Responsabilità da prodotto difetto c.d. “product liability” ed il mondo delle lobby farmaceutiche
09 Dicembre 2015
Massima
La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, prescindendo infatti tale accertamento dalla prova della colpevolezza del produttore (elemento soggettivo), ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto (elemento oggettivo). Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato - ai sensi dell'art. 8 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 (trasfuso nell'art. 120 Cod. cons.) - la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno, salva comunque la prova liberatoria del produttore, il quale andrà esente dalla responsabilità per danni da prodotto difettoso ove lo stesso provi il verificarsi di una delle cause di esclusione previste ex lege (v. ex art. 6 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 (trasfuso nell'art. 118 del Cod. consumo). Il caso
La presente pronuncia trae il proprio principio di diritto dal seguente caso concreto: il Tribunale di Pescara veniva investito della difficile questione circa la risarcibilità del danno, patrimoniale e non, che l'attrice, la sig.ra B. M., riteneva di aver subito a seguito dell'assunzione di un preciso farmaco, il G., convenendo perciò in giudizio una nota casa farmaceutica, la società M.F. Spa, in qualità di produttrice e distributrice dello stesso. Alle richieste di accertamento della responsabilità per danno da prodotto difettoso e del relativo risarcimento dei danni patiti avanzati dall'attrice, si opponeva fermamente in giudizio la società convenuta, eccependo l'esclusione delle propria responsabilità ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, precisamente «per l'opacità del difetto dello stato delle conoscenze scientifiche del tempo nonché il difetto di prova circa l'imputabilità a sé del farmaco assunto dall'attrice, non avendo questa specificato il relativo lotto di produzione verosimilmente ancora riferibile a B». In primo grado, la società farmaceutica veniva però condannata al risarcimento dei danni in favore dell'attrice. A seguito della soccombenza, la società M.F. Spa promuoveva avverso siffatta pronuncia il relativo giudizio d'impugnazione innanzi alla Corte di Appello dell'Aquila. Il giudice del gravame riformava la sentenza di primo grado accogliendo l'appello come presentato dalla società farmaceutica e rigettando le domande della sig.ra B.M.. Avverso tale riforma, quest'ultima proponeva ricorso per cassazione deducendo, oltre a questioni preliminari di rito, nel merito, la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 adducendo a sostegno di ciò che la società appellata, una volta acquistati i diritti e brevetti dalla B. relativi al principio attivo niperotidina e ritirate le scorte del farmaco G. presso la venditrice, aveva iniziato, in proprio, a produrre il G. acquistando la niperotidina presso un nuovo fornitore (società spagnola U), così producendo e commercializzando un farmaco del tutto diverso da quello venduto dalla B, senza però preoccuparsi di effettuare i dovuti accertamenti circa la qualità dei materiali forniti da U. Non solo l'appellante sottolineava come la società farmaceutica, responsabile, non si fosse neppure preoccupata di dimostrare la sua impossibilità a conoscere il difetto del prodotto in base alla ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 8 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224. In secondo luogo, la sig.ra B.M. contravveniva all'interpretazione del giudice del gravame, il quale aveva valutato il ritiro del farmaco dal mercato quale esimente della responsabilità, assumendo al contrario l'appellante che tale circostanza fosse da considerarsi invero «comportamento responsabile», precisamente da addebitarsi quale colpa grave a carico della società farmaceutica per il «comportamento omissivo e intempestivo» avendo la stessa contezza degli effetti collaterali del farmaco già da un anno prima dal ritiro cautelativo dal mercato del suo prodotto. La Suprema Corte esaminati congiuntamente i motivi, dichiarava l'infondatezza di entrambi per carenza probatoria. Una volta ribadita, infatti, la natura «presunta» della responsabilità da prodotto difettoso, la Corte evidenziava le carenze probatorie addebitabili alla ricorrente non avendo la stessa soddisfatto l'onere di cui all'art. 8 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 precisamente di aver mancato di provare il «collegamento causale» tra «difetto e danno» e non già tra «prodotto e danno» mentre escludeva la responsabilità della società resistente ai sensi dell'art. 6 lett. e) d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, ovvero, in quanto «lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso». La questione
