un ambito di diffusione assai limitato sul territoriale, ma di elevata diffusività proprio in quell'ambito assai ristretto, ove lo stesso costituisca “territorio” di vita e relazione del danneggiato); - risonanza mediatica suscitata dalle notizie diffamatorie imputabile al diffamante (es. falso scoop con la consapevolezza di avvio di campagna stampa diffamatoria ovvero notizia data ad agenzia tipo Ansa che la diffonde universalmente); - natura ed entità delle conseguenze sull'attività professionale e sulla vita del diffamato,se siano evidenziatiprofili concreti di danno o meno; - reputazione già compromessa (ad esempio: coinvolgimento in procedimento penale); - limitata riconoscibilità del diffamato (ad esempio: foto di spalle, mancata indicazione del nome, ecc.); - ampio lasso temporale tra fatto e domanda giudiziale; - rettifica successiva e/o spazio dato a dichiarazioni correttive del diffamato o rifiuto degli stessi; - pubblicazione della sentenza.
Sia nel “Laboratorio nazionale” che nel Gruppo del 20 maggio 2017 è emerso un grande apprezzamento per l'analisi svolta e una sostanziale condivisione delle soluzioni prospettate. Si è registrato un vivace dibattito solamente in relazione all'opportunità o meno di mantenere il criterio dell'elemento psicologico in capo all'autore della diffamazione, quale parametro di quantificazione del pregiudizio. Dopo ampia discussione, si evidenzia che l'indicazione dell'elemento soggettivo non rappresenta uno strumento attraverso cui far assumere al danno da diffamazione una funzione punitiva, ma costituisce invece un indice utile per valutare la sofferenza inferta al danneggiato che -verosimilmente - avrà un patimento maggiore in presenza di una maggiore intensità dell'animus diffamandi. In conclusione, tutti i partecipanti hanno condiviso la soluzione di conservare anche questo criterio ai fini della liquidazione.
Vengono quindi approvate le proposte dei criteri orientativi basati su un livello crescente di intensità della lesione arrecata: - nelle ipotesi di diffamazione di tenue gravità, viene individuato un risarcimento compreso tra euro 1.000,00 ed euro 10.000,00; - nelle ipotesi di diffamazione di modesta gravità, viene individuato un risarcimento compreso tra euro 11.000,00 ed euro 20.000,00; - nelle ipotesi di diffamazione di media gravità, viene individuato un risarcimento compreso tra euro 21.000,00 ed euro 30.000,00; - nelle ipotesi di diffamazione di elevata gravità, viene individuato un risarcimento compreso tra euro 31.000,00 ed euro 50.000,00. Sono state altresì ravvisate, seppur in modo isolato, punte estreme di eccezionale gravità, per le quali l'ammontare risarcitorio da liquidare è stato superiore ad euro 50.000,00. Il Gruppo 7 dell'Osservatorio di Milano “Danno non patrimoniale da lesione di altri diritti inviolabili della persona - Danno punitivo da lite temeraria” (coordinato dalla dott.ssa Ilaria Gentile) ha in primo luogo esaminato circa un centinaio di sentenze emesse da giudici di merito di vari Uffici giudiziari d'Italia. È stata così enucleata la casistica dei diversi orientamenti in tema di liquidazione del danno ex art. 96 ultimo comma c.p.c. L'indirizzo largamente maggioritario adotta espressamente, come parametro di riferimento, il compenso professionale ex d.m. n. 55/2014 e la somma attribuita viene individuata in un intervallo compreso da un quinto al quadruplo del compenso liquidato. Più analiticamente, nei due terzi di questi provvedimenti, sono stati liquidati importi che si pongono in un intervallo dalla metà al 100% del compenso. Anche nei provvedimenti in cui non è stato espressamente indicato alcun parametro (apparentemente riconducibili quindi al criterio della “equità pura”), di fatto le liquidazioni si assestano tra la metà e l'intero dell'onorario attribuito nel caso di specie. Del tutto residuale è risultata l'adozione di altri parametri: l'indennizzo previsto dalla c.d. “Legge Pinto”, un'aliquota del petitum ovvero del decisum, l'importo dell'imposta di registro o del contributo unificato. A seguito di quanto emerso dal monitoraggio, l'Osservatorio ha quindi ritenuto di utilizzare, quale criterio di riferimento, l'importo del compenso professionale effettivamente liquidato in favore della parte vittoriosa, riducibile fino ad un mezzo ed aumentabile della metà o dell'intero, secondo le peculiarità del caso di specie (per esempio: il valore della causa, l'intensità dell'elemento soggettivo dell'abusante, il numero delle parti, la durata del processo e l'impegno difensivo della parte danneggiata dall'abuso). Nel dibattito svoltosi durante i lavori del “Laboratorio nazionale” del 6 maggio, si concorda che il parametro proposto sia certamente idoneo, anche sulla scorta della considerazione per cui proprio tale criterio fu a suo tempo adoperato dal Legislatore nell'art. 385, comma 4 c.p.c. (successivamente abrogato). Peraltro il parametro del compenso è ancora più congruo se il giudice abbia liquidato l'onorario tenendo adeguatamente conto delle specifiche caratteristiche e dell'effettivo impegno profuso dalla difesa della parte abusata nel processo. Negli ultimi lavori, tutti gli Osservatori presenti hanno concordato sulla scelta del compenso professionale ex d.m. 55/2014 quale parametro di riferimento per determinare il quantum di cui all'art. 96 c.p.c. Tuttavia, l'Osservatorio romano, nonostante siffatta condivisione, ha ribadito la volontà di fare riferimento non alle spese giudiziali liquidate in concreto (così come proposto dall'Osservatorio milanese), ma a quelle liquidabili in astratto secondo lo scaglione di riferimento. Si è tuttavia replicato che, così operando, da un lato, vi sarebbe la necessità di quantificare due volte le spese giudiziali (con conseguente inutile difficoltà e dispendio di tempo) e, dall'altro, non si spiegherebbe come sia possibile che il ricorso al medesimo parametro di riferimento -il d.m. 55/2014- possa eventualmente generare importi differenti a seconda che lo si adotti per calcolare le spese di lite ovvero come indice per liquidare la somma di cui all'art. 96 c.p.c. La soluzione finale approvata dalla maggioranza degli Osservatori è stata dunque quella di tener conto dell'onorario liquidato all'avvocato, diminuito fino alla metà ed aumentato fino al doppio.
In conclusione
Questo lungo percorso, iniziato in seno all'Osservatorio di Milano con la costituzione degli otto Gruppi di lavoro, si è poi sviluppato in un progressivo divenire nell'Assemblea milanese del maggio 2016, nell'incontro milanese del 3 febbraio 2017, nel Coordinamento nazionale del successivo 18 marzo, nel “Laboratorio nazionale” del 6 maggio e ha raggiunto il suo esito finale a Roma, nell'Assemblea nazionale degli Osservatori del 20 maggio 2017. Possiamo concludere che gli obiettivi prefissati circa due anni fa sono stati prevalentemente raggiunti. E ciò grazie alla partecipazione di centinaia di professionisti che, pur gravati dal profondo senso di responsabilità per le conseguenze rilevanti nella soluzione dei conflitti sul risarcimento del danno, hanno offerto il proprio prezioso contributo per migliorare il servizio giustizia in favore del cittadino, in armonia con l'equilibrio del sistema macroeconomico. E così ognuno di noi ha avvertito l'emozione di scrivere, tutti insieme, un'altra pagina dell'affascinante storia della liquidazione del danno non patrimoniale. |