Alla luce della trasposizione nel Codice del Consumo (artt. 114 - 127 D.lgs. n. 206/2005) della disciplina della responsabilità del produttore originariamente dettata dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 è necessario domandarsi: se possa registrarsi continuità circa la natura presunta della responsabilità da prodotto difettoso e il relativo riparto dell'onere probatorio tra danneggiato e produttore e, pertanto, quando possa configurarsi a carico di quest'ultimo l'obbligo di risarcimento del danno, sia patrimoniale sia non patrimoniale, ad esso conseguente, alla luce anche dell'eventuale prova della sussistenza di una delle cause di esclusione di tale responsabilità previste ex lege (dell'art. 6 D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, ora art. 118 cod. cons.). Il tutto con particolare riferimento, nel caso che ci compete, all'ipotesi di ristoro dei danni derivati dall'assunzione di un farmaco in commercio, successivamente ritirato in via cautelativa. Le soluzioni giuridiche
Alla luce della trasposizione nel Codice del Consumo (artt. 114 - 127 D.lgs. n. 206/2005) della disciplina della responsabilità del produttore originariamente dettata dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 è necessario domandarsi: se possa registrarsi continuità circa la natura presunta della responsabilità da prodotto difettoso e il relativo riparto dell'onere probatorio tra danneggiato e produttore e, pertanto, quando possa configurarsi a carico di quest'ultimo l'obbligo di risarcimento del danno, sia patrimoniale sia non patrimoniale, ad esso conseguente, alla luce anche dell'eventuale prova della sussistenza di una delle cause di esclusione di tale responsabilità previste ex lege (dell'art. 6 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, ora art. 118 Cod. cons.). Il tutto con particolare riferimento, nel caso che ci compete, all'ipotesi di ristoro dei danni derivati dall'assunzione di un farmaco in commercio, successivamente ritirato in via cautelativa. Le soluzioni giuridiche
La soluzione del caso prospettato necessita preliminarmente una breve disamina dell'espressione «responsabilità del produttore per i danni da prodotto difettoso» la cui normativa di riferimento originariamente dettata dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 è oggi confluita nel D.lgs. n. 206/2005, altrimenti noto come Codice del Consumo, precisamente nel Titolo II rubricato «Responsabilità per danno da prodotti difettosi», Parte IV, agli artt. 114-127. Ebbene, tale disamina non può che trarre origine proprio dal dettato dell'art. 114 cod. cons. a tenore del quale: «Il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto». Ciò detto è da premettere come sia la normativa stessa a fornirci le definizioni basilari prodromiche all'individuazione di una siffatta responsabilità, precisamente l'art. 115 Cod. cons. definisce il produttore, come colui che «e' il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, il produttore della materia prima, nonché', per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell'allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l'agricoltore, l'allevatore, il pescatore ed il cacciatore” consentendoci così tale disposto d'individuare i soggetti passivi di tale responsabilità (salva la responsabilità del fornitore in caso di non individuazione del produttore). Ancora la stessa norma definisce anche la fonte materiale di una siffatta responsabilità, ovvero, il prodotto intendendosi tale «ogni bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile (compresa l'elettricità)». Tale ultima definizione però merita una precisazione ai fini dell'individuazione dei soggetti c.d. legittimati attivi dell'azione di risarcimento dei danni quando il prodotto possa qualificarsi come difettoso e pertanto possa costituire fonte della pretesa risarcitoria del danneggiato. Sul punto, l'art. 117 Cod. cons. viene a conforto prevedendo che «un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze» norma dalla quale è possibile evincere ben tre tipologie distinte di vizi precisamente quelli di fabbricazione (comma 3), di progettazione (comma 2) ed, infine, quelli d'informazione derivanti da carenza d'istruzioni circa l'utilizzo del prodotto (comma 1, lett. a). In altre parole, in via generale, il prodotto è difettoso quando non è sicuro. Corollario di ciò, è l'utilizzo da parte del legislatore di un “concetto di difetto” che Autorevole dottrina (Garofoli) definisce «relazionale» risultando, invero, pacifica la consapevolezza circa l'impossibilità di creare un prodotto da immettere sul mercato che in assoluto non presenti alcun pericolo per il consumatore. Da ciò consegue naturalmente la necessità di correlare il giudizio di pericolosità ad alcune variabili così riassumibili:
A fronte di quanto sin qui esposto è pertanto possibile individuare anche i soggetti legittimati attivi alla domanda di risarcimento, ovvero, coloro che hanno subito un danno, patrimoniale o non, dall'uso di un prodotto risultato, a seguito della relativa indagine, difettoso. Fatte così le necessarie premesse è doveroso ora focalizzarci sulla pronuncia oggetto della disamina ovvero precisamente sulla natura “presuntiva” e non oggettiva della responsabilità del produttore per danni da prodotto difettoso ed il relativo regime probatorio. Ebbene individuato il produttore quale soggetto passivo, il danneggiato potrà avanzare nei suoi confronti domanda di risarcimento danni, patrimoniali e non, occorsigli dall'utilizzo del prodotto difettoso solo ove riesca a dar prova di tre elementi:
In altre parole, il consumatore sarà chiamato ex lege una volta dimostrato - anche mediante il ricorso a presunzioni - il difetto del prodotto, che deve manifestarsi all'esterno (esplosione, effetti collaterali ecc.), che tali conseguenze negative siano occorse seppur vi sia stato un utilizzo normale ed attento del prodotto difettoso costituendo esso la causa del danno patito. Ciò detto, la sentenza in commento ribadisce, in un'ottica di completa adesione all'orientamento giurisprudenziale precedente la natura presuntiva della responsabilità del produttore per danni da prodotto difettoso, in luogo, di quella oggettiva, proprio in quanto tale addebitabilità al produttore prescinde dal vaglio dell'elemento soggettivo della colpa di quest'ultimo focalizzandosi diversamente sull'esistenza di un difetto e sul nesso causale tra esso ed il danno lamentato. Contro, si evidenzia la pronuncia della Cass., sez. III, 15 marzo 2007, n. 6007, quale unico e isolato tentativo di ricondurre la responsabilità del produttore per danni da prodotto difettoso nell'alveo della responsabilità per colpa. Ebbene per la normativa vigente e la giurisprudenza prevalente, si impone al produttore, per andare esente da responsabilità, di provare almeno uno dei fatti esimenti, ovvero, il verificarsi di una delle ipotesi liberatorie previste all'art. 118 Cod. cons. La norma è infatti proprio rubricata «esclusione della responsabilità» individuando la stessa, mediante un'elencazione per lettere, le cause che esimono il produttore dalla responsabilità per i danni da prodotto difettoso. Alle quali va inoltre aggiunta quella prevista dall'art. 122, comma 2, Cod. cons. che esclude il risarcimento, anche nell'ipotesi aggiuntiva rispetto a quelle previste dall'art. 118 Cod. cons., in cui il danneggiato sia stato consapevole del difetto e del pericolo che poteva derivare dal prodotto e ad esso si sia volontariamente esposto (Cass., sez. III, 14 giugno 2005, n. 12750). Orbene, tornando alla variegata casistica delle cause di esclusione della responsabilità di cui all'art. 118 Cod. cons. quella che ha dettato maggiori difficoltà interpretative, e richiamata nella sentenza in oggetto, è proprio la lett. e) a tenore della quale «La responsabilità è esclusa: se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso», c.d. rischio da sviluppo. Esimente questa di natura “relativa”, in quanto, ad essa può attribuirsi una portata più o meno severa. A quest'ultima e più stringente lettura sembra aver aderito la Corte di Giustizia Europea, che chiamata ad esprimersi sul punto ha affermato che il parametro da considerare, ai fini dell'esclusione della responsabilità, debba essere proprio lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche comprensivo del livello più avanzato esistente al momento della commercializzazione del prodotto e non, invece, i soli standard di sicurezza in uso nel settore in cui opera il produttore (Dir. 85/374/CE). Ebbene, quanto sin qui esposto circa la natura presunta e non oggettiva della responsabilità per danni da prodotto difettoso merita una precisazione onde evitare d'ingenerare dubbi nel lettore: il sopra richiamato art. 122 Cod. cons. rinviando espressamente al dettato dell'art. 1227 c.c. in materia di concorso colposo del danneggiato non tradisce quanto sin qui affermando evocando il principio della responsabilità per colpa, in quanto essa afferisce esclusivamente alla sfera del consumatore, non certo scalfisce la natura della responsabilità del produttore come sopra esposta. Infine, per completezza espositiva, si richiamano inoltre il dettato normativo di cui all'art. 123 Cod. cons. che consente l'individuazione del danno risarcibile, rispettivamente quello fisico e quello materiale, presupponendone l'uso privato ed in caso di danno a cose una limitazione imposta dalla franchigia prevista al comma secondo dell'articolo citato; nonché, il richiamo all'art. 125 e 126 Cod. cons. che disciplinano i termini di prescrizione triennale e decadenza decennale del diritto al risarcimento. Osservazioni
La ratio sottesa al regime della responsabilità del produttore per danni da prodotti difettosi è regolata dal nostro legislatore, alla luce delle considerazioni suesposte, secondo una visione relativista e non prettamente severa la quale supportata dalla natura presunta di una siffatta responsabilità, come sostenuta in giurisprudenza, fa chiaramente emergere un duplice versante di interessi che non possono essere sacrificati uno a discapito dell'altro imponendosi pertanto la necessità di controbilanciare queste due esigenze che constano rispettivamente, da un lato nel garantire la tutela del consumatore, quale soggetto debole del rapporto e dall'altra, di non veder sacrificato e conseguentemente bloccato il progresso tecnologico del settore produttivo per eccessivo accanimento nei confronti dei produttori. Si consideri, in tal senso, come sia assolutamente pacifica la natura extracontrattuale della responsabilità del produttore in quanto tale prescindente da qualsiasi rapporto negoziale tra produttore e consumatore. In ambito sovranazionale:
In ambito nazionale:
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